Corte di Cassazione, Sez. Unite Penali, sentenza 8 aprile 2025, n. 13808
PRINCIPIO DI DIRITTO
L’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’ impugnazione, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’ immediata e inequivoca indicazione del luogo in cui eseguire la notificazione
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.Con ordinanza del 17 gennaio 2024 la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da A.A. nei confronti della sentenza del 27 marzo 2023 del Tribunale di Roma, con la quale lo stesso A.A. era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 223, primo comma, e 216, primo comma, n. 1, R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (capo A della rubrica), e del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 223, primo comma, e 216, primo comma, n. 2, R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (capo B della rubrica), e condannato alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, con l’applicazione delle pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, R.D. 16 marzo 1942 n. 267, e anche di quelle di cui all’art. 29 cod. pen.
La Corte d’Appello di Roma, dato atto della pronuncia della sentenza impugnata in data 27 marzo 2023 e della conseguente applicabilità dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2022, ha rilevato il mancato deposito, unitamente all’atto d’appello, della dichiarazione o elezione di domicilio dell’ imputato, e ha, conseguentemente, dichiarato l’ inammissibilitàdell’ impugnazione a sensi dell’art. 591, primo comma, lett. c), cod. proc. pen., a causa del mancato assolvimento degli oneri imposti all’imputato appellante che sia stato presente nel giudizio di primo grado.
2.Avverso tale ordinanza l’ imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’avv. Daniela Ceci, che lo ha affidato a un unico motivo, con il quale ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. c), cod. proc. pen., la violazione e l’errata applicazione degli artt. 164, 581, comma 1-ter, e 601 cod. proc. pen.
Ha affermato che, sulla base di una lettura sistematica degli artt. 164 e 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. e tenendo conto della ratio di tale seconda disposizione (volta ad agevolare l’attività di notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello), solamente l’ imputato che nel corso del giudizio di primo grado non abbia dichiarato o eletto domicilio deve depositare, con l’atto di appello, anche l’elezione di domicilio, allo scopo di permettere al giudice che procede di notificargli il decreto di citazione a giudizio ai sensi dell’art. 601 cod. proc. pen., in quanto il domicilio eletto in primo grado resta immanente.
Quindi, in presenza, come nel caso di specie, di una elezione di domicilio idonea, la stessa non avrebbe dovuto essere ripetuta al momento della presentazione della impugnazione.
La diversa interpretazione, seguita dalla Corte d’Appello nell’ordinanza impugnata, impone, ad avviso del ricorrente, un’ inutile duplicazione della dichiarazione o elezione di domicilio, in contrasto con quanto espressamente previsto dall’art. 164 cod. proc. pen., anche come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2022, secondo cui l’elezione di domicilio conserva efficacia anche al fine della notificazione della citazione per il giudizio di appello ai sensi dell’art. 601 cod. proc. pen.
Nel caso in esame la Corte d’Appello aveva fatto eseguire con esito positivo la notificazione dell’ordinanza di inammissibilità presso il domicilio dichiarato dall’ imputato; ciò a dimostrazione dell’esistenza di un valido domicilio dichiarato, presso il quale l’ imputato aveva ricevuto tutte le comunicazioni relative al giudizio di primo grado e dove avrebbe quindi potuto essergli notificato anche il decreto di citazione per il giudizio di appello.
A sostegno della interpretazione prospettata il ricorrente ha, in particolare, richiamato, oltre ad altre, Sez. 2, n. 8014 del 11/01/2024, El Janati Asmae, Rv. 285936-01, concludendo per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
3.La Quinta Sezione Penale, investita della trattazione del ricorso, con ordinanza del 19 giugno 2024 ne ha sollecitato la rimessione alle Sezioni Unite, allo scopo di risolvere il contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità in ordine all’ interpretazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., a proposito della sufficienza della sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione o allegata allo stesso.
È controverso se, in base alla predetta disposizione, ai fini della ammissibilità dell’ impugnazione: a) occorra una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, da effettuarsi con l’atto d’ impugnazione; b) ovvero, sia sufficiente l’allegazione o il richiamo di una precedente elezione o dichiarazione; c) oppure, ancora, sia sufficiente la presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio senza necessità né di deposito né di richiamo della stessa, rilevando il disposto del comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen. solo nel caso in cui l’imputato non abbia eletto domicilio nel corso del procedimento.
4.La Sezione rimettente, nel delineare gli orientamenti contrastanti, ha, anzitutto, richiamato le decisioni che sostengono la necessità di allegare all’atto di impugnazione una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, le quali valorizzano la ratio sottesa all’ introduzione di tale onere, individuata, in termini coerenti con gli obiettivi di miglioramento dell’efficienza e speditezza del processo penale perseguiti con il D.Lgs. n. 150 del 2022, nella finalità di assicurare la celere e regolare celebrazione del giudizio d’ impugnazione e di agevolare l’attività di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio (Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, Mirabile, Rv. 285985-01).
Secondo tale orientamento, attraverso l’adempimento posto a carico dell’ imputato appellante, il legislatore ha inteso agevolare il buon esito del procedimento di notificazione, consentendo la rapida notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, quale primo atto introduttivo del grado da notificare personalmente all’ imputato, ai sensi degli artt. 157-ter, primo e terzo comma, e 601 cod. proc. pen., esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto (Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, Mohamad Ahmad Hasan, Rv. 285805-01).
Tale adempimento è volto ad assicurare la conoscenza da parte dell’ imputato della citazione per il giudizio di appello, così da garantire che la fase di impugnazione possa svolgersi con contraddittorio certo, tale da escludere o, comunque, fortemente limitare il ricorso agli eventuali rimedi restitutori e rescissori del giudicato nelle fasi successive al giudizio (Sez. 5, n. 46831 del 22/09/2023, Iacuzio, non mass., e Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, En Naji Kamal, Rv. 284645-01, chiamate entrambe a pronunciarsi sulla sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., che hanno ritenuto la questione manifestamente infondata), e, al tempo stesso, da assicurare la definizione del giudizio in tempo ragionevole, in modo da non incorrere nella improcedibilità, provocata dalla necessità della rinnovazione della citazione in conseguenza dell’esito negativo della stessa.
La necessità che la dichiarazione o elezione di domicilio, da depositare a pena di inammissibilità unitamente all’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, sia successiva alla sentenza impugnata viene ricavata dalla nuova formulazione dell’art. 164 cod. proc. pen., che esclude la durata illimitata di quella effettuata nel precedente grado (Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, Mirabile, Rv. 285985- 01, cit., e Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, Mohamad Ahmad Hasan, Rv. 285805-01, cit.).
Tale soluzione, pur in mancanza di una previsione espressa, è ritenuta coerente con la ratio della disposizione e con la lettura sistematica delle nuove norme in tema di notificazioni introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Al riguardo si sottolinea il disposto dell’art. 161, comma 1, cod. proc. pen. e si richiama il contenuto dell’art. 164 cod. proc. pen. che attribuisce validità limitata alla dichiarazione o elezione di domicilio ai soli fini delle notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli artt. 450, comma 2, 456, 552 e 601, cod. proc. pen., nonché del decreto penale di condanna, salvo quanto previsto dall’art. 156, comma 1, cod. proc. pen. (così Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, Mirabile, Rv. 285985-01, cit., e Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, Mohamad Ahmad Hasan, Rv. 285805-01, cit.).
A sostegno di tale ricostruzione si richiama anche la nuova disciplina delle notificazioni all’imputato, secondo la quale solo per la notificazione degli atti di citazione a giudizio occorre, ai sensi dell’art. 157- ter cod. proc. pen., che questi siano notificati presso il domicilio dichiarato o eletto o, in mancanza di questo, nei luoghi o con le modalità di cui all’art. 157 cod. proc. pen., venendo notificati gli atti successivi presso il difensore: alla notificazione all’ imputato dell’atto introduttivo del giudizio presso il domicilio dichiarato o eletto conseguirebbe la cessazione della manifestazione di volontà dell’imputato e la necessità di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio per il giudizio di appello, non potendosi fare riferimento al precedente domicilio dichiarato o eletto (così Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, Mirabile, Rv. 285985-01, cit.).
