Corte di Giustizia UE, Sez. IV, sentenza 03 luglio 2025 (causa C-582/23)
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va interpretato l’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nel senso di imporre agli Stati membri di provvedere affinché le clausole contrattuali abusive non vincolino il consumatore, senza che quest’ultimo abbia bisogno di proporre un ricorso e ottenere una sentenza che confermi il carattere abusivo di tali clausole, conseguendone che i giudici nazionali sono tenuti, d’ufficio, a escludere l’applicazione di dette clausole affinché non producano effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui quest’ultimo vi si opponga.
Tale esame può essere effettuato indipendentemente dal fatto che l’elenco dei crediti sia stato approvato e sia vincolante.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una procedura fallimentare riguardante R.S., un consumatore in stato di fallimento personale, in merito alla definizione di un piano di rimborso dei creditori di quest’ultimo, tra cui una banca, ossia la G. S.A. (in prosieguo: la «banca G.»).
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Ai sensi del ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13:
«considerando che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».
4 L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:
«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».
5 L’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva così recita:
«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».
Diritto polacco
Legge fallimentare
6 La procedura fallimentare è disciplinata dall’ustawa – Prawo upadłościowe (legge fallimentare), del 28 febbraio 2003 (Dz. U. n. 60, posizione 535), nella versione applicabile al procedimento principale (Dz. U. del 2019, posizione 498, come modificata) (in prosieguo: la «legge fallimentare»).
7 Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della legge fallimentare, la procedura disciplinata da quest’ultima nei confronti delle persone fisiche che non esercitano un’attività economica è condotta in modo da consentire l’esdebitazione del fallito per i debiti cui non è stata data esecuzione nella procedura fallimentare e, per quanto possibile, da soddisfare nella massima misura i crediti dei suoi creditori.
8 L’articolo 61 di tale legge dispone che, a decorrere dalla data della dichiarazione di fallimento, il patrimonio del fallito diventa la massa fallimentare che serve a soddisfare i suoi creditori.
9 Conformemente all’articolo 62 di detta legge, la massa fallimentare comprende il patrimonio appartenente al fallito alla data della dichiarazione di fallimento e quello che egli ha acquisito durante la procedura fallimentare, fatte salve le eccezioni previste agli articoli da 63 a 67a della medesima legge.
10 Dall’articolo 63, paragrafo 1, punto 2, della legge fallimentare risulta che non rientra nella massa fallimentare la parte della remunerazione del fallito non soggetta a pignoramento.
11 In forza dell’articolo 151, paragrafo 1, di tale legge, a decorrere dalla dichiarazione di fallimento, gli atti della procedura fallimentare sono compiuti dal giudice commissario, ad eccezione degli atti per i quali è competente il tribunale fallimentare.
12 Ai sensi dell’articolo 152, paragrafo 1, di detta legge, spetta al giudice commissario dirigere la procedura fallimentare, controllare gli atti del curatore, designare gli atti del curatore che richiedono il consenso del giudice commissario o quello del comitato dei creditori e rilevare le violazioni commesse dal curatore. Inoltre, conformemente al paragrafo 2 di tale articolo 152, il giudice commissario compie gli altri atti definiti nella stessa legge.
13 L’articolo 154 della legge fallimentare dispone che il giudice commissario ha i diritti e i doveri del tribunale fallimentare e del presidente di tale tribunale nell’ambito delle sue azioni.
14 L’articolo 236 di tale legge così recita:
«1. Il creditore che vanti un credito sul patrimonio personale del fallito, che intenda partecipare alla procedura fallimentare, è tenuto, quando è necessario che il suo credito sia accertato, a dichiararlo al giudice commissario entro il termine fissato nell’ordinanza di dichiarazione di fallimento.
- Un creditore ha altresì il diritto di insinuare un credito quando questo è garantito da un’ipoteca, un pegno, con o senza spossessamento, un privilegio dell’Erario, un’ipoteca marittima o qualsiasi altra iscrizione nel registro fondiario o nel registro di immatricolazione delle navi. Se un creditore omette di insinuare tali crediti, questi sono iscritti d’ufficio nell’elenco dei crediti.
