Cassazione Civile, Sezione II, Ordinanza 8 ottobre 2025, n. 27046
PRINCIPIO DI DIRITTO
È bene Questa Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che in tema di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali) ai fini dell’interpretazione del disposto dall’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989 (conv. con mod. nella l. n.144 del 1989, il cui testo risulta nella sostanza riprodotto nel citato art. 35), che stabilisce l’insorgenza del rapporto obbligatorio, quanto al corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, va escluso che l’attività di “consentire” la prestazione debba consistere in un ruolo di -Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -7- iniziativa o di determinante intervento del funzionario, essendo sufficiente che questi ometta di manifestare il proprio dissenso e presti invece la sua opera in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale (Cass. n. 19892/2024; con Cass. n. 21340/2014)
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
- Con atto di citazione notificato in data 3 novembre 2004 Adamo Discepoli, Maurizio Santini e Dante Benucci citavano in giudizio l’Ing. Giuseppe Morisco, dirigente del Comune di Grossetto per sentirlo condannare al pagamento dei compensi per l’attività professionale svolta – in ragione dell’incarico affidatogli dalla Giunta Comunale con delibera n. 651 del 4 aprile 1997 – consistente nella redazione del piano di bonifica di alcune aree inquinate site nella provincia di Grosseto.
Gli attori ottenevano dal Tribunale di Grosseto tre distinti decreti ingiuntivi per il pagamento dei compensi in base alle rispettive notule professionali avverso i quali il Comune presentava opposizione in tre cause distinte, che venivano riunite. Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -2-
Il Tribunale, con sentenza n. 507 del 28 luglio 2003, in accoglimento delle opposizioni, revocava i tre decreti ingiuntivi, evidenziando l’insussistenza di un valido contratto tra il Comune ed i professionisti idoneo a vincolare l’amministrazione comunale al pagamento della prestazione resa e respingeva la domanda formulata in via riconvenzionale dai convenuti opposti di indebito arricchimento del Comune, osservando che gli attori non avevano provato l’effettiva utilizzazione da parte dell’ente locale del piano di bonifica progettato.
Gli attori alla luce di detta pronuncia, ormai passata in giudicato, citavano in giudizio ex art. 35 D. Lgs. n. 77/1995 (riprodotto nell’art. 191 D. Lgs. n. 267/2000, T.U.E.L.) l’Ing. Giuseppe Morisco, nella qualità di dirigente del settore lavori pubblici del Comune di Grosseto, chiedendone la condanna al pagamento dei rispettivi compensi professionali per l’attività effettivamente svolta.
Il Tribunale di Grosseto, con sentenza n. 1210 del 4 dicembre 2012, ritenendo provati i fatti posti dagli attori a fondamento della domanda e dunque, in applicazione dell’art. 35 D. Lgs. n. 77/1995, condannava il convenuto al pagamento delle somme richieste.
Secondo il giudice di primo grado, pur in assenza di una convenzione formalmente sottoscritta dai professionisti e dal Comune di Grosseto in ragione della mancanza di copertura finanziaria, l’Ing. Morisco aveva comunque consentito, mediante l’attività espletata nell’esercizio delle sue funzioni, l’esecuzione di una prestazione per la pubblica amministrazione non sostenuta dai necessari presupposti, normativamente previsti a pena di Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -3- nullità e/o inesistenza. Conseguenza di ciò, secondo il Tribunale, era l’instaurazione di un rapporto obbligatorio tra i professionisti e la persona fisica dell’amministratore o del funzionario, essendo venuto meno il rapporto di immedesimazione organica tra il funzionario e la Pubblica amministrazione.
L’Ing. Giuseppe Morisco proponeva appello avverso tale sentenza. Si costituivano in giudizio Adamo Discepoli, Maurizio Santini e Stefania Benucci quale erede di Dante Benucci, eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione.