Nell’ambito di tale orientamento è stata esclusa l’ idoneità, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, di un’eventuale dichiarazione o elezione di domicilio già presente in atti.
Si osserva che, se fosse sufficiente quest’ultima, la previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non avrebbe ragione di essere, prevedendo già l’art. 157-ter, comma 1, cod. proc. pen., per le notificazioni degli atti introduttivi di primo grado e per la citazione in appello, che la notificazione debba essere eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ex art. 161 cod. proc. pen., salvo la precisazione, contenuta nel comma 3, che la notificazione dell’atto di citazione a giudizio è eseguita esclusivamente presso il domicilio eletto ai sensi dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., domicilio che potrà, quindi, coincidere con quello già dichiarato o eletto in precedenza ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen. solo se la dichiarazione sia stata rinnovata dall’imputato attraverso uno dei modi previsti dai medesimi commi 1-ter e 1-quater (così Sez. 5, n. 17055 del 19/03/2024, Cappiello, Rv. 286357-01; Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2024, Mauro, Rv. 286088-01; Sez. 5, n. 2531 del 24/11/2023, dep. 2024, Ibrahimi, non mass.).
L’ordinanza di rimessione richiama, tra le numerose decisioni che si inscrivono in tale orientamento, Sez. 4, n. 47417 del 28/09/2023, Hafsa, non mass., che sottolinea la rilevanza del termine “deposito” che si intende, appunto, riferito a un atto “nuovo” e non già a un atto che sia già stato acquisito agli atti, per il quale diversamente si parla di allegazione, e Sez. 6, n. 43320 del 26/09/2023, Rossi, non mass., che richiede la contestualità del deposito rispetto all’atto di appello e la novità della dichiarazione, in quanto altrimenti la norma sarebbe superflua.
Nell’ambito di tale orientamento alcune pronunce ammettono la possibilità di un deposito differito della elezione di domicilio rispetto all’atto d’ impugnazione, da effettuarsi comunque, a pena di inammissibilità della impugnazione, entro la scadenza dei termini previsti per la presentazione dell’ impugnazione (Sez. 5, n. 17995 del 24/01/2024, Veludo, non mass., e Sez. 5, n. 46831 del 22/09/2023, Iacuzio, non mass., cit.).
5.L’ordinanza di rimessione illustra anche il diverso orientamento secondo cui la dichiarazione o l’elezione di domicilio richieste dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. possono essere anche quelle effettuate nel corso del procedimento di primo grado, e non necessariamente in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata, a condizione che siano depositate unitamente all’atto di appello, in quanto la contraria interpretazione ostacolerebbe indebitamente l’accesso al giudizio di impugnazione, in violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti (Sez. 2, n. 8014 del 11/01/2024, El Janati Asmae, Rv. 285936-01).
Tale orientamento valorizza la differente disciplina stabilita dal comma 1-ter dell’ art. 581 cod. proc. pen. (che riguarda il caso dell’ imputato che non sia stato dichiarato assente nel grado precedente e richiede solo il deposito della elezione o dichiarazione di domicilio e non anche dello specifico mandato a impugnare) rispetto a quanto previsto dal comma 1-quater della medesima disposizione (che riguarda l’ imputato assente, alquale si richiede, a pena di inammissibilità, il deposito dello specifico mandato a impugnare conferito al difensore contenente anche l’elezione o dichiarazione di domicilio per la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di appello) contenente l’esplicito riferimento alla necessità che si tratti di atti successivi rispetto alla sentenza impugnata.
Sottolinea, in particolare, la ratio della diversa configurazione delle modalità dell’adempimento previste nei commi 1-ter e 1-quater, in quanto la finalità perseguita dal legislatore riguardo all’imputato assente sarebbe quella di garantire la effettiva conoscenza da parte dell’imputato, che non ha partecipato al giudizio, della pendenza e dell’esito del processo e la reale volontà di impugnazione, intento che, invece, non sarebbe presente nel comma 1-ter, posto che la sola esigenza di agevolare la citazione a giudizio dell’appellante può essere soddisfatta anche attraverso l’allegazione di una elezione di domicilio antecedente alla sentenza impugnata (Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, Miraoui Mohamed, Rv. 286269-01).
Sostiene, inoltre, che non è condivisibile una interpretazione diretta ad applicare a un caso non espressamente previsto dalle norme processuali regolatrici della fattispecie l’obbligatorietà di un adempimento stabilito a pena di inammissibilità, essendo le cause di inammissibilità tassative e insuscettibili di interpretazione estensiva.
Questa interpretazione non sarebbe neppure in contrasto con l’attuale testo dell’art. 164 cod. proc. pen., in quanto tale disposizione richiama espressamente l’art. 601 cod. proc. pen., con la finalità di limitare l’efficacia dell’elezione o dichiarazione di domicilio agli atti introduttivi del giudizio di cognizione anche di appello e all’ imputato libero, con esclusione dei giudizi cautelari e dell’ imputato detenuto.
Secondo tale indirizzo, resta ferma, tuttavia, la necessità che gli atti di dichiarazione o di elezione di domicilio, rilasciati anche in epoca precedente alla pronuncia della sentenza di primo grado e nella fase delle indagini preliminari, siano depositati ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., unitamente all’atto d’appello, considerato che l’ imputato presente potrebbe non avere dichiarato o eletto domicilio prima dell’impugnazione o aver effettuato diverse dichiarazioni o elezioni.
6.Il Collegio rimettente evidenzia l’esistenza di un ulteriore filone interpretativo in base al quale, per non incorrere nella sanzione della inammissibilità dell’appello, è sufficiente il richiamo alla precedente elezione di domicilio presente in atti (Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, Miraoui, Mohammed, Rv. 286269- 01, cit., che richiama la necessità di una lettura costituzionalmente orientata della disciplina in esame, per non limitare irragionevolmente ” il diritto di accesso” al giudizio di impugnazione, come affermato dalla Corte EDU, 28/10/2021, Succi e altri c. Italia).
7.L’ordinanza impugnata dà atto anche dell’orientamento espresso da Sez. 2, n. 20515 del 09/05/2024, Casà, non mass., secondo cui la sanzione dell’ inammissibilità dell’ impugnazione,testualmente prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., non è applicabile analogicamente alla diversa situazione, prevista dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., di imputato non giudicato in assenza nel grado precedente, in quanto tale lettura ostacolerebbe indebitamente l’accesso a un giudizio d’impugnazione, in violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti.
8.Con decreto del 15 luglio 2024 la Prima Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite e ne ha disposto la trattazione all’odierna udienza camerale non partecipata.
9.Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Preliminarmente ha evidenziato che l’art. 2, lett. o), legge 9 agosto 2024, n. 114, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare” (entrata in vigore il 25 agosto 2024), ha abrogato il comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen., con conseguente necessità, in assenza di disposizioni transitorie, di individuare la disciplina processuale applicabile e, conseguentemente, di verificare l’attualità della questione rimessa alle Sezioni Unite.
Dato atto della natura processuale sia della norma abrogata sia di quella abrogatrice e della necessità di individuare la disciplina applicabile sulla base del criterio stabilito dall’art. 11, primo comma, preleggi, e richiamati i principi affermati da Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236537-01, ha argomentato, anche sulla base di quanto chiarito da Sez. U, n. 21716 del 23/02/2023, Andreoli, Rv. 284490-01, che la verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per la proposizione dell’impugnazione va compiuta con riferimento alla presentazione del relativo atto.
È questo il momento in relazione al quale va effettuato il controllo di esistenza di tutte le condizioni idonee a rendere l’atto medesimo capace di produrre validamente l’ impulso necessario a dar luogo al giudizio di impugnazione.
Sulla base di tali premesse trae la conclusione che l’abrogazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non riguarda le impugnazioni proposte e valutate dal giudice dell’ impugnazione nella vigenza de regime introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2022, con conseguente attualità della questione rimessa alle Sezioni Unite.
