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Famiglia – Filiazione – Successioni – La classificazione del diritto al sepolcro tra natura personale e reale

by Rosanna Andreozzi - Avvocato
13 Giugno 2025
in Diritto Civile
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La sentenza che segue è ricca di principi che regolano una materia di sicuro interesso, ciò che concerne lo ius sepulchri, definito come il diritto alla tumulazione (autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul manufatto funerario o sui materiali che lo compongono), che deve presumersi di carattere non ereditario, ma familiare.

La sentenza, oltre ai principi di diritto, condivisi con le Sezioni Unite, detta la differenza fondamentale tra sepolcro familiare o gentilizio, in relazione al quale lo ius sepulchri si acquista per volontà del fondatore e prescinde dalle vicende legate alla successione di questi, e sepolcro cd. ereditario, poiché in relazione a quest’ultimo lo ius sepulchri si trasmette nei modi ordinari, per atto inter vivos o mortis causa, come qualsiasi altro diritto, dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia.

Infatti, nel sepolcro gentilizio o familiare –tale dovendosi presumere il sepolcro, in caso di dubbio– lo ius sepulchri è attribuito, in base alla volontà del testatore, in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi dal singolo iure proprio sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, iure sanguinis e non iure successionis, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o mortis causa, imprescrittibilità e irrinunciabilità.

Tale diritto di sepolcro si trasforma da familiare in ereditario con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione mortis causa.


Corte di Cassazione, Sez. II Civile, ordinanza 10 giugno 2025 n. 15432

PRINCIPIO DI DIRITTO

Va presunto lo ius sepulchri, cioè il diritto alla tumulazione (autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul manufatto funerario o sui materiali che lo compongono), di carattere non ereditario, ma familiare, in difetto di specifica diversa volontà del fondatore, e quindi è da considerarsi sottratto a possibilità di divisione o trasmissione a terzi non legati iure sanguinis al fondatore medesimo, mentre resta in proposito irrilevante la eventuale cedibilità prevista nel regolamento o nell’atto di concessione comunale.

Va attribuita natura reale al diritto di edificare una tomba (il cosiddetto diritto di sepolcro) su un terreno demaniale destinato ad area cimiteriale (art. 824 cod. civ.), la cui manifestazione è costituita prima dalla edificazione, poi dalla sepoltura.

Invece, al diritto secondario al sepolcro va attribuita natura personalissima ed intrasmissibile, che spetta a chiunque sia congiunto di una persona, che riposa in un sepolcro, di accedervi e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio al rispetto dovuto a quella spoglia.

Da ultimo, va attribuita la giurisdizione, nelle controversie inerenti ad atti o provvedimenti relativi alla concessione, che non attengano all’aspetto patrimoniale del rapporto, esclusivamente al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 5 primo comma della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 poichè la concessione da parte del Comune di aree o porzioni in cimitero pubblico integra concessione amministrativa di bene demaniale.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo, il travisamento della fattispecie, la violazione degli artt. 7, 133 del D. Lgs. n. 104 del 2010, 37 c.p.c., 42, 103 Cost., 4 e 5 della legge n. 2248 del 1965, allegato E, 823, 824, 832 c.c., nonché del D.P.R. n. 285 del 1990, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 1 e 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che lo ius sepulchri, primario o secondario, sorge soltanto per effetto di un provvedimento di concessione cimiteriale, onde le controversie aventi ad oggetto la sua titolarità appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo.

La […], infatti, non aveva allegato, a sostegno della propria domanda, di essere titolare del possesso del diritto secondario di sepolcro, bensì di essere la titolare della concessione cimiteriale avente ad oggetto la cappella oggetto di causa.

La censura è infondata.

La Corte di Appello ha accertato che la concessione del sito cimiteriale ove è stata realizzata la cappella di cui è causa era stata rilasciata a […] e che ai fini dell’individuazione dei familiari aventi diritto alla sepoltura nel sito, e perciò dei titolari del diritto primario di sepolcro, debba farsi riferimento alla volontà del fondatore […]

Il giudice del gravame ha poi affermato che “Nella specie, la cerchia dei familiari che la […] intese associare nella fondazione del sepolcro collettivo (rendendoli così, per ciò solo, contitolari del diritto di sepolcro cd. primario) è espressamente indicata nella stessa concessione, dove si legge che essa venne richiesta “per inumazione della salma della contraente, ascendenti, discendenti ed i collaterali […]” .