- Il paragrafo 2 si applica mutatis mutandis ai crediti garantiti da un’ipoteca, un pegno, con o senza spossessamento, un privilegio dell’Erario, un’ipoteca marittima su beni facenti parte della massa fallimentare, se il fallito non è un debitore a titolo del suo patrimonio personale e se il creditore intende reclamare i suoi crediti sul bene gravato nell’ambito della procedura fallimentare.
- Le disposizioni del presente articolo relative ai crediti si applicano agli altri debiti da soddisfare utilizzando la massa fallimentare».
15 L’articolo 243 di detta legge precisa, al suo paragrafo 1, che il curatore fallimentare verifica se il credito insinuato è suffragato dai conti o da altri documenti del fallito o, ancora, dalle iscrizioni nel registro fondiario o negli altri registri e invita il fallito a presentare, entro un determinato termine, una dichiarazione indicante se riconosce il credito.
16 L’articolo 244 della medesima legge dispone che, dopo la scadenza del termine per l’insinuazione dei crediti e la verifica dei crediti dichiarati, il curatore fallimentare redige immediatamente l’elenco dei crediti, al più tardi entro due mesi dalla scadenza del termine per l’insinuazione dei crediti.
17 Ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, della legge fallimentare, in assenza di opposizione, il giudice commissario approva l’elenco dei crediti dopo la scadenza del termine per l’opposizione.
18 Dall’articolo 261 di tale legge risulta che il giudice commissario può modificare d’ufficio l’elenco dei crediti qualora constati che vi sono stati iscritti crediti in tutto o in parte inesistenti, o che mancano crediti che dovrebbero figurarvi, che l’ordinanza di modifica dell’elenco è oggetto di pubblicazione d’ufficio e che tale ordinanza è impugnabile.
19 L’articolo 49114 di detta legge prevede quanto segue:
«1. Dopo l’esecuzione del piano di riparto finale e qualora, a causa dell’incapienza del patrimonio del fallito, non sia stato elaborato un piano di riparto, il tribunale fallimentare, dopo aver approvato l’elenco dei crediti e aver sentito il fallito, il curatore e i creditori, redige un piano di rimborso dei creditori oppure, nei casi menzionati all’articolo 49116, dichiara l’esdebitazione del fallito senza redigere un piano di rimborso dei creditori.
- L’ordinanza relativa alla redazione di un piano di rimborso dei creditori o all’esdebitazione del fallito senza redazione di un piano di rimborso dei creditori è notificata ai creditori. Tale ordinanza può essere impugnata.
- Il passaggio in giudicato dell’ordinanza relativa alla redazione di un piano di rimborso dei creditori o all’esdebitazione del fallito senza redazione di un piano di rimborso dei creditori pone fine alla procedura».
20 L’articolo 49115, paragrafi 1 e 4, della medesima legge così dispone:
«1. Nell’ordinanza relativa alla redazione del piano di rimborso dei creditori, il tribunale fallimentare precisa in quale misura ed entro quale termine, non superiore a 36 mesi, il fallito sia tenuto a rimborsare i debiti ammessi nell’elenco dei crediti, cui non sia stata data esecuzione nel corso della procedura sulla base dei piani di riparto, e quale parte dei debiti del fallito scaduti prima della data della dichiarazione di fallimento sarà oggetto di esdebitazione dopo l’esecuzione del piano di rimborso dei creditori.
(…)
- Il tribunale fallimentare non è vincolato dalla posizione del fallito sui termini del piano di rimborso dei creditori. Per determinare il piano di rimborso dei creditori, tale tribunale tiene conto della capacità di reddito del fallito, della necessità per il fallito e le persone a suo carico di provvedere ai propri bisogni, comprese le esigenze in materia di alloggio, dell’importo dei crediti non soddisfatti e dell’effettiva possibilità di soddisfarli successivamente».
Legge recante il codice del lavoro
21 L’articolo 87 dell’ustawa – Kodeks pracy (legge recante il codice del lavoro), del 26 giugno 1974 (Dz. U. n. 24, posizione 141), nella versione applicabile al procedimento principale (Dz. U. del 2022, posizione 1510, come modificata) prevede, in particolare, che, in caso di esecuzione di altri crediti o di compensazione di somme anticipate dal datore di lavoro per coprire spese professionali, possono essere effettuate trattenute fino a concorrenza dell’importo corrispondente alla metà della retribuzione.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
22 Il 30 marzo 2007, R.S., sua moglie e altre due persone fisiche hanno concluso con la banca G. un contratto di mutuo ipotecario indicizzato al franco svizzero (CHF), per un importo di 489 821,63 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 116 587,34) e una durata di 360 mesi.