Nel merito, alla luce del tenore letterale della norma, ritiene sufficiente l’allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio, non essendo il requisito della posteriorità rispetto a provvedimento impugnato richiesto dalla disposizione.
Nel caso specifico ritiene non sussistente il vizio denunciato, poiché l’atto d’ impugnazione era privo della dichiarazione o elezione di domicilio o, quanto meno, della indicazione della sua presenza in atti.
10.Con memoria del 17 ottobre 2024 il ricorrente ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale, osservando che l’allegazione all’atto di impugnazione di una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, ovvero il suo puntuale richiamo in tale atto, non è previsto dall’abrogato art. 581, comma 1- ter, cod. proc. pen., e dunque non può essere posta a carico dell’imputato appellante.
Aggiunge che la disposizione abrogata trova applicazione solo nell’ ipotesi in cuil’ imputato, nel corso del giudizio, non abbia in precedenza dichiarato o eletto domicilio.
La mera ripetizione dell’elezione di domicilio da parte dell’ imputato appellante nulla aggiunge a un fatto processuale già avvenuto e pienamente conosciuto dall’autorità giudiziaria procedente (nel caso di specie l’elezione di domicilio era stata riportata nell’ intestazione della sentenza di primo grado e proprio al domicilio eletto era stata notificata l’ordinanza di inammissibilità impugnata).
Si sottolinea, inoltre, quanto previsto dall’art. 164 cod. proc. pen., secondo cui l’elezione di domicilio, una volta effettuata dall’imputato, produce effetto, tra l’altro, ai fini degli adempimenti di cui all’art. 601 cod. proc. pen., ossia proprio in vista della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, efficacia che, invece, era stata erroneamente esclusa dalla Corte d’Appello, con la conseguente nullità, ai sensi dell’art. 178, primo comma, lett. c), cod. proc. pen., dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione
1.Alle Sezioni Unite è stata rimessa la seguente questione di diritto:
“Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo”.
2.La risposta al quesito presuppone la ricostruzione del quadro di riferimento normativo.
Il già citato D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha introdotto il comma 1-ter nell’art. 581 cod. proc. pen., è attuativo della I. 27 settembre 2021, n. 134, recante la delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari.
Con riferimento alle impugnazioni la legge delega, all’art. 1, comma 6, lett. f ), stabilisce che “nel caso di impugnazione proposta dall’ imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti sia effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi della lett. a) del comma 13 del presente articolo”. Prevede, inoltre, che con l’atto di impugnazione venga depositata, a pena di inammissibilità, “ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione”, la dichiarazione o elezione di domicilio (art. 1, comma 13, lett. a).
All’art. 1, comma 7, la legge delega esplicita le finalità dell’ intervento, volto a “rendere il procedimento penale più celere ed efficiente nonché (…a…) modificare il codice di procedura penale in materia di processo in assenza” e, in coerenza con tale impostazione, alla lettera h) stabilisce che ” il difensore dell’ imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza;… con lo specifico mandato a impugnare l’imputato dichiari o elegga il domicilio per il giudizio di impugnazione”; per il difensore dell’ imputato assente venga ampliato il termine per impugnare.
All’art. 1, comma 13, lett. a), introduce il più generale onere a carico della parte privata impugnante di depositare “dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del
giudizio di impugnazione”.
- Il legislatore delegato ha, quindi, provveduto, in attuazione della delega, a varare un complesso di norme che delineano un modello di ” imputato consapevole”, ossia un imputato che, una volta che sia venuto correttamente a conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale avviato nei suoi confronti, instauri un rapporto con il proprio difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, al fine di potersi difendere.
In linea con tale finalità, il legislatore delegato ha previsto che: l’ indagato e l’ imputato, nel momento in cui entrano in contatto con la polizia giudiziaria o con il pubblico ministero o con il giudice, eleggano domicilio per la notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare o degli atti di citazione a giudizio; assumano l’obbligo di comunicarne ogni mutamento, nella consapevolezza che, in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di eleggere o dichiarare il domicilio, o, ancora, nel caso in cui il domicilio sia o divenga inidoneo, la notificazione degli atti avverrà presso il difensore, già nominato o contestualmente designato anche d’ufficio; le successive notificazioni, diverse da quelle che riguardano gli atti di citazione a giudizio, avvengano presso il difensore, di fiducia o d’ufficio, a cui l’ indagato e l’ imputato devono fornire i propri recapiti onde consentire al difensore stesso di comunicare con lui (artt. 157, comma 8-ter e 161 cod. proc. pen.).
L’art. 157-ter cod. proc. pen., stabilisce poi, al terzo comma, che ” in caso di impugnazione proposta dall’ imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater”. Queste ultime disposizioni, anch’esse introdotte dalla novella, prevedono, rispettivamente, che: “Con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio” (comma 1-ter); “nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio” (comma 1-quater).
La nozione di “parti private”, di cui al comma 1-ter, è riferibile al solo imputato, posto che l’art. 100 cod. proc. pen., al primo comma, stabilisce che la parte civile, così come il responsabile civile e la persona civilmente obbligata, stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale e, al successivo quinto comma, prevede che il domicilio delle parti private, indicate nel primo comma, per ogni effetto processuale, si intende eletto presso il difensore, presso cui, a norma dell’art. 154, comma 4, cod. proc. pen, devono essere eseguite le notificazioni (Sez. 6, n. 20565 del 09/05/2024, Santoro, non mass., Sez. 2, n. 12667 del 29/2/2024, Rijk Zwaan Zaadteelt en Zaadhandel B.V., non mass., e Sez. 5, n. 6993 del 13/11/2023, dep. 2024, Gambino, Rv. 285975-01).
La disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non si applica, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 51273 del 10/11/2023, Savoia, Rv. 285546-01; Sez. 2, n. 38442 del 13/09/2023, Toure Ismaila, Rv. 285029-01; Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, En Naji Kamal, Rv. 284645-01), all’ imputato detenuto, anche se per altra causa (Sez. 6, n. 21940 del 07/02/2024, Janashia, Rv. 286488- 01; Sez. 6, n. 15666 del 29/02/2024, Shermadhi, Rv. 286301-01; in senso contrario Sez. 2, n. 24902 del 17/05/024, Pompizi, Rv. 286516-01, con riferimento però a una ipotesi nella quale lo stato detentivo non era noto al giudice procedente), in quanto l’allegazione all’atto d’ impugnazione della dichiarazione o elezione di domicilio, in funzione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, non ha ragion d’essere nel caso dell’imputato detenuto, stante l’obbligo di procedere nei suoi confronti alla notificazione a mani proprie (art. 156, primo comma, cod. proc. pen.).
L’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. è, invece, ritenuto applicabile all’ imputato che si trovi agli arresti domiciliari (Sez. 4, n. 14895 del 20/03/2024, Shaqiri, Rv. 286122-01; Sez. 4, n. 41858 del 08/06/2023, Andrioli, Rv. 285146-01) o sottoposto a misura coercitiva non custodiale (Sez. 6, n. 30716
del 14/05/2024, Randone, Rv. 286848) ovvero in regime di detenzione domiciliare (Sez. 2, n. 27386 del 08/05/2024, M., Rv. 286690-01, che ha sottolineato che tale misura alternativa, presupponendo l’avvenuta scarcerazione del sottoposto e trovando esecuzione fuori dagli istituti penitenziari, non elide l’onere imposto dall’indicata disposizione).
Il riferimento contenuto nel comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen. al decreto di citazione a giudizio ha indotto a ritenere che la disposizione trovi applicazione nel solo giudizio di appello e non riguardi il ricorso per cassazione (Sez. 2, n. 40824 del 13/9/2023, Karaj Ermal, Rv. 285256-01), posto che per tale giudizio non è prevista la notificazione del decreto di citazione a giudizio all’ imputato e alle altre parti private, bensì l’avviso ai difensori della data di udienza fissata per la trattazione del ricorso (art. 601, commi 1 e 3, cod. proc. pen.), o l’avviso all’ imputato ove questo non sia assistito dal difensore di fiducia o da difensore iscritto all’albo speciale della Corte di cassazione (art. 613, comma, comma 4, cod. proc. pen.).