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 1136 del 19 giugno 2020, in accoglimento dell’appello, riformava integralmente la decisione. In particolare, il giudice di secondo grado, nell’evidenziare che la normativa applicabile era l’art. 35 non nella sua formulazione originaria, ma come modificato dall’art. 4 D. Lgs. n. 342/1997, affermava che la condotta del funzionario di “consentire la fornitura” di cui al primo comma del citato art. 35 doveva essere interpretata alla luce del quarto comma, ossia tenendo conto dell’obbligo del responsabile del servizio di comunicare al privato gli estremi della copertura finanziaria necessaria per pagare l’operazione commerciale contestualmente all’ordinazione della prestazione.
Conseguenza di ciò è che il privato non può invocare il legittimo affidamento nella futura conclusione di un contratto con la Pubblica Amministrazione o nella regolarità contabile dell’operazione con l’ente, fino a che non riceva un’espressa comunicazione dal funzionario pubblico dell’esistenza di detta copertura finanziaria. In assenza di deduzioni in senso contrario da parte dei professionisti, questi Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -4- avrebbero dovuto essere consapevoli del rischio di non essere retribuiti per l’incarico svolto.
Secondo la Corte, dall’analisi della delibera n. 651 del 4 aprile 1997 con cui la Giunta Comunale deliberava di approvare il conferimento dell’incarico, emergeva la necessità di atti amministrativi del Dirigente successivi per implementare il detto incarico che non erano “dovuti”, bensì condizionati al reperimento della copertura finanziaria dell’operazione commerciale. Inoltre, il giudice di secondo grado escludeva che le dichiarazioni dell’Ing. Morisco fossero idonee a provare che lo stesso avesse dato non solo precise e puntuali disposizioni ai tre professionisti per eseguire il progetto preliminare di bonifica dei siti inquinati, ma anche la comunicazione dell’esistenza della copertura finanziaria.
- Per la cassazione di tale sentenza Paola Cambi, Alessandra Santini, Virginia Santini, Francesco Santini, quali eredi di Maurizio Santini, hanno proposto ricorso sulla base di quattro motivi. Stefania Benucci ha proposto ricorso successivo con quattro motivi, da qualificare come incidentale, sostanzialmente riproduttivi dei motivi del ricorso principale. Giuseppe Morisco ha resistito ai ricorsi con distinti controricorsi.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte. Le parti hanno anche depositato memorie. 3. Il primo motivo di ricorso principale e del ricorso incidentale denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 35 D. Lgs. n. 77/1995 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver la Corte territoriale errato nell’interpretare la norma, ritenendo che nessuna responsabilità sia ascrivibile al funzionario perché gli Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -5- appellati si sarebbero potuti astenere dall’eseguire la prestazione in mancanza della contestuale comunicazione di copertura finanziaria da parte dello stesso, assumendosi consapevolmente il rischio di non essere pagati per l’opera prestata.
Al contrario, secondo i ricorrenti, la responsabilità diretta del funzionario ex art. 35, co. 4, D. Lgs. n. 77/1995 prescinderebbe totalmente dalle previsioni del comma 1 del citato art. 35, e ricorrerebbe anche quando il privato abbia deciso di eseguire la prestazione pur senza aver ricevuto dal responsabile del servizio della Pubblica Amministrazione la comunicazione comprovante la regolarità dell’ordinazione della spesa.
Ai fini dell’esercizio della facoltà di non dare corso all’esecuzione della prestazione rileverebbe soltanto il momento in cui è avvenuta l’ordinazione della prestazione e non anche quando quest’ultima è stata completata.
Diversamente da quanto sostenuto dal giudice di secondo grado, in ragione, come nel caso di specie, dell’urgenza della prestazione sarebbe possibile regolarizzare a posteriori l’ordine impartito dal funzionario senza il rispetto delle norme di contabilità pubblica da parte dell’Organo comunale, anche senza la previa sottoscrizione di una convenzione ad hoc.
In assenza di una convenzione che riguarderebbe il rapporto negoziale tra i professionisti e il Comune di Grosseto e non anche quello in capo al dirigente, sarebbe comunque riscontrabile la responsabilità di quest’ultimo, anche se l’incarico è stato affidato informalmente.
La Corte territoriale avrebbe altresì errato nell’interpretare il termine “consentito” di cui al comma 4 dell’art. 35 D. Lgs. n. 77/1995 come compimento da parte del funzionario di uno Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -6- specifico atto dirigenziale comportante una spesa per la Pubblica Amministrazione e idoneo a conferire l’incarico professionale e a vincolare l’ente.
