Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza 15 settembre 2025 n. 30777
PRINCIPIO DI DIRITTO
In tema di successione di leggi penali nel tempo, vanno verificate dal lato strutturale le due fattispecie, la precedente abrogata e la attuale, che si succedono nel tempo, senza tenere conto dei criteri valutativi dei beni tutelati e delle modalità di offesa, atteso che tale confronto permette in maniera autonoma di verificare se l’intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costitutivo del fatto tipico, alterando così radicalmente la figura di reato, ovvero, non incidendo sulla struttura della stessa, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie.
Nel caso che ci interessa, stante l’intervento abrogativo dell’art. 731 cod. pen. e la nuova fattispecie introdotta nell’art. 570 – ter cod. pen., che postula l’accertamento della perdurante inerzia del soggetto responsabile, non solo dopo essere stato raggiunto dalla comunicazione del dirigente scolastico circa le assenze ingiustificate, ma anche dopo essere stato successivamente ammonito dal sindaco, all’uopo allertato dal dirigente scolastico, l’assoluta assenza di tale elemento della fattispecie, nel previgente art. 731 cod. pen, implica l’attuale irrilevanza penale della condotta contestata ai genitori del minore che abbia avuto una irregolare frequentazione scolastica.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è fondato.
- Come già in precedenza evidenziato, la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 731 cod. pen., contestata agli imputati – che puniva con l’ammenda fino a 30 Euro “chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza giusto motivo, di impartirgli o di fargli impartire l’istruzione elementare” – è stata abrogata dal d.l. n. 123 del 2023 (conv. dalla l. n. 159 del 2023).
Con il medesimo intervento legislativo, è stato contestualmente introdotto, nel codice penale, l’art. 570 – ter, che prevede, al primo e al secondo comma, due distinte fattispecie delittuose a carico del “responsabile dell’adempimento dell’obbligo di istruzione”, che sia stato inutilmente ammonito, rispettivamente, ai sensi del comma 1 e del comma 4 dell’art. 114 D.Lgs. n. 297 del 1994 (testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado).
In particolare, da un lato, il soggetto responsabile è punito con la reclusione fino a due anni se, ammonito ai sensi dell’art. 114, comma 1, “non prova di procurare altrimenti l’istruzione del minore o non giustifica con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, la mancata iscrizione del minore ad una scuola del sistema nazionale di istruzione, o non ve lo presenta entro una settimana dall’ammonizione”.
Ai sensi del secondo comma dell’art. 570 – ter, d’altro lato, il soggetto responsabile è punito con la reclusione fino a un anno se, ammonito ai sensi del comma 4 dell’art. 114 del predetto testo unico “per assenze ingiustificate del minore durante il corso dell’anno scolastico tali da costituire elusione dell’obbligo scolastico, non prova di procurare altrimenti l’istruzione del minore o non giustifica con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, l’assenza del minore da scuola, o non ve lo presenta entro una settimana dall’ammonizione”.
- Viene dunque in rilievo non già una ipotesi di mancata iscrizione, bensì quella di una irregolare frequentazione della scuola da parte del figlio degli odierni ricorrenti, iscritto alla prima elementare presso il circolo didattico G. BAGNERA di Baqheria per l’anno scolastico 2021/2022 (il tempus commissi delicti è stato quindi individuato, nel capo di accusa, “in data antecedente e prossima ad aprile 2022”).
All’esito dell’istruttoria, il Giudice di Pace di Termini Imerese ha ritenuto senz’altro configurabile una continuità normativa tra le disposizioni succedutesi, e – nel ritenere gli imputati responsabili del reato ascritto – ha applicato la pena dell’ammenda, ai sensi degli artt. 2, comma quarto, e 731, cod. pen.
3.1. Tali conclusioni non possono essere condivise.
È necessario prendere le mosse dai principi, affermati dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte sin da epoca risalente, secondo cui ” in materia di successione di leggi penali, in caso di modifica della norma incriminatrice, per accertare se ricorra o meno abolitio criminis è sufficiente procedere al confronto strutturale tra le fattispecie legali astratte che si succedono nel tempo, senza la necessità di ricercare conferme della eventuale continuità tra le stesse facendo ricorso ai criteri valutativi dei beni tutelati e delle modalità di offesa, atteso che tale confronto permette in maniera autonoma di verificare se l’intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costitutivo del fatto tipico, alterando così radicalmente la figura di reato, ovvero, non incidendo sulla struttura della stessa, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie” (Sez. U, n. 24468 del 26/02/2009, Rizzoli, Rv. 243585 – 01).
Tale pronuncia si pone in piena linea di continuità con quanto già insegnato da Sez. U, n. 25887 del 26/03/2003, Giordano, Rv. 224607 – 01, secondo la quale ” in tema di successione di leggi penali, perché sia applicabile la regola del terzo (ndr: oggi quarto) comma dell’art. 2 cod. pen., occorre che il fatto costituente reato secondo la legge precedente sia tuttora punibile secondo la nuova legge, mentre non sono più punibili i fatti commessi in precedenza e rimasti fuori del perimetro della nuova fattispecie.
