Corte Costituzionale, sentenza, 3 giugno 2025, n. 78
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 30-bis, terzo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui prevede che il provvedimento relativo ai permessi di cui all’art. 30 è soggetto a reclamo, da parte del detenuto, entro ventiquattro ore dalla sua comunicazione, anziché entro quindici giorni.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 30-bis, terzo comma, ordin. penit., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che il reclamo debba essere proposto entro ventiquattro ore dalla comunicazione del provvedimento del magistrato di sorveglianza.
L’art. 30-bis ordin. penit. disciplina il procedimento di concessione al detenuto dei cosiddetti “permessi di necessità”, previsti dal precedente art. 30 e così denominati nella prassi per distinguerli dai permessi premio di cui al successivo art. 30-ter.
Il censurato terzo comma dell’art. 30-bis prevede che il provvedimento (positivo o negativo) che statuisce sulla richiesta di permesso formulata dal detenuto sia comunicato immediatamente al pubblico ministero e all’interessato, «i quali, entro ventiquattro ore dalla comunicazione, possono proporre reclamo» contro il provvedimento medesimo.
Ad avviso del giudice a quo, tale termine è inadeguato a garantire il diritto di difesa del detenuto, con conseguente violazione dell’art. 24 Cost.
Inoltre, la previsione del termine in parola si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., in relazione alla parallela disciplina oggi vigente del reclamo contro il provvedimento in materia di permessi premio. La sentenza n. 113 del 2020 di questa Corte ha infatti dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 30-ter, comma 7, ordin. penit., nella parte in cui prevedeva – mediante rinvio al terzo comma dell’art. 30-bis, in questa sede censurato – che il provvedimento relativo ai permessi premio era soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza entro ventiquattro ore dalla sua comunicazione, anziché entro quindici giorni.
2.– Le questioni sono ammissibili.
Il giudice a quo deve infatti decidere sul reclamo di un condannato contro il provvedimento del magistrato di sorveglianza che gli aveva negato un permesso di necessità. Il reclamo era stato presentato lo stesso giorno in cui il provvedimento di diniego gli era stato comunicato, ma senza articolazione dei motivi. Dieci giorni più tardi, il difensore del condannato – dopo avere ottenuto copia dei documenti posti alla base del provvedimento – aveva nuovamente presentato reclamo, questa volta corredato dei motivi, con ciò esercitando il proprio autonomo potere di impugnazione del provvedimento (in questo senso, Corte di cassazione, prima sezione penale, sentenza 30 marzo-30 maggio 2023, n. 23559).
Sulla base, dunque, dell’attuale formulazione della disposizione censurata, il Tribunale di sorveglianza rimettente, per un verso, dovrebbe dichiarare inammissibile il reclamo del condannato in quanto privo di motivi (in questo senso, ex multis, Corte di cassazione, prima sezione penale, sentenza 17 settembre 2013-10 aprile 2014, n. 15982); e, per altro verso, dovrebbe dichiarare tardivo il reclamo del difensore, in quanto presentato oltre il termine di ventiquattro ore dalla comunicazione del provvedimento. In caso, invece, di accoglimento delle questioni prospettate – e in particolare nell’ipotesi in cui il termine fosse esteso a quindici giorni, sul modello di quanto stabilito dalla citata sentenza n. 113 del 2020 – quanto meno il secondo reclamo dovrebbe essere considerato ammissibile e dovrebbe essere esaminato nel merito.
Il che assicura la rilevanza delle questioni.
3.– Nel merito, è fondata la questione formulata in riferimento all’art. 24 Cost., restando assorbita la censura ex art. 3 Cost.
Così come osservato nella sentenza n. 113 del 2020 in relazione ai permessi premio, «[i]ngiustificatamente pregiudizievole rispetto all’effettività del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. è […] un termine così breve rispetto alla necessità, per l’interessato, di articolare compiutamente nello stesso reclamo, a pena di inammissibilità, gli specifici motivi in fatto e in diritto sui quali il tribunale di sorveglianza dovrà esercitare il proprio controllo sulla decisione del primo giudice».