Secondo i ricorrenti, tale locuzione andrebbe intesa con un ampio significato, nel senso di “lasciar fare in luogo di ostacolare; assecondare; cooperare”, potendosi pertanto manifestare il consenso all’esecuzione della prestazione anche nella mera tolleranza dell’effettuazione della prestazione stessa.
Infine, il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente individuato nel mancato pagamento della prestazione il rischio a cui i professionisti si sarebbero volontariamente esposti nell’eseguire e completare la progettazione in mancanza di una previa convenzione, configurandosi, piuttosto, a parere dei ricorrenti, esclusivamente quello di dover agire per ottenere la controprestazione avverso chi ha effettuato o ha concorso nell’ordinazione irregolare della spesa.
Il motivo è fondato, in quanto ad avviso del Collegio la sentenza impugnata è pervenuta ad una erronea applicazione della previsione di cui all’art. 35 del D. Lgs. n. 77/1995, anche alla luce delle modifiche apportate con il successivo D. Lgs. n. 342/1997.
Questa Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che in tema di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali) ai fini dell’interpretazione del disposto dall’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989 (conv. con mod. nella l. n.144 del 1989, il cui testo risulta nella sostanza riprodotto nel citato art. 35), che stabilisce l’insorgenza del rapporto obbligatorio, quanto al corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, va escluso che l’attività di “consentire” la prestazione debba consistere in un ruolo di Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -7- iniziativa o di determinante intervento del funzionario, essendo sufficiente che questi ometta di manifestare il proprio dissenso e presti invece la sua opera in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale (Cass. n. 19892/2024; con Cass. n. 21340/2014).
I precedenti richiamati, ai quali risulta poi essersi conformata la prevalente giurisprudenza di legittimità, hanno disatteso la precedente interpretazione delle norme che aveva invece sostenuto che, in caso di acquisizione di beni o servizi da parte di un ente territoriale senza il rispetto delle condizioni di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 77 del 1995 (poi trasfuso nell’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000), ai fini dell’insorgenza del rapporto obbligatorio direttamente tra il privato fornitore e l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, il giudice doveva verificare se l’amministratore o il funzionario, prestando il loro consenso, avessero assunto un impegno che, in presenza del relativo impegno contabile e dell’attestazione della relativa copertura finanziaria, sarebbe stato idoneo a vincolare l’ente locale (cfr. Cass., Sez. I, 26/05/2010, n. 12881).
Nell’interpretazione della norma de qua, è stato ricordato il precedente orientamento, tutt’altro che condiviso già all’epoca in cui si manifestò (cfr. in senso contrario, Cass., Sez. I, 19/02/2009, n. 4020; Cass., 9/05/2007, n. 10640), che è stato peraltro superato dalla giurisprudenza più recente, la quale ha costantemente affermato, in riferimento sia all’art. 35 del d.lgs. n. 77 del 1995 che all’art. 23 del d.l. n. 66 del 1989, che l’attività di «consentire» la prestazione non deve necessariamente consistere nell’assunzione da parte dell’amministratore o del Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -8- funzionario di un ruolo d’iniziativa o d’intervento determinante nella conclusione del contratto, essendo invece sufficiente che egli ometta di manifestare il proprio dissenso e presti la sua opera come in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente territoriale (cfr. Cass., Sez. II, 7/02/2024, n. 3530, che riguarda proprio una fattispecie nella quale risultava applicabile il testo dell’art. 35 a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 342/1997; Cass. 24/05/2022, n. 16756; Cass. 9/10/2014, n. 21340; Cass., Sez. I, 4/01/2017, n. 80). In questa direzione è stato ribadito che il disposto normativo è volto a far sì che un contratto non perfezionatosi secondo legge non pervenga