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*Civile – Prestatore che importuna colleghe e legittimo licenziamento per giusta causa – Fattispecie

by Alessandro Macioci - dottore di ricerca in diritto civile, Avvocato, Esperto giuridico IVASS
11 Dicembre 2023
in Diritto Civile
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Cassazione civile Sezione Lavoro, ordinanza 15 novembre 2023, n. 31790

PRINCIPIO DI DIRITTO

La giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c., integra una clausola generale che l’interprete deve concretizzare tramite fattori esterni relativi alla coscienza generale e principi tacitamente richiamati dalla norma e, quindi, mediante specificazioni di natura giuridica, la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi integranti il parametro normativo costituisce un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici.

Neppure è ravvisabile, nella specie, ipotesi di motivazione omessa o apparente, che ricorre, invece, allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017; conf. Cass., n. 20921/2019); in sede di legittimità il sindacato sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (Cass. S.U. n. 8053/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019).

Le censure di cui ai motivi in esame si risolvono, dunque, in larga parte in una critica del governo delle prove, attività spettante ai giudici di merito, non essendo il giudizio di Cassazione strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021).

Costituisce valutazione riservata al giudice del merito l’apprezzamento in concreto del rispetto del principio dell’immediatezza della contestazione, principio da intendersi in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo, quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa (v. Cass. n. 281/2016, richiamata nella motivazione della sentenza impugnata nonchè Cass. n. 16841/2018, n. 29332/2022).

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. nella motivazione della sentenza gravata è stata dettagliata la sequenza procedimentale, conforme a legge, che ha portato alla contestazione disciplinare e all’adozione di sanzione espulsiva per condotte inappropriate e generatrici di turbamento e paura ai danni di colleghe, sequenza iniziata con un’articolata diffida, e successivamente sviluppatasi, alla luce di constatata assenza di adempimento alla diffida, in contestazione formale, nella quale sono stati richiamati gli addebiti oggetto di diffida, oltre quelli successivi che ne evidenziavano l’inadempimento, perdurando la situazione di indesiderato approccio nei confronti delle colleghe; nella contestazione disciplinare è stata legittimamente ricompresa anche la recidiva per precedente sanzione disciplinare per fatti di diversa natura;
  2. non è quindi condivisibile la diversa ricostruzione del ricorrente in base alla quale il potere disciplinare si sarebbe consumato con la diffida ed ai fini della contestazione varrebbero solo i fatti successivi alla diffida, perchè ciò non corrisponde ai dati fattuali e documentali raccolti e valutati, in maniera congrua e logica, nel merito; nel caso di specie, la diffida si è manifestata quale esercizio del potere direttivo, ed è stato l’inadempimento alla stessa, espresso con i comportamenti successivi, ad attivare il procedimento disciplinare per tutti i fatti lesivi della dignità e sicurezza delle colleghe, nonchè relativi all’uso improprio dei mezzi di comunicazione aziendali e al decoro e correttezza nelle relazioni tra colleghi nell’ambiente lavorativo (cfr. Cass. n. 7029/2023, che specifica che la giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c., integra una clausola generale che l’interprete deve concretizzare tramite fattori esterni relativi alla coscienza generale e principi tacitamente richiamati dalla norma e, quindi, mediante specificazioni di natura giuridica, la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi integranti il parametro normativo costituisce un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici);
  3. tanto premesso, neppure è ravvisabile, nella specie, ipotesi di motivazione omessa o apparente, che ricorre, invece, allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017; conf. Cass., n. 20921/2019); in sede di legittimità il sindacato sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (Cass. S.U. n. 8053/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019);
  4. le censure di cui ai motivi in esame si risolvono, dunque, in larga parte in una critica del governo delle prove, attività spettante ai giudici di merito, non essendo il giudizio di Cassazione strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021);
  5. il quarto motivo non è fondato, in quanto la sentenza gravata contiene (p. 9) congrua e logica motivazione circa la tempestività della contestazione, alla luce della complessità organizzativa della banca e della necessità di compiuta valutazione delle condotte del dipendente quale continuata reiterazione di quelle oggetto di diffida;
  6. costituisce valutazione riservata al giudice del merito l’apprezzamento in concreto del rispetto del principio dell’immediatezza della contestazione, principio da intendersi in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo, quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa (v. Cass. n. 281/2016, richiamata nella motivazione della sentenza impugnata nonchè Cass. n. 16841/2018, n. 29332/2022); 14. neppure è fondato il quinto motivo di ricorso;
  7. nella sentenza gravata si osserva che la banca “non ha mai inteso voler soprassedere al procedimento disciplinare; sul punto già nella lettera di diffida aveva evidenziato che avrebbe attivato, al ripetersi delle condotte censurate, un procedimento disciplinare”; pertanto, in fatto, è stata motivatamente (e congruamente) esclusa la configurabilità in termini di legittimo affidamento sul futuro non esercizio del potere disciplinare della decisione del datore di lavoro di non sanzionare la mera intenzione di non adempiere alla diffida, ma, piuttosto, di procedere a contestazione disciplinare solo allorquando l’intenzione si fosse (come poi è stato accertato) concretizzata in comportamenti ulteriori, generatori di disagio e paura, nei confronti delle colleghe, quale condotta illecita a carattere continuativo;

[…]

 

 

 

 

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