Corte di Giustizia UE, sentenza 10 luglio 2025 (Causa C-797/23)
PRINCIPIO DI DIRITTO
L’articolo 15 della direttiva 2019/790 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alle disposizioni interne di uno Stato membro che prevedono, per gli editori di giornali, il diritto di ottenere un’equa remunerazione quale corrispettivo dell’autorizzazione all’utilizzo delle loro pubblicazioni da parte degli ISSP; che impongono agli ISSP che intendano utilizzare simili pubblicazioni taluni obblighi in materia di trattative con detti editori, di divulgazione di informazioni e di buona fede nelle trattative; che attribuiscono a un ente pubblico il potere di regolamentazione, di vigilanza e sanzionatorio, inclusa la possibilità di proporre criteri per determinare la remunerazione dovuta agli editori o l’importo di tale remunerazione, a condizione che tali disposizioni non privino gli editori della possibilità di rifiutarsi di concedere una simile autorizzazione o di concederla a titolo gratuito, che non impongano agli ISSP alcun pagamento in assenza di un collegamento con l’utilizzo effettivo o previsto di simili pubblicazioni e che non limitino in maniera vincolante la libertà contrattuale delle parti.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Tra i settori economici interessati dalla rivoluzione digitale e dall’avvento di Internet, e pochi di essi non lo sono, il settore dei media, più precisamente quello della carta stampata, occupa un posto di rilievo. Tale settore deve infatti confrontarsi con importanti sconvolgimenti.
1.1. Questi ultimi traggono origine, in primo luogo, dall’evoluzione delle abitudini degli utenti, che non soltanto sostituiscono la carta stampata con un accesso online ai contenuti, ma inoltre diversificano le fonti di tali contenuti, la cui scelta è pressoché illimitata nell’ambiente digitale.
1.2. In secondo luogo, essi sono causati dalla comparsa dei servizi di rassegna stampa, spesso proposti dalle grandi piattaforme online. Tali servizi producono un «effetto di sostituzione», permettendo agli utenti di prendere conoscenza, benché superficialmente, dei contenuti giornalistici senza accedere alle fonti originali, vale a dire ai siti dei giornali e dei periodici.
1.3. In terzo luogo, essi sono correlati alla concorrenza esercitata nei confronti dei media tradizionali dai nuovi canali di distribuzione dell’informazione resi possibili da Internet, in particolare dai «social media».
- Tali sconvolgimenti hanno portato a una drastica riduzione delle entrate degli editori di giornali, che non sono più in grado di sostenere i costi associati al loro modello economico tradizionale. Tale riduzione è dovuta sia al crollo delle vendite di copie cartacee dei giornali e dei periodici sia alla perdita di introiti pubblicitari, ormai raccolti, in particolare, dalle grandi piattaforme online.
- Le conseguenze della crisi dei media tradizionali, tuttavia, non sono unicamente economiche. I media svolgono un ruolo fondamentale nel funzionamento delle società democratiche: essi costituiscono al contempo la principale fonte informativa affidabile per il grande pubblico e lo strumento più efficace per garantire il controllo da parte dell’opinione pubblica sul comportamento dei protagonisti della vita politica. Il loro indebolimento e la loro sostituzione con nuovi soggetti, la cui qualità informativa è perlomeno variabile, contribuiscono significativamente a gravi problemi sociali e politici.
- Per tale ragione, sono state adottate iniziative d’intervento legislativo a favore degli editori di giornali in paesi terzi (2), ma anche in Stati membri, ossia in Germania e Spagna. Queste ultime misure, tuttavia, non hanno realizzato quanto promesso, a causa di problemi legati sia alla loro legittimità sia alla loro inefficacia (3).
- La situazione degli editori di giornali rispetto alle piattaforme online, infatti, non è così semplice come appare a prima vista.
5.1. Tali piattaforme, pur nuocendo agli interessi degli editori, in particolare tramite l’«effetto di sostituzione» e la concorrenza che creano, producono anche un «effetto di espansione» positivo attirando un nuovo pubblico.
5.2. Orbene, risulta che le abitudini degli utenti sono cambiate a tal punto che una parte molto significativa di essi oggi accede a contenuti giornalistici soltanto tramite differenti piattaforme. Gli editori, dunque, dipendono in larga misura da tali piattaforme per l’acquisizione di nuovi clienti, il che rende indispensabile la presenza dei loro contenuti su queste ultime.
5.3. Invece, non è vero il contrario: la presenza di tali contenuti non è essenziale per le piattaforme online. Gli editori si trovano dunque in una posizione di vulnerabilità di fronte a tali piattaforme, il che rende poco efficaci i tentativi di rimediare alla situazione mediante la concessione a detti editori di nuovi diritti di proprietà intellettuale. Peraltro, gli editori di giornali non sono tutti interessati allo stesso modo: mentre le grandi testate sono più colpite dall’effetto di sostituzione, i piccoli editori, in particolare quelli locali, beneficiano piuttosto dell’effetto di espansione, ottenendo l’accesso a un pubblico che non avrebbero potuto raggiungere con i mezzi tradizionali.
- Non stupisce dunque che le disposizioni del diritto dell’Unione oggetto della presente causa, che istituiscono un nuovo diritto di proprietà intellettuale per gli editori, siano state oggetto di aspre critiche, sia durante la loro procedura di adozione sia dopo la loro entrata in vigore (4). La situazione è stata persino paragonata a quella del famoso racconto di Hans Christian Andersen «Gli abiti nuovi dell’imperatore» (5).
- In sede di recepimento delle disposizioni del diritto dell’Unione in questione, taluni Stati membri hanno nondimeno adottato misure, quali le misure italiane di cui trattasi nel procedimento principale, volte a rafforzare la posizione negoziale degli editori di giornali e a vestire così l’imperatore con veri abiti. Il compito della Corte è ora quello di definire i limiti imposti dal diritto dell’Unione che tali misure non devono superare.
- Contesto normativo
8.1. Diritto dell’Unione
8.1.1. L’articolo 15 della direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE (6) dispone in particolare quanto segue:
«1. Gli Stati membri riconoscono agli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico stabiliti in uno Stato membro i diritti di cui all’articolo 2 e all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29/CE [(7)] per l’utilizzo online delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione.
I diritti di cui al primo comma non si applicano agli utilizzi privati o non commerciali delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di singoli utilizzatori.
La protezione accordata a norma del primo comma non si applica ai collegamenti ipertestuali.
(…)
- I diritti di cui al paragrafo 1 si estinguono due anni dopo la pubblicazione della pubblicazione di carattere giornalistico. Tale termine è calcolato a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo alla data di pubblicazione di tale pubblicazione di carattere giornalistico. (…)».
