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Home Diritto Penale

Lavoro – Difetto di indicazioni certe, lesioni personali colpose del lavoratore e responsabilità penale del datore.

by Silvia Lucietto
8 Dicembre 2021
in Diritto Penale
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Cass. Pen., IV, ud. Dep. 06.10.2021, n, 36181

 

Con la sentenza n. 36181 del 10 ottobre 2021, la Corte di Cassazione ha confermato quanto statuito dalla sentenza d’Appello, oggetto di impugnazione, che ha ritenuto penalmente responsabile un datore di lavoro per le lesioni colpose subite dal lavoratore.

Consapevole dell’attenta analisi della regiudicanda effettuata dalla Corte Territoriale, in quanto ha preso in esame tutte le deduzioni difensive ed è giunta alle conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico incensurabile, la Corte di Cassazione ha ritenuto colpevole il datore di lavoro dell’infortunio in quanto causato dall’inadeguatezza delle misure precauzionali adottate.

Infatti, all’interno dello stabilimento dove si svolgeva l’attività lavorativa, era assente sia la differenziazione delle due vie di circolazione, l’una dedicata al passaggio pedonale e l’altra al transito dei mezzi, sia una specifica segnalazione delle stesse, situazione aggravata, tra l’altro, dalla sussistenza sul suddetto luogo di transito di materiali accatastati che di fatto hanno limitato la visibilità e la cui presenza non è risultata frutto di una situazione straordinaria.

TESTO RILEVANTE DELLA SENTENZA.

2. Nel caso di specie, il giudice a quo ha evidenziato come dalla deposizione del funzionario Spresal, della persona offesa e del carrellista R.M. , oltre che dall’esame della documentazione fotografica acquisita, fosse emerso che proprio accanto alla porta da cui era transitato l’Ag. era presente materiale accatastato che limitava la visibilità sia del pedone che del conducente del carrello, poiché vi erano due cataste di cassoni, senza che fosse peraltro delimitato lo spazio destinato al transito dei mezzi e quello destinato alla circolazione dei pedoni, benché l’assidua frequentazione di quell’area rendesse necessario prevedere anche delle strisce, tipo attraversamento pedonale, che invece mancavano. Dunque l’area antistante la porta in questione era utilizzata normalmente sia quale via di transito per i carrelli sia quale passaggio per i pedoni che dovevano recarsi ai servizi igienici o al punto di ristoro, in assenza di qualsiasi distinzione tra l’area destinata agli uni e agli altri e quindi in una situazione di obiettiva interferenza tra veicoli e pedoni. Unica misura precauzionale, per evitare che i veicoli transitassero a filo della porta da cui potevano uscire i pedoni, era costituita dalla collocazione di basse barriere metalliche, larghe circa 35-40 cm, ai lati della porta e che, in sostanza, dovevano servire a impedire che i carrelli transitassero a una distanza inferiore ai 45 -50 cm dalla porta. Ma si trattava di misura precauzionale insufficiente, in considerazione delle modeste dimensioni della barriera; in difetto di adeguate differenziazioni delle due vie di circolazione e in assenza di specifiche segnalazioni delle stesse, essendo perciò possibile per i pedoni attraversare in via ortogonale l’area in cui transitavano frequentemente i muletti e i carrelli elevatori, in una condizione di generale confusione che appariva indubbiamente aggravata dalla presenza degli ingombri citati, posto che la presenza del pedone non era visibile preventivamente dal carrellista nè quella del carrello era immediatamente percepibile dal pedone. D’altronde la presenza di materiali non risultava frutto di una situazione straordinaria, stante l’assenza di specifiche indicazioni che tale presenza evitassero o dell’adozione di provvedimenti in tal senso.

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