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*Processo – Utili extracontabili della società, giudicato ed efficacia sull’accertamento a carico del singolo socio

by avv. Michele Lo Squadro
27 Settembre 2024
in Diritto Civile
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Cassazione civile, sez. V, ordinanza 13 settembre 2024, n. 24621

 

PRINCIPIO DI DIRITTO

Il Collegio ritiene che nel giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo al socio di una società di capitali a ristretta base sociale debba riconoscersi l’efficacia riflessa del giudicato formatosi nel giudizio intercorso tra l’Agenzia delle Entrate e la società, con cui sia stata accertata la insussistenza parziale di utili extracontabili della società. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, dunque, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, con la conseguenza che l’annullamento dello stesso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avvisodi accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari

  1. Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a due motivi.

1.1. Con il primo motivo si eccepisce violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), dello stesso codice. Deduce, in particolare, l’Ufficio che la sentenza impugnata ometteva di fornire l’ordine logico-giuridico della decisione, e gli snodi essenziali della ricostruzione della vicenda, contenendo sostanzialmente una motivazione puramente apodittica ed apparente.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ. Deduce, in particolare, l’Ufficio che esso aveva emesso l’atto impugnato sulla base di presunzioni munite dei requisiti di legge per procedere a tale tipologia di accertamento, trattandosi di società a ristretta base partecipativa.

  1. Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.

2.1. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, e sono infondati. La sentenza impugnata ha confermato la sentenza di primo grado, che ha statuito che alla sig.ra A.A. debba essere attribuito, a titolo di reddito di partecipazione, il 60% del maggior reddito accertato nei confronti della società Demarauto Srl, annullando, tuttavia, integralmente l’atto impugnato, in quanto la stessa C.T.P., con sentenza n. 42/03/2013, depositata il 27 febbraio 2013, aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla Demarauto Srl avverso l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, escludendo la sussistenza di un maggior reddito ai fini IRES ed IRAP, ritenendo unicamente legittimo il recupero I.V.A. per complessivi Euro 2.322,00; tale ultima sentenza è stata quindi confermata dalla C.T.R. con la sentenza n. 679/24/2016, depositata il 15 marzo 2016 e, successivamente, da questa Suprema Corte con ordinanza n. 35552 del 20 dicembre 2023, che ha rigettato il ricorso erariale, derivandone il passaggio in giudicato della pronuncia di secondo grado.

Orbene, ove si consideri che l’accertamento emesso nei confronti della società ha carattere oggettivamente pregiudiziale rispetto a quello emesso nei confronti del socio – ed oggetto del presente giudizio – costituendone il presupposto, deve ritenersi che la sentenza – passata in giudicato – di accertamento negativo dei presunti maggiori ricavi accertati in capo alla società, fa stato – quale giudicato esterno – anche nei confronti della socia, in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, estesa ai soggetti estranei al processo, ma titolari di diritti dipendenti o subordinati alla situazione giuridica in esso definita, derivandone l’annullamento (parziale) dell’avviso di accertamento verso quest’ultimo, di cui è venuto meno il presupposto. Al riguardo, questa Corte ha più volte ribadito che, in tema di effetti del giudicato, la sentenza che sia passata in giudicato, oltre ad avere un’efficacia diretta tra le parti, i loro eredi ed aventi causa, ne ha anche una riflessa, poiché, quale affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo nel quale sia stata resa, qualora essi siano titolari di diritti dipendenti dalla situazione definita in quel processo, o comunque subordinati a questa.

In coerenza con tali principi si è altresì precisato, nella materia tributaria, che la sentenza favorevole alla società contribuente, che esclude il conseguimento di superiori ricavi non contabilizzati a fini IRAP, divenuta irrevocabile per mancata impugnazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, può essere utilizzata, nonostante la diversità delle imposte, dal socio come prova nel giudizio tributario per contestare ai fini IRPEF i presunti utili percepiti nell’esercizio della medesima attività d’impresa, posto che, anche in difetto di espressa previsione legislativa, l’esclusione dello stesso dato economico e fattuale di partenza fa venir meno, di riflesso, anche la fonte giustificativa dei pretesi redditi incassati dal socio (Cass. 16 novembre 2011, n. 24049; Cass. 4 dicembre 2015, n. 24793; Cass. 23 maggio 2019, n. 13989).

Sulla scorta di tali principi, il Collegio ritiene che nel giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo al socio di una società di capitali a ristretta base sociale debba riconoscersi l’efficacia riflessa del giudicato formatosi nel giudizio intercorso tra l’Agenzia delle Entrate e la società, con cui sia stata accertata la insussistenza parziale di utili extracontabili della società. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, dunque, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, con la conseguenza che l’annullamento dello stesso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avvisodi accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari (Cass. 19 gennaio 2021, n. 752).

L’accertamento negativo del maggior utile extracontabile della società rimuove, infatti, il presupposto da cui dipende l’accertamento del maggior utile da partecipazione del socio. Inoltre, come già chiarito da questa Corte, nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno (al pari di quella del giudicato interno) è rilevabile d’ufficio non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche quando il giudicato si sia formato – come nella specie – successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Ancora, quando lo stesso giudicato si sia formato – come è pure accaduto nel caso di specie – in seguito a una sentenza di codesta Suprema Corte, quest’ultima può pervenire a conoscere la propria precedente pronuncia anche mediante quell’attività d’istituto(relazioni, massime ufficiali, consultazione del CED) che costituisce corredo della ricerca del collegio giudicante, nell’adempimento del duplice dovere della Corte di prevenire il contrasto di giudicati, in armonia con il divieto di bis in idem, e di conoscere i propri precedenti, nell’adempimento della funzione nomofilattica ad essa assegnata dall’art. 65, comma 1, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (cfr. Cass. 22 giugno 2021, n. 17696; Cass. 27 luglio 2017, n. 18634; Cass. 4 dicembre 2015, n. 24740).

  1. Consegue il rigetto del ricorso.
  2. Sussistono giustificati motivi per la compensazione integrale delle spese del presente giudizio, in quanto il rigetto è motivato su un giudicato esterno formatosi successivamente alla pubblicazione della decisione impugnata. Rilevato che risulta soccombenza parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
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