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*Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Diritto a chiedere la rendita vitalizia e termine di prescrizione

by Dott.ssa Augusta Palmeri
25 Agosto 2025
in Diritto Civile
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Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 7 Agosto 2025 n. 22802

PRINCIPIO DI DIRITTO

Ai fini dell’esercizio della facoltà di chiedere all’ INPS la costituzione della rendita vitalizia reversibile, disciplinata dall’art.13 comma 1° della legge n.1338 del 1962, il termine di prescrizione decorre per il datore di lavoro dalla intervenuta prescrizione dei contributi; invece  la rendita richiesta dal lavoratore  ai sensi dell’art.13, comma 5°, della legge citata inizia a prescriversi da quando si è prescritto il diritto del datore di lavoro di chiedere la costituzione della rendita ai sensi dell’ art.13, comma 1°, della medesima legge.

        TESTO RILEVANTE DELLE DECISIONE

10.1. Pertanto, secondo l’interpretazione maggioritaria, una volta che si escluda l’imprescrittibilità dell’azione volta alla costituzione della rendita vitalizia, vi sarebbero ragioni testuali, logiche e finalistiche per una interpretazione dell’art.13 della legge n. 1338 del 1962 che ancori la decorrenza della prescrizione in

danno del lavoratore non già alla data di prescrizione dei contributi (rectius, alla data di prescrizione della facoltà del datore di lavoro di versare la riserva matematica, a sua volta decorrente da quella di prescrizione dei contributi), ma alla stessa data in cui matura il danno di cui all’art. 2116 comma 2° c.c. al momento in cui emerge che l’ente previdenziale, per effetto dell’omissione contributiva, non è tenuto al pagamento della prestazione pensionistica in conseguenza.

  1. Fatte queste premesse, il Collegio ritiene che si debba addivenire ad una soluzione che differenzi l’esordio della prescrizione in relazione alle diverse azioni esercitabili e assicuri in tal modo una tutela più piena in adesione al proposito del legislatore, il quale ha inteso costruire un “congegno” atto a preservare per quanto possibile l’assicurato da danni previdenziali.

13.1. Ritiene infatti il Collegio che alla diversa natura e funzione delle azioni esercitabili, poste a presidio e a tutela del diritto ad assicurare l’integrità contributiva e a evitare danni conseguenti all’omissione, è coerente collegare anche termini differenti di inizio del decorso della prescrizione.

16.2. Tuttavia, appare più coerente con il sistema di tutele apprestato dalla legge n. 1338 del 1962, anche come novellata dall’art. 30 della legge n. 203 del 2024 entrata in vigore il 12 gennaio 2025, ritenere che il diritto del lavoratore ad agire in luogo del datore di lavoro per la costituzione della rendita vitalizia non possa cominciare a prescriversi prima che sia venuto meno il diritto dello stesso datore di lavoro di provvedervi.

16.3. In questo senso depone in primo luogo l’argomento letterale ravvisabile nella disposizione del quinto comma del più volte richiamato art. 13 che prevede che il lavoratore possa egli stesso sostituirsi al datore di lavoro quando «non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita». Se è da quel momento che sorge il diritto il termine di prescrizione non può decorrere che dalla maturazione della prescrizione della facoltà del datore di costituire la riserva matematica ex art. 13, primo comma.

16.4. Si ha quindi che una volta maturata la prescrizione dei contributi decorrerebbe per il datore di lavoro che non li abbia versati il termine decennale di prescrizione del diritto a versare la riserva matematica ai fini della costituzione della rendita reversibile in favore del lavoratore.

  1. Va invece ritenuto che la scelta di interpretare l’espressione “non possa ottenere” in senso sequenziale – con la prescrizione per il lavoratore che comincia a decorrere dal momento in cui si prescrive per il datore di lavoro il diritto a chiedere la costituzione della rendita – è quella che si rivela più coerente oltre che con il tenore letterale della norma anche con la ratio che la ha ispirata.