23 Con ordinanza del 15 ottobre 2019, R.S. è stato dichiarato personalmente fallito e, successivamente, è stato nominato un curatore fallimentare.
24 Con ordinanza del 26 aprile 2021, il giudice commissario ha approvato un elenco di crediti redatto da tale curatore fallimentare. La maggior parte dei crediti contenuti in tale elenco erano crediti della banca G., in forza del contratto di mutuo ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale. Non è stata sollevata alcuna obiezione e R.S. ha riconosciuto tutti i crediti in parola.
25 Il 20 luglio 2023 è stato dichiarato il fallimento della banca G. e la procedura di fallimento è proseguita con il curatore fallimentare di quest’ultima.
26 Dalla decisione di rinvio risulta che, nell’ambito di una procedura fallimentare, spetta al tribunale fallimentare stabilire, sulla base dell’elenco dei crediti già redatto dal curatore fallimentare e approvato dal giudice commissario, un piano di rimborso dei crediti del fallito oppure constatare che gli attivi già accumulati nella massa fallimentare sono sufficienti a onorare tutti i suoi debiti e che non è necessario un piano di rimborso. La decisione di tale tribunale a questo proposito pone fine alla procedura fallimentare.
27 Nel caso di specie, detto tribunale è il Sąd Rejonowy dla Łodzi-Śródmieścia w Łodzi (Tribunale circondariale di Łódź-Centro, Łódź, Polonia), giudice del rinvio.
Esso ritiene che il contratto di mutuo ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale contenga clausole abusive che potrebbero determinare la nullità dello stesso ed evidenzia che tale aspetto non è stato esaminato in precedenza.
Secondo tale giudice, i crediti della banca G. sono inferiori a quelli dichiarati o, addirittura, non esistono affatto.
28 A tal riguardo, detto giudice osserva, in primo luogo, che, sebbene R.S. abbia già riconosciuto tutti i crediti, dal fascicolo della procedura fallimentare non risulta che tale parte sia stata informata del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto di mutuo ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale, né che essa abbia dichiarato, con piena cognizione di causa, di non chiedere la protezione conferitale dalla direttiva 93/13.
Tuttavia, il rappresentante professionale di R.S., che lo rappresenta dal 3 novembre 2022, ha dedotto dinanzi allo stesso giudice che tale contratto di mutuo ipotecario conteneva clausole abusive. Inoltre, R.S. non ha avuto la possibilità di proporre lui stesso un ricorso per chiedere la protezione dei suoi diritti ai sensi di tale direttiva, poiché i suoi beni erano e sono amministrati dal curatore fallimentare.
29 Ebbene, secondo il giudice del rinvio, le disposizioni del diritto nazionale applicabili non consentono al tribunale fallimentare, allorché redige un piano di rimborso, di verificare autonomamente il carattere abusivo delle clausole contrattuali.
Tale tribunale può solo sospendere il procedimento e rimettere la questione al giudice commissario ai fini di un’eventuale modifica d’ufficio dell’elenco dei crediti, il che determinerebbe un ritardo nella trattazione del procedimento.
30 In secondo luogo, tale giudice rileva che, nell’ambito di una procedura fallimentare, è difficile stabilire quale sia l’organo deputato a esaminare, se del caso, il carattere eventualmente abusivo delle clausole contrattuali di cui trattasi.
Infatti, il giudice commissario esamina le dichiarazioni di credito solo sotto il profilo formale e le trasmette al curatore fallimentare, il quale le esamina nel merito e redige l’elenco dei crediti.
Il giudice commissario non avrebbe, pertanto, la possibilità giuridica di modificare tale elenco prima della sua approvazione, salvo in caso di opposizione di una persona a ciò abilitata.
31 Dato che, nel caso di specie, non vi è stata alcuna opposizione e che R.S. non ha dedotto, dinanzi al giudice commissario, il carattere abusivo delle clausole del contratto di mutuo ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale, tale giudice commissario non era tenuto, in forza del diritto nazionale, a verificare la fondatezza del credito della banca G. iscritto nell’elenco dei crediti.
