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*Obbligazioni e contratti – Appalto, committente che denuncia tardivamente i vizi dell’opera e colpa grave

by Francesca Senia - Avvocato del Foro di Ragusa
9 Maggio 2022
in Diritto Civile
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Corte di Cassazione, II Sezione Civile, ordinanza 21 febbraio 2022, n. 5558

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)

Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., dell’art. 2043 c.c., e dei principi in materia di causalità negli illeciti extracontrattuali per avere la corte d’appello riconosciuto la responsabilità aggravata sulla sola base dell’elemento soggettivo senza aver verificato il prospettato danno.

Assume, invero, la ricorrente, l’insussistenza di tale danno allegato dal prestatore d’opera ed ontologicamente inesistente nei termini formulati, non essendo stato provato l’allegato impedimento alla facoltà di promuovere la tutela processuale presso il Foro di Verona, dove si trova la sede della ditta individuale, asseritamente determinato dall’introduzione del giudizio di riduzione del prezzo avanti al Tribunale di Roma.

Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., per avere erroneamente il giudice del merito ritenuto che la società aveva agito nella consapevolezza dell’infondatezza della domanda, in considerazione dell’evidente tardività della denuncia dei vizi, trascurando che a fondamento della domanda di riduzione del prezzo era stato allegato l’intervenuto riconoscimento dei vizi da parte del prestatore d’opera, con conseguente irrilevanza della tempestività o tardività della denuncia degli stessi; peraltro, secondo la ricorrente, la riconosciuta infondatezza di detta prospettazione non avrebbe potuto giustificare di per sé l’accertamento della responsabilità aggravata, essendo necessaria la consapevolezza dell’infondatezza della domanda così come formulata dalla parte che ha agito in giudizio.

Con il terzo motivo, prosegue la Corte, si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto la mala fede e la colpa grave della società fondate sull’evidenza della maturata decadenza dalla garanzia mentre la domanda giudiziale dell’attrice era fondata sul diverso elemento del riconoscimento del vizio da parte del prestatore d’opera.

Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., in relazione al danno come liquidato.

Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti, non avendo considerato ai fini della liquidazione del danno da responsabilità aggravata la circostanza che il prestatore aveva formulato domanda riconvenzionale per il conseguimento del saldo del credito vantato nei confronti della società attrice.

Così enunciati i motivi del ricorso occorre, innanzitutto, evidenziare ai fini della delibazione del primo, quarto e quinto motivo che l’entità e la liquidazione riconosciuti dal primo giudice a titolo di danno per responsabilità aggravata non hanno costituito oggetto di gravame sul quale si era pronunciata la corte d’appello, il che comporta l’inammissibilità delle doglianze sul punto proposte con quei motivi avanti alla Corte giacche si tratta di questioni rimaste estranee all’appello.

Con riguardo agli altri due motivi, strettamente connessi perché relativi alla sussistenza del presupposto soggettivo della responsabilità aggravata, essi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.

Costituisce, infatti, principio giurisprudenziale consolidato che in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai fini della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità (Cass. 327/2010; id. 19298/2016).

Nel caso di specie la corte d’appello ha confermato la sussistenza della colpa grave attribuendo rilevanza decisiva al considerevole intervallo temporale trascorso fra la richiesta di pagamento, che già faceva seguito a precedenti richieste informali di saldo, e la proposizione della domanda di riduzione del prezzo in ragione dei vizi riscontrati: ad avviso della corte territoriale ciò rendeva evidente la consapevolezza della non tempestività della contestazione dei vizi e comunque integrava una grave negligenza.

Peraltro la corte territoriale ha integrato la motivazione della sentenza di prime cure, precisando che era stata fornita la prova della corretta realizzazione dell’opera e dell’uso da parte della committente fin dalla consegna (cfr. pag. 5, ultimo cpv.) circostanze di fatto di cui la ricorrente non tiene conto nel formulare la critica alla statuizione sulla condanna ex art. 96 c.p.c..

La corte territoriale ha dunque svolto un apprezzamento articolato e motivato che non è inciso dalla denunciata violazione di legge e peraltro non accompagnata dalla specificazione del principio interpretativo asseritamente violato.

In definitiva, conclude la Corte, il ricorso è respinto.

Nulla va disposto sulle spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

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