Corte Costituzionale, sentenza 24 febbraio 2025, n. 58
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 143, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.La Corte di cassazione, seconda sezione civile, dubita della legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 143, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario le spese e gli onorari maturati dal difensore d’ufficio nei confronti del genitore insolvente nei processi di cui alla legge n. 184 del 1983.
La disposizione censurata stabilisce che: «[s]ino a quando non è emanata una specifica disciplina sulla difesa d’ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, per effetto dell’ammissione al patrocinio, sono pagate dall’erario, se a carico della parte ammessa, le seguenti spese: a) gli onorari e le spese spettanti all’avvocato».
2.‒ La Corte rimettente denuncia il vulnus all’indicato parametro per il trattamento ingiustificatamente deteriore che subirebbe il difensore d’ufficio del genitore insolvente rispetto sia a quello del genitore irreperibile nella predetta categoria di processi civili, sia al difensore dell’imputato insolvente nei processi penali.
La Corte di cassazione valorizza, da un canto, l’omogeneità delle figure del difensore d’ufficio tanto del genitore irreperibile quanto del genitore insolvente, entrambe contraddistinte dal mancato soddisfacimento del credito del professionista a causa della condotta dell’assistito e, quindi, di motivi non dipendenti dalla sua volontà; dall’altro, rileva che, nel processo penale, anche il difensore di ufficio dell’imputato insolvente, come quello dell’irreperibile, può ottenere dall’erario l’anticipazione delle somme dovutegli.
2.1.– L’ordinanza di rimessione riconduce la questione ai principi già affermati da questa Corte con la sentenza n. 135 del 2019, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 143, comma 1, del d.P.R. n.115 del 2002 nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore irreperibile nei processi di cui alla legge n. 184 del 1983. L’accoglimento della questione sollevata rappresenterebbe sostanzialmente, dunque, il naturale sviluppo della citata pronuncia.
2.2.– Secondo il giudice a quo non sarebbe peraltro possibile applicare in via analogica ai procedimenti di cui alla legge n. 184 del 1983 le disposizioni di cui agli artt. 115, 116, 117 e 118 del d.P.R. n. 115 del 2002, relative alla remunerazione, nelle forme del patrocinio a spese dello Stato, del difensore d’ufficio di indagato, imputato e condannato irreperibile o insolvente, costituendo le stesse altrettante eccezioni al principio generale alla stregua del quale soltanto l’ammissione al beneficio indicato comporta l’onere per l’erario di corrispondere al difensore d’ufficio quanto maturato per onorari e spese nei confronti dell’assistito insolvente.
3.– Appare opportuna anzitutto una disamina del contesto normativo all’interno del quale si inserisce il sollevato dubbio di illegittimità costituzionale, nel suo duplice dedotto verso.
3.1.– La legge n. 149 del 2001, contenente modifiche alla legge n. 184 del 1983, in vigore, per la parte processuale, dal 1° luglio 2007, ha introdotto l’assistenza legale obbligatoria nel procedimento di dichiarazione di adottabilità per genitori e parenti dell’adottando e nelle procedure di limitazione e decadenza della responsabilità genitoriale per il minore e i genitori, prevedendo per entrambi i procedimenti la difesa d’ufficio.
Con l’introduzione dell’obbligatorietà della difesa tecnica, la legge n. 149 del 2001 ha voluto dare piena applicazione, all’interno dei procedimenti civili sulla dichiarazione di adottabilità del minore e in materia di decadenza e limitazione della responsabilità genitoriale, al principio del contraddittorio in attuazione del giusto processo, realizzando la piena effettività del diritto di difesa.
3.2.– Nel procedimento di adottabilità, all’indicata disciplina si accompagna la previsione che esso fin dall’inizio si svolga con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti entro il quarto grado che abbiano significativi rapporti con il minore, i quali, una volta avvertiti dell’apertura del procedimento, debbono essere invitati dal presidente del tribunale per i minorenni alla nomina di un difensore e informati della nomina di un difensore di ufficio, per il caso che non vi provvedano (artt. 8 e 10 della legge n. 149 del 2001, che sostituiscono, rispettivamente, gli artt. 8 e 10 della legge n. 184 del 1983).
