Corte Costituzionale sentenza 26 giugno 2025, n. 86
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2941, primo comma, numero 7), del codice civile, nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con ordinanza del 16 ottobre 2024, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 2024, il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia d’impresa, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
2.– Il giudice rimettente riferisce di essere stato investito del giudizio promosso dal commissario della IAL Campania srl – impresa sociale in liquidazione coatta amministrativa nei riguardi dell’amministratore che aveva rivestito tale incarico sia nel periodo in cui l’ente aveva operato nelle forme dell’associazione non riconosciuta sia in quello nel quale si era trasformato in una società di capitali.
A fronte dell’azione di responsabilità motivata in relazione ad asserite condotte distrattive tenute dall’amministratore fra il 2004 e il 2014, quest’ultimo eccepiva l’intervenuta prescrizione delle pretese risarcitorie concernenti gli illeciti compiuti anteriormente al 23 ottobre 2009, rilevando che l’atto introduttivo del giudizio era stato notificato il 23 ottobre 2019.
Il giudice a quo prende atto che, in assenza di una causa di sospensione della prescrizione, risulterebbe oramai decorso, per le pretese risarcitorie relative al periodo antecedente al 23 ottobre 2009, il termine ordinario decennale, applicabile all’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di un’associazione, ai sensi dell’art. 18 cod. civ.
Di conseguenza, il Tribunale solleva questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., motivandone rilevanza e non manifesta infondatezza.
In particolare, il rimettente sostiene che escludere la sospensione della decorrenza del termine di prescrizione per l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, nel rapporto fra le associazioni non riconosciute e gli stessi amministratori, finché sono in carica, integri una ingiustificata disparità di trattamento nel confronto tanto con le associazioni riconosciute, quanto con le società in nome collettivo e con quelle in accomandita semplice, enti privi di personalità giuridica ai quali, nondimeno, trova applicazione l’art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ.
La denunciata irragionevole disparità di trattamento si risolverebbe, al contempo, in una minorazione del diritto di difesa dell’ente rispetto agli illeciti compiuti dai suoi amministratori.
3.– Le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. sono ammissibili e, nel merito, fondate.
4.– L’art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ. dispone che il decorso del termine di prescrizione rimane sospeso «tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi».
Si tratta di una norma che non è suscettibile di applicazione analogica, in quanto connotata da eccezionalità, e che questa Corte ha già dichiarato costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non trova applicazione a due tipologie di società prive della personalità giuridica: le società in accomandita semplice (sentenza n. 322 del 1998) e quelle in nome collettivo (sentenza n. 262 del 2015).
Sin dalle richiamate pronunce, la giurisprudenza costituzionale ha ravvisato la ratio della disciplina in un’esigenza di natura sostanziale, costituita dalla difficoltà che l’ente incontra sia nell’avere piena cognizione dell’operato degli amministratori, sì da poter acquisire informazioni idonee a evidenziare una loro eventuale responsabilità, sia nel promuovere l’azione, fintantoché i destinatari della stessa conservino l’incarico gestionale e una posizione di preminenza decisionale (ancora sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998).
5.– Chiarita, dunque, la funzione della disciplina censurata, emerge l’irragionevole disparità di trattamento che essa determina nel riferire la causa di sospensione del decorso del termine di prescrizione alle sole associazioni riconosciute e non anche a quelle prive della personalità giuridica.
5.1.– Il riconoscimento della personalità giuridica, diversamente da quanto si riteneva nell’epoca in cui è stato emanato il codice civile del 1942, non traccia più una linea di demarcazione correlata alla dimensione della soggettività (in tal senso, il diritto vivente sin dalla sentenza della Corte di cassazione, sezione prima civile, 16 novembre 1976, n. 4252; di recente, Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 14 febbraio 2024, n. 4138; sezione quinta civile, ordinanza 6 settembre 2022, n. 26284; sezione prima civile, ordinanza 16 giugno 2020, n. 11635 e sentenza 16 novembre 2015, n. 23401).
Anche gli enti privi di personalità giuridica, fra cui le associazioni non riconosciute, sono autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, in virtù di un principio di alterità che si fonda sulla loro struttura organizzativa (art. 36 cod. civ.), sull’elemento patrimoniale (art. 37 cod. civ.) e su quello teleologico (artt. 1420,1446 e 1449 cod. civ.).
La differenza delle associazioni non riconosciute rispetto a quelle dotate di personalità giuridica riguarda essenzialmente il piano dei rapporti esterni (art. 38 cod. civ.), in quanto proprio la mancanza del riconoscimento si frappone all’autonomia patrimoniale perfetta dell’ente.