8.2. Diritto italiano
8.2.1. L’articolo 43 bis della legge del 22 aprile 1941, n. 633 – Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio (8), nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 633/1941»), prevede in particolare quanto segue:
«1. Agli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico, sia in forma singola che associata o consorziata, sono riconosciuti per l’utilizzo online delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione (…), comprese le imprese di media monitoring e rassegne stampa, i diritti esclusivi di riproduzione e comunicazione di cui agli articoli 13 e 16.(…)
- I diritti di cui al comma 1 non sono riconosciuti in caso di utilizzi privati o non commerciali delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di singoli utilizzatori, né in caso di collegamenti ipertestuali o di utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi di pubblicazioni di carattere giornalistico. (…)
- Per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico i prestatori di servizi della società dell’informazione riconoscono ai soggetti di cui al comma 1 un equo compenso. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni [(Italia) (in prosieguo: l’“AGCOM”)] adotta un regolamento per l’individuazione dei criteri di riferimento per la determinazione dell’equo compenso di cui al primo periodo, tenendo conto, tra l’altro del numero di consultazioni online dell’articolo, degli anni di attività e della rilevanza sul mercato degli editori di cui al comma 3 e del numero di giornalisti impiegati, nonché dei costi sostenuti per investimenti tecnologici e infrastrutturali da entrambe le parti, e dei benefici economici derivanti, ad entrambe le parti, dalla pubblicazione quanto a visibilità e ricavi pubblicitari.
- La negoziazione, per la stipula del contratto avente ad oggetto l’utilizzo dei diritti di cui al comma 1, tra i prestatori di servizi della società dell’informazione, comprese le imprese di media monitoring e rassegne stampa, e gli editori di cui al comma 3, è condotta tenendo conto anche dei criteri definiti dal regolamento di cui al comma 8. Nel corso della negoziazione i prestatori di servizi delle società dell’informazione non limitano la visibilità dei contenuti degli editori nei risultati di ricerca. L’ingiustificata limitazione di tali contenuti nella fase delle trattative può essere valutata ai fini della verifica del rispetto dell’obbligo di buona fede di cui all’articolo 1337 del codice civile.
- Fermo restando il diritto di adire l’autorità giudiziaria ordinaria di cui al comma 11, se entro trenta giorni dalla richiesta di avvio del negoziato di una delle parti interessate non è raggiunto un accordo sull’ammontare del compenso, ciascuna delle parti può rivolgersi all'[AGCOM] per la determinazione dell’equo compenso, esplicitando nella richiesta la propria proposta economica. Entro sessanta giorni dalla richiesta della parte interessata, anche quando una parte, pur regolarmente convocata non si è presentata, l'[AGCOM] indica, sulla base dei criteri stabiliti dal regolamento di cui al comma 8, quale delle proposte economiche formulate è conforme ai suddetti criteri oppure, qualora non reputi conforme nessuna delle proposte, indica d’ufficio l’ammontare dell’equo compenso.
- Quando, a seguito della determinazione dell’equo compenso da parte dell'[AGCOM], le parti non addivengono alla stipula del contratto, ciascuna parte può adire la sezione del giudice ordinario specializzata in materia di impresa, (…), anche al fine di esperire l’azione di cui all’articolo 9 della legge 18 giugno 1998, n. 192.
- 12. I prestatori di servizi della società dell’informazione, comprese le imprese di media monitoring e rassegne stampa, sono obbligati a mettere a disposizione, su richiesta della parte interessata, anche tramite gli organismi di gestione collettiva o entità di gestione indipendenti (…), qualora mandatari, o dell'[AGCOM], i dati necessari a determinare la misura dell’equo compenso. L’adempimento dell’obbligo di cui al primo periodo non esonera gli editori di cui al comma 3 dal rispetto della riservatezza delle informazioni di carattere commerciale, industriale e finanziario di cui sono venuti a conoscenza. Sull’adempimento dell’obbligo di informazione a carico dei prestatori di servizi vigila l'[AGCOM]. In caso di mancata comunicazione di tali dati entro trenta giorni dalla richiesta ai sensi del primo periodo, l'[AGCOM] applica una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del soggetto inadempiente fino all’uno per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione. (…)
- I diritti di cui al presente articolo si estinguono due anni dopo la pubblicazione dell’opera di carattere giornalistico. (…)».
- La delibera n. 3/23/CONS, adottata dall’AGCOM il 19 gennaio 2023, il cui allegato A contiene il regolamento in materia di individuazione dei criteri di riferimento per la determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online di pubblicazioni di carattere giornalistico di cui all’articolo 43 bis della legge 22 aprile 1941, n. 633:
– stabilisce i criteri per determinare l’importo dell’equo compenso, che includono la definizione di una base di calcolo fondata sui ricavi pubblicitari dei prestatori di servizi della società dell’informazione derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, dedotti i ricavi dell’editore derivanti dal traffico di reindirizzamento sul suo sito Internet (articolo 4);
– fissa un’aliquota fino al 70% da applicare all’importo di base per determinare l’importo dell’equo compenso, fondandosi su un certo numero di criteri aggiuntivi definiti all’articolo 4, paragrafo 2;
– precisa gli obblighi di messa a disposizione dei dati, definisce i poteri ispettivi dell’AGCOM e prevede l’applicabilità di una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del soggetto inadempiente che può arrivare fino all’1% del fatturato realizzato sul mercato nazionale nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione (articolo 5);
– regolamenta la procedura che permette di chiedere all’AGCOM di determinare l’importo dell’equo compenso e le relative disposizioni, con la possibilità per l’AGCOM di decidere unilateralmente tale importo (articoli da 8 a 12).
- Controversia principale, procedimento e questioni pregiudiziali
- La società Meta Platforms Ireland Limited (in prosieguo: la «Meta»), con sede in Irlanda, fornisce servizi della società dell’informazione, in particolare quale operatore del social network online Facebook.
- Con atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia), giudice del rinvio, la Meta ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della delibera n. 3/23/CONS nonché dei suoi allegati.
- A sostegno del proprio ricorso, la Meta afferma in particolare che l’articolo 43 bis della legge n. 633/1941e la decisione controversa sono contrari all’articolo 15 della direttiva 2019/790, che sancisce non già diritti di remunerazione bensì diritti di natura esclusiva.
13.1. Peraltro, a causa degli obblighi imposti ai prestatori di servizi della società dell’informazione, delle significative limitazioni della libertà contrattuale degli operatori economici nonché del ruolo e dei poteri attribuiti all’AGCOM, tale normativa sarebbe altresì contraria alla libertà d’impresa, garantita all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e, in particolare, al principio di libera concorrenza.
13.2. Dinanzi al giudice del rinvio, la Meta sottolinea l’assenza di proporzionalità e adeguatezza delle misure adottate dal legislatore italiano che ostacolano o, perlomeno, rendono nettamente meno attrattiva, in Italia, la prestazione di servizi da parte di società con sede in altri Stati membri.