Gli indicati soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo, previa autorizzazione del giudice.
Il procedimento in camera di consiglio definito da sentenza (comma 2 dell’art. 14 della legge n. 149 del 2001, che sostituisce l’art. 15 della legge n. 184 del 1983), anche di non luogo a provvedere sullo stato di adottabilità, notificata a pubblico ministero, genitori e parenti, tutore ovvero curatore speciale quali rappresentanti del minore, con contestuale avviso del diritto di proporre impugnazione (artt. 14-17 della legge n. 149 del 2001), acquisisce per l’introdotta difesa tecnica e nella riconosciuta natura di sentenza del provvedimento che pronuncia sullo status di cui pure ha previsto l’impugnazione, la chiara connotazione di processo di parti.
3.3.– Quanto al distinto versante dei procedimenti su provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi della responsabilità genitoriale, l’art. 37, comma 3, della legge n. 149 del 2001 ha inserito un quarto comma all’interno dell’art. 336 del codice civile, stabilendo che nei ricorsi introduttivi del relativo procedimento, «i genitori e il minore sono assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge».
Si tratta di un inciso successivamente modificato ad opera dell’art. 299 del d.P.R. n. 115 del 2002 – che ha espunto le parole «anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge» – all’interno di una sistematica ridefinizione dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato, che lascia intatto però, all’attualità, il principio da tempo affermato da questa Corte, in un procedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale, secondo il quale dalla «legge n. 149 del 2001 […] chiaramente si evince l’attribuzione al minore (nonché ai genitori) della qualità di parte, con tutte le conseguenti implicazioni» (sentenza n. 1 del 2002, punto 8 del Considerato in diritto).
3.4.– L’art. 336 cod. civ. ha successivamente incontrato ulteriori modifiche, tra le quali la sostituzione delle parole «[p]er i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore» con le attuali: «[i] genitori e il minore» (art. 1, comma 4, lettera d, numero 3, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, intitolato «Attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata»).
La norma, nel suo ultimo comma, risulta, quindi, ad oggi e nel suo complesso, così riformulata: «[i] genitori e il minore sono assistiti da un difensore».
3.5.– La riforma prevista dalla richiamata legge n. 149 del 2001 è entrata in vigore il 1° luglio 2007, così arrestando il flusso dei decreti-legge di proroga – dal decreto-legge 24 aprile 2001, n. 150 (Disposizioni urgenti in materia di adozione e di procedimenti civili davanti al tribunale per i minorenni), convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2001, n. 240, al decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173 (Proroga di termini per l’emanazione di atti di natura regolamentare e legislativa), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2006, n. 228 – dettati dall’obiettivo di allineare temporalmente gli effetti della nuova disciplina processuale all’introduzione della difesa d’ufficio.
Infatti, con il d.l. n. 150 del 2001, come convertito, il primo della serie, aveva previsto che la disposta proroga avvenisse «non oltre il 30 giugno 2002» nel chiaro intento del legislatore, che trovava espressione da una lettura del preambolo, di non superare la data di entrata a regime del patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, come introdotto dalla legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) – la cui disciplina sarebbe poi confluita nel d.P.R. n. 115 del 2002 – al fine di dare una disciplina fondante dell’intero settore e di perseguire «una tutela effettiva dei diritti del minore», evitando che il costo dell’assistenza legale aggravasse la situazione delle famiglie su cui andavano a incidere le procedure stesse.
La relazione governativa all’A.C. n. 7717 – XIII Legislatura, sul disegno di legge di «Conversione in legge del decreto-legge 24 aprile 2001, n. 150, recante disposizioni urgenti in materia di adozione e di procedimenti civili davanti al tribunale per i minorenni», poneva in rilievo le difficoltà registrate dall’introduzione della difesa d’ufficio nei procedimenti d’adozione e sulla natura transitoria della disciplina di proroga attuata con i decreti di sospensione degli effetti della riforma della legge n. 149 del 2001.