In argomento, occorre prendere le mosse dal principio, richiamato anche dalla sentenza impugnata, secondo cui “Nel sepolcro ereditario lo ius sepulchri si trasmette nei modi ordinari, per atto inter vivos o mortis causa, come qualsiasi altro diritto, dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia, mentre in quello gentilizio o familiare –tale dovendosi presumere il sepolcro, in caso di dubbio– lo ius sepulchri è attribuito, in base alla volontà del testatore, in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari di esso, acquistandosi dal singolo iure proprio sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, iure sanguinis e non iure successionis, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o mortis causa, imprescrittibilità e irrinunciabilità.

Tale diritto di sepolcro si trasforma in ereditario con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione mortis causa” (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 17122 del 28/06/2018, Rv. 649495, che ha ritenuto che il diritto di sepolcro, contemplato nella scheda testamentaria, andasse qualificato come gentilizio poiché il testatore aveva in esso espresso la volontà che la tomba ospitasse l’intera famiglia dei cugini, se essi l’avessero voluto, sicché la ricorrente ne era divenuta titolare ancorché non erede dell’originario fondatore del sepolcro).

Nello stesso senso, questa Corte aveva affermato, già prima dell’arresto delle Sezioni Unite del 2018 appena richiamato, che “Lo ius sepulchri, cioè il diritto alla tumulazione (autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul manufatto funerario o sui materiali che lo compongono), deve presumersi di carattere non ereditario, ma familiare, in difetto di specifica diversa volontà del fondatore, e quindi considerarsi sottratto a possibilità di divisione o trasmissione a terzi non legati iure sanguinis al fondatore medesimo, mentre resta in proposito irrilevante la eventuale cedibilità prevista nel regolamento o nell’atto di concessione comunale.

A tal fine l’individuazione della natura di una cappella funeraria come sepolcro familiare o gentilizio oppure come sepolcro ereditario costituisce apprezzamento di mero fatto non suscettibile di sindacato in sede di legittimità, qualora sorretto da motivazione sufficiente e immune da vizi logico – giuridici” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1789 del 29/01/2007, Rv. 595720).

Esiste dunque una differenza fondamentale tra sepolcro familiare o gentilizio, in relazione al quale lo ius sepulchri si acquista per volontà del fondatore e prescinde dalle vicende legate alla successione di questi, e sepolcro cd. ereditario, poiché in relazione a quest’ultimo “… lo ius sepulchri si trasmette nei modi ordinari, per atto inter vivos o mortis causa, come qualsiasi altro diritto, dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia.

Mentre nel sepolcro gentilizio o familiare –tale dovendosi presumere il sepolcro, in caso di dubbio– lo ius sepulchri è attribuito, in base alla volontà del testatore, in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi dal singolo iure proprio sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, iure sanguinis e non iure successionis, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o mortis causa, imprescrittibilità e irrinunciabilità.

Tale diritto di sepolcro si trasforma da familiare in ereditario con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione mortis causa” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7000 del 08/05/2012, Rv. 622129, che ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che, correttamente motivando, aveva dichiarato l’avvenuta trasformazione del sepolcro da familiare ad ereditario sulla scorta dei comportamenti tenuti dai discendenti nei confronti del Comune, titolare del potere concessorio sull’area cimiteriale, ritenuti compatibili esclusivamente con la successione ereditaria nei diritti relativi alla tomba di famiglia).

Una volta accertato che si configuri un sepolcro gentilizio, se del caso applicando la presunzione affermata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la già richiamata Ordinanza n. 17122 del 28/06/2018, Rv. 649495, occorre anche tener conto del principio secondo cui “In assenza di disposizioni specifiche da parte del fondatore, lo ius sepulchri d’indole gentilizia spetta, oltre che al fondatore stesso, ai componenti del nucleo familiare strettamente inteso, nel quale debbono farsi rientrare tutte le persone legate al fondatore da vincolo di sangue o legate tra loro da vincoli di matrimonio.