- Tanto premesso, circa contenuto, finalità e ambito di operatività della disposizione di cui alla questione rimessa alle Sezioni Unite, occorre esaminare, preliminarmente, l’ incidenza sul suo ambito d operatività della abrogazione che ne è stata disposta dalla legge 9 agosto 2024, n. 114.
L’art. 2, lett. o), della legge 9 agosto 2024, n. 114, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare”, entrata in vigore il 25 agosto 2024 (essendo stata pubblicata il 10 agosto 2024), ha, infatti, espressamente abrogato il comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen., senza dettare alcuna disciplina transitoria.
In conseguenza di tale abrogazione la soluzione della questione rimessa alle Sezioni Unite richiede anche di stabilire se ai fini della applicabilità della disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione del l’impugnazione.
- Il problema della successione di leggi processuali nel tempo, in relazione al diritto di impugnazione, è stato già affrontato da Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236537-01, ove è stato affermato il principio di diritto secondo cui “ai fini dell’ individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall’una all’altra, l’applicazione del principio “tempus regit actum ” impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell’impugnazione”.
Tale principio, poi consolidatosi nella giurisprudenza successiva (ex plurimis, Sez. 1, n. 27004 del 29/04/2021, Pimpinella, Rv. 281615-01; Sez. 6, n. 19117 del 23/03/2018, Tardiota, Rv. 273441-01; Sez. 6, n. 40146 del 21/03/2018, Pinti, Rv. 273843-01), è stato affermato con riferimento alla abrogazione, da parte dell’art. 9 legge n. 46 del 2006, dell’art. 577 cod. proc. pen., che attribuiva alla parte civile la facoltà di proporre impugnazione agli effetti penali nei confronti di sentenze di proscioglimento in ordine ai reati di ingiuria e diffamazione.
Le Sezioni Unite, nel risolvere la questione di diritto intertemporale, hanno posto a base della loro analisi il principio di irretroattività della legge stabilito dall’art. 11 preleggi, secondo cui “la legge non dispone che per l’avvenire; essa non ha effetto retroattivo”, sintetizzato nella tradizionale formula tempus regit actum, e hanno individuato varie categorie di atti processuali, “per modulare correttamente il parametro intertemporale e stabilire se sia applicabile il vecchio o il nuovo regime”, distinguendo tra varie specie di atti: 1) quello con effetti istantanei (che si esaurisce nel suo puntuale compimento); 2) quello che, pur essendo di esecuzione istantanea, presuppone una fase di preparazione e di deliberazione più o meno lunga, ed è strettamente ancorato ad altro atto che lo legittima e che finisce con l’assumere rilievo centrale; 3) quello che ha carattere strumentale e preparatorio rispetto a una successiva attività del procedimento, con la quale va a integrarsi e completarsi.
L’atto di impugnazione è stato ritenuto appartenente alla prima specie, se considerato isolatamente e nel suo aspetto formale, in quanto esso, nell’ iter processuale, ha una propria autonomia e una funzione “autoreferenziale”, che è quella di dare avvio al grado successivo di giudizio, investendo il giudice competente.
Quanto, più specificamente, al potere di appellare una sentenza (oggetto della questione rimessa alle Sezioni Unite e decisa con la sentenza Lista), questo, in quanto esercitabile nel periodo compreso tra la pronuncia e la scadenza dei termini per presentare l’ impugnazione, una volta utilizzato nel rispetto della disciplina al momento vigente, rimane insensibile a qualsiasi modifica normativa sopravvenuta, che può trovare applicazione solamente in relazione a sentenze pronunciate dopo la sua entrata in vigore.
Dunque, secondo le Sezioni Unite, anche per la irragionevolezza degli esiti ai quali condurrebbe il riferire la legge applicabile a quella vigente al tempo in cui l’atto di impugnazione è presentato, potendosi determinare un’asimmetria tra le posizioni di più parti impugnanti, collegata ai tempi, spesso differenti, per la proposizione dell’ impugnazione stessa, a loro volta influenzati da eventi casuali o aleatori (adempimenti di cancelleria, vicende della notifica e altro), ” il regime delle impugnazioni va ancorato, in base alla regola intertemporale di cui all’art. 11 delle preleggi, non alla disciplina vigente al momento della loro presentazione ma a quella in essere all’atto della pronuncia della sentenza, posto che è in rapporto a quest’ultimo actus e al tempus del suo perfezionamento che vanno valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione, i modi e termini per esercitarla”.
- Tali principi, affermati con riferimento alla facoltà di proporre impugnazione e ai criteri da seguire per stabilire la legge applicabile al regime delle impugnazioni in caso di successione di leggi nel tempo, sono stati recepiti dalla giurisprudenza successiva relativa ai mutamenti verificatisi in ordine al regime applicabile alle impugnazioni (si vedano, tra le altre, Sez. 6, n. 40146 del 21/03/2018, Pinti, Rv. 273843- 01, cit., relativa alla competenza a decidere su di un ricorso per rescissione del giudicato relativo a sentenza emessa prima della riforma introdotta con legge 23 giugno 2017, n. 103 , in relazione al quale è stata ritenuta la competenza della Corte di cassazione; Sez. 5, n. 10142 del 17/01/2018, C., Rv. 272670 – 01, cit., relativa alla impugnabilità con ricorso per cassazione di sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425 cod. proc. pen., emessa prima dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, modificativa dell’art. 428 cod. proc. pen.; Sez. 1, n. 53011 del 27/11/2014, Viola, Rv. 262352-01, relativa alla competenza a decidere sul ricorso per cassazione proposto avverso la decisione del magistrato di sorveglianza in tema di reclamo giurisdizionale emessa nel vigore dell’art. 35-bis, comma quarto, legge 26 luglio 1975, n. 354; Sez. 1, n. 40251 del 02/10/2007, Scuto, Rv. 238050-01).
Nella stessa sentenza Lista, tuttavia, è stato chiarito che l’atto d’ impugnazione appartiene alla categoria degli atti processuali a effetti istantanei, che si esauriscono nel loro puntuale compimento; esso, cioè, ha una propria autonomia e ha la funzione di dare avvio al grado successivo di giudizio, investendo il giudice competente.
Non diversamente, in dottrina, quanto alla nozione di actus, cui correlare la disciplina applicabile, tendenzialmente si esclude che esso coincida con l’ intero procedimento o con i suoi stati o gradi o fasi, giacché, in tal caso, tutti i processi pendenti continuerebbero a essere regolati sempre e soltanto dalle norme vigenti al momento della loro instaurazione e il principio generale diverrebbe quindi quello della efficacia differita delle nuove norme, in contrasto con la disposizione dell’art. 11 preleggi.
È consolidata l’affermazione secondo cui la regola della efficacia immediata delle nuove disposizioni possa essere correttamente mantenuta solo se per actus si intenda ciascun atto da compiere o ciascun fatto processuale.
Qualora, dunque, la modifica normativa non riguardi la facoltà di proporre l’ impugnazione (oggetto della sentenza Lista) ma attenga, come nella fattispecie in esame, alle modalità stabilite per la presentazione dell’atto d’appello (cfr. Sez. U, Lista secondo cui essa appartiene alla categoria degli atti
processuali a effetti istantanei), la corretta applicazione del principio sancito dall’art. 11 preleggi esclude che per determinare la disciplina applicabile possa aversi riguardo al momento decisorio, ossia al momento della pronuncia del provvedimento da impugnare.
L’ incidenza della modifica normativa solo sulle modalità di presentazione dell’atto di impugnazione non consente, poi, di dilatarne gli effetti fino a fare ritenere rilevanti, agli effetti della nozione di atto, non solo l’ intero giudizio d’appello, ma anche, come nell’ ipotesi in esame, il giudizio di cassazione posto che la modifica normativa è intervenuta in pendenza del giudizio di legittimità.
