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* Atti amministrativi emessi sul presupposto dell’acquisto della qualità di erede da parte del destinatario del provvedimento – insufficienza allo scopo della mera chiamata all’eredità – prova circa l’acquisto della qualità di erede posta a carico dell’Amministrazione – sussistenza

by Angelo Parisi - Avvocato
24 Settembre 2024
in Diritto Civile
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TAR SICILIA-PALERMO IV, sentenza 20 agosto 2024, n. 2466

 

PRINCIPIO DI DIRITTO

           Poiché nelle successioni mortis causa la delazione, che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, per la necessità anche di accettazione da parte del chiamato, chi agisce in giudizio nei confronti del preteso erede è onerato, in base al principio generale di cui all’art. 2697 c.c., dell’onere di provarne l’assunzione della qualità, non desumibile dalla sola chiamata all’eredità, ma conseguendo alla sua accettazione espressa o tacita. Ne deriva che la sua ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto convenuto in giudizio in detta qualità. Gli stessi principi debbono pertanto valere in relazione agli atti amministrativi adottati sulla base del presupposto dell’acquisto della qualità di erede, essendo onere dell’Amministrazione provare l’acquisto di detta qualità

 

            TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

            […] In primo luogo, il ricorrente ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto non sarebbe erede della defunta madre già proprietaria, né avrebbe mai avuto il possesso del bene immobile.

            La doglianza è fondata.

            Secondo la Cassazione “il fatto dei chiamati all’eredità che abbiano ricevuto ed accettato la notifica di una citazione o di un ricorso per debiti del de cuius, così come il fatto che essi si siano costituiti eccependo la propria carenza di legittimazione, non possono configurarsi come accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di atti pienamente compatibili con la volontà di non accettare l’eredità” (Cass. civ, VI L, ord. 13 dicembre 2018, n. 32241).

            La giurisprudenza amministrativa, allineandosi agli orientamenti della giurisprudenza civile, ha sostenuto che “Poiché nelle successioni mortis causa la delazione, che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, per la necessità anche di accettazione da parte del chiamato, chi agisce in giudizio nei confronti del preteso erede è onerato, in base al principio generale di cui all’art. 2697 c.c., dell’onere di provarne l’assunzione della qualità, non desumibile dalla sola chiamata all’eredità, ma conseguendo alla sua accettazione espressa o tacita. Ne deriva che la sua ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto convenuto in giudizio in detta qualità. Gli stessi principi debbono pertanto valere in relazione agli atti amministrativi adottati sulla base del presupposto dell’acquisto della qualità di erede, essendo onere dell’Amministrazione provare l’acquisto di detta qualità» (T.A.R. Lombardia, Milano; IV, 20 dicembre 2023, n. 3129; T.A.R. Piemonte, I, 23 novembre 2023, n. 937; T.A.R. Campania, Napoli, V, 28 marzo 2018, n. 1963).

            È stata pertanto ritenuta illegittima l’ordinanza comunale impositiva nei confronti degli eredi dell’obbligo di provvedere all’esecuzione di tutti i lavori atti alla messa in sicurezza di un fabbricato, laddove l’Ente procedente non abbia fornito la prova dell’avvenuta accettazione di eredità attraverso la presa di possesso dell’immobile, essendo a tal fine privi di rilevanza tutti quegli atti che, ammettendo, come possibile, altra interpretazione, non denotino in maniera univoca un’effettiva assunzione della qualità di erede (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 12 aprile 2018, n. 130).

            Poiché, nel caso di specie, il Comune di Sutera non ha dimostrato di aver acclarato prima dell’emanazione dell’ordinanza impugnata l’avvenuta accettazione dell’eredità da parte del ricorrente – che ha evidenziato la non avvenuta accettazione, neanche tacita ed anzi ha rilevato l’avvenuto decorso del termine decennale di prescrizione – il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullata l’ordinanza impugnata (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, II bis, 28 maggio 2018, n. 5941; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 12 aprile 2018, n. 130; T.A.R. Puglia, Lecce, III, 26 febbraio 2014, n. 672).

            Naturalmente, se dovesse sussistere un pericolo per la pubblica incolumità al fine di individuare i soggetti tenuti a eseguire le misure di messa in sicurezza, è possibile attivare la procedura di cui all’art. 481, cod. civ., che stabilisce che “chiunque vi ha interesse può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare”.

            […]

 

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