alla fase esecutiva, ed in questa linea viene responsabilizzato l’amministratore o il funzionario che, chiamato ad operare, a cagione del suo ufficio, per la conclusione e l’attuazione del contratto, cooperi, lasciando che la prestazione venga eseguita, in contrasto con la volontà del legislatore, la quale esige che egli neghi il suo consenso e comunque non presti, per quanto possibile, l’opera che sarebbe suo dovere compiere se il contratto fosse stato formato a norma di legge. Si è quindi ritenuto che, al pari dell’espressione «rendere possibile», utilizzata per le prestazioni continuative o periodiche, il verbo «consentire», riferito in via generale alla fornitura di beni o servizi, non debba essere inteso nel senso di prestare un formale consenso, bensì nel senso di lasciar fare, non ostacolare, assecondare o cooperare, costituendo tali comportamenti manifestazioni di quel consenso che il legislatore ha voluto vietare e dal quale fa scaturire conseguenze dell’amministratore. a carico del funzionario o Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -9-
Ad avviso del Collegio, la sentenza impugnata non si è attenuta ai principi esposti. Infatti, dopo avere ricordato che effettivamente la delibera n. 651 del 1997, che approvava il conferimento dell’incarico ai tre professionisti che hanno agito in questa sede, predisponeva la successiva conclusione di un’apposita convenzione con il dirigente del settore LLPP del Comune, e che, come si evinceva dal parere della Ragioneria Comunale, l’adozione di tale convenzione era subordinata alla effettiva certezza o previsione del finanziamento necessario, atteso che si intendeva finanziare l’incarico ai sensi della legge n. 108/1994, non essendo previsto l’intervento della spesa nel piano investimenti 1997-99 approvato con atto consiliare n. 20 del 28/2/1997. Ha perciò sottolineato che il testo della delibera dava evidente contezza del fatto che la copertura finanziaria andava assicurata a mezzo di altri atti amministrativi e che anche l’esecuzione dell’incarico era sottoposto alla previa predisposizione e sottoscrizione di una convenzione ad hoc, non potendosi quindi assegnare alla delibera comunale alcuna immediata efficacia sul piano esecutivo. Alle pagg. 17 e ss. la Corte d’Appello ha esaminato le condotte poste in essere dal Morisco, rilevando che la convocazione presso il suo ufficio dei tre professionisti nel maggio del 1997, al fine di consegnare loro la copia della detta delibera, non poteva configurare un’attività idonea a fondare la costituzione del vincolo contrattuale direttamente con il funzionario, atteso che in tale occasione era stato ribadito che l’incarico era subordinato all’effettivo reperimento della copertura finanziaria. Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -10- È stato esaminato poi il fatto che i ricorrenti avevano effettivamente predisposto la bozza di una convenzione che era stata inviata al Morisco, che però ha ribadito che si trattò di una iniziativa autonoma delle controparti, e che mai venne avanzato un formale invito. Così come parimenti, al fine di escludere la sussistenza della responsabilità del funzionario, è stato evidenziato che le richieste delle controparti di sottoscrivere la convenzione, reiterate nell’agosto del 1998, erano state disattese dal Morisco che aveva ribadito l‘assenza della copertura finanziaria.
Resta però non condivisibile, alla luce della elaborazione della nozione di “consentire” richiesta dalla citata norma, la valutazione della risposta data dal Morisco al capitolo 23 dell’interrogatorio formale deferitogli dagli opposti. In tale occasione il funzionario ebbe a rispondere che: “io ho consegnato il materiale relativo ai cinque siti, per i quali ho detto di fare ciò che era necessario nell’ambito ed alle condizioni di cui alla delibera”.
La Corte d’Appello, pur avendo escluso che tale dichiarazione potesse fornire la prova di un’espressa richiesta di dare esecuzione all’incarico, ha però omesso di considerare la più lata accezione che è stata data in via interpretativa al verbo consentire, intesa come idonea a ricomprendere anche il lasciar fare, assecondare o non ostacolare.
