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Famiglia – Filiazione – Divorzio – Casa coniugale – Nessun diritto all’assegnazione della casa coniugale per il coniuge non convivente con il figlio

by Rosanna Andreozzi - Avvocato
14 Maggio 2025
in Diritto Civile
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Corte di Cassazione, Sezione I Civile, ordinanza 09  maggio 2025 n. 12249

PRINCIPIO DI DIRITTO

Va escluso qualsiasi provvedimento di assegnazione di porzioni di casa familiare, ovvero di altre unità immobiliari che non costituiscono habitat dei figli, in favore del genitore non convivente con la prole, restando estranea, nella fattispecie, ogni valutazione relativa alla ponderazione degli interessi di natura solo economica o abitativa dei genitori.

Infatti, la casa familiare va assegnata al genitore convivente con la prole soltanto se ed in quanto sia diretta a conservare l’habitat domestico del figlio minorenne o maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art.9 L. 01/12/1970 n.898, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per l’inesistenza di giustificati motivi che autorizzassero la revisione delle condizioni divorzili e per la non modificabilità su istanza unilaterale di previsioni pattizie patrimoniali, non essendoci alcun “fatto nuovo” rilevante a tal fine.

2.- Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione della disciplina di cui all’art. 337 sexies c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 4 c.p.c., in ragione della parziale assegnazione della casa coniugale a genitore non collocatario della prole.

3.- Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 337 sexies c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in ragione della assegnazione di casa coniugale a genitore non collocatario della prole, in quanto frutto di esercizio di potere dispositivo non affidato al giudicante e comunque dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunziato, non avendo la parte resistente mai chiesto la pronunzia della Corte territoriale in questione, che sarebbe stata esorbitante dagli stessi poteri del giudice adito, stante la autonomia contrattuale delle parti in tema di disposizione di diritti patrimoniali.

Deduce che il provvedimento ha stravolto gli accordi già assunti in sede di divorzio, nei quali si prevedeva l’automatica caducazione della assegnazione “solo allorquando tutti i figli si saranno autonomizzati” e comunque difetta il presupposto della proprietà esclusiva del coniuge non collocatario, in presenza di figlia maggiorenne con immobile in comproprietà fra i due genitori.

4.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati nei termini di cui appresso.

4.1.- Preliminarmente si deve osservare che la Corte d’appello non ha adeguatamente messo in evidenza quale sarebbe il fatto nuovo che giustifica la revisione delle condizioni di divorzio dal momento che è pacifico che la figlia S. non ha ancora raggiunto l’autosufficienza economica e che il successivo matrimonio della madre non ha comportato l’abbandono del domicilio domestico né comportato il venir meno dei presupposti per la assegnazione, legati pur sempre alla valutazione del best interest del figlio (Corte Cost. 308/2008).

Pur se la Corte distrettuale osserva che l’originario nucleo familiare è numericamente ridotto (le altre due figlie hanno raggiunto l’autonomia economica), la medesima Corte non analizza questo fatto in relazione alla incidenza che avrebbe sulla posizione della figlia il cui diritto al mantenimento dell’habitat domestico è ancora da tutelare, in ragione del mancato conseguimento della indipendenza.

La Corte distrettuale si limita ad affermare, in maniera invero apodittica, che la assegnazione parziale sarebbe confacente agli interessi della figlia, senza peraltro tenere conto di quanto concordato ab origine dai coniugi.

4.2.- In ogni caso, la Corte d’appello è incorsa in errore di diritto.

La casa familiare può essere assegnata soltanto se ed in quanto sia diretta a conservare l’habitat domestico del figlio minorenne o maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente (Cass. n. 33610 del 11/11/2021; Cass. n. 6706 del 23/05/2000; Cass. n. 3015/2018; Cass. n. 20452/2022).

In termini, questa Corte ha precisato che la casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate, sicché è estranea a tale decisione ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico, e ciò sia ai sensi del previgente articolo 155 quater c.c., che dell’attuale art. 337 sexies c.c. ( Cass. n. 25604/2018)

4.3.- Vero è che in casi particolari e a determinate condizioni, come rileva lo stesso Procuratore generale, si può disporre una assegnazione parziale, individuando come habitat domestico solo una porzione (o una unità) di un più ampio immobile che ecceda per estensione le esigenze della famiglia (Cass. n. 23631/ 2011).

Il giudice può limitare l’assegnazione della casa familiare ad una porzione dell’immobile, di proprietà esclusiva del genitore non collocatario, anche nell’ipotesi di pregressa destinazione a casa familiare dell’intero fabbricato, ove tale soluzione, esperibile in relazione del lieve grado di conflittualità coniugale, agevoli in concreto la condivisione della genitorialità e la conservazione dell’habitat domestico dei figli minori (Cass. n. 8580 del 11/04/2014).

– I precedenti arresti di questa Corte rendono evidente che, in tema di assegnazione della casa familiare, anche qualora il giudice decida, previa valutazione del miglior interesse dei figli, di assegnarne solo una porzione (o una singola unità abitativa), il potere di imporre limiti al diritto dominicale si esercita pur sempre nell’ambito dato dall’art. 337 sexies c.c., trattandosi di un provvedimento in favore del genitore convivente con i figli e nell’interesse di costoro.

In siffatti casi, la restante porzione della casa familiare cioè quella non assegnata, resta regolata dal titolo di proprietà o da eventuali diritti reali o di godimento sulla stessa, e non dal provvedimento del giudice del divorzio, che può incidere sui diritti dominicali solo in quanto vi sia un interesse del figlio minore o maggiorenne non economicamente autosufficiente da tutelare.

Nessun provvedimento di assegnazione di porzioni di casa familiare, ovvero di altre unità immobiliari che non costituiscono habitat dei figli, può rendersi in favore del genitore non convivente con la prole, restando estranea, nella fattispecie, ogni valutazione relativa alla ponderazione degli interessi di natura solo economica o abitativa dei genitori.

6.- In questo caso, invece, il giudice di merito è intervenuto assegnando una parte dell’immobile (il primo piano) al genitore non convivente con la prole in considerazione delle sue esigenze abitative, riducendo senza alcun motivo collegato all’interesse diretto della figlia l’habitat domestico di quest’ultima.

Si tratta quindi di una decisione praeter legem dal momento che il giudice della separazione o divorzio è chiamato a decidere se sussistano o meno le ragioni per conservare ai figli il loro ambiente domestico e non anche a intervenire nel regolamento della proprietà o dei diritti reali che spettano all’uno o all’altro genitore sull’immobile.

Ne consegue, in accoglimento per quanto di ragione del ricorso, la cassazione del decreto impugnato e non essendo necessari altri accertamenti in fatto può decidersi nel merito revocando la assegnazione in favore di C.C. del primo piano della casa coniugale.

In ragione della peculiarità della questione che presenta anche taluni profili di novità ricorrono i presupposti per compensare le spese dell’intero procedimento tra le parti.

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