In tale contesto, veniva sottolineata la sostanziale inadeguatezza della legge dell’epoca sul gratuito patrocinio nei giudizi civili, sia perché inidonea a tutelare quei soggetti che, pur appartenendo «di norma alle fasce economicamente più deboli», non avevano i requisiti di povertà richiesti per accedere al beneficio; sia perché non rispondente alla «necessità di affidare l’incarico a professionisti in possesso di competenze qualificate».
E tuttavia è mancata l’attuazione di una organica disciplina della difesa di ufficio nei procedimenti civili minorili.
3.6.–Tale organica disciplina è stata introdotta nel settore penale dalla legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa d’ufficio).
L’art. 18 della citata legge ha introdotto l’art. 32-bis delle Norme di attuazione del codice di procedura penale – abrogato a far data dal 1° luglio 2002 dall’art. 299 t.u. spese di giustizia, in cui è confluita la relativa disciplina ‒ ove si stabilisce che il difensore d’ufficio dell’indagato, imputato e condannato irreperibile sia retribuito, secondo le norme relative al patrocinio a spese dello Stato, «nelle forme di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 30 luglio 1990, n. 217, con diritto di ripetizione delle somme a carico di chi si è reso successivamente reperibile». In tal modo la disposizione di cui si tratta ha realizzato una congrua correlazione tra la disciplina della difesa d’ufficio e quella del patrocinio a spese dello Stato, dove l’efficacia della prima viene assicurata dall’adozione di meccanismi propri della seconda.
Il settore penale è divenuto, così, punto di riferimento per la valutazione della effettività delle garanzie difensive tra le quali rientravano, oltre all’obbligo della difesa tecnica e la nomina del difensore d’ufficio, la disciplina della misura dei compensi e le relative modalità di corresponsione.
3.7.– Come ha evidenziato questa Corte (sentenza n. 80 del 2020), a fronte della rilevata inadeguatezza della disciplina del patrocinio a spese dello Stato in materia civile, è stato il legislatore a intervenire per porre una nuova e più ampia disciplina della materia con la legge n. 134 del 2001, che ha esteso la portata della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), mediante gli artt. da 15-bis a 15-noniesdecies, al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili e amministrativi.
Di seguito, allo scopo di procedere a un riordino della materia delle spese di giustizia, è stato adottato il d.P.R. n. 115 del 2002, che ha abrogato il complesso delle precedenti disposizioni, dettando una disciplina di carattere generale e realizzando, così, il definitivo passaggio all’attuale sistema del patrocinio a spese dello Stato. Ma, oltre alla previsione di norme generali (artt. 74-89), questa, pur ampia, regolamentazione, conserva ancora una netta distinzione tra disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale (artt. 90-118) e quelle nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario (artt. 119-145).
In particolare, nel contesto del t.u. spese di giustizia, nel settore civile l’ammissione al patrocinio, «rispondendo ad un preciso vincolo costituzionale, posto dal comma terzo dell’art. 24 Cost., si radica sul presupposto della “non abbienza” (art. 74 del d.P.R. n. 115 del 2002)» (ordinanza n. 160 del 2006), ed è infatti, subordinata, oltre che alla non manifesta infondatezza della pretesa, demandata in prima battuta al vaglio del locale consiglio dell’ordine forense, alla «titolarità di un reddito non superiore ad una determinata soglia (art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002), da comprovare documentalmente da parte dell’interessato (art. 79 del d.P.R. n. 115 del 2002), che è tenuto personalmente a sottoscrivere l’istanza di ammissione al patrocinio, altrimenti inammissibile (art. 78 del d.P.R. n. 115 del 2002)» (ancora, ordinanza n. 160 del 2006).
