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Home Diritto Penale

*Furto in tempo di notte e applicabilità della minorata difesa

by Eleonora Piccoli
19 Settembre 2022
in Diritto Penale
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Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sentenza 01 aprile 2022 n. 12191

 

MASSIMA

La commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. Con sentenza del 26 ottobre 2020 la Corte di appello di Brescia ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Bergamo nei confronti di B.A.M., dichiarato colpevole dei reati a lui iscritti di cui agli art. 61 c.p., comma 1, n. 5, art. 624 bis c.p., art. 625 c.p., comma 2, art. 707, c.p.
  2. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo con l’unico motivo articolato, la violazione dell’art. 61 c.p., n. 5. Contesta, in particolare, la sussistenza dell’aggravante della commissione dei fatti in orario notturno; secondo la ricostruzione della difesa l’aver commesso i fatti in orario notturno non è sintomo di una maggiore gravità della condotta ma ontologica conseguenza della tipologia del luogo in cui si sono verificati, nel quale il reato non avrebbe potuto che essere commesso in orario serale o notturno; d’altronde né il giudice di primo grado né la Corte di appello si soffermano sulla circostanza in esame, essendosi il collegio limitato ad affermare la sussistenza della stessa senza svolgere alcuna considerazione al riguardo.
  3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:

il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;

il difensore, nell’insistere con la memoria versata in atti nell’accoglimento del ricorso, ha formulato un nuovo motivo con cui chiede la rideterminazione della pena inflitta al B.

  1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

Ed invero, la corte territoriale, nel ritenere sussistente l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5, si è, nella sostanza, conformata al consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, oramai consacrato dalle Sezioni Unite nella recente sentenza Cardellini (Sez. U, Sentenza n. 40275 del 15/07/2021 Ud. (dep. 08/11/2021) Rv. 282095 – 01), che ha affermato che la commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto.

Ed infatti, contrariamente a quanto esposto nel ricorso, la Corte di Appello si è ampiamente soffermata, con argomentazioni logiche e dettagliate, svolte in relazione alla situazione concreta, sulle ragioni per le quali l’autore si sia determinato ad agire proprio in tempo di notte, utilizzando obiettive circostanze – quali, ad es., la chiusura di notte dei locali delle aziende e l’assenza di persone – che proprio nelle ore notturne ostacolavano senz’altro la privata difesa (cfr. pag. 8 della motivazione).

Né, peraltro, la difesa ha imperniato la censura sulla eventuale esistenza di circostanze idonee a neutralizzare l’effetto derivante dall’avere agito in orario notturno.

Quanto al motivo proposto solo nella memoria difensiva è solo il caso di osservare che, di là della sua assoluta novità, esso si appalesa del tutto generico (avendo la corte territoriale già esposto, in risposta al motivo parimenti nuovo sul trattamento sanzionatorio formulato in sede di appello, le ragioni per le quali la pena dovesse ritenersi equa e congrua).

  1. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 606 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.

 

 

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