Corte di Cassazione, sez. III Penale ud. dep. 21 novembre 2025 n. 37933
PRINCIPIO DI DIRITTO
Il terzo può far valere le proprie ragioni creditorie in sede esecutiva penale nel contraddittorio con l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di cui agli artt. 110 e segg., d.lgs. n. 159 del 2011, cui spetta, in via esclusiva, il compito di decidere sulla destinazione del bene confiscato (art. 47, d.lgs. n. 159 del 2011) e che ha facoltà di interloquire sulla sussistenza dei fatti che legittimano la tutela del terzo creditore in buona fede. Deve però essere escluso che la buona fede possa essere tutelata mediante l’inopponibilità della confisca trascritta successivamente alla iscrizione di ipoteca.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 25 settembre 2024 adottata de plano ai sensi degli artt. 676 e 667, comma 4, cod. proc. pen., aveva rigettato la domanda della odierna ricorrente sul sostanziale rilievo che la stessa non aveva dimostrato la propria buona fede. La società istante, affermava il Giudice, non solo non aveva provato o allegato in alcun modo di aver adempiuto al proprio doveroso obbligo di informazione precontrattuale e contrattuale in merito alle condizioni giuridiche del bene oggetto della garanzia ipotecaria accessiva al proprio credito, ma non vi ha proprio fatto riferimento avendo fondato la propria richiesta esclusivamente sul dato fattuale e giuridico di aver acquistato il credito garantito da ipoteca.
Avverso l’ordinanza P. Spv S.r.l. aveva proposto ricorso per cassazione articolando i medesimi motivi oggetto di odierno gravame.
La Corte di cassazione aveva qualificato il ricorso come opposizione ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. e aveva trasmesso gli atti al Tribunale di Genova per l’ulteriore corso.
Con l’ordinanza oggi impugnata il Tribunale ha rigettato l’opposizione limitandosi a ribadire la correttezza del precedente provvedimento del 25 settembre 2024 senza spiegarne le ragioni.
Appare evidente che il Giudice dell’esecuzione ha totalmente omesso di indicare le ragioni della propria decisione essendosi limitato a ribadire la correttezza dell’ordinanza adottata de plano senza dare conto delle ragioni per le quali ha disatteso i motivi dell’opposizione.
L’opposizione in sede d’esecuzione non ha in sé natura d’impugnazione, poiché essa consiste in un’istanza diretta al medesimo giudice, allo scopo d’introdurre il contraddittorio tra le parti ed ottenere una decisione più meditata, frutto del dibattito dialettico e, quindi, consapevole di ogni profilo valutabile (Sez. U, n. 3026 del 28/11/2001, dep. 2002, Caspar Hawke, Rv. 220577 – 01). Il valore tutelato e giustificante l’istituto è pertanto il contraddittorio, per la potenziale piena efficacia di completezza riconosciuta al dibattito dialettico, e non la doppia valutazione del “merito esecutivo” (così, in motivazione, Sez. 6, n. 32419 del 15/07/2009, Reitano, non mass. sul punto). Come ben affermato in dottrina, l’opposizione testimonia un’insoddisfazione dell’istante che dichiara di voler concorrere dialetticamente alla formazione di una nuova pronuncia avente ad oggetto la medesima res già decisa con l’ordinanza opposta.
Poiché nella scansione procedurale prevista dagli artt. 676, comma 1, 667, comma 4, e 666 comma 5, cod. proc. pen., il provvedimento ricorribile per cassazione è esclusivamente quello adottato dal giudice dell’esecuzione all’esito dell’opposizione formulata dalla parte interessata, i vizi deducibili riguardano esclusivamente il provvedimento impugnato non quello adottato de plano. L’opposizione – come detto – non è un mezzo di impugnazione e la decisione del giudice non è finalizzata alla verifica della fondatezza dell’opposizione stessa che può essere proposta anche senza la formulazione di motivi, non richiesti ai fini della ammissibilità dell’opposizione stessa. L’opposizione devolve per intero, senza limitazione alcuna, la materia decisa dal giudice dell’ordinanza opposta.