L’affermazione contenuta nella sentenza Lista, secondo cui il potere di impugnazione trova la sua genesi nel provvedimento da impugnare e quindi, per esigenze di certezza e di tutela dell’affidamento maturato dalla parte in ordine alla “fissità del quadro normativo” esistente al momento della pronuncia del provvedimento da impugnare, va ancorato, in base alla regola intertemporale di cui all’art. 11 preleggi, non alla disciplina vigente al momento della loro presentazione, ma a quella in essere all’atto della pronuncia della sentenza, non comporta che agli atti processuali da qualificare come a effetti istantanei (quale è, appunto, l’atto di impugnazione) debba applicarsi la disciplina vigente al momento della pronuncia del provvedimento da impugnare: non si pongono, infatti, per le modalità di presentazione di tali atti, le esigenze di certezza e di tutela dell’affidamento considerate a proposito della individuazione della disciplina applicabile alla facoltà di proporre l’impugnazione.
A tali atti, in ragione della loro natura, va dunque applicata la disciplina vigente al momento del compimento dell’atto stesso, ossia della presentazione dell’atto di impugnazione, come stabilito dall’art. 11 preleggi, e non quella del momento della pronuncia del provvedimento da impugnare, né, per la medesima ragione, quella in vigore al momento, successivo, della decisione.
L’applicazione al caso in esame dei principi enunciati da Sez. U Lista porterebbe a risultati irragionevoli.
Mentre la sentenza Lista ha fondato essenzialmente il principio affermato sull’esigenza di un criterio che, per la sua oggettiva certezza, era tale da consentire di tutelare l’affidamento della parte sulla fissità del quadro normativo che, diversamente, avrebbe inibito la facoltà stessa d’ impugnare, nel caso di specie, invece, la modifica normativa intervenuta si è risolta non in un aggravio della facoltà d’impugnazione, bensì, all’opposto, in una sua facilitazione.
Ciò, del resto, è stato affermato anche, e in modo univoco, dalla giurisprudenza successiva alla sentenza Lista.
In particolare, nella sentenza Aiello (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010-01), relativa alle modifiche apportate agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen. e alla possibilità di presentare personalmente il ricorso per cassazione, è stata ribadita la distinzione tra la legittimazione a proporre il ricorso e le sue effettive modalità di proposizione, attenendo il primo concetto alla titolarità sostanziale del diritto all’impugnazione, il secondo al profilo dinamico del suo concreto esercizio.
Tale distinzione, peraltro, era già stata anticipata, tra le altre, da Sez. 5, n. 53203 del 7/11/2017, Simut, Rv. 271780-01, che, sempre a proposito della facoltà di presentare personalmente il ricorso per cassazione successivamente alla entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 , aveva affermato che la modifica dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen. incide non già sul diritto a impugnare bensì soltanto sulla disciplina delle modalità del suo esercizio, con la conseguenza che l’actus da considerare cronologicamente ai fini dell’applicazione dell’art. 11 delle preleggi è l’atto d’ impugnazione in sé per sé, ossia il ricorso per cassazione, e non il provvedimento impugnato.
Anche Sez. U, n. 38481 del 25/5/2023, D., Rv. 285036-01, chiamate a determinare l’ambito cronologico di applicabilità dell’art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel sottolineare che il processo non è un fenomeno isolato e istantaneo, ma si compone di una serie concatenata di atti che si sviluppano nel tempo e sono posti in essere da soggetti distinti, in
presenza di norme regolatrici aventi contenuto e finalità molto diverse tra loro, ha ribadito, in continuità con quanto affermato nella sentenza Lista, che il principio tempus regit actum “deve essere necessariamente modulato in relazione alla variegata tipologia degli atti processuali ed alla differente situazione sulla quale essi incidono e che occorre di volta in volta governare”. Ha, altresì, chiarito che “nella operazione di individuazione di quale norma, tra quelle succedutesi, vada applicata all’atto o alla sequenza di atti da disciplinare, possono venire in rilievo plurime istanze di rilievo costituzionale la cui composizione e armonizzazione è affidata ad un ricorso, equilibrato, attento e ragionevole, da parte dell’interprete, ai criteri sopra ricordati”.
- Il Collegio ritiene, pertanto, che qualora, come nel caso in esame, si discorra delle modalità di compimento di un atto processuale che, come l’atto d’ impugnazione, considerato isolatamente e nel suo aspetto formale (non, dunque, nella prospettiva del diritto di proporre l’impugnazione e della legge a esso applicabile), abbia effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntuale compimento, debba, in applicazione del principio di cui all’art. 11 preleggi, aversi riguardo alla disciplina vigente al momento del compimento dell’atto stesso.
Può dunque affermarsi, sul punto, il seguente principio di diritto:
“La disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024,
- 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024 “.
- Tanto premesso, circa l’ambito di applicazione della disposizione oggetto della questione rimessa alle Sezioni Unite, nella giurisprudenza di legittimità sono emersi i due orientamenti illustrati nell’ordinanza di rimessione, cui hanno aderito anche decisioni depositate successivamente alla pronuncia di tale ordinanza.
- Secondo un primo indirizzo la dichiarazione o elezione di domicilio deve, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. e a pena di inammissibilità dell’ impugnazione, essere successiva alla pronuncia della sentenza di primo grado ed essere depositata unitamente all’atto d’impugnazione.
Tale opzione interpretativa – sostenuta, tra le altre, da Sez. 2, n. 23462 del 12/04/2024, Cosentino, Rv. 286374-01; Sez. 5, n. 17055 del 23/04/2024, Cappiello, Rv. 286357-01; Sez. 2, n. 19547 del 14/03/2024,
Deicida, Rv. 286521-01; Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, Mirabile, Rv. 285985-01; Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Terrasi, Rv. 285900-01; Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, Mohamed Ahmad Hasan, Rv. 285805-01; Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2024, Pasquale, Rv. 286088-01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Ben Khalifa, Rv. 285324-01; Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, En Naji Kamal, Rv. 284645; nonché, tra le sentenze non massimate, da Sez. 4, n. 36462 del 11/06/2024, Mezzapesa; Sez. 6, n. 22820 del 16/04/2024, Sonetti; Sez. 4, n. 18605 del 22/03/2024, Coratella – muove dal rilievo della differenza esistente tra il regime di notificazione degli atti di citazione del primo grado di giudizio (ove il riferimento è alla dichiarazione o elezione di domicilio compiuta nell’ambito del procedimento di primo grado) e quelli che riguardano il giudizio di impugnazione, prevedendosi, per questi ultimi, che la notificazione debba essere effettuata solo presso il domicilio dichiarato o eletto emergente dal nuovo atto depositato unitamente all’ impugnazione (ovvero, per l’ imputatogiudicato in assenza, indicato nel mandato specifico di cui al comma 1-quater del medesimo art. 581 cod. proc. pen.).
A sostegno di tale orientamento si sottolinea, anzitutto, la ratio della disposizione, volta a promuovere impugnazioni consapevoli e relative citazioni a giudizio dall’esito certo, con la conseguenza che le relative dichiarazioni o elezioni di domicilio devono necessariamente intervenire contestualmente alla proposizione dell’ impugnazione, non prima né dopo di essa, cosicché l’esistenza già in atti di una dichiarazione o elezione di domicilio non potrebbe sortire effetti rispetto all’ impugnazione, essendo necessaria una rinnovata, consapevole, volontà dell’ imputato nello specifico momento della proposizione dell’ impugnazione (Sez. 2, n. 19547 del 14/03/2024, Deicida, Rv. 286521-01, cit.; Sez. 5, n. 17055 del 19/03/2024, Cappiello, Rv. 286357-01, cit.; Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, Mirabile, Rv. 285985-
01, cit.; Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, Mohamed Ahmad Hasan, Rv. 285805-01, cit.).
