TAR SICILIA , Sez. I , sentenza 13 giugno 2025 n. 1299
PRINCIPIO DI DIRITTO
Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.
Ne consegue che l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali non conformi al diritto comunitario (nella specie, tutte le disposizioni nazionali che hanno introdotto e continuano ad introdurre, con una sistematica violazione del diritto dell’Unione, le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative) incombe non solo sui giudici, ma anche sulle autorità amministrative ivi comprese quelle comunali
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- 1. – […] la società ricorrente espone che:
– in data 7.2.2008 sottoscriveva con l’Assessorato regionale Territorio e Ambiente la concessione demaniale marittima n. 1/2008, avente ad oggetto un’area demaniale marittima ubicata in località Addaura del Comune di Palermo, della superficie di mq 280, allo scopo di realizzare una struttura per fitness all’aria aperta e per lo svolgimento di attività nautiche e relativi corsi di formazione, per la durata di anni sei a decorrere dal 1 gennaio 2008, poi successivamente prorogata fino al 31.12.2023;
[…];
[…]
[…]
- – […]
- – Rileva il Collegio che la concessione dichiarata decaduta dall’amministrazione è stata successivamente prorogata fino al 31 dicembre 2023. Ne consegue che, essendo detta concessione scaduta, la ricorrente non ricaverebbe alcuna utilità dalla rimozione del provvedimento di decadenza impugnato.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con la precisazione che, oltre la data del 31 dicembre 2023, la concessione in parola ha cessato comunque di produrre effetti, dovendosi disapplicare per contrasto con le norme dell’ordinamento dell’Unione Europea le ulteriori proroghe previste dall’articolo 12, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14 (fino al 31 dicembre 2024) e dall’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1.1, del decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 2024, n. 166 (fino al 30 settembre 2027).
Tale conclusione è in linea con la copiosa giurisprudenza in materia secondo la quale “come statuito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (anche con la recente sentenza del 20 aprile 2023, resa nella causa C-348-22), gli obblighi contenuti nella direttiva 2006/123 (c.d. Direttiva Bolkenstein) devono ritenersi enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso sicché gli stessi sono immediatamente produttivi di effetti diretti.
Come a più riprese statuito dalla Corte di Giustizia, risulta dallo stesso tenore letterale dell’art. 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.
Ne consegue che l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali non conformi al diritto comunitario (nella specie, tutte le disposizioni nazionali che hanno introdotto e continuano ad introdurre, con una sistematica violazione del diritto dell’Unione, le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative) incombe non solo sui giudici, ma anche sulle autorità amministrative ivi comprese quelle comunali (cfr. Corte di Giustizia 20 aprile 2023, resa nella causa C-348-22; Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4481; id., 20 maggio 2024, nn. 4479 e 4480; Cons. Stato, Ad. Plen., 25 giugno 2018, n. 9)” (Cons. Stato, Sez. VII, 04/04/2025 n. 2907; in termini T.A.R. Liguria, Sez. I, 19 febbraio 2025, n. 183; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 24 febbraio 2025, n. 268; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 16/04/2025 n. 124).
Anche nel caso in esame, non può dubitarsi dell’applicabilità alla fattispecie in esame della direttiva n. 2006/123/CE (c.d. Bolkestein) – peraltro self executing (cfr. C.d.S., Sez. V, 19 novembre 2024, n. 9266; Sez. VII, 9 maggio 2024, n. 4163) – recepita dall’ordinamento interno, con il d.lgs. n. 53/2010 di talché la concessione in questione, sia nel momento dell’adozione del provvedimento impugnato (D.D.G. 78 del 24.1.2025 avente con il quale è stata disposta la decadenza della CDM n.1/2008) che in quello di revoca (disposta con la n. prot. 22989 del 10.4.2025) sul precedente atto oggetto d’impugnazione, era definitivamente scaduta e tale lo è, ovviamente, anche ora.
Né possono giovare le considerazioni difensive svolte dalla difesa dell’Amministrazione regionale in ordine all’asserito carattere tecnico della proroga del provvedimento di concessione per cui è causa – finalizzata alla “predisposizione, svolgimento e conclusione delle procedure competitive per l’assegnazione del bene demaniale” e, pertanto, alla sua insuscettibilità di disapplicazione, “poiché non si pone in contrasto con il diritto unionale”.
Ed invero, l’unico atto cui poter eventualmente ricondurre un effetto di “proroga tecnica” in materia risulta essere il D.A. Territorio e Ambiente n. 1784 del 30.12.2023, che ha disposto in via generale la proroga delle CDM sino al 31.12.2024 onde consentire lo svolgimento di siffatte procedura (ancora da bandire), ma che non è stato seguito né dalla indizione di dette procedure né da alcun ulteriore atto di proroga; deve quindi escludersi che sussista alcuna delle condizioni alla ricorrenza delle quali la pronuncia del Consiglio di Stato (n. 4479/2024) invocata dall’Avvocatura dello Stato aveva subordinato la configurabilità della c.d. “proroga tecnica”, e ciò indipendentemente dalla correttezza o meno della conseguenza tratta in termini di insuscettibilità di disapplicazione.
Così ricostruiti i termini essenziali della fattispecie in esame, non sussistono dunque i presupposti nè per procedere allo scrutinio della (asserita) illegittimità del provvedimento di decadenza impugnato – attesa peraltro la mancanza di qualsivoglia prospettazione di tipo risarcitorio ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., considerato che la ricorrente non ha dichiarato, neppure alla camera di consiglio dell’8.04.2025 o negli scritti difensivi successivi, di avere un tale interesse – né per accogliere la “domanda di cessata materia del contendere ex art. 34 comma 5 del c.p.a.” da ultimo formulata da parte ricorrente attesa la mancanza del presupposto processuale dell’interesse, presupposto di una qualsiasi pronuncia di merito (per la natura non meramente processuale della pronuncia di cessazione della materia del contendere cfr. Consiglio di Stato , sez. V , 15/04/2025 , n. 3231, secondo il quale “La pronuncia che statuisce la cessazione della materia del contendere nel giudizio amministrativo è caratterizzata dal contenuto di accertamento nel merito della pretesa avanzata e dalla piena soddisfazione eventualmente arrecata ad opera delle successive determinazioni assunte dalla pubblica amministrazione; tale decisione non ha pertanto valenza meramente processuale, ma contiene l’accertamento relativo al rapporto amministrativo controverso e alla pretesa sostanziale vantata dall’interessato.”.
- – Il ricorso deve dunque essere dichiarato, con le precisazioni che precedono, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
- – Nondimeno sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti costituite le spese di lite, considerato, da un lato, il comportamento tenuto dalla ricorrente in violazione degli obblighi sulla stessa gravanti (dei quali è dato puntuale riscontro nei verbali di accertamento), solo ex post dalla stessa sanata con la remissione in pristino dell’area e conseguente eliminazione degli abusi; dall’altro, che vanno disattese anche le tesi dell’amministrazione regionale in ordine alla portata della proroga delle concessioni demaniali marittime.