L’eventuale carattere abusivo delle clausole di tale contratto di mutuo ipotecario è stato eccepito dal rappresentante di R.S. solo dinanzi al giudice del rinvio.
32 In terzo luogo, tale giudice precisa che, secondo quanto affermato da R.S., dopo la trattenuta delle somme da versare nella massa fallimentare, gli resta un importo che è insufficiente per provvedere ai bisogni propri e della sua famiglia.
Tuttavia, le disposizioni applicabili alla procedura fallimentare di cui trattasi nel procedimento principale non consentirebbero né al tribunale fallimentare né al giudice commissario di influire in alcun modo sull’importo di tale trattenuta.
33 In quarto e ultimo luogo, detto giudice ricorda che i fondi raccolti nel corso della procedura fallimentare servono a soddisfare tutti i creditori, e non solo la banca G.
Ciò detto, tenuto conto dell’importo dei fondi versati nella massa fallimentare e di quello degli altri debiti, potrebbe risultare che tali fondi siano sufficienti a soddisfare i crediti, ad eccezione del credito della banca G.
Conformemente all’articolo 87 della legge recante il codice del lavoro, nella versione applicabile al procedimento principale, la metà della retribuzione del fallito continua a essere versata nella massa ed è solo alla fine della procedura fallimentare che l’eventuale eccedenza gli sarebbe riversata.
34 In tali circostanze, il giudice del rinvio ritiene che il fallito potrebbe essere dissuaso dal chiedere la protezione derivante dalla direttiva 93/13, poiché, qualora non la chiedesse, il tribunale fallimentare potrebbe redigere più rapidamente nei suoi confronti un piano di rimborso, tenendo conto dei suoi bisogni e di quelli dei suoi familiari più stretti, il che si assocerebbe verosimilmente a un rimborso di importi inferiori alle somme trattenute sulle retribuzioni.
Ciò comporterebbe, tuttavia, l’accettazione del fatto che l’elenco dei crediti comprenda quello della banca G.
35 In tale contesto, il Sąd Rejonowy dla Łodzi-Śródmieścia w Łodzi (Tribunale circondariale di Łódź-Centro, Łódź) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale la quale prevede che il giudice fallimentare sia vincolato dall’elenco dei crediti approvato dal giudice commissario nella procedura di insolvenza, impedendo così a tale giudice fallimentare, che pronuncia la decisione finale nella procedura, di effettuare una valutazione delle clausole contrattuali sotto il profilo del loro eventuale carattere abusivo.
2) Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che non consente di concedere provvedimenti provvisori nell’ambito di una procedura di insolvenza, e che, pertanto, può avere l’effetto di dissuadere i consumatori dall’avvalersi della tutela loro conferita dalla direttiva [93/13]».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
36 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale preveda che, nell’ambito di una procedura fallimentare relativa a persone fisiche, dopo che l’elenco dei crediti sia stato approvato da un organo giurisdizionale e che la procedura sia stata avviata dinanzi al tribunale fallimentare, quest’ultimo sia vincolato da tale elenco, sicché non può valutare il carattere abusivo delle clausole contenute in un contratto di mutuo sul quale si fonda un credito iscritto in detto elenco, né modificare tale elenco, ma deve sospendere la procedura e rimettere al suddetto organo giurisdizionale la questione del carattere eventualmente abusivo di tali clausole.
37 A tal riguardo, occorre ricordare, in primo luogo, che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 è una disposizione imperativa e deve essere considerata una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punti 54 e 55 nonché giurisprudenza citata).
38 Pertanto, il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco, C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 37 e giurisprudenza citata).
39 Inoltre, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico costituito dalla tutela dei consumatori, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della medesima, di fornire mezzi adeguati ed efficaci «per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori» [sentenza del 9 aprile 2024, Profi Credit Polska (Riapertura di un procedimento terminato con una decisione definitiva), C‑582/21, EU:C:2024:282, punto 73 e giurisprudenza citata].
40 Poiché la questione sollevata nel caso di specie riguarda la procedura fallimentare relativa a una persona fisica che non esercita un’attività economica, occorre ricordare, in secondo luogo, che il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale.