Sul piano funzionale, la finalità sottesa all’onere imposto all’appellante non si esaurirebbe nella sola esigenza di facilitazione del compito della cancelleria nella predisposizione della notificazione, ma perseguirebbe anche l’ intento di rendere quanto più possibile certo il buon esito della notificazione e, quindi, la conoscenza della citazione per il giudizio di appello da parte dell’ imputato, obbiettivo che evidentemente, per essere conseguito, presuppone l’attualità della dichiarazione o elezione di domicilio.
Le previsioni di cui all’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., mirano, inoltre, a promuovere impugnazioni e giudizi consapevoli, tenuto anche conto delle conseguenze che da esse possono discendere, cosicché, nel caso di imputato presente in primo grado si è ritenuta necessaria e sufficiente – senza che ciò si risolva in una ingiustificata disparità di trattamento – una specifica dichiarazione o elezione di domicilio per ottemperare all’esigenza di celerità e al contempo di certezza della notificazione. Invece, nel diverso caso dell’ imputato rimasto assente in primo grado, con il comma 1-quater si è ritenuta necessaria anche la sua partecipazione diretta all’ impugnazione mediante il rilascio di un mandato specifico a impugnare.
A sostegno di tale opzione interpretativa si richiama innanzitutto il nuovo testo dell’art. 157-ter, terzo comma, cod. proc. pen., che, nel disciplinare le notificazioni degli atti introduttivi del giudizio di appello all’ imputato non detenuto, espressamente prevede che, in caso di impugnazione, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei confronti dell’ imputato è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. In secondo luogo si valorizza la nuova formulazione dell’art. 164 cod. proc. pen., da cui si ricava che l’elezione o dichiarazione di domicilio effettuata nel precedente grado non ha più, come nel precedente regime, durata illimitata, ma esaurisce i propri effetti con la sentenza di primo grado: di conseguenza, venuto meno il principio di immanenza della domiciliazione, occorrerebbe un’altra, nuova, dichiarazione o elezione di domicilio, unitamente alla manifestazione di volontà di impugnare, pena l’ inammissibilità dell’impugnazione.
In particolare, Sez. 5, n. 17055 del 19/03/2024, Cappiello, Rv. 286357-01, cit. (conf. Sez. 2, n. 19547 del 14/03/2024, Deicida, Rv. 286521-01, cit., e Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024, Mohamad Ahmad Hasan, Rv. 285805-01, cit., nonché Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2024, Pasquale, Rv. 286088-01), sulla base di una lettura sistematica del nuovo regime di notificazioni predisposto per l’appello, evidenziano che, “se fosse stata sufficiente la precedente dichiarazione o elezione di domicilio, la previsione di cui al comma 1-ter – e quella speculare di cui al comma 1-quater – dell’art. 581 non avrebbe avuto ragion d’essere, in quanto già l’art. 157-ter cod. proc. pen., al primo comma, prevede per le notificazioni degli atti introduttivi di primo grado e per la stessa citazione in appello che la notifica debba intervenire presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 161 del codice di rito, salvo precisare poi, al terzo comma, che, ove si tratti di impugnazione, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater (domicilio che potrà quindi coincidere con quello già dichiarato o eletto in precedenza ai sensi dell’art. 161 , ma dovrà in ogni caso essere “rinnovato” in funzione dell’ impugnazione, ossia nuovamente depositato unitamente all’atto di impugnazione o refluire nel mandato specifico ad impugnare)”.
Si sottolinea, in particolare, l’efficacia limitata dell’elezione o dichiarazione di domicilio effettuata in primo grado che, ai sensi della riforma dell’art. 164 cod. proc. pen., non si estende ai gradi successivi. Non si tratta più di un atto a efficacia prolungata che, in assenza di modificazioni da parte dell’interessato, può rilevare ai fini della notificazione degli atti di tutti i gradi del procedimento, bensì di un atto ad efficacia limitata alla notificazione degli atti di vacatio in iudicium espressamente indicati dal legislatore (ovvero, l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, gli atti di citazione per il giudizio direttissimo, per il giudizio immediato, per l’udienza dibattimentale dinanzi al Tribunale in composizione monocratica e per il giudizio di appello, nonché il decreto penale di condanna).
Tale diversa validità della dichiarazione e dell’elezione di domicilio emerge chiaramente dal disposto dell’art. 161, comma 1, cod. proc. pen. che, in particolare, prevede espressamente che il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con la presenza dell’ indagato o dell’ imputato, non detenuto né internato, lo invitino a dichiarare o eleggere domicilio – fisico o digitale “per le notificazioni” degli atti di vacatio in iudicium sopra indicati.
Coerentemente, nell’art. 164 cod. proc. pen. – la cui rubrica è stata significativamente sostituita con la locuzione “Efficacia della dichiarazione o dell’elezione di domicilio” – è stato eliminato il riferimento alla validità di tale atto “per ogni stato e grado del procedimento”.
In definitiva, sebbene la norma non richieda espressamente che la dichiarazione o elezione di domicilio sia successiva alla pronuncia oggetto di impugnazione, l’orientamento in esame ritiene che l’ interpretazione preferibile, coerente con la ratio della norma e con una lettura sistematica delle nuove disposizioni in tema di notificazioni introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sia fondata sulla perdita di efficacia della dichiarazione o elezione di domicilio effettuata nella fase delle indagini preliminari o in primo grado, e sulla necessità che l’ impugnazione sia legata a un’attuale e consapevole volontà di impugnare la sentenza e di indicare il domicilio per la nuova fase di impugnazione (Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, Mirabile, Rv. 285985-01, cit.).
Ai fini dell’ammissibilità dell’ impugnazione, pertanto, non potrebbero ritenersi valide le dichiarazioni o elezioni di domicilio effettuate nel precedente grado di giudizio.
- Il secondo, contrario, indirizzo ritiene, invece, sufficiente l’allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio intervenute nel processo di primo grado.
L’onere previsto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. può essere assolto con il deposito, o anche con l’allegazione, della dichiarazione o elezione di domicilio intervenuta anche prima della pronuncia della sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 23275 del 10/06/2024, Recchia, Rv. 286361-01; Sez. 6, n. 22287 del 3/06/2024, Fall, Rv. 286625-01; Sez. 2, n. 16480 del 19/04/2024, Miraoui,
Rv. 286269-01; Sez. 2, n. 8014 dell’11/01/2024, El Janati, Rv. 285936-01; nonché, tra le sentenze non massimate, Sez. 6, n. 32702 del 10/07/2024, Lahniche; Sez. 6, n. 34035 del 21/06/2024, Abeni; Sez. 2, n. 27785 del 13/06/2024, Pulyk; Sez. 4, n. 36463 del 11/06/2024, Ferrari; Sez. 3, n. 35328 del 04/06/2024, C.).
A sostegno di tale orientamento si valorizza, innanzitutto, il dato letterale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., dal quale non emerge la specifica previsione che si debba depositare con l’atto d’ impugnazione la procura a impugnare, ma solo che si debba depositare, a corredo di tale atto, la dichiarazione o elezione di domicilio.
Si sottolinea poi che l’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. dispone che, solo nel caso di imputato dichiarato assente nel corso del giudizio di primo grado, sia depositato a pena di inammissibilità lo specifico mandato a impugnare conferito al difensore dopo la pronunzia della sentenza impugnata, contenente anche l’elezione o dichiarazione di domicilio per la notifica dell’atto introduttivo del giudizio di appello.
Il differente tenore letterale delle due disposizioni evidenzierebbe la voluntas legis di verificare soltanto per l’ imputato dichiarato assente nel giudizio di primo grado la reale conoscenza della pendenza e dell’esito del processo, nonché l’effettiva volontà di impugnare la sentenza, fermo restando l’obiettivo, comune a entrambe le ipotesi, di agevolare la citazione a giudizio dell’appellante.
La differente lettera dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., invece, induce a ritenere sufficiente il deposito della dichiarazione o dell’elezione di domicilio effettuata nel corso del procedimento, non necessariamente dopo, ma anche prima della pronuncia della sentenza di primo grado impugnata e finanche nella fase delle indagini preliminari.