17.1. Come si è ricordato, il legislatore del 1962 ha inteso creare un congegno di regolarizzazione contributiva che consenta di valorizzare, ai fini del trattamento pensionistico, quei periodi lavorativi per i quali si siano verificate omissioni contributive non sanabili per effetto di prescrizione (così la relazione alla legge 1338 del 1962). L’intervenuta prescrizione del diritto del datore di lavoro alla costituzione della rendita costituisce, insieme ad altre cause che possono determinare per il datore di lavoro l’impossibilità di provvedere alla costituzione della rendita, la ragione principale per la quale il lavoratore non è definitivamente più in condizione di sollecitarne la costituzione né di ottenerla altrimenti se non provvedendovi direttamente come gli consente il quinto comma del citato art. 13. Nulla preclude la possibilità di agire in giudizio in sostituzione del datore di lavoro che non possa, per altre ragioni, provvedere alla costituzione della rendita anche prima della maturazione della prescrizione datoriale. Si pensi al caso della società che nelle more della maturazione del termine di prescrizione decennale dalla prescrizione dei contributi si cancelli e poi si estingua. Anche in questo caso, e ancor prima della maturazione della prescrizione, il lavoratore potrà sostituirsi al datore di lavoro provvedendo al versamento della riserva matematica ai sensi del quinto comma.

17.2. In sostanza, poiché l’esercizio del diritto da parte del lavoratore è connesso alla impossibilità di ottenere altrimenti la costituzione della rendita, non ne è affatto precluso l’esercizio prima che sia maturata la prescrizione del diritto alla costituzione della rendita ex art. 13 comma 1. Ciò non toglie che è proprio da quel momento (quando siano decorsi dieci anni dalla prescrizione dei contributi) che definitivamente il datore di lavoro non potrà più esercitare la facoltà di chiedere all’Inps la costituzione della rendita e da quel momento indubitabilmente il lavoratore potrà ricorrervi.

  1. In sostanza il sistema di decorrenza della prescrizione del diritto alla costituzione della rendita come sopra delineato, con termini che decorrono in sequenza per i diversi soggetti che se ne possono avvalere, consente di assicurare la concreta possibilità di applicare il “congegno” di regolarizzazione contributiva per un arco di tempo sufficientemente esteso e ragionevolmente idoneo ad assicurarne la effettività.

19.1. Come sopra detto attribuendo un significato meno tecnico all’espressione “può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro” e valorizzando il fatto che il lavoratore può intervenire solo “quando non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita a norma del presente articolo” (perché decorso quel termine di prescrizione) si può tenere fermo per il datore di lavoro la decorrenza della prescrizione dalla scadenza del termine per versare i contributi. In questo senso va considerato che si tratta di rimedio apprestato sostanzialmente in suo favore, poiché lo tiene indenne dal rischio di rispondere anche a fronte di un minimo inadempimento di danni rilevanti (come si è cercato di chiarire sopra e come affermato dalla dottrina sin dai primi commenti alla norma). A ciò si aggiunga che non v’è dubbio che il datore di lavoro è ben a conoscenza non solo del suo inadempimento ma anche della definitiva impossibilità di adempiere una volta che i contributi si sono prescritti.

19.2. Viceversa, per il lavoratore (che può sostituirsi al datore di lavoro e chiedere la costituzione della rendita versando la dovuta riserva matematica e salvo il risarcimento del danno) il termine decorre, come detto, da quando, maturata la prescrizione per il datore di lavoro questi non possa più provvedere a costituire la rendita. In questo modo per il lavoratore sarà possibile chiedere

la costituzione della rendita con onere a suo carico e diritto al risarcimento del danno per ulteriori dieci anni dal decorso della prescrizione in capo al datore di lavoro.

 

NOTA A SENTENZA

La pronuncia in commento affronta la delicata questione della prescrittibilità dell’azione prevista dall’articolo 13 della legge n.1338 del 1962, soffermandosi sull’individuazione del dies a quo della prescrizione.