- In tale contesto il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 15 [della direttiva 2019/790 (EUCD)] possa essere interpretato come ostativo all’introduzione di disposizioni nazionali – quali quelle previste dall’articolo 43 bis della legge [n. 633/1941] e quelle stabilite nella Delibera AGCom 3/23/CONS – nella parte in cui:
1.a) vengono previsti obblighi di remunerazione (equo compenso), in aggiunta ai diritti esclusivi indicati dallo stesso articolo 15 EUCD, a carico [dei fornitori di servizi della società dell’informazione (ISSP)] ed in favore degli editori;
1.b) vengono stabiliti obblighi, a carico dei medesimi ISSP:
– di avviare trattative con gli editori,
– di fornire agli editori stessi ed alla Autorità regolatoria le informazioni necessarie ai fini della determinazione dell’equo compenso,
– nonché di non limitare la visibilità dei contenuti dell’editore nei risultati di ricerca in attesa del perfezionamento della negoziazione;
1.c) viene conferito all’Autorità regolatoria (AGCom):
– un potere di vigilanza e sanzionatorio,
– il potere di individuare i criteri di riferimento per la determinazione dell’equo compenso,
– il potere di determinare, nel caso di mancato accordo fra le parti, l’importo esatto dell’equo compenso;
2) se l’articolo 15 EUCD sia ostativo a disposizioni nazionali, quali quelle indicate al precedente punto 1), che impongono ai fornitori di servizi della società dell’informazione (ISSP) un obbligo di divulgazione dei dati, assoggettato a vigilanza da parte della stessa Autorità regolatoria nazionale, la cui inosservanza incontra l’applicabilità di misure sanzionatorie amministrative;
3) se i (…) principi di libertà di impresa, di cui agli articoli 16 e 52 della [Carta], di libera concorrenza, di cui all’articolo 109 TFUE e di proporzionalità, di cui all’articolo 52 della [Carta], ostino a disposizioni nazionali, quali quelle precedentemente indicate, che:
3.a) introducono diritti di remunerazione in aggiunta ai diritti esclusivi di cui all’articolo 15 EUCD, la cui attuazione trova corredo nella già richiamata configurazione, a carico dei fornitori di servizi della società dell’informazione (ISSP), di un obbligo di avviare trattative con gli editori, di un obbligo di fornire agli editori e/o all’Autorità regolatoria nazionale le informazioni necessarie per determinare un equo compenso, nonché un obbligo di non limitare la visibilità dei contenuti dell’editore nei risultati di ricerca in attesa di tali trattative;
3.b) conferiscono a quest’ultima:
– un potere di vigilanza e sanzionatorio,
– il potere di individuare i criteri di riferimento per la determinazione dell’equo compenso,
– il potere di determinare, nel caso di mancato accordo fra le parti, l’importo esatto dell’equo compenso».
- La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte il 21 dicembre 2023. Hanno depositato osservazioni scritte la Meta, la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG), i governi italiano, belga, danese e francese nonché la Commissione europea. La Meta, la FIEG, la Società italiana degli autori ed editori (SIAE), la Gedi Gruppo Editoriale SpA, i governi italiano, francese e polacco, nonché la Commissione, hanno partecipato all’udienza tenutasi il 10 febbraio 2025.
- Analisi
- Nella presente causa il giudice del rinvio solleva tre questioni pregiudiziali. Le prime due questioni, che analizzerò congiuntamente, riguardano la compatibilità con l’articolo 15 della direttiva 2019/790 di varie misure adottate dal legislatore italiano e relative alla natura della remunerazione dovuta agli editori di giornali, agli obblighi gravanti sui prestatori di servizi della società dell’informazione (in prosieguo: gli «ISSP») che utilizzano pubblicazioni di carattere giornalistico, nonché ai poteri dell’AGCOM. La terza questione riguarda la compatibilità di tali misure con gli articoli 16 e 52 della Carta nonché con l’articolo 109 TFUE.
- In via preliminare, riguardo all’insieme delle questioni sollevate, osservo che sia il procedimento principale sia la domanda di pronuncia pregiudiziale nonché le osservazioni depositate nel presente procedimento svelano un profondo disaccordo tra gli interessati in ordine all’interpretazione da fornire alle disposizioni del diritto italiano di cui trattasi nel procedimento principale.
18.1. Tale disaccordo contrappone, da un lato, la Meta, la cui interpretazione sembra essere condivisa dal giudice del rinvio, e, dall’altro lato, il governo italiano, le organizzazioni degli editori intervenienti, nonché, secondo le informazioni fornite dalla Commissione, l’AGCOM.
18.2. Esso verte, da una parte, sulla natura della remunerazione degli editori di giornali prevista da tali disposizioni e, dall’altra parte, sulla natura vincolante degli obblighi imposti agli ISSP nonché dei poteri attribuiti all’AGCOM. Nell’ambito del procedimento pregiudiziale, la Corte potrà soltanto definire le condizioni in base alle quali dette disposizioni possono essere considerate conformi al diritto dell’Unione, in quanto l’interpretazione delle disposizioni del diritto interno rientra nella competenza esclusiva dei giudici nazionali. Nelle presenti conclusioni sottolineerò tale principio, ricordando al contempo al giudice del rinvio l’obbligo in capo a ogni giudice di uno Stato membro di interpretare il proprio diritto nazionale, nei limiti del possibile, conformemente al diritto dell’Unione.
- Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale
19.1. Con le prime due questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio intende verificare la compatibilità con l’articolo 15 della direttiva 2019/790: 1) dell’obbligo di equa remunerazione degli editori di giornali asseritamente imposto agli ISSP [prima questione, lettera a)], 2) di altri obblighi imposti agli ISSP [prima questione, lettera b)] e 3) dei poteri dell’AGCOM nel processo di negoziazione tra gli ISSP e gli editori di giornali [prima questione, lettera c) e seconda questione]. Prima di iniziare l’analisi di tali differenti aspetti, desidero formulare alcune osservazioni generali sull’articolo 15 della direttiva 2019/790.
- Sull’articolo 15 della direttiva 2019/790
20.1. In primo luogo, riguardo alla natura dei diritti attribuiti agli editori di giornali all’articolo 15 della direttiva 2019/790, il paragrafo 1, primo comma, di tale articolo menziona i «diritti di cui all’articolo 2 e all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva [2001/29]». Ricordo che queste ultime disposizioni attribuiscono, rispettivamente, il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi forma di riproduzione del materiale protetto (il diritto di riproduzione) e il diritto esclusivo di mettere a disposizione del pubblico materiali protetti in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente (il diritto di messa a disposizione del pubblico).
20.2. Secondo la Meta, tale formulazione dell’articolo 15 della direttiva 2019/790, che fa riferimento alle disposizioni della direttiva 2001/29, implica che i diritti degli editori di giornali hanno esattamente la stessa natura dei diritti connessi considerati da tale direttiva, vale a dire dei diritti esclusivi che permettono ai titolari di vietare o autorizzare, eventualmente dietro pagamento di una remunerazione, l’utilizzo dei materiali protetti, da parte di soggetti che intendano utilizzarli, sulla base della libertà contrattuale delle due parti e senza alcun intervento dei pubblici poteri.