Tale diritto, pur non essendo precisato in una disposizione di legge, trova il suo fondamento in un’antica consuetudine, conforme al sentimento comune, e nelle esigenze di culto e pietà dei defunti che, quando esercitate dai prossimi congiunti, realizzano, allo stesso tempo, la tutela indiretta di un interesse concernente la persona del defunto e l’esigenza sociale di far scegliere ai soggetti più interessati la località ed il punto ove manifestare i sentimenti di devozione verso il parente deceduto” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8020 del 22/03/2021, Rv. 660987, che ha escluso il diritto della nuora della sorella del fondatore del sepolcro gentilizio ad essere sepolta nella tomba di famiglia, non rilevandosi alcun rapporto di consanguineità della stessa con il fondatore).

Nel caso di specie, la Corte distrettuale si è pronunciata in coerenza con i richiamati principi, valorizzando la volontà della fondatrice del sepolcro, che aveva espressamente indicato, tra i titolari del diritto primario al sepolcro, non soltanto i suoi ascendenti e discendenti in linea diretta, ma anche i collaterali […].

La Corte abruzzese, dunque, ha ritenuto che la salma di […], marito […], originaria ricorrente in prime cure, fosse stata tumulata nel sepolcro gentilizio di cui è causa non già per gentile concessione della fondatrice o dei suoi eredi, ma sulla base di un diritto proprio, derivante, per l’appunto, dall’originario atto di fondazione della cappella familiare […].

Al riguardo, va ribadito che “L’individuazione della natura di una cappella funeraria come sepolcro familiare o gentilizio e, quindi, non ereditario e, perciò, sottratto a possibilità di divisione, costituisce apprezzamento di mero fatto non suscettibile di sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti previsti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9282 del 16/04/2018, Rv. 648088).

Poiché nella specie la sentenza impugnata è fondata su una motivazione non viziata da apparenza, né manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639), l’accertamento operato dalla Corte distrettuale circa la natura del sepolcro di cui è causa e la spettanza, in capo al […], dello ius sepulchri primario, ovverosia del diritto ad essere tumulato nella cappella, non è revocabile in dubbio.

Da quanto sopra consegue l’infondatezza della doglianza con la quale gli odierni ricorrenti assumono che nel caso di specie si configurerebbe una controversia soggetta alla giurisdizione amministrativa, sul presupposto che lo ius sepulchri trova il suo fondamento in ogni caso in un atto amministrativo, poiché l’oggetto della disputa non è il diritto a realizzare, o mantenere, la cappella gentilizia.

E’ certo, infatti, che –come sostengono i ricorrenti– “La concessione da parte del comune di aree o porzioni di edificio in un cimitero pubblico configura concessione amministrativa di beni soggetti al regime demaniale, indipendentemente dall’eventuale irrevocabilità o perpetuità del diritto al sepolcro.

Pertanto, le controversie inerenti ad atti o provvedimenti relativi a tale concessione, che non attengano all’aspetto patrimoniale del rapporto, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 5 primo comma della legge 6 dicembre 1971 n. 1034” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4760 del 27/07/1988, Rv. 459593).

Di conseguenza, “La concessione da parte del Comune di aree o porzioni in cimitero pubblico integra concessione amministrativa di bene demaniale.

Ne consegue che la controversia che non attenga solo a canoni, indennità od altri corrispettivi, come quella che metta in discussione il diritto del Comune al rimborso di spese di manutenzione, ovvero la legittimità del recupero di tali spese con ingiunzione resa a norma del R.D. 14 aprile 1910 n. 639, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 5 primo comma della legge 6 dicembre 1971 n. 1034” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 375 del 16/01/1991, Rv. 470502).

Allo stesso modo, “Rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 104 del 2010, le controversie inerenti ad atti o provvedimenti relativi al riconoscimento, da parte di un Comune, della titolarità del diritto di sepoltura privata esercitato da tempo immemorabile su aree o porzioni di edificio in un cimitero pubblico, atteso che tale riconoscimento si configura quale concessione amministrativa di beni soggetti al regime demaniale” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21598 del 04/09/2018, Rv. 650279, che ha ravvisato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione ad una controversia nella quale era stata prospettata l’illegittimità del provvedimento con il quale il Comune aveva individuato il titolare originario del rapporto concessorio risalente a tempo immemorabile, e non invece la contestazione del diritto tra contendenti legati da vincoli familiari).

