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Home Diritto Civile

La trascrizione nel Diritto romano(di Giulio Bacosi)

by Giulio Bacosi - Avvocato dello Stato in Roma
17 Gennaio 2022
in Diritto Civile
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Massima

Anche se i Romani sconoscono la moderna trascrizione degli atti giuridici (come del resto il relativo, più esiziale presupposto quanto ad avvinte e pertinenti esigenze di tutela, vale a dire il c.d. “consenso traslativo”), non sono tuttavia loro del tutte ignote forme di “registrazione” attizia, che invalgono massime nell’ultima fase della parabola giuridica romanistica, su un binario parallelo rispetto a quello percorso dalla forma di quegli atti (di maggior valore e pregnanza) che vi siano di volta in volta coinvolti.

Articolo

Appare tutt’affatto vano cercare riferimenti alla trascrizione in ambito romanistico, non già solo perche i giuristi Romani ne sconoscono la stessa consistenza fattuale, ma anche per la considerazione onde, nel loro sistema di riferimento, chi aliena una res non ne perde subito la proprietà, come invece avviene in molti ordinamenti moderni, tra i quali quello italiano, in virtù del c.d. consenso traslativo.

A Roma infatti, come avviene ancora oggi in Germania, il consenso tra alienante ed acquirente, produce meri effetti obbligatori, semplicemente “obbligando”, per l’appunto, l’alienante a trasferire la proprietà della res all’acquirente attraverso un apposito atto unilaterale – con valore di adempimento (“pagamento”) traslativo – che si atteggia in modo diverso a seconda che si tratti di res nec mancipi (traditio) o di res mancipi (mancipatio); potendo poi alla bisogna utilizzarsi quel “finto processo” che va sotto il nome di in iure cessio.

Si scongiura in tal modo – attraverso forme di pubblicità in qualche modo “inerenti” alla stessa res di volta in volta oggetto di trasferita appartenenza – la stessa possibilità che un medesimo alienante possa vendere in successione a due diversi acquirenti, cedendo al “secondo” la medesima “cosa” che ha ormai già perduto, per averla in precedenza consensualmente alienata al primo: egli ha difatti perduto di quella res – quando si accingesse alla pertinente, seconda alienazione – anche la “possessio” (oltre al dominio), per averla già “consegnata”, per l’appunto, al primo acquirente.

* * *

Sono considerazioni che, tuttavia, non sono capaci di negare recisamente qualunque esperienza “pubblicitaria” in ambito romanistico: il rigore delle forme verbali e di determinati gesti rituali lascia infatti via via il posto a fenomeni di “documentazione” degli atti che preludono alla moderna “pubblicità” (soprattutto) immobiliare.

Una progressione che si intreccia con il tema della forma degli atti medesimi, la cui declinazione scritta appare nel corso dei secoli sempre più pregnante ai Romani (specie in ambito provinciale) massime per i negozi più significativi, tra i quali la donazione e le vendite immobiliari.

Proprio con riguardo a questi ultimi, l’Imperatore Costantino dà ormai per scontata l’essenzialità della scriptura, e dunque della forma scritta, a fini di validità stessa del pertinente atto (in aggiunta alla testimonianza dei vicini nel momento in cui la cosa viene consegnata all’acquirente).

Con specifico riguardo alla donazione, sempre sotto Costantino si afferma, ad un tempo, il fenomeno giuridico del consignare actis, palesandosi necessario – oltre alla ridetta scriptura – il deposito del documento che la confeziona in un ufficio pubblico.

Una disciplina che trova la propria organicità con Giustiniano il quale – per le donazioni di maggiore importo – conferma tanto l’obbligatorietà della forma scritta quanto quella della registrazione presso un ufficio pubblico, la c.d. insinuatio ad acta o apud acta (I., 2.7.2). 

Si tratta di una sostanziale forma di pubblicità che assiste, in epoca giustinianea, tutti i negozi consacrati per iscritto, al fine di garantirne la piena efficacia: gli effetti pleno iure di simili atti “scritti” dipendono dunque, in qualche modo, dalla loro “registrazione” pubblica.

Per altri negozi, sempre il diritto giustinianeo prescrive poi, a fini di relativo compimento, una comunicazione della volontà negoziale ad una pubblica autorità, come nel caso dell’adozione, dell’emancipatio e della manumissio vindicta.

Collegamenti

Forma del negozio – Donazione – Registrazione – Adozione

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