20.3. Non sono convinto, tuttavia, che l’articolo 15 della direttiva 2019/790 debba essere interpretato in tal modo. Infatti, se l’obiettivo del legislatore dell’Unione fosse stato semplicemente quello di istituire nuovi diritti connessi al diritto d’autore a beneficio degli editori di giornali, gli sarebbe bastato ampliare gli elenchi dei titolari di cui all’articolo 2 e all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29, ed eventualmente adeguare la durata della protezione dei diritti esclusivi così sanciti nella direttiva 2006/116/CE (9). Orbene, a mio avviso, l’obiettivo di tale articolo 15 non si limita a ciò.
20.2. Come risulta, in particolare, dal suo considerando 3, la direttiva 2019/790 ha infatti lo scopo di completare il diritto d’autore dell’Unione in più punti distinti, al fine di risolvere problemi particolari connessi, segnatamente, ai rapidi sviluppi tecnologici ed economici nell’ambiente digitale. Per quanto concerne, più specificamente, i motivi dell’adozione dell’articolo 15 della direttiva in parola, essi sono illustrati, in particolare, ai considerando 54 e 55 di quest’ultima, secondo cui la prima preoccupazione del legislatore dell’Unione è stata rimediare alle difficoltà menzionate nell’introduzione delle presenti conclusioni.
20.3. Certamente è vero che, a tal fine, detto legislatore ha scelto di concedere agli editori di giornali diritti esclusivi di riproduzione e di messa a disposizione del pubblico e che, secondo il considerando 57 della direttiva 2019/790, tali diritti devono «avere lo stesso ambito di applicazione dei [rispettivi] diritti (…) di cui alla direttiva [2001/29]». Quest’ultima affermazione è tuttavia contraddetta dalla formulazione stessa dell’articolo 15 di tale direttiva.
20.4. Mentre infatti il diritto di riproduzione, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2001/29, riguarda «la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte» del materiale protetto e il diritto di messa a disposizione del pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva ricomprende qualsiasi atto di messa a disposizione del pubblico del materiale protetto in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, i diritti degli editori di giornali, previsti all’articolo 15 della direttiva 2019/790, hanno una portata ben più limitata. Infatti, tali diritti riguardano unicamente l’utilizzo online delle pubblicazioni degli editori di giornali da parte degli ISSP. Sono esplicitamente esclusi gli utilizzi privati o non commerciali di tali servizi da parte di singoli utilizzatori, nonché i «collegamenti ipertestuali» (10). Peraltro, i diritti degli editori di giornali non si applicano all’utilizzo di parole isolate o di brevissimi estratti delle loro pubblicazioni, limitazione che non sembra applicabile ad altri diritti connessi al diritto d’autore (11). Per contro, tutte le eccezioni e limitazioni applicabili in forza dell’articolo 5 della direttiva 2001/29 sono altresì applicabili ai diritti degli editori di giornali. Infine, la durata della protezione di tali diritti, che è di due anni, è nettamente più breve di quella di altri diritti connessi, i quali, in linea di principio, sono protetti per cinquanta anni (12).
20.5. I diritti degli editori di giornali non hanno dunque il carattere generale dei diritti d’autore o di altri diritti connessi, ma sono mirati al raggiungimento dell’obiettivo dell’articolo 15 della direttiva 2019/790. Orbene, tale obiettivo non consiste semplicemente nel permettere agli editori di giornali di opporsi all’utilizzo delle loro pubblicazioni da parte degli ISSP senza un corrispettivo finanziario, in quanto ciò sarebbe stato potenzialmente più dannoso per gli editori che per gli ISSP, ma nello stabilire le condizioni in cui tali pubblicazioni sono effettivamente utilizzate, permettendo al contempo agli editori di riscuotere un’equa percentuale dei proventi ricavati dagli ISSP con tale utilizzo. Di conseguenza, sebbene tali diritti rimangano, sostanzialmente, diritti esclusivi e preventivi di autorizzare o vietare, sono del parere che, al momento della loro attuazione, gli Stati membri debbano disporre di un ampio margine di discrezionalità, che permetta loro di prendere in considerazione l’obiettivo dell’articolo 15 della direttiva 2019/790, con tutte le difficoltà connesse alla sua realizzazione, e di prevedere misure che vadano oltre quanto è normalmente previsto per l’attuazione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, in particolare dalla direttiva 2004/48/CE (13).
20.6. In secondo luogo, mi sembra utile fornire alcune precisazioni sull’applicabilità dell’articolo 15 della direttiva 2019/790 agli ISSP come la Meta, vale a dire ai prestatori dei servizi detti «social media». Infatti, mi sembra che dalla discussione svoltasi in proposito, a seguito di un quesito posto dalla Corte ai partecipanti all’udienza, siano emersi taluni malintesi. Orbene, se è vero che, come sottolineato dalla Commissione, il procedimento principale non riguarda un caso concreto di applicazione delle disposizioni del diritto italiano adottate per l’attuazione dell’articolo 15 della direttiva in parola, bensì il controllo astratto della loro legittimità, ritengo che tali precisazioni permetteranno di meglio comprendere la portata di tale articolo nonché le implicazioni della sua attuazione.
20.7. Pertanto, è certamente chiaro che un servizio di social network quale Facebook, proposto dalla Meta, soddisfa la definizione di «servizio della società dell’informazione», di cui all’articolo 2, punto 5, della direttiva 2019/790, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva (UE) 2015/1535 (14). Tuttavia, il modello di funzionamento di tale servizio si basa sui contenuti caricati dagli utenti. Orbene, l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2019/790 esclude dall’ambito di applicazione dei diritti degli editori di giornali gli utilizzi privati o non commerciali delle loro pubblicazioni da parte degli utenti dei servizi della società dell’informazione. In tale contesto si pone la questione di sapere in che misura i diritti di cui all’articolo 15 di tale direttiva si applichino all’utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico nell’ambito di un social network.
20.8. Gli utenti di un social network hanno la possibilità di condividere sui loro account pubblicazioni di carattere giornalistico. Quando ciò è fatto a titolo privato (vale a dire quando il contenuto è visibile soltanto a una cerchia ristretta di destinatari che può essere qualificata come privata) o non commerciale (ossia in assenza di un collegamento con un’attività lucrativa dell’utente in questione), tali atti non rientrano nell’ambito di applicazione dei diritti esclusivi degli editori di giornali, in forza dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2019/790.
20.9. Tuttavia, come sottolineato da più partecipanti all’udienza, la rete Facebook non è soltanto un luogo passivo di condivisione dei contenuti tra utenti. Tramite sofisticati algoritmi, essa propone agli utenti contenuti concreti in base ai loro presunti centri d’interesse, senza che tali utenti abbiano effettuato ricerche su detti contenuti o che questi ultimi siano loro proposti da altri utenti. Facebook è dunque un vero fornitore di contenuti autonomo, la cui specificità risiede nel fatto che i contenuti non sono né creati né acquistati da esso: sono caricati dagli utenti e solo successivamente Facebook si occupa di proporre tali contenuti agli utenti. A mio avviso, un simile utilizzo non può essere attribuito agli utenti, ma deve ritenersi svolto dall’ISSP che è la Meta e, di conseguenza, nella misura in cui riguarda pubblicazioni di carattere giornalistico, rientrante nell’ambito di applicazione dei diritti esclusivi degli editori.
