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Famiglia – Filiazione – Divorzio – Determinazione dell’assegno divorzile e parametro dello squilibrio economico

by Rosanna Andreozzi - Avvocato
20 Giugno 2025
in Diritto Civile
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Corte di Cassazione, Sez. I Civile, ordinanza 17 giugno 2025 n. 16313

PRINCIPIO DI DIRITTO

Va sostenuto che l’unico denominatore comune e condicio sine qua non nell’esame del diritto all’assegno di divorzio, deve rinvenirsi nella precondizione dello squilibrio economico-patrimoniale e reddituale, conseguente allo scioglimento del vincolo.

I criteri attributivi e determinativi dell’assegno divorzile non dipendono, pertanto, dal tenore di vita godibile durante il matrimonio, operando lo squilibrio economico patrimoniale tra i coniugi unicamente come precondizione fattuale, il cui accertamento è necessario per l’applicazione dei parametri di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, l. n. 898 del 1970, in ragione della finalità composita assistenziale e perequativo-compensativa di detto assegno (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32398 del 11/12/2019).

In caso di sostanziale parità o di squilibrio di entità modesta non si procede alla fase successiva di verifica dell’applicabilità dei criteri elaborati dalle S. U. per la determinazione dell’assegno con Sentenza, n. 18287 dell’11/07/2018.

Nell’ipotesi contraria, della emersione di una condizione di squilibrio, conseguente allo scioglimento del vincolo per il coniuge richiedente, occorre verificare se questa nuova condizione può essere eziologicamente conseguente alle modalità di conduzione della vita familiare, alla ripartizione dei ruoli e, in particolare, all’impegno di cura della famiglia e dei figli in misura prevalente od esclusiva a carico di uno coniuge.

Va, pertanto, ritenuto che, ove sia accertato, anche mediante presunzioni (Cass. 35434 del 2023) che l’implementazione del patrimonio familiare sia avvenuta per l’impegno professionale prevalente od esclusivo di uno dei coniugi e che, allo scioglimento del vincolo, ciò abbia quanto meno concorso a determinare la condizione di squilibrio economico patrimoniale accertata, in favore di uno di essi, che la liberazione almeno prevalente dagli impegni domestico-familiari, ha consentito o favorito la costruzione di più solide basi professionali e reddituali grazie alle quali si e implementato il patrimonio familiare e/o quello personale del coniuge con maggiore solidità economica patrimoniale e reddituale.

Una volta che la conduzione della vita familiare si sia caratterizzata per il ruolo prevalente od esclusivo svolto da uno dei due coniugi sono sufficienti delle presunzioni e non è necessaria una puntuale determinazione dello squilibrio tra i coniugi e della perdita conseguente.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, legge 898 del 1970 (vizio dedotto ex art. 360 n. 3 c.p.c.) per avere la Corte di appello deciso sulla determinazione dell’assegno divorzile in favore alla sig.ra (omissis), soggetto economicamente indipendente, peraltro in mancanza di prove sulle aspettative professionali e progressioni di carriera, a cui la sig.ra avrebbe rinunziato per favorire quella del marito.

Si sostiene che la Corte di Appello, reiterando l’errore commesso dal Giudice di prime cure, avrebbe limitato la comparazione delle condizioni soggettive delle parti ai soli profili reddituali, così travisando non solo il dictum delle Sezioni Unite, ma anche l’orientamento interpretativo già formatosi in ordine all’art. 5 L. 898/1970.

Con un secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (vizio dedotto ex art. 360 n. 3 c.p.c.).

Si rimprovera al giudice di merito di aver omesso l’esame di prove debitamente allegate e fondamentali ai fini della determinazione della sussistenza dei presupposti per l’assegno divorzile.

Prove che erano fornite sin dal primo grado del presente giudizio e determinanti alla luce del disposto dell’art. 5 comma 6 della Legge sul divorzio – lungi dall’essere esaminate o interpretate in modo sistematico – anche sulla scorta dei fatti non solo dedotti dal ricorrente, ma ammessi dalla controparte – sono state dalla Corte semplicemente ignorate senza peraltro fornire alcuna motivazione sul punto.

Si sostiene di aver documentato gli atti di disposizioni immobiliari posti in essere dalla sig.ra (omissis) che hanno comportato l’introito in suo favore di circa 180.000,00 euro, fornendo quindi ampia prova dell’autosufficienza della resistente, anche dal puto di vista patrimoniale e non semplicemente reddituale (doc. n. 8 – allegato n. 8 fascicolo di primo grado).

Si afferma inoltre che era stata fornita la prova del venir meno di un mutuo che gravava sulla parte resistente in conseguenza della vendita del relativo immobile (doc. n. 9 atto di estinzione mutuo immobile di proprietà (omissis) sito in Anguillara Sabazia – allegato n. 3 fascicolo di II grado); di aver fornito altresì la prova di un solido reddito da lavoro della resistente, indice di capacità lavorativa che appariva molto lontana dall’essere ‘limitata’ dalle cattive condizioni di salute della (omissis) (come scrive la Corte), se solo si consideri che i contratti sono soggetti da tempo a rinnovi annuali.

Elementi probatori tutti illegittimamente e immotivatamente ignorati dalla Corte, in palese violazione dell’art. 115 c.p.c..

Con un terzo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo della controversia (vizio dedotto ex art. 360 n. 5 c.p.c.).

Si sostiene che la Corte di appello non avrebbe considerato che l’appellata all’epoca della sentenza di separazione intervenuta nel 2021, era riconosciuta dal Tribunale priva di attività lavorativa (e onerata di un canone di locazione pari a € 710,00 e di una rata di mutuo per altro immobile sito in Anguillara Sabazia di € 700,00) e che viceversa al momento del divorzio la resistente risultava regolarmente e professionalmente occupata con il ruolo di insegnante, con contratti a tempo determinato rinnovato ormai da diversi anni (e non più onerata peraltro né del canone di locazione, né della rata di mutuo di € 700,00).