Cosicché esse rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) [sentenze del 4 maggio 2023, BRD Groupe Societé Générale e Next Capital Solutions, C‑200/21, EU:C:2023:380, punto 28, e del 9 aprile 2024, Profi Credit Polska (Riapertura di un procedimento terminato con una decisione definitiva), C‑582/21, EU:C:2024:282, punto 74 e giurisprudenza citata].
41 Per quanto riguarda il principio di equivalenza, la Corte non dispone di nessun elemento che possa suscitare dubbi quanto alla conformità a tale principio della normativa di cui trattasi nel procedimento principale.
42 Per quanto riguarda il principio di effettività, la questione se una normativa nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminata tenendo conto dell’insieme del procedimento, del suo svolgimento e delle sue peculiarità, nonché, se del caso, dei principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento.
Tuttavia, le caratteristiche specifiche dei procedimenti non possono costituire un elemento atto a pregiudicare la tutela giuridica di cui devono godere i consumatori in forza delle disposizioni della direttiva 93/13 (sentenza del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România, C‑725/19, EU:C:2022:396, punto 45 e giurisprudenza citata).
43 Ciò posto, la Corte ha altresì dichiarato che il rispetto del principio di effettività non può giungere al punto di supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato (sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 47 e del 24 giugno 2025, GR REAL, C‑351/23, EU:C:2025:474, punto 58 e giurisprudenza citata).
44 Inoltre, l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione implica, segnatamente per i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un requisito di tutela giurisdizionale effettiva, riaffermato dall’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva e sancito parimenti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [sentenza del 9 aprile 2024, Profi Credit Polska (Riapertura di un procedimento terminato con una decisione definitiva), C‑582/21, EU:C:2024:282, punto 76 e giurisprudenza citata].
45 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che l’elenco dei crediti approvato dal giudice commissario è vincolante per il tribunale fallimentare, sicché quest’ultimo non può effettuare autonomamente accertamenti in fatto per quanto riguarda l’esistenza dei crediti per stabilire il piano di rimborso dei creditori.
Secondo il giudice del rinvio, l’unico mezzo di cui esso dispone per far controllare il carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute in un contratto su cui si fonda un credito iscritto nell’elenco dei crediti redatto dal curatore fallimentare e approvato dal giudice commissario, è quello di adire tale giudice commissario affinché esamini sia tali clausole contrattuali sia la necessità di modificare d’ufficio tale elenco.
46 Se ne evince altresì che l’obbligo, per il tribunale fallimentare, di adire il giudice commissario ritarda la chiusura della procedura fallimentare e prolunga, in ragione del fatto che la massa fallimentare viene continuamente alimentata, durante tutta la procedura, da trattenute sulla retribuzione del fallito, la precaria situazione finanziaria di quest’ultimo.
Il prolungamento della procedura può quindi scoraggiare il fallito dal far valere il suo diritto di chiedere la protezione derivante dalla direttiva 93/13.
47 Come spiegato dal giudice del rinvio nella sua risposta a una domanda di chiarimenti rivolta dalla Corte a quest’ultimo in applicazione dell’articolo 101 del regolamento di procedura della Corte, un fallito è generalmente dipendente dalla chiusura più rapida possibile della procedura fallimentare.
Infatti, al momento della redazione del piano di rimborso, che pone fine a tale procedura, il tribunale fallimentare può tener conto della situazione personale del fallito, delle sue spese, della necessità di provvedere ai bisogni delle persone a lui più prossime e, il più delle volte, l’importo mensile che il fallito deve destinare al rimborso dei suoi debiti al termine della procedura viene fissato in misura inferiore a quello della trattenuta sulla retribuzione effettuata nel corso della procedura in parola.
Pertanto, lo stesso fallito può vedersi costretto, al fine di evitare il prolungamento della procedura fallimentare, a non chiedere la protezione derivante dalla direttiva 93/13 e ad accettare un piano di rimborso comprensivo di un credito che trae origine da un contratto contenente clausole eventualmente abusive.
48 Del resto, occorre aggiungere che, secondo le informazioni contenute nel fascicolo di cui dispone la Corte, sembra che il rischio che il fallito si astenga dal dedurre il carattere abusivo di una clausola contrattuale nel corso della procedura fallimentare sussista non solo nella fase di tale procedura che si svolge dinanzi al tribunale fallimentare, ma anche in tutte le altre fasi di detta procedura.