L’omessa espressa previsione che la dichiarazione o elezione di domicilio sia necessariamente
successiva alla pronuncia della sentenza impugnata impedirebbe, dunque, di introdurre in via interpretativa tale ulteriore requisito.
Tale opzione interpretativa non svuota di contenuto l’onere di deposito a carico del difensore, che mantiene la sua concreta rilevanza e incidenza, considerato che l’ imputato presente potrebbe non avere dichiarato o eletto domicilio prima della impugnazione o potrebbe avere effettuato diverse dichiarazioni o elezioni di domicilio. In questo caso sul difensore dell’appellante grava l’onere di effettuare la verifica e depositare con l’ impugnazione la dichiarazione o l’elezione di domicilio che la cancelleria utilizzerà per la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello.
Ulteriore argomento a favore di tale interpretazione muove dall’ interpretazione teleologica della disposizione: l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. prevede l’onere di deposito, insieme con l’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio per agevolare la citazione per il giudizio di appello, e non anche per garantire la consapevolezza da parte dell’ imputato di impugnare la decisione di primo grado, al quale lo stesso ha partecipato, diversamente da quanto previsto dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. per l’ imputato giudicato in absentia nel giudizio di primo grado. Solo per quest’ultimo è prevista la necessità di uno “specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’ imputato”, allo scopo di verificare la reale conoscenza della pendenza e dell’esito del processo, nonché l’effettiva volontà di impugnare la sentenza.
Sotto altro profilo, la citata Sez. 6, n. 22287 del 3/06/2024, Fall, Rv. 286625 – 01, cit. valorizza la disposizione di cui all’art. 162 cod. proc. pen., laddove stabilisce che il domicilio dichiarato o il domicilio eletto sono comunicati dall’ imputato all’autorità procedente, tra l’altro, “con dichiarazione raccolta a verbale”, cosicché non vi è dubbio sulla validità della dichiarazione di domicilio formulata dall’ imputato nel primo grado di giudizio, per esempio nell’udienza di convalida, purché comunque depositata con l’atto d’impugnazione.
Altro argomento utilizzato dall’orientamento in parola (specificamente da Sez. 2, n. 16480 del 19/04/2024, Miraoui, Rv. 286269 – 01 e incidentalmente da Sez. 6, n. 22287 del 3/06/2024, Fall, Rv. 286625-01) è tratto dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui il principio di legalità della procedura penale è un principio generale strettamente collegato alla legalità del diritto penale e sancito dal brocardo nullum iudicium sine lege (Corte EDU, 22 giugno 2000, Coeme e altri c. Belgio). La sentenza Miraoui ne deduce che le disposizioni limitative dei diritti dell’ imputato, quale sarebbe l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., non possono essere interpretate in modo estensivo richiedendo che la dichiarazione o elezione di domicilio sia “successiva alla sentenza impugnata”, e valorizzando, in assenza di indicazioni testuali, la ratio della norma e una lettura sistematica delle nuove disposizioni in tema di notificazioni introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (nello stesso senso, da ultimo, Sez. 6, n. 32702 del 10/07/2024, Lahniche, non massimata, cit.).
In base a tale orientamento, sul piano sistematico, occorre inoltre dare rilievo a due disposizioni in materia di notificazioni: in primo luogo, l’art. 161, comma 1, cod. proc. pen. laddove stabilisce che la dichiarazione o elezione di domicilio è funzionale alla notificazione, tra l’altro, della “citazione in giudizio ai sensi dell’art. 601”; in secondo luogo, l’art. 157-bis, cod. proc. pen. per il quale le notificazioni all’ imputato non detenuto successive alla prima (e diverse dalla notificazione, tra l’altro, della citazione a giudizio in appello) sono eseguite mediante consegna al difensore di ufficio o di fiducia.
Inoltre, si osserva che non possono trarsi elementi concludenti dalla modifica dell’art. 164 cod. proc. pen., che non prevede più che “la determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per ogni stato e grado del procedimento”, in quanto anche tale disposizione precisa che detta determinazione è valida, tra l’altro, per le notificazioni degli atti di citazione in giudizio ai sensi dell’art. 601 cod. proc. pen. Risulterebbe, quindi, confermato che la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata nel giudizio di primo grado è funzionale proprio alla individuazione del luogo nel quale l’ imputato potrà
ricevere la notificazione della citazione per il giudizio di appello.
In definitiva, secondo tale orientamento, l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non richiede che la dichiarazione o elezione di domicilio (che, a pena di inammissibilità, deve essere depositata unitamente all’atto di impugnazione) sia stata rilasciata necessariamente dopo la pronuncia della sentenza di primo grado.
- In alcune decisioni, tra cui la citata sentenza Miraoui, è stato poi ritenuto sufficiente – proprio per la sua idoneità a consentire una valida e certa notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, cui la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. è funzionale – lo specifico richiamo alla elezione di domicilio, compiuto dal difensore nell’atto di impugnazione, in adempimento del dovere di leale collaborazione tra le parti del processo, in quanto costituente una vera e propria allegazione, assimilabile al deposito (Sez. 2, n. 23275 del 10/06/2024, Recchia, Rv. 286361-01, cit.).
Nel medesimo senso si è espressa Sez. 3, n. 35328 del 04/06/2024, C. , non mass., che, in motivazione, nel ribadire l’ idoneità, ai fini dell’assolvimento dell’onere imposto all’ imputato appellante che sia stato presente nel giudizio di primo grado, di una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, ha ritenuto sufficiente il richiamo nell’atto d’ impugnazione ad altra precedente dichiarazione o elezione di domicilio già presente agli atti, a condizione, tuttavia, “che tale richiamo sia preciso, puntuale, espresso e tale da consentire agli organi deputati a eseguire la notificazione del decreto che dispone il giudizio impugnatorio l’ immediata ed inequivoca individuazione del luogo ove questa deve essere eseguita”.
- Le Sezioni Unite ritengono di aderire, fatte salve alcune precisazioni, al secondo orientamento.
Va, anzitutto, rimarcata la differenza, sul piano testuale, tra la previsione dell’ art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (secondo cui “con l’atto d’ impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’ inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”) e quella di cui al successivo comma 1-quater del medesimo art. 581 cod. proc. pen., secondo il quale “nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’ impugnazione del difensore è depositato, a pena d’ inammissibilità,specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
Se ne ricava che per l’ imputato che sia stato presente nel giudizio di primo grado non è necessario che la dichiarazione o elezione di domicilio da depositare a pena d’ inammissibilità unitamente all’atto d’ impugnazione sia “nuova “, ossia formata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata e funzionalmente alla proposizione dell’ impugnazione, in quanto tale ulteriore condizione è richiesta soltanto e in modo espresso per l’ imputato giudicato in assenza (Sez. 2, n. 8014 dell’ll/01/2024, El Janati, Rv. 285936-01, cit. e, nel medesimo senso, Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, Miraoui Mohamed, Rv. 286269-01, cit.).
Tale differenza si giustifica con la volontà legislativa di assicurare impugnazioni proposte da imputati “consapevoli”.
Ne consegue che nel caso dell’ imputato dichiarato assente nel giudizio di primo grado occorre verificare l’effettiva volontà di impugnare la sentenza di primo grado. Tale verifica viene compiuta attraverso l’ imposizione dell’onere del rilascio di uno specifico mandato a impugnare successivo alla pronuncia della sentenza, cui deve essere allegata anche la dichiarazione o elezione di domicilio. La verifica non è, invece, necessaria nel caso dell’ imputato presente, di cui si presume sussistente la volontà di impugnare. Di conseguenza al medesimo non è imposto l’onere del conferimento di un nuovo mandato. La mera esigenza di agevolare la citazione a giudizio dell’appellante può essere soddisfatta attraverso il deposito o l’allegazione di una elezione di domicilio antecedente alla sentenza impugnata.