Si tratta di un tema di grande rilievo, poiché la determinazione del dies a quo incide non solo sull’effettiva possibilità di tutela del diritto azionato, ma anche sul bilanciamento tra l’interesse del lavoratore a garantire la propria posizione previdenziale e l’esigenza di certezza del rapporti giuridici.

La norma disciplina un peculiare meccanismo di regolarizzazione contributiva volto a rimediare a omissioni non più sanabili per effetto di prescrizione. In tali casi, il datore di lavoro ha la facoltà di costituire una rendita vitalizia reversibile mediante il versamento di una riserva matematica all’INPS; qualora non provveda, il lavoratore può sostituirsi ad esso e adempiere con il diritto al risarcimento del danno.

Il problema sottoposto alla Corte riguardava se tale azione fosse imprescrittibile, in quanto funzionale a garantire un diritto previdenziale, oppure soggetta a prescrizione e, in quest’ultimo caso, da quale momento essa dovesse iniziare a decorrere.

La Corte ha escluso l’ipotesi di imprescrittibilità, ritenendo che l’azione sia soggetta a prescrizione, ma che il termine decorre in maniera differenziata per il datore e il lavoratore. Per il datore di lavoro, la prescrizione decennale decorre dal momento in cui si prescrive l’obbligo contributivo originario: da quel momento, pur non potendo più versare i contributi omessi, egli conserva la facoltà di costituire la riserva matematica. Per il lavoratore, invece, la prescrizione decorre dal momento in cui anche tale facoltà del datore si estingue. Il diritto del lavoratore nasce, dunque, solo quando diventa definitivamente impossibile ottenere la costituzione della rendita da parte del datore, ossia allo scadere del termine entro cui quest’ultimo avrebbe potuto provvedere.

La Corte fonda questa soluzione su diversi argomenti.

In primo luogo, sul piano letterale, l’articolo 13, comma 5, prevede che il lavoratore possa sostituirsi al datore quando “non possa ottenere” da quest’ultimo la costituzione della rendita: ciò significa che fino a quel momento il suo diritto non può dirsi sorto.

In secondo luogo, sotto il profilo sistematico, la legge del 1962 ha istituito un congegno di regolarizzazione volto a garantire l’integrità della posizione previdenziale, e una decorrenza anticipata della prescrizione ne svuoterebbe di fatto l’efficacia.

Infine, dal punto di vista teleologico, la differenziazione consente di rafforzare la protezione del lavoratore, allungando i tempi entro i quali egli può intervenire per salvaguardare i propri diritti previdenziali.

La soluzione adottata dalla Corte determina quindi un meccanismo sequenziale: il datore di lavoro è soggetto a prescrizione decennale decorrente dalla prescrizione dei contributi, e il lavoratore dispone a sua volta di un ulteriore termine decennale dalla prescrizione della facoltà datoriale di costituire la rendita. In tal modo il rimedio può operare per un arco temporale molto esteso, assicurando una tutela effettiva della posizione assicurativa. La Corte precisa, tuttavia, che il lavoratore può anche intervenire prima che sia decorso il termine per il datore, qualora questi si trovi comunque nell’impossibilità di provvedere, ad esempio per estinzione della società.

La decisione merita di essere condivisa in quanto evita l’anomalia dell’imprescrittibilità, riconducendo la materia nell’ambito dei principi generali della prescrizione, e allo stesso tempo rafforza la tutela previdenziale del lavoratore, garantendogli un periodo più ampio per regolarizzare la propria posizione. Si tratta dunque di una pronuncia che realizza un punto di equilibrio tra l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici e la protezione della posizione previdenziale del lavoratore, offrendo una lettura coerente con la ratio legis. Tuttavia, rimane il dubbio che un sistema così strutturato, prolungando i tempi fino a vent’anni, possa incidere negativamente sulla certezza dei rapporti giuridici e favorire contenziosi tardivi.

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