20.10. Quando invece gli editori di giornali stessi condividono le proprie pubblicazioni su un social network come Facebook, essi non possono pretendere alcuna remunerazione in forza dei diritti previsti all’articolo 15 della direttiva 2019/790, anche per i successivi utilizzi di tali pubblicazioni da parte del social network nel quadro delle condizioni di fornitura del servizio in questione. Ciò discende dalla natura di tali diritti quali diritti esclusivi. Si dovrebbe infatti presumere che il titolare di un simile diritto che abbia messo a disposizione del pubblico il materiale protetto su un social network o qualsiasi altro servizio della società dell’informazione abbia fornito la propria autorizzazione agli utilizzi di tale materiale conformi alle condizioni di fornitura del servizio di cui trattasi (15).
- Sul diritto a un equo compenso
21.1. Con la prima questione, lettera a), il giudice del rinvio chiede se l’articolo 15 della direttiva 2019/790 osti alla concessione agli editori di giornali del diritto a un «equo compenso» che si aggiunga al diritto esclusivo sancito in tale articolo o lo sostituisca. Nel suo ricorso nell’ambito del procedimento principale nonché nelle sue osservazioni nel caso di specie, la Meta sostiene infatti che un simile diritto è stato istituito dalle disposizioni del diritto italiano adottate per recepire tale articolo. Il giudice del rinvio sembra condividere tale punto di vista. Il governo italiano afferma invece che tale interpretazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi è errata, in quanto l’«equo compenso» in questione altro non è che il risultato delle trattative tra gli editori di giornali e gli ISSP riguardo all’utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di questi ultimi.
21.2. Vero è che l’uso del termine «equo compenso», all’articolo 43 bis, comma 8, della legge n. 633/1941, non è opportuno, in quanto tale termine non evoca un diritto esclusivo di natura preventiva, come quelli stabiliti all’articolo 15 della direttiva 2019/790, bensì un semplice diritto alla remunerazione o al compenso, senza la possibilità per il titolare di opporsi all’utilizzo del materiale protetto (16). Orbene, secondo una giurisprudenza ormai consolidata, i titolari di un diritto esclusivo di natura preventiva, che questo rientri nell’ambito del diritto d’autore o dei diritti connessi, non possono essere privati, neppure dietro un corrispettivo finanziario, della facoltà di concedere, o meno, la propria autorizzazione prima di qualsiasi utilizzo dei materiali protetti, fatte salve le eccezioni e limitazioni di tale diritto previste dalle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione (17). Sebbene le modalità di tale autorizzazione possano essere modificate, anche mediante il ricorso alla gestione collettiva dei diritti o a presunzioni (relative), il principio del previo consenso permane (18). Quindi, considerato che i diritti degli editori di giornali, previsti all’articolo 15 della direttiva 2019/790, sono diritti esclusivi di natura preventiva, trasformare tali diritti nel mero diritto di ottenere un equo compenso per l’utilizzo delle pubblicazioni degli editori da parte degli ISSP, senza la possibilità per gli editori di opporsi a tale utilizzo, sarebbe in contrasto con la disposizione in parola.
21.3. Peraltro, a mio avviso, l’articolo 15 della direttiva 2019/790 dev’essere interpretato, al pari di altre disposizioni del diritto dell’Unione che sanciscono diritti connessi al diritto d’autore, come una misura di armonizzazione completa del contenuto sostanziale dei diritti ivi previsti (19). Gli Stati membri non possono dunque prevedere il diritto a un equo compenso aggiuntivo rispetto a tali diritti. In particolare, gli ISSP non possono essere tenuti a versare un simile compenso qualora non utilizzino pubblicazioni di carattere giornalistico protette ai sensi di tale disposizione.
21.4. Infine, il considerando 82 della direttiva 2019/790 prevede che nessuna disposizione di quest’ultima dovrebbe essere interpretata in modo da impedire ai titolari dei diritti d’autore e dei diritti connessi di autorizzare l’uso a titolo gratuito delle loro opere o di altri materiali protetti. Supponendo che ciò riguardi anche i diritti previsti all’articolo 15 di tale direttiva, detto articolo dovrebbe essere interpretato nel senso che gli editori di giornali sono liberi di concedere licenze per l’utilizzazione delle loro pubblicazioni senza esigere un compenso pecuniario. Ciò è insito nella natura stessa di un diritto esclusivo, che non comporta un diritto inalienabile alla remunerazione.
21.5. Tuttavia, il comma 8 dell’articolo 43 bis della legge n. 633/1941 dev’essere interpretato alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale articolo, nonché delle disposizioni di attuazione. Orbene, per quanto attiene al sistema istituito da tali disposizioni, sembra che per l’utilizzo da parte degli ISSP delle pubblicazioni degli editori di giornali sia necessaria la previa autorizzazione di questi ultimi, la quale dev’essere fornita al termine di trattative libere, benché assistite, tra le parti. Peraltro, detto articolo non sembra ostare, in particolare, a che gli editori rifiutino di concedere la propria autorizzazione, né a che la concedano a titolo gratuito. Quanto all’obbligo a carico degli ISSP di stipulare un contratto con gli editori di giornali, esso sembra connesso all’effettivo utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte degli ISSP o, perlomeno, alla volontà di un simile utilizzo. Non viene dunque in rilievo un pagamento in assenza di utilizzo.
21.6. Dalla lettura delle disposizioni italiane in questione sembra quindi emergere che il termine «equo compenso», conformemente a quanto sostenuto dal governo italiano, designa la remunerazione che gli editori di giornali possono ottenere dagli ISSP per l’utilizzo delle loro pubblicazioni cui si applicano i diritti protetti in forza dell’articolo 15 della direttiva 2019/790. Infatti, il legislatore italiano sarebbe partito dal principio che tale remunerazione debba essere equa.
21.7. In ogni caso, l’articolo 15 della direttiva 2019/790 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a disposizioni interne di uno Stato membro che prevedano il diritto, per gli editori di giornali, di ottenere un’equa remunerazione quale corrispettivo della loro autorizzazione all’utilizzo delle loro pubblicazioni da parte degli ISSP, purché tali disposizioni, da un lato, non privino gli editori della possibilità di rifiutarsi di concedere la propria autorizzazione o di concederla a titolo gratuito, e, dall’altro lato, non impongano agli ISSP alcun pagamento in assenza di un collegamento con l’utilizzo effettivo o previsto delle pubblicazioni di carattere giornalistico. Compete al giudice del rinvio verificare se tali condizioni siano soddisfatte, tenuto conto dell’obbligo in capo a qualsiasi giudice di uno Stato membro di interpretare il proprio diritto nazionale, per quanto possibile, conformemente al diritto dell’Unione.