Tali principi, tuttavia, attraggono nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti l’esistenza o la consistenza dell’originario atto di concessione, ma non anche le liti che riguardino l’adeguamento del canone di concessione del suolo demaniale sul quale la cappella è stata realizzata, “… trattandosi di controversia dal contenuto meramente patrimoniale, sottratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a.” (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 23591 del 27/10/2020, Rv. 659447) ovvero quelle che abbiano ad oggetto il diritto dei titolari dello ius sepulchri di utilizzare il manufatto adibito a sepolcro, o di disporne, le quali appartengono invece pacificamente alla giurisdizione ordinaria.

Da ciò deriva l’infondatezza della censura in esame, rispetto alla quale è del tutto ininfluente la circostanza che la […] si sia dichiarata, nel suo originario ricorso in prime cure, titolare della concessione cimiteriale; è infatti evidente che la controversia si sviluppa interamente nell’ambito dei rapporti interni tra i titolari dello ius sepulchri primario, coincidenti con i beneficiari indicati dalla fondatrice del sepolcro, ed i loro congiunti ed aventi causa, circa il diritto di utilizzare la cappella e di accedervi per onorare la memoria dei loro defunti.

Ne consegue la piana estraneità della fattispecie al profilo della giurisdizione, eppertanto non occorre la rimessione della questione alle Sezioni unite, ex art. 374, comma 1, c.p.c. L’infondatezza del primo motivo implica il rigetto anche del terzo motivo, con il quale i ricorrenti denunziano l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli artt. 1168, 1140, 832 c.c. e del D.P.R. n. 285 del 1990, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe trascurato di considerare che Ciampagna Valeria e Giuseppe avevano eccepito di non essere subentrati all’originaria fondatrice […] nella titolarità della cappella gentilizia oggetto di causa, e dunque di non poter eseguire alcuna reintegrazione della […] nel possesso della stessa.

La titolarità della cappella (recte, della concessione per la sua edificazione) non è infatti questione rilevante per la soluzione della controversia.

Con il secondo motivo, i ricorrenti denunziano l’omesso esame di fatti decisivi, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1168, 1140, 1362, 1363, 1375 c.c., 93 del D.P.R. n. 285 del 1990, nonché l’errore di sussunzione, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto ravvisare il difetto di legittimazione ad agire della […], in quanto la stessa non sarebbe titolare di un diritto reale, bensì soltanto di un diritto personale di accedere alla cappella oggetto di causa per onorare la salma del defunto marito.

La censura è fondata. La Corte di Appello, dopo aver ravvisato la natura gentilizia del sepolcro oggetto di causa, e ritenuto che il marito della […] rientrava tra gli originari beneficiari indicati dalla fondatrice, ed era perciò titolare iure proprio del cd. ius sepulchri primario, ha riconosciuto la sussistenza, in capo alla moglie, del cd. ius sepulchri secondario, consistente nel diritto di accedere alla cappella per onorare la memoria e la salma del suo congiunto, espressamente riconoscendo natura reale anche a tale seconda posizione soggettiva […].

In argomento, tuttavia, occorre considerare che “Nel nostro ordinamento, il diritto sul sepolcro già costruito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno (o di una porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 cod. civ.) e tale concessione, di natura traslativa, crea, a sua volta, nel privato concessionario, un diritto soggettivo perfetto di natura reale, e perciò, opponibile, iure privatorum, agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti della P.A. nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongono o consigliano alla P.A. di esercitare il potere di revoca della concessione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8197 del 07/10/1994, Rv. 488032).

Ad avere dunque natura reale è il diritto, nascente dalla concessione amministrativa del terreno demaniale destinato ad area cimiteriale, di edificarvi una tomba “… (il cosiddetto diritto di sepolcro), la cui manifestazione è costituita prima dalla edificazione, poi dalla sepoltura.