Di contro, sono applicabili anche alle associazioni non riconosciute norme previste per quelle riconosciute, sempre che non siano strettamente correlate alla personalità giuridica. In particolare, è riferibile alle associazioni non riconosciute, in quanto diretto a disciplinare solo i rapporti interni fra l’ente e gli amministratori, l’art. 18 cod. civ., secondo cui questi ultimi «sono responsabili verso l’ente secondo le norme del mandato».
5.2.– In tale quadro sistematico, la persistenza di una disciplina che subordina alla titolarità della personalità giuridica dell’ente la sospensione del termine prescrizionale per la citata azione di responsabilità dell’associazione nei confronti degli amministratori determina una diversità di trattamento palesemente irragionevole.
La ratio della sospensione non mostra alcuna relazione con la sussistenza o meno della personalità giuridica, proprio in quanto il riconoscimento giuridico non incide sui rapporti interni fra gli amministratori e l’ente.
Pertanto, la stessa difficoltà che incontra l’associazione riconosciuta nell’avere contezza della responsabilità dei suoi amministratori e nel farla valere, fintantoché essi sono in carica, si rinviene, tal quale, nel caso dell’ente privo di personalità giuridica.
Anche alle associazioni non riconosciute trova applicazione la disciplina che si limita a obbligare gli amministratori alla convocazione, una volta l’anno, dell’assemblea degli associati per l’approvazione del bilancio (art. 20, primo comma, cod. civ.). Tale unica incombenza non è sufficiente a garantire una effettiva consapevolezza di come l’incarico sia stato eseguito e della sua conformità o difformità rispetto ai canoni della diligenza e correttezza. Né è previsto per il modello associativo alcun obbligo di contemplare nello statuto organi che siano preposti al controllo dell’operato degli amministratori.
Solo una volta terminato l’incarico, l’art. 1713 cod. civ., applicabile in virtù del rinvio operato dall’art. 18 cod. civ. alla disciplina del mandato, impone all’amministratore di rendere il conto del proprio operato e di rimettere tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato, consentendo agli associati di avere cognizione delle modalità con cui è stato eseguito l’incarico.
Inoltre, soltanto da quando quest’ultimo è cessato, l’associazione, sia essa riconosciuta o no, si sottrae a quegli eventuali condizionamenti da parte degli amministratori che configurano sicuri intralci alla possibilità di dare impulso al processo decisionale che conduce l’ente a promuovere l’azione di responsabilità nei loro confronti (sentenze n. 143 del 2023 e n. 354 del 2006).
Ne consegue che la sospensione della prescrizione, ai fini di una tutela effettiva dell’ente nell’esercizio dell’azione di responsabilità verso gli amministratori, non è meno necessaria, nel caso dell’associazione non riconosciuta, di quanto lo sia nell’ipotesi dell’associazione dotata di personalità giuridica.
6.– Per analoghe motivazioni, l’irragionevole disparità di trattamento si apprezza anche nel confronto con le società in accomandita semplice e in nome collettivo, che beneficiano del meccanismo sospensivo in ragione di quanto dichiarato nelle citate sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998, e che – come le associazioni non riconosciute – sono enti privi di personalità giuridica.
Si deve anzi constatare che, nel caso delle menzionate società, i soci non amministratori godono di poteri di controllo che non sussistono nel caso degli associati.
In particolare, alle società in nome collettivo trova applicazione – in virtù dell’art. 2293 cod. civ., che riferisce a tali enti anche le norme previste per le società semplici – l’art. 2261 cod. civ., il quale dispone che «[i] soci che non partecipano alla amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all’amministrazione e di ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti. Se il compimento degli affari sociali dura oltre un anno, i soci hanno diritto di avere il rendiconto dell’amministrazione al termine di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso».
Quanto alle società in accomandita semplice, a esse si applica l’art. 2320, terzo comma, cod. civ., secondo cui i soci accomandanti «hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri, e gli altri documenti della società». Da tale previsione la giurisprudenza di legittimità ha dedotto non solo il diritto ad «avere comunicazione annuale dei bilanci», ma anche un «diritto di controllo in senso proprio, che interviene a posteriori rispetto alla comunicazione del bilancio» (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 5 settembre 2022, n. 26071).
In sostanza, dal momento che questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della mancata sospensione della prescrizione nel caso delle richiamate società di persone (ancora sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998), nonostante la presenza di strumenti di garanzia che operano a favore dei soci, a fortiori, nel caso delle associazioni non riconosciute, per le quali simili rimedi non sono contemplati, la medesima omissione determina un vulnus all’effettività del diritto di difesa dell’ente nei confronti degli amministratori, fintantoché essi sono in carica.
Sussiste, dunque, una irragionevole disparità di trattamento che determina, al contempo, una violazione del diritto di difesa.
7.– In conclusione, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2941, primo comma, numero 7), cod. civ., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.