La possibilità di avvalersi di una precedente dichiarazione o elezione di domicilio è, poi, desumibile dal
nuovo testo dell’art. 164 cod. proc. pen., che, innovando la precedente disciplina, nel delimitare l’efficacia della dichiarazione e dell’elezione di domicilio ne prevede espressamente la perdurante validità “per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’art. 156, comma 1″. Tale previsione consente, dunque, di avvalersi, ai fini, tra l’altro, della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, del domicilio precedentemente dichiarato o eletto, nonostante la mutata disciplina della dichiarazione o elezione di domicilio, che non ha più durata illimitata, come previsto prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in quanto ne è stata espressamente stabilita la perdurante validità soltanto ai fini indicati (tra cui proprio la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello).
Tale conclusione non si pone neppure in contrasto con quanto stabilito dall’art. 157-ter, comma 3, cod. proc. pen. (come sostenuto, tra le altre, da Sez. 5, n. 17055 del 19/03/2024, Cappiello, Rv. 286357-01, cit.; Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2024, Mauro, Rv. 286088-01, cit.; Sez. 5, n. 2531 del 24/11/2023, dep. 2024, lbrahimi, non mass., cit.). Detta disposizione, infatti, nello stabilire che ” in caso di impugnazione proposta dall’ imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater”, non richiede che la dichiarazione o elezione di domicilio di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. siano successive alla sentenza da impugnare, non essendo ciò previsto ed essendo anzi stabilita la idoneità della precedente dichiarazione o elezione di domicilio al fine della citazione per il giudizio di appello. La norma richiede soltanto che la dichiarazione o elezione di domicilio possiedano le caratteristiche di idoneità al raggiungimento dello scopo voluto dal legislatore attraverso l’ introduzione della disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., ossia: consentire la certa e regolare notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, attraverso la inequivoca individuazione del domicilio, dichiarato o eletto, presso il quale eseguire tale notificazione.
In assenza, dunque, di una espressa previsione in ordine alla necessità di una “nuova” dichiarazione o elezione di domicilio, come invece previsto per l’ imputato giudicato in assenza, il ricordato fine perseguito dal legislatore attraverso l’introduzione della previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere validamente raggiunto anche attraverso una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, come previsto espressamente dall’art. 157-ter, primo comma, e dall’art. 164 cod. proc. pen., purché essa sia idonea e chiaramente indicata.
Si è valsa dei criteri dello “scopo legittimo” e della “proporzionalità” delle restrizioni rispetto allo stesso).
Occorre, in tale prospettiva, ricordare che l’art. 14, par. 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, e l’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98, prevedono il diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, o di seconda istanza, a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato, cosicché anche una considerazione di sistema, volta al raggiungimento di una maggiore funzionalità, rapidità ed efficienza del regime di notificazione del decreto di citazione, non può portare al superamento del dato letterale e sistematico, destinato a riverberarsi negativamente sul diritto dell’ imputato a impugnare la decisione rivolgendosi a una giurisdizione di seconda istanza (in tal senso Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, Miraoui, Rv. 286269-01, cit.).
Può, conclusivamente, affermarsi che in base all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., la dichiarazione o l’elezione di domicilio, da depositare a pena di inammissibilità unitamente all’atto di appello, non deve essere necessariamente successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo sufficiente per il raggiungimento del fine perseguito dal legislatore anche una precedente dichiarazione o elezione
di domicilio.
- Per le stesse ragioni la dichiarazione o elezione di domicilio, da depositare, come ricordato, unitamente all’atto d’appello, a pena di inammissibilità dell’ impugnazione, non deve necessariamente essere materialmente unita all’atto di impugnazione, potendo essere soltanto in esso richiamata, a condizione però che tale richiamo sia chiaro, specifico, inequivoco, e permetta, senza difficoltà o necessità di indagini, di individuarle con immediatezza nel fascicolo processuale, sì da consentire la rapida e certa notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello e da assicurare la salvaguardia delle esigenze di celerità e certezza sottese alla previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 34328 del 04/06/2024, C., non massimata, cit.).
In caso di plurime dichiarazioni o elezioni di domicilio, spetta al difensore dell’ imputato appellante indicare con chiarezza e in modo inequivoco nell’atto d’ impugnazione quale sia la dichiarazione o elezione di domicilio da utilizzare per notificare all’ imputato medesimo il decreto di citazione per il giudizio di appello, in modo tale da consentire l’ immediata e inequivoca individuazione del luogo in cu eseguire tale notificazione.
successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo sufficiente per il raggiungimento del fine perseguito dal legislatore anche una precedente dichiarazione o elezione di domicilio.
- Per le stesse ragioni la dichiarazione o elezione di domicilio, da depositare, come ricordato, unitamente all’atto d’appello, a pena di inammissibilità dell’ impugnazione, non deve necessariamente essere materialmente unita all’atto di impugnazione, potendo essere soltanto in esso richiamata, a condizione però che tale richiamo sia chiaro, specifico, inequivoco, e permetta, senza difficoltà o necessità di indagini, di individuarle con immediatezza nel fascicolo processuale, sì da consentire la rapida e certa notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello e da assicurare la salvaguardia delle esigenze di celerità e certezza sottese alla previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 34328 del 04/06/2024, C., non massimata, cit.).
In caso di plurime dichiarazioni o elezioni di domicilio, spetta al difensore dell’ imputato appellante indicare con chiarezza e in modo inequivoco nell’atto d’ impugnazione quale sia la dichiarazione o elezione di domicilio da utilizzare per notificare all’ imputato medesimo il decreto di citazione per il giudizio di appello, in modo tale da consentire l’ immediata e inequivoca individuazione del luogo in cu eseguire tale notificazione.
In definitiva, la previsione di ulteriori oneri, quale l’allegazione materiale della dichiarazione o elezione di domicilio all’atto d’ impugnazione, non necessari in presenza di una indicazione che presenti le suddette caratteristiche, si risolverebbe per l’ imputato in un inutile aggravio, tale da rendere più oneroso il suo diritto di “accesso” al giudice dell’impugnazione.
Non può, invece, ritenersi sufficiente il generico richiamo a una dichiarazione o elezione di domicilio che non consenta la sua immediata individuazione nel fascicolo processuale e non permetta di cogliere con certezza il luogo presso il quale eseguire la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, in funzione della sollecita e regolare citazione dell’imputato per tale giudizio.
- In conclusione, può affermarsi il seguente principio di diritto, ai sensi dell’art. 173, terzo comma, disp. att. cod. proc. pen.:
“L’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’ impugnazione, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’ immediata e inequivoca indicazione del luogo in cui eseguire la notificazione”.
- Sulla base di tali soluzioni il ricorso proposto dall’imputato risulta infondato.
L’atto d’appello presentato nell’ interesse di A.A. nei confronti della sentenza di condanna del Tribunale di Roma del 27 marzo 2023 è, infatti, privo, oltre che della materiale allegazione di una dichiarazione o elezione di domicilio, di qualsiasi indicazione in proposito, con la conseguenza che non può ritenersi in alcun modo soddisfatto neppure l’onere di allegazione posto a carico dell’ imputato che, presente nel giudizio di primo grado, abbia proposto appello.
Non rileva, infatti, la circostanza che nel giudizio di primo grado l’ imputato avesse dichiarato domicilio e che presso tale domicilio gli sia poi stata notificata l’ordinanza dichiarativa della inammissibilità dell’appello, dovendo, comunque, sulla base di quanto stabilito dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – applicabile ratione temporis in considerazione del momento di presentazione dell’appello, depositato il 23 agosto 2023 – essere quantomeno assolto l’onere di allegazione imposto a pena di inammissibilità della impugnazione da tale disposizione, mediante il richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione.
Nella specie tale richiamo è del tutto mancante, con la conseguente inammissibilità della impugnazione.
- Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, essendo risultate infondate le censure di violazione ed errata applicazione degli artt. 164, 581, comma 1-ter, e 601, cod. proc. pen. formulate dal ricorrente nei confronti dell’ordinanza impugnata.
Consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.