Tale diritto, che afferisce alla sfera strettamente personale del titolare, è, dal punto di vista privatistico, disponibile da parte di quest’ultimo, che può, pertanto, legittimamente trasferirlo a terzi, ovvero associarli nella fondazione della tomba, senza che ciò rilevi nei rapporti con l’ente concedente, il quale può revocare la concessione soltanto per interesse pubblico, ma non anche contestare le modalità di esercizio del diritto de quo, che restano libere e riservate all’autonomia privata” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1134 del 24/01/2003, Rv. 559992).

Oltre a ciò, si deve rilevare che tradizionalmente si distingue tra diritto primario al sepolcro, ossia il diritto di essere seppellito o di seppellire altri in un dato sepolcro, e che taluno ritiene di avere natura reale, tale altro personale, ed il diritto di sepolcro secondario, questo però di natura personalissima ed intrasmissibile, che spetta a chiunque sia congiunto di una persona, che riposa in un sepolcro, di accedervi e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio al rispetto dovuto a quella spoglia.

Questo diritto secondario è senz’altro , come si è detto, di natura personale, difettando il potere sulla cosa caratteristico del diritto di sepolcro primario, e consistendo esso piuttosto che nella tutela del godimento o dell’uso di un sepolcro, nella tutela del sentimento del parente verso il defunto (così le recenti pronunce (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 370 del 10/01/2023, Rv. 666957 e Cass. Sez.2, Sentenza n. 17357 del 24/06/2024, non massimata) o comunque di coloro che sono legati da rapporti personali o affettivi tali da giustificarne l’accesso alla tomba per svolgere gli uffici ed i riti in memoria dei loro cari scomparsi.

E’ vero che questa Corte, nel remoto precedente del 1961 richiamato dalla sentenza impugnata, ha affermato che “Il diritto primario di sepolcro rispetto ad una tomba gentilizia importa il diritto alla tumulazione in quella tomba e determina una comunione indivisibile tra tutti i titolari del predetto diritto primario, sicché resta escluso il potere di disposizione della tomba stessa da parte di uno o di alcuni solo tra i predetti titolari o aventi causa da essi.

Il diritto secondario di sepolcro importa il diritto di accedere alla tomba per compiervi gli atti di culto e di pietà verso le salme dei propri congiunti o dei propri danti causa, ivi legittimamente seppellite, nonché il diritto di impedire atti che turbino l’avvenuta tumulazione delle predette salme. Il diritto secondario di sepolcro si risolve in un ius in re aliena che grava sulla tomba e ne segue gli eventuali trasferimenti” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 246 del 07/02/1961, Rv. 880956).

La successiva elaborazione giurisprudenziale, tuttavia, come si è già detto, ha distinto le due fattispecie, riconoscendo al cd. ius sepulchri secondario natura di diritto personale.

In tal senso, questa Corte ha chiaramente affermato che “Dal diritto “primario” al sepolcro –consistente nel diritto ad essere seppellito o a seppellire altri in un dato sepolcro– si distingue quello “secondario” dei parenti ad accedere alla sepoltura del proprio congiunto e ad opporsi a qualsiasi trasformazione idonea ad arrecare pregiudizio al rispetto dovuto alle sue spoglie.

Quest’ultimo costituisce esplicazione della personalità e della libertà religiosa dell’individuo (tutelata dagli artt. 2, 13 e 19 Cost.) e dalla sua lesione può derivare un danno non patrimoniale risarcibile” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 370 del 10/01/2023, Rv. 666957).

Da quanto precede deriva che la […] non era legittimata a ricorrere alla tutela possessoria, in quanto “Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale” (art. 1140 c.c.).

Il diritto di sepolcro secondario, del quale la […] aveva invocato tutela, si risolve infatti nella posizione soggettiva “… di natura personalissima ed intrasmissibile, che spetta a chiunque sia congiunto di una persona, che riposa in un sepolcro, di accedervi e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio al rispetto dovuto a quella spoglia” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17357 del 24/06/2024, non massimata, pag. 15).

Con il quarto motivo, i ricorrenti denunziano anche l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli artt. 99, 112 c.p.c. 824, 1140 e 1168 c.c., nonché la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe riconosciuto alla […] un diritto diverso da quello del quale la stessa aveva invocato la tutela.

La […], infatti, si era dichiarata titolare della concessione cimiteriale in virtù della quale il sepolcro era stato costruito, mentre la Corte di merito le avrebbe riconosciuto il diverso diritto secondario di sepolcro.

