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*Proprietà possesso e diritti reali – Fiume che abbandona il proprio letto e sorte del fondo

by Alessandro Macioci - dottore di ricerca in diritto civile, Avvocato, Esperto giuridico IVASS
19 Agosto 2024
in Diritto Civile
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Corte di Cassazione civile, Sezione II, ordinanza 01 agosto 2024, n. 21715

 

            PRINCIPIO DI DIRITTO

         Nel caso in cui venga richiesto accertarsi la proprietà di una parte del letto abbandonato di un fiume da uno dei proprietari rivieraschi, ai sensi dell’art. 946 cod. civ. nel testo anteriforma operata con l’art. 3, l. n. 37, 17 gennaio 1994, l’attore dovrà esclusivamente provare le condizioni previste dall’anzidetta norma (abbandono del letto del fiume, essere proprietario di fondo rivierasco ed estensione della fronte); trattandosi di una ipotesi di acquisto a titolo originario resta escluso che questi debba fornire la cd. ‘prova diabolica’ richiesta per la domanda di rivendicazione

 

         TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. L. e A. P. agirono in giudizio nei confronti di V.B. e B.L. (deceduta la prima, anche nei confronti di L. e G.  B.) chiedendo dichiararsi la nullità, l’inefficacia o, comunque, l’inesistenza dell’atto con il quale, nel 2006, V.B. aveva donato a B.L. uno stacco di terreno, con conseguenziale condanna alla restituzione del fondo in loro favore. B.L. chiese accertarsi, in via riconvenzionale, l’acquisto per usucapione del bene.

            1.1. Il Tribunale rigettò entrambe le domande.

  1. L. e A. P. proposero impugnazione.

            Chiarisce la Corte d’appello di Roma che gli appellanti avevano sostenuto che la particella donata da V.B. alla figlia B.L., si apparteneva agli esponenti, ai sensi dell’art. 946 cod. civ. al tempo vigente, trattandosi dell’originario letto del fiume Ninfa, naturalmente abbandonato, che aveva accresciuto il loro fondo.

            Secondo il Giudice di secondo grado il Tribunale aveva correttamente qualificato la domanda come di rivendicazione e quindi sarebbe spettato agli attori soddisfare la cd. “prova diabolica” (sussistenza del proprio diritto sul bene fino a risalire al primo acquisto a titolo originario), prova che non era stata soddisfatta.

  1. e A. P. ricorrono avverso la sentenza d’appello sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria. B.L. resiste con controricorso.
  2. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 948e 946 cod. civ. (ante modifica del 1994).

            Si deduce che la sentenza impugnata aveva negato il diritto degli esponenti per non avere dimostrato che la particella (omissis), oggetto della controversia, avesse subito l’annessione, non essendo utile alla dimostrazione la prodotta certificazione catastale.

            La decisione era incorsa in errore per avere preteso il soddisfacimento della prova per la rivendicazione, dovendo, invece, valere il precetto dell’art. 946 cod. civ., nel testo applicabile “ratione temporis”, secondo il quale <<il proprietario del rivierasco frontale della zona di rilascio del letto ne acquisisce la proprietà di diritto, a titolo originario, per accessione limitatamente a detta porzione>>.        Affermare il contrario, soggiunge la parte ricorrente, significherebbe precludere la prova del diritto in senso assoluto, stante che prima del mutamento del percorso del fiume, quell’area ne costituiva il letto e, di conseguenza, apparteneva al demanio.

            3.1. Il motivo è fondato nei limiti di cui appresso.

            L’art. 946 cod. civ., nel testo anteriforma operata con l’art. 3, l. n. 37, 17 gennaio 1994, così dispone: <<Se un fiume o torrente si forma un nuovo letto, abbandonando l’antico, questo spetta ai proprietari confinanti con le due rive. Essi se lo dividono fino al mezzo del letto medesimo, secondo l’estensione della fronte dei fondi di ciascuno>>.

         Non può nutrirsi dubbio sul fatto che si tratta d’una ipotesi d’acquisto a titolo originario della proprietà (cfr. Cass. 5868/1998), quindi non è pertinente l’evocazione della “probatio diabolica”, dovendo solo darsi prova dell’evento dal quale scaturisce l’acquisto a titolo originario e dei presupposti di legge.

            Di conseguenza, non essendo stata esclusa la materialità dell’evento, fonte della costituzione del diritto a titolo originario, il Giudice del rinvio, previa verifica del fondamento della pretesa (non svolta perché reputata assorbente l’asserita mancanza di prova della proprietà), implicante il tempo dell’abbandono del letto (se anteriore o successivo alla riforma del 1994), la posizione del fondo che si assume accresciuto, il fronte e la profondità dell’accrescimento, dovrà attenersi al seguente principio di diritto:

            “nel caso in cui venga richiesto accertarsi la proprietà di una parte del letto abbandonato di un fiume da uno dei proprietari rivieraschi, ai sensi dell’art. 946 cod. civ. nel testo anteriforma operata con l’art. 3, l. n. 37, 17 gennaio 1994, l’attore dovrà esclusivamente provare le condizioni previste dall’anzidetta norma (abbandono del letto del fiume, essere proprietario di fondo rivierasco ed estensione della fronte); trattandosi di una ipotesi di acquisto a titolo originario resta escluso che questi debba fornire la cd. ‘prova diabolica’ richiesta per la domanda di rivendicazione”.

            Esclusa nuova attività istruttoria, la nuova decisione dovrà fondarsi sulle emergenze di causa già in atti.

  1. Il secondo motivo, con il quale viene lamentato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, anche in relazione all’art. 116 cod. proc. civ., per avere la sentenza giudicato non probante la documentazione catastale per gli effetti di cui all’art. 948 cod. civ., resta assorbito in senso proprio dall’accoglimento del primo.
  2. Il Giudice del rinvio, che si individua nella Corte d’appello di Roma, in altra composizione, regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

 

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