Infatti, la deduzione del carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto su cui si fonda un credito ha come conseguenza, in ogni caso, il ritardo nella chiusura della procedura medesima.
49 Ebbene, si deve sottolineare che la tutela che la direttiva 93/13 conferisce ai consumatori si estende ai casi in cui il consumatore che abbia stipulato con un professionista un contratto contenente una clausola abusiva si astenga dall’invocare, da un lato, il fatto che tale contratto rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva e, dall’altro, la natura abusiva della clausola in questione, perché ignora i suoi diritti o perché viene dissuaso dal farli valere a causa delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe oppure dell’onere finanziario di cui dovrebbe farsi carico (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, Kancelaria Medius, C‑495/19, EU:C:2020:431, punto 31 e giurisprudenza citata).
50 Pertanto, tenuto conto degli elementi menzionati ai punti da 45 à 47 della presente sentenza, occorre considerare che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che potrebbe scoraggiare il fallito dal far valere il suo diritto di chiedere la protezione derivante dalla direttiva 93/13, è tale da rendere eccessivamente difficile l’applicazione di tale direttiva nell’ambito della procedura medesima.
51 Ad ogni buon conto, occorre inoltre precisare che il diritto ad una tutela effettiva del consumatore comprende anche la sua facoltà di rinunciare a far valere i propri diritti, di modo che il giudice nazionale deve prendere in considerazione, se del caso, la volontà espressa dal consumatore quando quest’ultimo, consapevole del carattere non vincolante di una clausola abusiva, afferma tuttavia di opporsi alla sua disapplicazione, dando quindi un consenso libero e informato alla clausola in questione (sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punti da 25 a 28 e giurisprudenza citata).
52 Ebbene, nulla nel fascicolo di cui dispone la Corte consente di ritenere che, nel caso di specie, il fallito abbia rinunciato, in modo libero e informato, ad avvalersi della protezione di cui beneficia ai sensi della direttiva 93/13.
Come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 88 delle sue conclusioni, la circostanza che il fallito, senza essere rappresentato da un avvocato in tale fase della procedura, abbia riconosciuto le dichiarazioni di credito dinanzi al curatore fallimentare e non abbia proposto opposizione dinanzi al giudice commissario, non può essere considerata indicare una rinuncia libera e informata a tale protezione.
53 Peraltro, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, l’atteggiamento del fallito non può essere qualificato come completamente passivo, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 43 della presente sentenza.
Infatti, come esposto al punto 28 della presente sentenza, quest’ultimo ha dedotto dinanzi al tribunale fallimentare, giudice del rinvio nel caso di specie, che il contratto di mutuo ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale conteneva clausole abusive.
54 Tenuto conto degli argomenti dedotti da M.K. all’udienza di discussione, secondo i quali l’elenco dei crediti approvato dal giudice commissario avrebbe acquisito autorità di cosa giudicata, occorre altresì sottolineare che tale circostanza non osta necessariamente a un controllo d’ufficio, da parte del tribunale fallimentare, del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute in un contratto su cui si fonda un credito iscritto in tale elenco.
55 Come affermato dalla Corte, l’obbligo di un simile controllo d’ufficio è giustificato dalla natura e dall’importanza dell’interesse pubblico sotteso alla protezione che la direttiva 93/13 conferisce ai consumatori, sicché un controllo efficace dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali, come richiesto da tale direttiva, non potrebbe essere garantito se si conferisse l’autorità di cosa giudicata alle decisioni giurisdizionali che non danno atto di un siffatto controllo (sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco, C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 50).
56 Pertanto, nei limiti in cui, nel caso di specie, il controllo del carattere abusivo di clausole contenute in un contratto su cui si fonda un credito iscritto nell’elenco dei crediti approvato dal giudice commissario non ha avuto luogo, circostanza che spetterà, in definitiva, al giudice del rinvio verificare, la direttiva 93/13 impone al tribunale fallimentare di valutare il carattere eventualmente abusivo di tali clausole e di trarne le necessarie conseguenze.