Attesa la differenza ontologica esistente tra quest’ultimo ed il diritto primario di sepolcro, del quale l’originaria ricorrente aveva dedotto di essere titolare, la Corte abruzzese sarebbe incorsa in ultrapetizione.

Dato atto di quanto ritenuto nell’esaminare il secondo motivo, il mezzo è assorbito (in ogni caso, i ricorrenti sarebbero carenti di interesse a far valere il preteso vizio processuale).

Poiché dunque, in definitiva, la […] non aveva titolo per proporre una domanda di tutela del possesso, non configurandosi, in capo alla stessa, una posizione corrispondente all’esercizio di un diritto reale, ma soltanto un diritto di natura personale, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, perché la domanda in concreto formulata dall’originaria ricorrente non poteva essere proposta.

Per effetto dell’accoglimento del secondo motivo restano assorbiti: – il quinto motivo, con cui i ricorrenti lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli artt. 1144 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto non contestata la circostanza che la […] si recasse al cimitero, prima dello spoglio dalla stessa lamentato, per onorare la salma del defunto marito tumulata nella cappella di cui è causa.

– Il sesto motivo, con cui si denunzia l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli artt. 823 c.c. e 21 ter della legge n. 241 del 1990, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe trascurato di considerare che la mancata consegna alla […] delle chiavi del sepolcro, dopo la sepoltura della sua originaria fondatrice, era stata causata dai gravi atti che la stessa aveva compiuto sul manufatto e dal fatto che la stessa aveva minacciato di far estumulare la salma della predetta fondatrice del sepolcro.

– Il settimo motivo, con cui i […] si dolgono ancora dell’omesso esame di un fatto decisivo, del travisamento della prova e della violazione degli artt. 1170, 1168 c.c., 703, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di seconde cure avrebbe ordinato la consegna delle chiavi della cappella alla […], dando per certo che la stessa le avesse prima dello spoglio oggetto del ricorso introduttivo in prime cure, senza considerare che l’istruttoria esperita in quel grado aveva, al contrario, dimostrato che la originaria ricorrente non aveva mai avuto le chiavi di accesso al manufatto.

Allo stesso modo, il giudice del gravame avrebbe dato per certa la collocazione nel sepolcro, a cura della […], di una lampada votiva, anche in tal caso senza alcuna prova a sostegno dell’assunto della parte originaria ricorrente. L’impossibilità di configurare, in astratto, il possesso di un diritto di natura personale è infatti pregiudiziale rispetto alla valutazione della condotta nella quale, eventualmente, esso si sarebbe manifestato all’esterno e delle prove addotte a sostegno della tesi prospettata dalla […].

Egualmente assorbito è l’ottavo ed ultimo motivo, con cui i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 4 del D. M. n. 55 del 2014, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente calcolato le spese del grado applicando lo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile, aumentandolo di un terzo, senza tener conto che il giudizio possessorio si articola in due fasi, la prima di carattere sommario e la seconda a cognizione piena, e che nel caso di specie la […] aveva rinunciato a talune domande, dalla stessa proposte in sede sommaria, rigettate, e non riproposte nella successiva fase di cd. merito possessorio.

In particolare, la […] aveva chiesto, oltre alla reintegrazione nel possesso, anche il ripristino della scritta esistente sulla facciata esterna del sepolcro, e tale seconda domanda, respinta in sede sommaria, non era stata riproposta in fase di merito.

Stante la rinunzia a coltivare la predetta richiesta, il rigetto era divenuto definitivo, con conseguente sussistenza di una ipotesi di soccombenza reciproca, che di per sé esclude la possibilità di riconoscere alla parte non totalmente vittoriosa l’aumento di 1/3 in concreto riconosciuto alla […].

In definitiva, va accolto il secondo motivo, vanno rigettati il primo ed il terzo motivo del ricorso, ed assorbiti gli altri.

La sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ex art. 382, comma 3, ultima parte, c.p.c. perché la causa non poteva essere proposta.

In ragione della peculiarità della fattispecie, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese, sia del giudizio di merito che di quello di legittimità.

 

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Copyright © 2019 Giurista Consapevole - Registrazione n°97 del 9 Luglio 2019 presso il Tribunale di Roma

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