La funzione del patrocinio a spese dello Stato è quella di «rimuovere, in armonia con l’art. 3, secondo comma, Cost., “le difficoltà di ordine economico che possono opporsi […] al concreto esercizio del diritto [di difesa]” (di recente, sentenza n. 228 del 2023), [ed è] inviolabile nel suo nucleo intangibile» (sentenza n. 110 del 2024, punto 6.1. del Considerato in diritto); ciò «[a] garanzia dell’accesso alla tutela giurisdizionale conformando [il legislatore] gli istituti nel modo che reputa più opportuno, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte adottate (sentenze n. 80 e 47 del 2020, n. 97 del 2019; ordinanza n. 3 del 2020)» (sentenza n. 166 del 2022, punto 3.3. del Considerato in diritto).
Parzialmente diverso è il crinale lungo il quale opera la difesa tecnica di ufficio, che valorizza la natura “giusta” del processo in cui essa è resa obbligatoria, nella parità delle parti e terzietà del giudice. Quella del difensore d’ufficio è, come affermato da questa Corte, una prestazione ex lege, imposta dallo Stato per l’attuazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. e non rinunciabile (ordinanza n. 206 del 2016), in quanto contrassegnata dall’obbligo di prestare il patrocinio (art. 97, comma 5, del codice di procedura penale).
3.8.– È in siffatta prospettiva che questa Corte ha operato in via additiva all’interno della trama normativa dell’art. 143, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserendovi la figura del difensore d’ufficio e il suo trattamento nel caso in cui l’indicato professionista si trovi ad assistere una parte irreperibile nei processi previsti dalla legge n. 184 del 1983, modificata dalla legge n. 149 del 2001, riscontrando la «esistenza di significativi profili di omogeneità […] in relazione, sia alla natura degli interessi in gioco, sia al ruolo del difensore chiamato ad apprestarvi tutela» (sentenza n. 135 del 2019, punto 2.2. del Considerato in diritto), tra il modello processuale penale – previsto e declinato nell’art. 117 del d.P.R. n. 115 del 2002 con l’ingresso in via anticipata dello Stato, quale pagatore, in ipotesi di difesa d’ufficio svolta in favore di persona irreperibile – e quello civile di adottabilità, altrimenti mancante.
Al riguardo, si è rilevato nella richiamata pronuncia che «[l]a ratio della difesa nei processi di adottabilità è quella, infatti, di dare la massima protezione ai diritti dei minori e dei loro genitori – ai quali è appunto garantito di far valere le proprie ragioni anche in assenza di un avvocato di fiducia – per evitare che l’eventuale debolezza sociale di tali soggetti influisca negativamente nel procedimento».
Nel percorso motivazionale della medesima sentenza si è aggiunto che «la mancata previsione della liquidabilità, a carico dell’erario, degli onorari spettanti al difensore d’ufficio dell’irreperibile nei processi di adottabilità non è frutto di una scelta definitiva del legislatore del 2002 – che, con la disposizione censurata, ha invece solo rinviato ad una successiva “specifica disciplina sulla difesa d’ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983 n. 184” – ed è, quindi, solo conseguenza dell’inerzia del legislatore successivo: inerzia protratta da quella lontana data a tutt’oggi».
4.– Ciò premesso, la questione è fondata.
4.1.– Con riguardo ad essa devono essere ribadite le argomentazioni sopra esposte.
La estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 143, comma 1, t.u. spese di giustizia, alla figura del difensore d’ufficio nel caso di irreperibilità della parte assistita nei processi disciplinati dalla legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge n. 149 del 2001, affermata dalla richiamata sentenza n. 135 del 2019, ne determina l’estensione altresì alle ipotesi del difensore della parte insolvente nei medesimi processi. Sarebbe, in caso contrario, incoerente disciplinare in modo diverso situazioni in cui l’avvocato difensore veda comunque non soddisfatto il proprio credito per motivi non dipendenti dalla sua volontà e parimenti derivanti dalla condotta dell’assistito.