Questo non toglie che il giudice dell’opposizione non possa motivare la conferma della decisione precedentemente assunta richiamando e facendo proprie le ragioni dell’atto opposto secondo la tecnica della motivazione per relationem; occorre però che l’atto opposto sia a sua volta adeguatamente motivato (rispetto a tutte le questioni introdotte con l’incidente di esecuzione) e che il giudice adito dia conto delle ragioni per le quali ha disatteso l’opposizione, ragioni che devono essere tanto più puntuali e precise quanto più puntuali e precise sono le deduzioni dell’opponente le quali possono risultare anche dal verbale dell’udienza, non necessariamente dal contenuto dell’opposizione (che, come detto, può essere anche immotivata).
Nel caso in esame, a fronte di una opposizione articolatamente motivata, il giudice dell’esecuzione si è limitato a ribadire la correttezza del provvedimento senza spiegarne le ragioni.
L’atto è dunque totalmente privo di motivazione ed in questo senso la richiesta del PG di annullamento ha un suo fondamento.
Sennonché, poiché le questioni dedotte sono di puro diritto il vizio dedotto non comporta concrete conseguenze potendo essere esaminate e decise direttamente dalla Corte di cassazione, non essendo in contestazione i fatti allegati.
Nel merito della questione, il diritto reale di garanzia è stato costituito il 18 marzo 2005, in epoca certamente anteriore al sequestro (disposto dal GIP con decreto del 15 luglio 2016), ma è stato ceduto alla ricorrente l’11 dicembre 2020 dopo il sequestro stesso, dopo la sentenza di condanna di primo grado del 22 dicembre 2017 che aveva disposto la confisca dei beni garantiti da ipoteca e dopo che la Corte di cassazione con sentenza del 7 giugno 2019 aveva rigettato il ricorso dell’imputato avverso la sentenza del 24 settembre 2018 della Corte di appello di Genova che aveva confermato la condanna e la confisca. La ricorrente, cui il credito era stato ceduto, insieme con altri, pro soluto ai sensi dell’art. 58 d.lgs. n. 385 del 1993, deduce che la trascrizione della sentenza che ha disposto la confisca è stata effettuata il 30 settembre 2021, in epoca successiva all’acquisto del credito.
Occorre al riguardo ribadire che, in tema di confisca ex art. 12-bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, la tutela dei terzi di buona fede, titolari di diritti acquisiti anteriormente al sequestro, è assicurata non attraverso l’inopponibilità nei loro confronti del provvedimento ablativo, ma riconoscendo agli stessi la possibilità di far valere le proprie ragioni in sede di esecuzione penale, nel contraddittorio con l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo IV, Libro I, d.lgs. n. 159 del 2011, ed in particolare degli artt. 52 e 55 (Sez. 3, n. 39201 del 15/12/2020, dep. 2021, Intesa Sanpaolo Spa, Rv. 282275 – 01).
Ed invero, la tutela del terzo creditore che affermi (e provi) di essere in buona fede non opera mediante la sterilizzazione nei suoi confronti del provvedimento ablativo (come preteso dalla ricorrente), bensì nei termini e modi stabiliti dall’art. 52, d.lgs. n. 159, cit., il cui primo comma stabilisce che “la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro”, se ricorrono le condizioni indicate alle successive lettere a), b), c) e d).
Ciò perché la confisca comporta l’acquisizione del bene allo Stato libero da oneri e pesi (art. 45, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011). Ed infatti la confisca definitiva di un bene determina lo scioglimento anche dei contratti aventi un diritto reale di garanzia sul bene stesso (art. 52, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011). Il terzo titolare del diritto reale di garanzia può solo concorrere al riparto sul valore dei beni confiscati nei termini e modi indicati dagli artt. 52 e segg. d.lgs. n. 159, cit.
Il terzo, dunque, può far valere le proprie ragioni creditorie in sede esecutiva penale nel contraddittorio con l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di cui agli artt. 110 e segg., d.lgs. n. 159 del 2011, cui spetta, in via esclusiva, il compito di decidere sulla destinazione del bene confiscato (art. 47, d.lgs. n. 159 del 2011) e che ha facoltà di interloquire sulla sussistenza dei fatti che legittimano la tutela del terzo creditore in buona fede.
Deve però essere escluso, come detto, che la buona fede possa essere tutelata, come ritiene la ricorrente, mediante l’inopponibilità della confisca trascritta successivamente alla iscrizione di ipoteca.
Il ricorso deve perciò essere rigettato.


