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*Ascensore come luogo di privata dimora – Fattispecie

by Angelo Forte
6 Giugno 2022
in Diritto Penale
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Corte di Cassazione, II Sezione Penale, sentenza 26 aprile 2022, n. 15889

PRINCIPIO DI DIRITTO

Si può qualificare come luogo di privata dimora non solo l’abitazione, ma anche ogni luogo nel quale si può dimorare – con modalità riservate – per un tempo apprezzabile ed in relazione al quale si può esercitare lo ius excludendi alios; le pertinenze dell’abitazione – come i garage, gli androni, i cortili condominiali e gli ascensori – devono essere considerati luoghi di privata dimora, sempre che l’accesso agli stessi sia consentito solo se autorizzato e la permanenza al loro interno possa durare per un tempo apprezzabile e con modalità riservate.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)

  1. – Il ricorso è inammissibile.

1.1. – Circa la qualificazione giuridica della condotta, il collegio ribadisce che ricorre il delitto di rapina quando la condotta violenta sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, anche ove la “res” sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il soggetto attivo superarne la resistenza e non solo la forza di coesione inerente alla normale relazione fisica tra possessore e cosa sottratta, giacché in tal caso è la violenza stessa – e non lo strappo – a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione; si configura, invece, il delitto di furto con strappo quando la violenza sia immediatamente rivolta verso la cosa, seppur possa avere ricadute sulla persona che la detiene (Sez. 2 -, Sentenza n. 16899 del 21/02/2019, Melegari, Rv. 276558; Sez. 2, Sentenza n. 34206 del 03/10/2006, Vaccaro, Rv. 234776).

Nel caso in esame, osserva la Corte, dalla ricostruzione effettuata dalle due sentenze di merito emerge con chiarezza che la violenza esercitata dal L. era stata sicuramente diretta contro la persona offesa, dato che questi aveva ostruito la porta di ingresso dell’ascensore all’interno del quale si trovava la vittima, per poi aggredirla, scaraventarla a terra e privarla della borsa (pag. 5 della sentenza impugnata).

Non vi sono margini, dunque, per accogliere l’istanza di riqualificazione.

1.2. – Anche le doglianze rivolte nei confronti del riconoscimento dell’aggravante prevista la rapina viene consumata in un luogo di “privata dimora” sono manifestamente infondate.

Si è già affermato, con giurisprudenza che si condivide, che integra il delitto di cui all’art. 624 bis c.p. (furto in abitazione), la condotta di colui che commetta il furto nella portineria di un condominio, in quanto la portineria di uno stabile condominiale rientra nell’ambito della tutela dei beni predisposta dall’art. 624 bis succitato, in ragione della sua destinazione a privata dimora ed essendo, in ogni caso, incontrovertibile la sua natura “pertinenziale” sia in riferimento all’unità immobiliare occupata dallo stesso portiere nello stesso stabile condominiale sia, pro quota, in riferimento a tutti gli altri appartamenti dell’anzidetto complesso (Sez. 5, Sentenza n. 28192 del 25/03/2008, Taglialatela, Rv. 240442 – 01; con riferimento alle “pertinenze” del condominio e, segnatamente, all’androne: Sez. 5, Sentenza n. 1278 del 31/10/2018, dep. 2019, Sini, Rv. 274389).

Si tratta di una giurisprudenza, evidenzia la Corte, che trova autorevole conferma nella decisione delle Sezioni unite secondo cui per “delineare la nozione di privata dimora sulla base dei seguenti, indefettibili elementi: a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità; c) non accessibilità dei luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare” (Sez. U, Sentenza n. 31345 del 23/03/2017; D’Amico, Rv. 270076 – 01, p. 2).

In sintesi: tali approdi interpretativi consentono di qualificare come luogo di privata dimora non solo “l’abitazione”, ma anche ogni luogo nel quale si può dimorare – con modalità riservate – per un tempo apprezzabile ed in relazione al quale si può esercitare lo ius excludendi alios.

Sviluppando tale linea interpretativa deve ritenersi che le “pertinenze” dell’abitazione – come i garage, gli androni, i cortili condominiali e gli ascensori – devono essere considerati luoghi di “privata dimora”, sempre che l’accesso agli stessi sia consentito solo se autorizzato e la permanenza al loro interno possa durare per un tempo apprezzabile e con modalità riservate.

Circa la identificazione delle caratteristiche del bene pertinenziale si è già affermato – con giurisprudenza che si condivide – che “ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell’appartenenza di entrambi al medesimo soggetto, nonchè del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale è necessario che il bene accessorio arrechi una “utilità” al bene principale” (Sez. 5, Sentenza n. 1278 del 31/10/2018, dep. 2019, Sini, Rv. 274389).

Nel caso in esame il collegio, in conformità con tali indicazioni ermeneutiche, ritiene integrata l’aggravante, dato che l’aggressione funzionale alla consumazione della rapina è stata agita all’interno di uno spazio di pertinenza dell’abitazione, ovvero il vano ascensore del condominio.

  1. – Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 3000,00.

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