La ragione di tale inidoneità della dichiarazione a far rientrare la condotta del Morisco nel novero di quelle in grado di giustificare il personale impegno del funzionario per le prestazioni rese dai privati, in assenza di adeguata copertura finanziaria, appare poi Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -11- esplicitata alla fine della pag. 19 della sentenza, laddove, nel trarre le conseguenze dalle premesse dalle quali è partito il ragionamento del giudice di appello, si afferma che poiché gli attori erano stati resi edotti dell’impossibilità per il Comune di assumere un impegno in assenza della conclusione della convenzione richiamata nella delibera, questi avrebbero dovuto offrire la prova di una condotta del Morisco, consistente in atti o anche solo in comportamenti, tale da ingenerare il convincimento del perfezionamento dell’incarico conferito, e che cioè la convenzione sarebbe stata certamente stipulata e che sarebbe stata sicuramente reperita la copertura finanziaria.
Appare evidente al Collegio che trattasi di esito che risulta fondamentalmente indotto dalla personale lettura che la Corte d’appello ha dato delle modifiche introdotte nel 1997 al testo dell’art. 35 citato. Infatti, il primo comma della norma de qua, nella sua versione originaria recitava che:
- Gli enti locali di cui all’art. 1, comma 2, possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione da comunicare ai terzi interessati e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’art. 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142.
A seguito delle modifiche apportate dall’art. 4 co. 1 de D. Lgs. n. 342/1997, la norma è stata così modificata: 1. Gli enti locali di cui all’art. 1, comma 2, possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione [da comunicare ai terzi interessati] e l’attestazione della copertura Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -12- finanziaria di cui all’art. 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142. Il responsabile del servizio, conseguita l’esecutività del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato l’impegno e la copertura finanziaria, contestualmente all’ordinazione della prestazione, con l’avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione.
Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati. Analogamente, mentre il quarto comma nel testo originario disponeva che:
- Nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge, tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.
La successiva modifica del 1997 ha portato al seguente testo:
- Nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’art. 37, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura.
Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni. Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -13-
Secondo la sentenza impugnata, attesa anche la secondarietà delle modifiche che hanno toccato il quarto comma, andava invece valorizzato il quid novi del primo comma che si ripercuoteva anche sulla nozione di “consentire” posta dal quarto comma. In sostanza è stato rilevato che, atteso il maggior dettaglio delle informazioni che dovevano esser offerte circa l’impegno e la copertura finanziaria, la circostanza che il primo comma preveda che in mancanza di tale comunicazione il terzo interessato ha la facoltà di non eseguire la prestazione, sino a quando i dati non gli vengano comunicati, imponeva di dover accedere alla conclusione per cui, una volta avvenuta tale comunicazione, il privato non potrebbe più avanzare alcuna richiesta al funzionario, non essendo obbligato ad adempiere anche nel caso in cui ricevesse un ordine.
La lettura della novella non appare però convincente, e non è in realtà avvalorata dal dato normativo.
La modifica al primo comma ha inteso solo fornire un maggior dettaglio quanto ai doveri informativi gravanti sul funzionario nei confronti del terzo interessato, e si è limitata a ribadire il dato già ricavabile ab implicito sulla base del vecchio testo, perché derivante automaticamente dalla piana applicazione delle regole di contabilità degli enti locali, per cui in assenza di copertura (e della comunicazione dei relativi dati), il privato non può essere obbligato ad eseguire la prestazione.
Tuttavia, la norma modificata, anche nel momento in cui richiama la facoltà di non eseguire la prestazione, fa salva la previsione di cui al comma 4, che continua a confermare la insorgenza del Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -14- rapporto obbligatorio tra funzionario e terzo privato nel caso in cui il primo abbia consentito l’esecuzione della prestazione. La lettura che della norma è stata data dalla Corte d’Appello viene ad imporre al privato, non già una facoltà, bensì un obbligo di astenersi dall’esecuzione della prestazione fin quando non gli siano comunicati i dati relativi alla copertura finanziaria, ma se questa fosse la corretta interpretazione, non avrebbe senso il richiamo alla perdurante applicazione del quarto comma, che appunto guarda al solo fatto che il funzionario abbia consentito al terzo l’esecuzione della prestazione.