- Sugli obblighi gravanti sugli ISSP
22.1. Con la prima questione, lettera b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15 della direttiva 2019/790 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che gli ISSP siano obbligati ad avviare trattative con gli editori, a fornire le informazioni necessarie ai fini della determinazione della remunerazione dovuta e a non limitare la visibilità dei contenuti degli editori durante il periodo delle trattative. I dubbi del giudice del rinvio attengono al fatto che il legislatore italiano è andato al di là del contenuto normativo di tale disposizione e ha introdotto meccanismi d’intervento pubblico in un settore che, a suo avviso, dovrebbe essere disciplinato unicamente dalla volontà delle parti interessate espressa nel corso di libere trattative.
22.2. Non mi sembra, tuttavia, che ciò sia sufficiente per concludere nel senso dell’incompatibilità della normativa italiana con l’articolo 15 della direttiva 2019/790.
22.3. Infatti, mentre, come già detto, le disposizioni relative al diritto d’autore dell’Unione che sanciscono diritti protetti, come l’articolo 15 della direttiva 2019/790, devono essere considerate come costituenti una misura di armonizzazione completa del contenuto sostanziale di tali diritti (20), lo stesso non vale per le misure di attuazione di detti diritti. Infatti, le direttive vincolano gli Stati membri per quanto concerne il risultato da raggiungere, lasciando loro la scelta della forma e dei mezzi.
22.4. Gli Stati membri, qualora lo ritengano necessario, hanno dunque la facoltà di adattare l’esercizio dei diritti esclusivi in modo da garantirne l’efficacia. Ciò vale, in particolare, per i diritti istituiti all’articolo 15 della direttiva 2019/790, il cui obiettivo è determinare le condizioni che consentono agli editori di giornali di ottenere una remunerazione per gli utilizzi online delle loro pubblicazioni (21). Tenuto conto del significativo squilibrio esistente, sul mercato, fra tali editori e gli ISSP, gli Stati membri sono legittimati ad adottare misure per porvi rimedio imponendo, in particolare, ai prestatori obblighi concreti per quanto concerne la prosecuzione delle trattative al fine di ottenere l’autorizzazione all’utilizzo di tali pubblicazioni.
22.5. Simili obblighi aggiuntivi, dunque, non contrastano con l’articolo 15 della direttiva 2019/790, purché non incidano, in particolare, sulla natura dei diritti sanciti in tale disposizione quali diritti esclusivi di natura preventiva. Gli obblighi imposti agli ISSP, considerati dalla prima questione, lettera b), non mi sembrano contraddire tale condizione.
22.6. Così, sembra che l’obbligo di avviare trattative con gli editori di giornali, che, secondo la Meta, risulta dalla lettura dell’articolo 43 bis, commi da 8 a 10, della legge n. 633/1941, si applichi soltanto nell’ipotesi di utilizzo effettivo o previsto delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di un ISSP. Considerato che l’articolo 15 della direttiva 2019/790 concede agli editori diritti esclusivi per simili utilizzi, è naturale che gli ISSP debbano ottenere la previa autorizzazione degli editori, le cui modalità di rilascio devono essere negoziate fra gli interessati.
22.7. Per contro, tale disposizione del diritto nazionale non può essere interpretata conformemente all’articolo 15 della direttiva 2019/790 nel senso che essa imporrebbe agli ISSP di negoziare l’autorizzazione degli editori di giornali per utilizzi non previsti dagli ISSP o di utilizzare le pubblicazioni degli editori qualora essi non lo desiderino.
22.8. In particolare, non sembra che un simile obbligo derivi dal divieto per gli ISSP, durante le trattative in questione, di dissimulare le pubblicazioni degli editori di giornali nei risultati di ricerca. Infatti, in primo luogo, se si tratta delle pubblicazioni che appaiono nei risultati di ricerca, è lecito presumere che siano utilizzate alle condizioni contemplate all’articolo 15 della direttiva 2019/790. In secondo luogo, dal momento che tale divieto si applica nel contesto delle trattative tra i prestatori e gli editori, dette trattative sembrano costituire l’evento preliminare al sorgere del divieto stesso. Non si tratta dunque di un obbligo generale in capo agli ISSP di utilizzare le pubblicazioni di carattere giornalistico in un modo che rientri nell’ambito di applicazione dei diritti esclusivi sanciti in tale articolo.
22.9. Tale divieto sembra dunque destinato unicamente a prevenire qualsiasi condotta abusiva degli ISSP che, in virtù della loro posizione dominante sul mercato, potrebbero tentare di esercitare una pressione sugli editori o di nascondere il valore economico che l’utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico rappresenta per essi.
22.10. Infine, l’obbligo di divulgare talune informazioni ha chiaramente l’obiettivo di correggere lo squilibrio, in proposito, tra gli editori di giornali e gli ISSP. Infatti, soltanto gli ISSP dispongono di informazioni che permettono di valutare il valore economico rappresentato dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico. Orbene, in un mercato in cui il puro meccanismo dell’offerta e della domanda non può svolgere il suo ruolo, a causa della situazione di quasi monopolio dei maggiori ISSP e della dipendenza degli editori da tali prestatori, la trasparenza relativa all’accesso a tali informazioni risulta indispensabile per garantire l’equità delle trattative che riguardano l’autorizzazione degli editori all’utilizzo delle loro pubblicazioni.
22.11. Un simile obbligo non è invece affatto incompatibile con la natura esclusiva e preventiva dei diritti attribuiti agli editori di giornali all’articolo 15 della direttiva 2019/790. Infatti, la circostanza che i titolari siano liberi di autorizzare l’uso dei loro materiali protetti e che i potenziali utilizzatori siano liberi di chiedere una siffatta autorizzazione non impedisce al legislatore di adottare misure per garantire l’equità delle trattative, una volta che le parti interessate decidano di avviarle.
22.12. In conclusione, l’articolo 15 della direttiva 2019/790 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta ai differenti obblighi imposti agli ISSP dalle disposizioni italiane di cui trattasi nel procedimento principale, purché siano rispettate le condizioni menzionate al paragrafo 37 delle presenti conclusioni.
- Sui poteri dell’AGCOM
23.1. Con la prima questione, lettera c), nonché con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15 della direttiva 2019/790 debba essere interpretato nel senso che esso osti a disposizioni nazionali che, nel contesto delle trattative condotte per la concessione, da parte degli editori di giornali, dell’autorizzazione all’utilizzo delle loro pubblicazioni da parte degli ISSP, attribuiscono a un ente pubblico quale l’AGCOM talune competenze, ossia un potere di vigilanza e sanzionatorio, quello di individuare i criteri di riferimento per la determinazione della remunerazione dovuta dagli ISSP agli editori, quello di determinare l’importo esatto di un simile compenso nel caso di mancato accordo fra le parti e, infine, quello di sanzionare l’inosservanza ad opera di un ISSP dell’obbligo di divulgazione di informazioni.