In entrambi i casi, l’obbligatorietà della difesa d’ufficio, in cui si radica l’irrinunciabilità del relativo incarico, comporta il riconoscimento del diritto del professionista al pagamento, quanto all’an della pretesa, ad opera dell’erario, in via di anticipazione e al verificarsi dell’insolvenza come dell’irreperibilità dell’assistito, per una necessaria corrispondenza tra la pienezza del diritto di difesa, da una parte, e la remunerazione del professionista per la prestazione resa, dall’altra.
4.2.– La difesa d’ufficio vive della medesima connotazione pubblicistica nel procedimento di adozione dei minori, e la sua mancata disciplina nei processi previsti dalla legge n. 184 del 1983 evidenzia, a fronte del regime di proroga voluto dal legislatore quanto all’entrata in vigore del rito in materia di adozione dei minori, una inerzia nel tempo divenuta via via più intollerabile, entro una cornice normativa che pure esprimeva, nei suoi ormai risalenti momenti, la consapevolezza del legislatore circa il rilievo degli interessi in gioco.
Per il meccanismo di operatività della difesa d’ufficio, accanto al rapporto di mandato tra difensore e assistito si colloca quello tra difensore ed erario che, in via di mera anticipazione, interviene per soddisfare, con la pretesa del professionista ad una remunerazione per l’opera professionale resa, anche la finalità di sostegno del diritto di difesa, conservando poi l’erario la possibilità di recupero del credito quando la parte sia tornata reperibile o solvibile, sempre che la persona assistita dal difensore d’ufficio non chieda e ottenga l’ammissione al patrocinio» (art. 116, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002).
4.3.– Sulle indicate premesse, la ricerca dell’identità di ratio che si accompagna al sindacato condotto sulla disparità di trattamento, in riferimento all’art. 3 Cost., nella omogeneità del tertium comparationis evocato nella sentenza di questa Corte n. 135 del 2019 – la difesa d’ufficio nel processo penale – all’interno del nuovo giudizio sulla diversa fattispecie ora esaminata, relativa al difensore d’ufficio del genitore insolvente, consente di pervenire al medesimo risultato, qui mutuato dall’art. 116 del d.P.R. n. 115 del 2002, dettato per il trattamento del difensore d’ufficio nel processo penale di persona insolvente, avuto riguardo alla obbligatorietà costituzionale di una scelta legislativa invece mancata, come già ritenuto nell’indicato precedente.
Alla omogeneità di interessi e condizioni delle parti coinvolte nei due diversi contesti processuali, penale e minorile civile, si correla così l’affermazione che compensi maturati e spese sostenute dal difensore d’ufficio del genitore insolvente, nella loro interezza, anche negli accessori, e quindi a totale copertura degli stessi, vanno anticipati dall’erario perché interessi egualmente delicati e costituzionalmente rilevanti, di genitori e minori nei processi di adozione e della persona indagata, imputata o condannata nel processo penale, rinvengano nel sistema adeguata tutela.
4.4.– Resta salva la possibilità per l’erario di recupero, qualora la parte sia tornata reperibile o solvibile, delle somme anticipate se «la persona assistita dal difensore d’ufficio non chiede ed ottiene l’ammissione al patrocinio» (art. 116, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002).
4.5.– Va, infine, rimarcato che è onere del difensore d’ufficio dimostrare di aver esperito infruttuosamente la procedura per il recupero dei crediti professionali, condizione al cui realizzarsi, previa allegazione degli esiti negativi della tentata esecuzione, il compenso e le spese spettanti al professionista possono essere anticipati dallo Stato negli importi liquidati con decreto del magistrato, nella misura e con le modalità previste dalla disciplina per il patrocinio a spese dello Stato, come stabilito dall’art.116 t.u. spese di giustizia.
5.– L’art. 143, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che siano anticipati dall’erario gli onorari e le spese spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei processi di cui alla legge n. 184 del 1983.