La mancata esecuzione della prestazione, in assenza della comunicazione dei dati della copertura finanziaria è configurata come una facoltà, così che ove la parte non intenda avvalersene, non è escluso che possa invocare, in presenza di una condotta del pubblico funzionario rientrante nella accezione lata di “consentire” sopra contrattuale diretto. delineata, l’insorgenza del rapporto
Il giudizio della sentenza impugnata è stato pertanto influenzato, ed in maniera erronea, dalla pretesa natura innovativa della novella del 1997 rispetto ai principi elaborati in merito alle varie previsioni normative che hanno nel corso del tempo inteso porre la regola del rapporto contrattuale diretto tra privato e funzionario, così che, partendo dal presupposto che solo la comunicazione del dato contabile rendeva legittimo l’affidamento del privato, è stata svalutata anche la dichiarazione resa dal Morisco in sede di interrogatorio formale, con la quale aveva confermato di aver detto ai ricorrenti di fare tutto ciò che era necessario. Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -15- La sostanziale continuità contenutistica tra il testo dell’art. 35 citato nella versione anteriore e successiva alla novella del 1997 rende inoltre irrilevante accertare se, al fine di individuare la data di insorgenza del rapporto debba aversi riguardo alla data di trasmissione al Morisco del piano di bonifica da parte dei professionisti (20 marzo 1998), ovvero alla diversa data in cui fu consegnato il materiale relativo ai cinque siti da bonificare (5 giugno 1997).
Il primo motivo del ricorso principale ed incidentale va pertanto accolto, con la Cassazione della sentenza impugnata, dovendosi rinviare la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, per nuovo esame, alla luce dei principi sopra esposti. 4. Il secondo motivo di ricorso principale ed incidentale denunciano la nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per aver la Corte territoriale inizialmente affermato l’assenza di un ordine o sollecito ai professionisti da parte del Dirigente per l’esecuzione del piano di bonifica e, successivamente, sostenuto che il Dirigente aveva fatto un formale invito di dar corso alla prestazione professionale de qua. La decisione sarebbe non solo affetta da un contrasto irriducibile tra le affermazioni che appaiono fra loro inconciliabili, ma anche dal vizio di motivazione apparente, in quanto non sarebbe possibile ricostruire il percorso argomentativo che avrebbe indotto il giudice di secondo grado a negare che in giudizio i ricorrenti avessero fornito la prova dell’ordinazione dell’esecuzione della prestazione da parte dell’Ing. Morisco. Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -16- Il terzo motivo di ricorso principale ed incidentale denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 115, 116 e 167 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per aver la Corte territoriale omesso di considerare la prova dell’incarico fornita dai ricorrenti e derivante dall’assenza di contestazioni da parte dell’Ing. Morisco sulle circostanze dedotte dagli odierni ricorrenti sin dall’atto di citazione di primo grado a sostegno dell’azione ex art. 35, co. 4, D. Lgs. n. 77/1995.
In particolare, secondo i ricorrenti, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto ritenere sussistenti i fatti da questi allegati in quanto incontroversi e, conseguentemente, per il semplice fatto che si era già formata nel primo grado la loro “non contestazione” ex art. 167 c.p.c., avrebbe dovuto ritenere preclusa ogni censura dell’appellante idonea a scalfirli e a rimetterli in discussione, non avendo preso posizione in modo chiaro ed analitico sui suddetti fatti.
In merito poi alle dichiarazioni dell’Ing. Morisco in sede di interrogatorio formale la Corte avrebbe dovuto procedere ad un prudente apprezzamento, valutandole in rapporto a tutte le altre acquisizioni probatorie, comprese quelle ormai “incontroverse” a seguito di non contestazione da parte del dirigente all’atto della sua costituzione in giudizio.
In conseguenza di ciò il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere le suddette dichiarazioni prive di alcuna valenza probatoria.
Il quarto motivo di ricorso principale ed incidentale denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345 e 190 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per aver la Corte territoriale erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità del gravame per violazione del divieto di nova, avendo l’odierno Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2020 n. 25752 sez. S2 – ud. 24-06-2025 -17- controricorrente proposto censure che si basano su allegazioni giuridiche e fattuali mai tempestivamente e ritualmente sollevate in giudizio.
I motivi restano assorbiti per effetto dell’accoglimento del primo motivo. 5. Il giudice del rinvio, come sopra designato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.