23.2. Come nell’ambito della questione degli obblighi imposti agli ISSP, il giudice del rinvio nutre dubbi riguardo alla compatibilità di un simile potere di ingerenza di un ente pubblico con il principio delle libere trattative fra le parti che, a suo avviso, discende dalla natura esclusiva e preventiva dei diritti riconosciuti agli editori di giornali all’articolo 15 della direttiva 2019/790.
23.3. Ancora una volta, ritengo che un siffatto potere di ingerenza non possa essere considerato contrario a tale disposizione. In generale, infatti, in virtù dell’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono in sede di recepimento delle disposizioni di una direttiva, come l’articolo 15 della direttiva 2019/790, gli Stati membri possono prevedere misure d’intervento pubblico riguardanti le trattative per la concessione delle autorizzazioni all’utilizzo, purché tale intervento non privi le parti della libertà di chiedere, concedere e determinare le condizioni per il rilascio di tali autorizzazioni. Di conseguenza, le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, per essere conformi a tale articolo, devono essere interpretate nel senso che attribuiscono all’autorità pubblica – nel caso di specie, all’AGCOM – non già competenze coercitive per quanto concerne la conclusione del contratto e i suoi termini, ma unicamente competenze di assistenza delle parti e, eventualmente, di controllo del rispetto ad opera di queste ultime degli obblighi su di esse gravanti.
23.4. Più precisamente, i criteri stabiliti dall’AGCOM per determinare l’importo della remunerazione che gli ISSP devono corrispondere, nonché l’importo che può essere eventualmente fissato d’ufficio da tale autorità in assenza di accordo fra le parti, non mi sembrano vincolanti per queste ultime, le quali rimangono libere di concludere, o meno, il contratto sulla base di tali proposte o di fissare un importo differente per tale remunerazione. Un simile intervento pubblico, limitato a misure di assistenza delle parti, mi sembra giustificato, dal momento che si tratta di diritti creati ex novo, il cui valore sul mercato non è dunque ancora ben definito, e di un mercato in cui esiste un rapporto di dominanza e di dipendenza fra i protagonisti. Inoltre, considerato che le parti rimangono libere di stabilire in via definitiva i termini dei loro rapporti, tale intervento non mi sembra incompatibile con la natura esclusiva e preventiva dei diritti riconosciuti agli editori di giornali all’articolo 15 della direttiva 2019/790.
23.5. Per quanto concerne il potere di vigilanza e sanzionatorio dell’AGCOM in relazione al rispetto dell’obbligo di divulgazione di informazioni a carico degli ISSP, ricordo (22) che, a mio avviso, tale obbligo è conforme all’articolo 15 della direttiva 2019/790. Di conseguenza, il potere di controllo del rispetto di tale obbligo da parte di un’autorità pubblica, accompagnato da eventuali sanzioni in caso di mancato rispetto, non può essere ritenuto contrario a tale disposizione, purché sia osservato il principio di proporzionalità.
23.6. Pertanto, l’articolo 15 della direttiva 2019/790 dev’essere interpretato nel senso che, come nel caso degli obblighi imposti agli ISSP, esso non osta ai poteri dell’AGCOM previsti dalle disposizioni italiane di cui trattasi nel procedimento principale, dal momento che essi non privano le parti interessate della libertà di chiedere e di concedere un’autorizzazione all’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico nonché di stabilire l’importo di un’eventuale remunerazione in virtù di tale autorizzazione.
- Osservazioni finali relative all’articolo 15 della direttiva 2019/790 e risposta alle questioni
- Ritengo necessarie due osservazioni per completare l’analisi dell’articolo 15 della direttiva 2019/790.
25.1. Da un lato, rilevo che, in forza dell’articolo 43 bis, comma 11, della legge n. 633/1941, qualora le parti non pervengano a un accordo neppure sulla base dell’importo della remunerazione determinato dall’AGCOM, ciascuna di esse può intentare un’azione giudiziaria. Poiché tale questione non è stata sollevata dal giudice del rinvio, l’oggetto di una simile azione non è del tutto chiaro. Vero è che tale disposizione fa riferimento a un’azione specifica del diritto italiano che, secondo il governo di tale Stato membro, permette unicamente di far constatare un abuso, ad opera di una delle parti, della dipendenza economica dell’altra parte. Tale indicazione è tuttavia preceduta dai termini «anche» (23), il che potrebbe suggerire che siano parimenti possibili azioni aventi altri oggetti.
25.1.1. Orbene, a mio avviso sarebbe problematico se una delle parti interessate, in particolare un ISSP, potesse costringere, per via giurisdizionale, l’altra parte a stipulare un contratto e a fornire la propria autorizzazione all’utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico. Una simile possibilità contrasterebbe infatti con la natura esclusiva dei diritti riconosciuti agli editori di giornali all’articolo 15 della direttiva 2019/790. Per essere conforme a tale disposizione, il diritto interno di uno Stato membro deve dunque essere interpretato nel senso che esclude una siffatta possibilità.
25.2. D’altro lato, nelle sue osservazioni la Meta sostiene che le misure adottate dal legislatore italiano per l’attuazione dell’articolo 15 della direttiva 2019/790 si discostano a tal punto dalla formulazione di detto articolo, nonché dalle misure adottate a tal fine da altri Stati membri, da condurre a una frammentazione del mercato interno per quanto concerne i diritti degli editori di giornali, mettendo così a repentaglio l’obiettivo di armonizzazione perseguito dal legislatore dell’Unione.
25.3. Mi sembra tuttavia che una certa frammentazione del mercato interno sia connaturata al diritto d’autore e ai diritti connessi, almeno nell’attuale fase di sviluppo del diritto dell’Unione in tale settore. Infatti, le licenze per lo sfruttamento dei materiali protetti sono normalmente concesse per un dato Stato membro e la gestione collettiva di tali diritti è organizzata su base nazionale. Pertanto, l’armonizzazione in tale settore riguarda principalmente il contenuto dei diritti protetti (24), mentre le modalità di sfruttamento di tali diritti restano disciplinate dai sistemi giuridici nazionali e dunque possono differire da uno Stato membro all’altro.
25.4. In proposito, i diritti degli editori di giornali, contemplati all’articolo 15 della direttiva 2019/790, non sono un’eccezione. Le autorizzazioni all’utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico devono essere negoziate e ottenute conformemente alle norme vigenti in ciascuno Stato membro, necessariamente differenti da quelle degli altri Stati membri. Non ritengo tuttavia che ciò pregiudichi l’obiettivo di armonizzazione perseguito da tale articolo, che riguarda il contenuto dei diritti degli editori. Peraltro, per quanto di mia conoscenza, la Repubblica italiana non è l’unico Stato membro ad aver adottato norme che vanno al di là della semplice affermazione dei diritti esclusivi a beneficio degli editori di giornali (25).
