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Fase esecutiva del processo – Obbligo, in capo al giudice dell’esecuzione, di motivare la decisione in ordine all’applicabilità della disciplina del reato continuato a fattispecie di reato permanente – Reato permanente – Reati contro la famiglia – Inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento a favore dei figli economicamente non autonomi

by Eleonora Piccoli
24 Ottobre 2021
in Diritto Penale
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Cass. pen., I, ud. dep. 28.09.2021, n. 35609

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)

  1. Il ricorso è fondato per i motivi di seguito ravvisati.

 

  1. Precisa, in via preliminare, la Corte che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto, in primo luogo, qualificare come ricorso per cassazione l’atto depositato il 12/11/2020 recante critiche avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di continuazione e, in secondo luogo, trasmetterlo alla predetta in luogo di dichiararlo inammissibile con decreto del 19/11/2020. Secondo la Corte, peraltro, tale decreto, siccome emesso in violazione di legge, deve essere annullato senza rinvio.

 

  1. In seconda istanza, la Corte richiama l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, in tema di reati contro la famiglia, la fattispecie di cui all’art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970, che punisce l’inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli economicamente non autonomi, si configura quale reato a natura permanente, la cui consumazione termina con l’adempimento integrale dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio (Sez. 6, n. 23794 del 27/04/2017, Rv. 270223 – 01).

La Corte menziona, in seguito, un orientamento della stessa giurisprudenza in virtù del quale, in tema di reato permanente, il divieto di un secondo giudizio riguarda la condotta delineata nell’imputazione ed accertata con sentenza, di condanna o di assoluzione, divenuta irrevocabile e non anche la prosecuzione della stessa condotta o la sua ripresa in epoca successiva, trattandosi di “fatto storico” diverso non coperto dal giudicato (Sez. 3, n. 9988 del 19/12/2019, dep. 2020, Rv. 278534 – 01; cfr. Corte Costituzionale, 14/03/2018, n. 53).

Osserva, dunque, la Corte, in applicazione dei principi suesposti, che il giudice dell’esecuzione, posto che il V. era stato condannato con due sentenze di condanna per due separate condotte, ciascuna oggetto di apposita contestazione e di distinta sentenza di condanna, non poteva ritenere, peraltro in violazione del giudicato, che si trattasse di reato unico e che, pertanto, mancasse quella pluralità di reati che costituisce il primario presupposto logico-giuridico per l’applicazione della disciplina della continuazione, ma avrebbe dovuto condurre apposita valutazione di merito per stabilire se, pacifica la pluralità dei reati giudicati con le due distinte sentenze, potessero ravvisarsi o escludersi elementi significativi della invocata continuazione.

  1. In conclusione, per le ragioni esposte, la Corte accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla senza rinvio il decreto impugnato del 19/11/2020; annulla, invece, l’ordinanza impugnata del 12/11/2020 con rinvio al giudice dell’esecuzione, il quale avrà facoltà di affermare o escludere la sussistenza della continuazione fra i predetti reati, ma dovrà rendere, a sostegno della propria decisione, una motivazione congrua e coerente.
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