Ciò non solo con riferimento – come già osservato in quella pronuncia – «alla oggettiva difficoltà, per il detenuto, di ottenere in un così breve lasso di tempo l’assistenza tecnica di un difensore, che pure è – in via generale – parte integrante del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento (sentenze n. 143 del 2013, n. 120 del 2002, n. 175 del 1996, e ulteriori precedenti ivi richiamati)»; ma anche in relazione alla pratica impossibilità, per una persona ristretta in carcere, di ottenere entro il termine di ventiquattro ore copia di tutti i documenti acquisiti ex officio dal giudice che ha pronunciato il provvedimento di cui il ricorrente si duole. Documenti che il reclamante potrebbe non conoscere affatto, dal momento che il provvedimento impugnato è assunto de plano dal giudice, al di fuori di ogni contraddittorio con le parti.
4.– Il rimedio al vulnus riscontrato, anche in questo caso, può essere assicurato dalla disciplina di cui all’art. 35-bis ordin. penit. sul reclamo giurisdizionale avverso le decisioni delle autorità penitenziarie che riguardano il detenuto, che «fornisce […] un “precis[o] punto di riferimento, già rinvenibil[e] nel sistema legislativo” (sentenza n. 236 del 2016) […] ancorché non costituente l’unica soluzione costituzionalmente obbligata (sentenze n. 242, n. 99 e n. 40 del 2019, nonché n. 233 e n. 222 del 2018)» (sentenza n. 113 del 2020; in senso analogo ora, ex multis, sentenze n. 37 del 2025, punto 6.2. del Considerato in diritto; n. 31 del 2025, punto 8.3. del Considerato in diritto; n. 46 del 2024, punto 4.1. del Considerato in diritto).
La pur indubitabile differenza di ratio dei permessi di necessità rispetto ai permessi premio, sulla quale pone l’accento l’Avvocatura generale dello Stato, non osta a che il termine per proporre reclamo, per il detenuto, sia reso omogeneo dalla presente pronuncia in relazione a entrambi i benefici, come già – del resto – accadeva nell’originario disegno del legislatore. In presenza di ragioni di particolare urgenza, sarà interesse del detenuto presentare il più presto possibile la propria impugnazione, sì da porre il giudice del reclamo in condizione di pronunciarsi a sua volta entro i dieci giorni successivi, come prescritto dal quarto comma dell’art. 30-bis.
Non muta, invece, l’attuale termine di ventiquattro ore per il reclamo da parte del pubblico ministero stabilito dal terzo comma dell’art. 30-bis ordin. penit. La questione ora decisa è, in effetti, unicamente calibrata sull’esigenza di garantire il diritto di difesa del detenuto che si sia visto respingere la propria istanza di permesso di necessità. D’altra parte, l’estensione del termine anche per il reclamo del pubblico ministero, nel caso opposto in cui l’istanza del detenuto sia accolta, determinerebbe la sospensione dell’esecuzione del provvedimento in pendenza dell’intero nuovo termine per l’impugnazione, ai sensi del settimo comma dello stesso art. 30-bis ordin. penit., quanto meno con riferimento ai permessi per eventi familiari di particolare gravità previsti dall’art. 30, secondo comma, ordin. penit. Il che comporterebbe – rispetto alla disciplina ora vigente – un effetto pregiudizievole per lo stesso detenuto, frustrando le stesse ragioni di urgenza poste alla base del permesso.
Valuterà il legislatore se riconsiderare la complessiva disciplina in esame, eventualmente ricalibrando per entrambe le parti i termini per l’impugnazione e la complessiva disciplina relativa alla sospensione dell’esecuzione del permesso in pendenza di tali termini, in modo comunque idoneo a consentire il pieno esplicarsi del diritto di difesa.