Corte di Cassazione, Sez. II Civile, sentenza 3 luglio 2025 n. 18056
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va ribadito il seguente principio di diritto, già affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 2014 del 15 ottobre 1970: la disposizione dell’art 485 cod. civ., che considera erede puro e semplice il chiamato all’eredità il quale, essendo in possesso, a qualsiasi titolo, di beni ereditari, non faccia l’inventario entro i termini nella norma stessa previsti, non riguarda il donatario, chiamato per legge, che abbia ricevuto beni dal de cuius quando questi era in vita, con atto di liberalità; in tale caso, infatti, vi è un titolo, la donazione, che giustifica il trasferimento del bene, che, quindi, non entra a far parte dell’asse ereditario, salvo che non sia vittoriosamente esperita l’azione di riduzione o, nelle ipotesi di collazione, il donatario scelga di conferire il bene stesso in natura.
Va, dunque, affermato che può parlarsi di possesso, da parte del legittimario, di beni ereditari, solo nelle ipotesi in cui il medesimo non vanti alcun titolo di trasferimento sui beni stessi, con la conseguenza che il legittimario non può essere considerato erede, ex art. 485 cod. civ., sol perché in possesso di beni di proprietà del de cuius oggetto di donazione.
Corollario dell’acquisto del bene iure proprietatis, che può derivare dall’effetto traslativo della donazione fatta in vita, è che il donatario può esercitare le azioni possessorie a tutela del bene, senza che ciò comporti accettazione dell’eredità.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per assenza di riconducibilità dei motivi alle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c. e per la loro scarsa intellegibilità.
1.1. Osserva il collegio che il ricorso consente di comprendere le censure alla sentenza d’appello sotto il profilo della violazione di legge o del vizio motivazionale.
[…]
- I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente sono infondati.
7.1. L’art. 485 c.c. contempla una fattispecie complessa di accettazione ex lege dell’eredità.
Di tale fattispecie sono elementi costitutivi: l’apertura della successione, la delazione ereditaria, il possesso dei beni ereditari e la mancata tempestiva redazione dell’inventario; nell’ipotesi in cui l’inventario venga invece tempestivamente effettuato, la mancata decisione entro il termine di quaranta giorni da esso circa la rinunzia, o l’accettazione volontaria dell’eredità (art. 485, comma 3, c.c.).
In base a tale norma si perviene all’acquisto dell’eredità indipendentemente da una qualsiasi manifestazione di volontà, effettiva o supposta, poiché il possesso di beni ereditari in cui si trovi o si immetta il chiamato è un fatto per sé stesso idoneo a condurre all’acquisto entro breve tempo.
7.2 La disposizione dell’art 485 cod. civ., che considera erede puro e semplice il chiamato all’eredità il quale, essendo in possesso, a qualsiasi titolo, di beni ereditari, non faccia l’inventario entro i termini nella norma stessa previsti, non riguarda il donatario, chiamato per legge, che abbia ricevuto beni dal de cuius quando questi era in vita, con atto di liberalità; in tale caso, infatti, vi è un titolo, la donazione, che giustifica il trasferimento del bene, che, quindi, non entra a far parte dell’asse ereditario, salvo che non sia vittoriosamente esperita l’azione di riduzione o, nelle ipotesi di collazione, il donatario scelga di conferire il bene stesso in natura (Cass. Civ., Sez. II, 15.10.1970, n. 2014).
Può, dunque, parlarsi di possesso, da parte del legittimario, di beni ereditari, solo nelle ipotesi in cui il medesimo non vanti alcun titolo di trasferimento sui beni stessi, con la conseguenza che il legittimario non può essere considerato erede, ex art. 485 cod. civ., sol perché in possesso di beni di proprietà del de cuius oggetto di donazione.
Tale principio è stato affermato da Cass. civ., sez. II, 14/06/2007, n. 13972 , applicabile alla fattispecie in esame; con tale decisione, infatti, è stata cassata la decisione della Corte d’appello che, nell’accogliere l’azione revocatoria avverso le donazioni compiute dal debitore in favore dei propri eredi legittimi, aveva ritenuto che i beni non fossero mai usciti dal suo patrimonio e che, pertanto, una volta aperta la successione, i donatari, mantenendo il possesso senza avvalersi del beneficio di inventario, avessero manifestato la volontà di accettare l’eredità.
Secondo la Corte, invece, le donatarie, sin dal momento dell’atto di donazione avevano esercitato sui beni oggetto della stessa un possesso iure proprietatis, derivante dall’effetto traslativo immediato proprio della donazione, con la conseguenza che la rinuncia all’eredità del de cuius, che non era nel possesso dei beni per averne disposto con donazione, era valida ed efficace.
7.3. Corollario dell’acquisto del bene iure proprietatis è che il donatario può esercitare le azioni possessorie a tutela del bene, senza che ciò comporti accettazione dell’eredità.
7.4. Il principio è stato ribadito anche da Cass. n. 11018 del 5.5.2008, con riguardo al coniuge del de cuius, il quale, con l’apertura della successione, diviene titolare del diritto reale di abitazione della casa adibita a residenza familiare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 540 e 1022 c.c., e quindi non a titolo successorio – derivativo bensì a diverso titolo costitutivo, fondato sulla qualità di coniuge, che prescinde dai diritti successori.
7.5. In definitiva, l’art. 485 c.p.c. si riferisce ai beni ereditari e non ai beni che sono usciti dal patrimonio del de cuius per effetto di donazione e che possano rientrarne a far parte solo in caso di esperimento vittorioso dell’azione di riduzione o, nelle ipotesi di collazione, qualora il donatario scelga di conferire il bene stesso in natura.
7.6. La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione di tali principi, affermando che la donazione degli immobili a B.B., con atto per notar D.D. del 7.4.1997, aveva effetti traslativi immediati e che la donataria esercitava un possesso iure proprietatis sicché la stessa non era tenuta a redigere l’inventario.
Le azioni possessorie intraprese costituivano esercizio del suo diritto di proprietà e non comportavano l’accettazione dell’eredità paterna.
7.7. Sotto tale profilo, non è pertinente il richiamo all’ art. 460 c.c. in quanto l’esercizio delle azioni possessorie ed il prolungato possesso del bene donato erano avvenute iure proprietatis e non iure successionis.
7.8. Parimenti, la rinuncia all’eredità produce le conseguenze di cui all’art. 552 c.c. ma non è idonea a far rientrare il bene donato nell’asse ereditario, salvo gli effetti dell’azione di riduzione, ove vittoriosamente esercitata.
- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
8.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
- Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. 115/2002 , va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.