57 La situazione potrebbe essere diversa solo se il giudice commissario avesse esplicitamente indicato di aver proceduto a un esame del carattere abusivo delle clausole contrattuali di cui trattasi nel procedimento principale e che tale esame, motivato perlomeno sommariamente, non aveva rivelato la sussistenza di nessuna clausola abusiva, precisando peraltro, se del caso, che la valutazione effettuata da tale giudice commissario all’esito di detto esame non poteva più essere rimessa in discussione, in assenza di un ricorso proposto entro il termine previsto a tal fine (v., per analogia, sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco, C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 51).
58 Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale preveda che, nell’ambito di una procedura fallimentare relativa a persone fisiche, dopo che l’elenco dei crediti sia stato approvato da un organo giurisdizionale, senza che lo stesso abbia esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, e dopo che la procedura sia stata avviata dinanzi al tribunale fallimentare, quest’ultimo sia vincolato da tale elenco.
Sicché non può valutare il carattere abusivo delle clausole contenute in un contratto di mutuo sul quale si fonda un credito iscritto in detto elenco, né modificare tale elenco, ma deve sospendere la procedura e rimettere al suddetto organo giurisdizionale la questione del carattere eventualmente abusivo di tali clausole.
Sulla seconda questione
59 Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura fallimentare relativa a persone fisiche, non preveda la possibilità, per il tribunale fallimentare, di disporre provvedimenti provvisori diretti a regolare la situazione del fallito in attesa dell’esito dell’esame del carattere abusivo delle clausole contenute in un contratto di mutuo su cui si fonda un credito iscritto nell’elenco dei crediti approvato da un altro organo giurisdizionale, senza che quest’ultimo abbia esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi.
60 In via preliminare, occorre ricordare, da un lato, che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 impone agli Stati membri di provvedere affinché le clausole contrattuali abusive non vincolino il consumatore, senza che quest’ultimo abbia bisogno di proporre un ricorso e ottenere una sentenza che confermi il carattere abusivo di tali clausole.
Ne consegue che i giudici nazionali sono tenuti a escludere l’applicazione di dette clausole affinché non producano effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui quest’ultimo vi si opponga [sentenza del 15 giugno 2023, Getin Noble Bank (Sospensione dell’esecuzione di un contratto di credito), C‑287/22, EU:C:2023:491, punto 37 e giurisprudenza citata].
61 Inoltre, come indicato al punto 39 della presente sentenza, spetta, in definitiva, agli Stati membri provvedere, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, affinché, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, esistano mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori da un professionista.
62 Dall’altro lato, come risulta dal punto 40 della presente sentenza, le modalità di attuazione della protezione dei consumatori prevista dalla direttiva 93/13 rientrano nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.
63 Per quanto riguarda il principio di equivalenza, la Corte non dispone di nessun elemento che possa suscitare dubbi quanto alla conformità a tale principio della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, nella parte in cui essa non prevede la possibilità, per il tribunale fallimentare, di disporre provvedimenti provvisori al fine di tutelare il fallito nell’ambito della procedura fallimentare.
64 Per quanto concerne il principio di effettività, come osservato, in sostanza, al punto 42 della presente sentenza, la questione se una normativa nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminata tenendo conto dell’insieme del procedimento, del suo svolgimento e delle sue peculiarità.
65 Ciò ricordato, per quanto riguarda, più specificamente, la questione di stabilire in quali circostanze possa risultare necessario che il giudice nazionale disponga provvedimenti provvisori per garantire l’effettività dell’applicazione della direttiva 93/13, si deve sottolineare che la necessità di simili misure deve essere valutata alla luce della finalità della direttiva 93/13, che è di garantire un elevato livello di protezione ai consumatori (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2020, Banca B., C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 37).
66 Pertanto, il giudice nazionale deve poter applicare provvedimenti provvisori per consentire la piena efficacia dei diritti che il consumatore trae dalla direttiva 93/13.
67 È in tale prospettiva, infatti, che la Corte ha dichiarato, segnatamente, che la protezione garantita ai consumatori da tale direttiva, in particolare dall’articolo 6, paragrafo 1, e dall’articolo 7, paragrafo 1, della stessa, richiede che il giudice nazionale, competente a valutare il carattere abusivo di una clausola contrattuale, debba poter concedere un provvedimento provvisorio adeguato, se ciò è necessario per garantire la piena efficacia dell’emananda decisione per quanto riguarda il carattere abusivo di clausole contrattuali [sentenza del 15 giugno 2023, Getin Noble Bank (Sospensione dell’esecuzione di un contratto di credito), C‑287/22, EU:C:2023:491, punto 43 e giurisprudenza citata].