Tale situazione va verificata in base al criterio di coincidenza strutturale tra le fattispecie previste dalle leggi succedutesi nel tempo, senza che sia necessario, di regola, fare ricorso ai criteri valutativi del bene tutelato o delle modalità di offesa. L’art. 2 cod. pen. infatti, pone, nei commi che lo costituiscono, una sequenza di regole tra loro collegate in modo che si chiariscono a vicenda: perché operi la regola del terzo comma (ndr: oggi quarto) deve essere esclusa l’applicabilità del primo e del secondo comma.
Ne consegue che un fatto è punibile se, astrattamente considerato e sulla base dei criteri enunciati, rientra nell’ambito normativo di disposizioni che si sono succedute nel tempo e, quando ciò accade e nei limiti in cui accade, non opera l’effetto abolitivo della disposizione successiva”.
3.2. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, nessun dubbio può porsi sull’effetto abrogativo, riconducibile all’intervento legislativo del 2023, per ciò che riguarda le condotte consistite nel non aver impedito l’ingiustificata assenza, per un periodo tale da costituire elusione dell’obbligo scolastico, del minore dalla scuola in cui era stato iscritto (ovvero nel non aver altrimenti provveduto alla sua istruzione elementare).
È invero agevole osservare, all’esito del confronto strutturale tra le fattispecie, che la nuova norma incriminatrice contiene un elemento di novità, di centrale rilievo, che risulta del tutto assente nella disposizione contravvenzionale contestualmente abrogata.
Si allude, evidentemente, al fatto che la rilevanza penale della condotta presuppone che il responsabile dell’istruzione del minore sia stato previamente ammonito ai sensi (per quanto qui specificamente rileva) del comma 4 dell’art. 114 D.Lgs. n. 297 del 1994.
Anche tale articolo è stato integralmente modificato dal legislatore del 2023. Limitando l’analisi alla concreta fattispecie in esame, il novellato comma 4 dell’art. 144 dispone che “Il dirigente scolastico verifica la frequenza degli alunni soggetti all’obbligo di istruzione, individuando quelli che sono assenti per più di quindici giorni, anche non consecutivi, nel corso di tre mesi, senza giustificati motivi.
Nel caso in cui l’alunno non riprenda la frequenza entro sette giorni dalla comunicazione al responsabile dell’adempimento dell’obbligo di istruzione, il dirigente scolastico avvisa entro sette giorni il sindaco affinché questi proceda all’ammonizione del responsabile medesimo invitandolo ad ottemperare alla legge.
In ogni caso, costituisce elusione dell’obbligo di istruzione la mancata frequenza di almeno un quarto del monte ore annuale personalizzato senza giustificati motivi”.
Ai sensi del successivo comma 5, ” il sindaco procede ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale in caso di elusione dell’obbligo di istruzione di cui al comma 4″.
Appare dunque evidente che la condotta inerte, tenuta dal responsabile dell’istruzione del minore (non più solo “elementare”, ma comprensiva dell’intero “obbligo scolastico”), assume rilevanza penale solo laddove il duplice avvertimento previsto dal comma 4 sia risultato infruttuoso.
È in altri termini necessario, in primo luogo, che il responsabile dell’istruzione di un minore, rimasto ingiustificatamente assente per più di quindici giorni nell’arco di un trimestre, abbia ricevuto una “comunicazione” da parte del dirigente scolastico, e che nei sette giorni successivi a quest’ultima il minore non abbia ripreso a frequentare la scuola.
È a quel punto necessario, in secondo luogo, che il dirigente scolastico avverta nello stesso stringente termine di sette giorni il sindaco, e che anche dopo l’ammonizione di quest’ultimo il minore abbia continuato a restare assente senza adeguata giustificazione.
In buona sostanza, la configurabilità dell’art. 570 – ter cod. pen. postula l’accertamento della perdurante inerzia del soggetto responsabile, non solo dopo essere stato raggiunto dalla comunicazione del dirigente scolastico circa le assenze ingiustificate, ma anche dopo essere stato successivamente ammonito dal sindaco, all’uopo allertato dal dirigente scolastico.
L’assoluta assenza di tale elemento della fattispecie, nel previgente art. 731 cod. pen., non può che implicare l’attuale irrilevanza penale della condotta contestata al A.A. e alla B.B.
3.3. Tale insuperabile diversità strutturale delle fattispecie poste a confronto impedisce, tra l’altro, di condividere la richiesta di annullamento con rinvio, formulata dal Procuratore Generale nella propria requisitoria al fine di accertare se, nel caso concreto, i ricorrenti avessero o meno ricevuto la comunicazione del direttore scolastico e la successiva ammonizione del sindaco.
Va infatti evidenziato che anche le scansioni procedimentali, contenute nel comma 4 dell’art. 114, sono state introdotte dalla novella del 2023: circostanza che consente di escludere che gli odierni ricorrenti possano aver ricevuto comunicazioni e avvisi nei termini anzidetti (il previgente art. 114 prevedeva, all’ultimo comma, solo l’ammonizione del sindaco nell’ipotesi, formulata in termini del tutto generici, di assenze ingiustificate durante il corso dell’anno scolastico tali da costituire elusione dell’obbligo scolastico).
- Le considerazioni fin qui svolte impongono, in linea con altre decisioni di questa Suprema Corte (Sez. 7, n. 19047 del 09/05/2025, L.; Sez. 7, n. 19048 del 09/05/2025, L.), l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.