- Propongo dunque di rispondere alla prima e alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 15 della direttiva 2019/790 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alle disposizioni interne di uno Stato membro che
– prevedono, per gli editori di giornali, il diritto di ottenere un’equa remunerazione quale corrispettivo dell’autorizzazione all’utilizzo delle loro pubblicazioni da parte degli ISSP,
– impongono agli ISSP che intendano utilizzare simili pubblicazioni taluni obblighi in materia di trattative con detti editori, di divulgazione di informazioni e di buona fede nelle trattative,
– attribuiscono a un ente pubblico il potere di regolamentazione, di vigilanza e sanzionatorio, inclusa la possibilità di proporre criteri per determinare la remunerazione dovuta agli editori o l’importo di tale remunerazione, a condizione che tali disposizioni non privino gli editori della possibilità di rifiutarsi di concedere una simile autorizzazione o di concederla a titolo gratuito, che non impongano agli ISSP alcun pagamento in assenza di un collegamento con l’utilizzo effettivo o previsto di simili pubblicazioni e che non limitino in maniera vincolante la libertà contrattuale delle parti. Compete al giudice del rinvio verificare se tali condizioni siano soddisfatte, tenuto conto dell’obbligo in capo a qualsiasi giudice di uno Stato membro di interpretare il proprio diritto nazionale, per quanto possibile, conformemente al diritto dell’Unione.
- Sulla terza questione pregiudiziale
27.1. Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 16 e 52 della Carta, nonché il «principi[o] (…) di libera concorrenza, di cui all’articolo 109 TFUE» debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a disposizioni nazionali, come quelle descritte al paragrafo 62 delle presenti conclusioni, adottate per il recepimento dell’articolo 15 della direttiva 2019/790.
27.2. Si deve anzitutto sottolineare che l’articolo 109 TFUE non contiene un siffatto principio, in quanto esso riguarda le competenze delle istituzioni dell’Unione ad adottare misure di attuazione degli articoli 107 e 108 TFUE, relativi agli aiuti di Stato. Per contro, nella motivazione della sua decisione, il giudice del rinvio fa riferimento, in particolare, all’articolo 119 TFUE quale fonte di tale principio. Anche la Meta, nelle proprie osservazioni, fa riferimento a quest’ultima disposizione. Tuttavia, sebbene sia vero che l’articolo 119 TFUE menziona, per due volte, un’«economia di mercato aperta e in libera concorrenza», esso si trova nella parte introduttiva del titolo VIII, intitolato «Politica economica e monetaria», del trattato FUE e si occupa della modalità con cui gli Stati membri devono coordinare le proprie politiche economiche. Tale articolo non è dunque pertinente ai fini del controllo delle misure adottate dagli Stati membri per recepire disposizioni di armonizzazione in un settore quale il diritto d’autore.
27.3. Poiché né l’articolo 119 TFUE, né, tantomeno, l’articolo 109 TFUE sono rilevanti ai fini del controllo della conformità delle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, limiterò l’analisi della terza questione alle sole disposizioni della Carta.
27.4. L’articolo 16 della Carta stabilisce che «[è] riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali» (26). La Corte ha già avuto occasione di osservare che, in considerazione del tenore di tale disposizione, che si distingue da quello relativo alle altre libertà fondamentali sancite nel titolo II della Carta pur essendo simile a quello di talune disposizioni del titolo IV di quest’ultima, la libertà d’impresa può essere soggetta ad un ampio ventaglio di interventi dei poteri pubblici suscettibili di stabilire, nell’interesse generale, limiti all’esercizio dell’attività economica e deve essere presa in considerazione rispetto alla sua funzione nella società. Tale circostanza si riflette, in particolare, nelle modalità con cui deve essere attuato il principio di proporzionalità ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta (27). Peraltro, dev’essere garantito un giusto equilibrio tra la libertà d’impresa e altri diritti fondamentali, in particolare la tutela della proprietà intellettuale, sancita all’articolo 17, paragrafo 2, della Carta (28).
27.5. Riguardo al contenuto della libertà d’impresa, la Corte ha dichiarato che essa implica, in particolare, la libertà di esercitare un’attività economica o commerciale, la libertà contrattuale e la libera concorrenza (29).
27.6. Pertanto, le limitazioni della libertà d’impresa introdotte per uno scopo d’interesse generale possono essere considerate contrarie a tale libertà solo in via eccezionale, vale a dire quando sono manifestamente sproporzionate o ne vanificano la sostanza (30).
27.7. A mio avviso, ciò non avviene con riferimento alle misure nazionali di cui trattasi nel caso di specie, come descritte al paragrafo 62 delle presenti conclusioni, in quanto esse soddisfano le condizioni ivi elencate. Tali misure sono state adottate con l’obiettivo di interesse generale, riconosciuto dal legislatore dell’Unione al momento dell’adozione della direttiva 2019/790, di rafforzare la posizione degli editori di giornali, importanti protagonisti in qualsiasi società democratica, nei confronti degli ISSP. Poiché le disposizioni italiane non impongono agli interessati di avere rapporti commerciali a condizioni determinate in maniera vincolante, non vedo in che modo esse vanificherebbero la sostanza della libertà di esercizio di un’attività economica o quella della libertà contrattuale. I differenti obblighi imposti agli ISSP nonché i poteri di cui dispone l’AGCOM non mi sembrano neppure manifestamente sproporzionati, alla luce delle difficoltà incontrate dagli editori di giornali nel riscuotere gli importi dovuti per l’utilizzo delle loro pubblicazioni online.
27.8. Per quanto concerne la libera concorrenza, elemento della libertà d’impresa al quale fanno riferimento la Meta e il giudice del rinvio, si deve osservare che essa comporta, in particolare, il divieto di abuso di posizione dominante sul mercato, sancito nel diritto dell’Unione all’articolo 102 TFUE. Orbene, gli ISSP svolgono un duplice ruolo nei confronti degli editori di giornali: essi sono al contempo i loro fornitori, per quanto concerne i differenti servizi di comunicazione online, e i loro concorrenti, sia nel mercato della diffusione dell’informazione sia in quello pubblicitario. In tale duplice veste, gli ISSP sono dunque particolarmente a rischio di commettere abusi della loro eventuale posizione dominante in differenti mercati in cui sono attivi anche gli editori di giornali. Pertanto, si deve ritenere che le misure destinate a rafforzare il potere negoziale degli editori non pregiudichino la libera concorrenza, ma la favoriscano.
27.9. Di conseguenza, sono del parere che l’articolo 16 della Carta nonché l’articolo 52 di quest’ultima, il quale non fa che confermare la possibilità, insita nella libertà d’impresa, di prevedere limitazioni dei diritti sanciti dalla Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi non ostano a disposizioni nazionali, come quelle descritte al paragrafo 62 delle presenti conclusioni, fatte salve le condizioni ivi elencate.