Con un quarto motivo si deduce la violazione art. 132 c.p. c. motivazione carente, insufficiente o omessa (vizio dedotto ex art. 360 n. 4 c.p.c.) per non avere la Corte di appello preso posizione sulla richiesta di riduzione, limitandosi a confermare l’obbligo del (omissis) contributo richiamando quanto espresso dal Tribunale di primo grado.

I primi tre motivi che vanno trattati congiuntamente in quanto diretti a contestare sotto diverse angolazioni i presupposti per l’assegno divorzile sono fondati.

Com’è noto, la giurisprudenza più recente di questa Corte ha stabilito che il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno (Cass., Sez. U, Sentenza n. 18287 dell’11/07/2018).

I criteri attributivi e determinativi dell’assegno divorzile non dipendono, pertanto, dal tenore di vita godibile durante il matrimonio, operando lo squilibrio economico patrimoniale tra i coniugi unicamente come precondizione fattuale, il cui accertamento è necessario per l’applicazione dei parametri di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, l. n. 898 del 1970, in ragione della finalità composita assistenziale e perequativo-compensativa di detto assegno (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32398 del 11/12/2019).

Ne consegue che l’unico denominatore comune e condicio sine qua non nell’esame del diritto all’assegno di divorzio, deve rinvenirsi nella precondizione dello squilibrio economico-patrimoniale e reddituale, conseguente allo scioglimento del vincolo.

In caso di sostanziale parità o di squilibrio di entità modesta non si procede alla fase successiva di verifica dell’applicabilità dei criteri elaborati dalle S. U..

Nell’ipotesi contraria, della emersione di una condizione di squilibrio, conseguente allo scioglimento del vincolo per il coniuge richiedente, occorre verificare se questa nuova condizione può essere eziologicamente conseguente alle modalità di conduzione della vita familiare, alla ripartizione dei ruoli e, in particolare, all’impegno di cura della famiglia e dei figli in misura prevalente od esclusiva a carico di uno coniuge.

Ove sia accertato, anche mediante presunzioni (Cass. 35434 del 2023) che l’implementazione del patrimonio familiare sia avvenuta per l’impegno professionale prevalente od esclusivo di uno dei coniugi e che, allo scioglimento del vincolo, ciò abbia quanto meno concorso a determinare la condizione di squilibrio economico patrimoniale accertata, in favore di uno di essi, deve ritenersi che la liberazione almeno prevalente dagli impegni domestico-familiari, ha consentito o favorito la costruzione di più solide basi professionali e reddituali grazie alle quali si e implementato il patrimonio familiare e/o quello personale del coniuge con maggiore solidità economica patrimoniale e reddituale.

Per fornire questo quadro probatorio comparativo si ricorre, nella maggior parte dei casi, alla prova presuntiva fondata su una chiara fotografia della conduzione della vita familiare, senza che sia necessario fornire riscontro specifico della comune determinazione iniziale verso la definizione dei ruoli (Cass. 4328 del 2024), essendo sufficiente che risulti ben delineato chi si occupa prevalentemente della vita domestica e, ove presenti, della cura dei figli, (Cass. 27945 del 2023).

Del pari non vi è bisogno della puntuale determinazione dell’entità dello spostamento patrimoniale determinatosi a favore di un coniuge, una volta che lo squilibrio non sia contestabile, nonché della precisa quantificazione della perdita economica subita per il mancato impegno esclusivo o prevalente in un’occupazione produttiva di reddito o, infine, della prova specifica della rinuncia alle aspirazioni professionali del richiedente (Cass. 24795 del 2024), una volta che la conduzione della vita familiare si sia caratterizzata per il ruolo prevalente od esclusivo svolto da uno dei due coniugi.

Nel caso di specie, la Corte d’appello, con una motivazione più che stringata, ha mancato di considerare quale fosse la condizione economico patrimoniale e reddituale dei coniugi, al momento dello scioglimento del vincolo, costituendo lo squilibrio una precondizione del sorgere del diritto all’assegno di divorzio e neppure ha svolto alcuna verifica sulle capacità reddituali e patrimoniali del coniuge richiedente che avrebbero dovuto essere vagliate alla luce delle puntuali allegazioni dell’ex marito riprodotte nei motivi di ricorso in ossequio al principio dell’autosufficienza.

In particolare, l’odierno ricorrente nell’atto di gravame aveva rappresentato che l’ex moglie oltre allo stipendio da insegnante di € 1.250,00 con contratto a tempo determinato che si rinnovava di anno in anno, godeva di cospicui fondi e risultava proprietaria di immobili dalla cui vendita aveva ricavato, da un lato, un importo non contestato di € 180.000,00 (immobili in Sicilia), e, dall’altro, aveva potuto estinguere un mutuo gravante sull’immobile (omissis) ed era anche venuto meno il pagamento del canone di locazione di € 710,00 di cui in precedente la (omissis) era onerata.

Il quarto motivo è parimenti fondato.

Il ricorrente ha chiesto una riduzione dell’assegno di mantenimento in favore della figlia (omissis) a causa del suo collocamento presso un Centro assistenziale dove la ragazza trascorre la maggior parte della giornata e assume i pasti principali a totale carico del servizio comunale, con evidente importante alleggerimento dei costi.

Sul punto nessuna risposta è stata data dalla Corte che ha omesso del tutto la motivazione confermando la decisione di primo grado senza quindi esplicitare l’iter che ha condotto a tale conclusione.

La Corte accoglie il ricorso cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Genova in diversa composizione anche per le spese di legittimità.

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