68 Analogamente, può essere necessario concedere siffatti provvedimenti qualora sussista il rischio che tale consumatore paghi, nel corso di un procedimento giurisdizionale la cui durata può essere considerevole, rate mensili per un importo più elevato di quello effettivamente dovuto se la clausola considerata dovesse essere disapplicata, laddove ciò sia necessario per garantire la piena efficacia dell’emananda decisione per quanto riguarda il carattere abusivo di clausole contrattuali [sentenza del 15 giugno 2023, Getin Noble Bank (Sospensione dell’esecuzione di un contratto di credito), C‑287/22, EU:C:2023:491, punti 42 e 43 nonché giurisprudenza citata].
69 A tal riguardo, dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio risulta che, in primo luogo, in forza della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, il tribunale fallimentare non ha la possibilità di concedere provvedimenti provvisori diretti a rendere meno gravosa la situazione finanziaria del fallito in attesa dell’esito dell’esame del carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale.
Se è vero che, indubbiamente, il fallito non rimborsa, prima della chiusura della procedura fallimentare, i crediti iscritti nell’elenco dei crediti approvato dal giudice commissario, ciò non toglie, tuttavia, che il fallito sia costretto, durante tale esame, a continuare ad alimentare la massa fallimentare sulla base di un elenco di crediti che contiene potenzialmente un credito fondato su una clausola del genere.
Come osservato al punto 46 della presente sentenza, allorché la deduzione del carattere abusivo di una clausola contrattuale determina il prolungamento della procedura fallimentare, il fallito può essere scoraggiato dal far valere il suo diritto di chiedere la protezione derivante dalla direttiva 93/13.
In secondo luogo, da quanto spiegato dal giudice del rinvio si evince che, nel caso di specie, tenuto conto dell’importo dei fondi versati fino ad oggi nella massa fallimentare e di quello dei debiti del fallito medesimo, tali fondi possono risultare sufficienti per soddisfare i crediti iscritti in tale elenco, ad eccezione del credito della banca G.
70 Si deve ritenere che in circostanze del genere, come spiegato, in sostanza, dal giudice del rinvio nella risposta alla domanda di chiarimenti menzionata al punto 47 della presente sentenza, un provvedimento provvisorio diretto alla riduzione delle trattenute operate sulla retribuzione del fallito in attesa di una decisione che concluda l’esame del carattere abusivo di una clausola contrattuale, potrebbe essere necessario per garantire la protezione assicurata dalla direttiva 93/13 e la tutela giurisdizionale effettiva che ne deriva, circostanza che spetterà, tuttavia, al giudice del rinvio determinare.
71 Ai fini di tale determinazione, detto giudice deve, in particolare, valutare se l’adozione di provvedimenti provvisori, consistenti in una riduzione delle trattenute sulla retribuzione del fallito, sia necessaria al fine di garantire al fallito la protezione conferitagli dalla direttiva 93/13.
A tal fine, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 104 delle sue conclusioni, detto giudice dovrà tener conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, tra cui, in particolare, l’esistenza di indizi sufficienti del fatto che le clausole contrattuali di cui trattasi sono abusive, la possibilità concreta che la massa fallimentare sia già sufficientemente costituita per soddisfare i creditori, ad eccezione, se del caso, del credito in questione, nonché la situazione finanziaria del fallito e il rischio che egli debba sopportare un protrarsi della procedura fallimentare che potrebbe comportare un deterioramento ingiustificato della sua situazione finanziaria in attesa della chiusura di tale procedura.
72 Per tutti i suesposti motivi, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura fallimentare relativa a persone fisiche, non preveda la possibilità, per il tribunale fallimentare, di disporre provvedimenti provvisori diretti a regolare la situazione del fallito in attesa di una decisione che concluda l’esame del carattere abusivo delle clausole contenute in un contratto di mutuo su cui si fonda un credito iscritto nell’elenco dei crediti approvato da un altro organo giurisdizionale, senza che quest’ultimo abbia esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi.
Sulle spese
73 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.