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Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Vendita simulata, ricorso alla prova presuntiva e pagamento del prezzo

by Rosanna Andreozzi - Avvocato
21 Ottobre 2025
in Diritto Civile
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Corte d’Appello di Napoli, Sezione Civile, sentenza 17 settembre 2025 n. 4279

PRINCIPIO DI DIRITTO

Va ribadito quanto affermato dalla Suprema Corte, secondo cui: solo qualora l’azione di simulazione di un contratto di compravendita immobiliare si fondi su elementi presuntivi che, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2697 c.c., indichino il carattere fittizio dell’alienazione, l’acquirente ha l’onere di provare l’effettivo pagamento del prezzo, potendosi, in mancanza, trarre elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto.

Dunque, in assenza di un principio di prova circa il carattere fittizio dell’impugnato atto, la mancata ottemperanza dell’onere di prova a carico di parte acquirente circa il pagamento del prezzo non è sufficiente per ritenere provata l’esistenza di un accordo simulatorio tra l’acquirente ed i venditori, perché altrimenti si verificherebbe un’inversione dell’onere probatorio in violazione dell’art. 2697 c.c. .

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

[…]

  1. La gravata sentenza ha accolto la domanda con le seguenti motivazioni: ” … la domanda di simulazione avanzata dalla U. S.p.A. è fondata e va accolta per le argomentazioni di seguito esposte.

Giova anzitutto ricordare che, ai sensi dell’art. 1416, 2 comma c.c., i creditori del simulato alienante conservano la garanzia patrimoniale sul bene apparentemente alienato e possono agire per fare accertare la simulazione dell’atto che pregiudichi i loro diritti. Il pregiudizio sussiste ogni qual volta il contratto che si assume simulato determinerebbe – se efficace – una modifica quantitativa o qualitativa del patrimonio del debitore tale da rendere la soddisfazione del credito più incerta, più difficile o comunque più onerosa (cfr. Cass. 17.settembre 1981 n. 5154).

È legittimato all’azione di simulazione anche il titolare di un credito illiquido e non esigibile (cfr. Cass. 30 gennaio 1990 n. 644).

Orbene, non vi è dubbio che la U. S.p.A. appare legittimata a far valere la dedotta simulazione.

Ed invero, M.C. – del quale sono eredi gli odierni convenuti P.M.R., M.M. e M.G. – risultava essere fideiussore rispetto ai crediti vantati dalla banca attrice nei confronti della A.C.S. srl, di cui era socio accomandante, in virtù di atto di fideiussione omnibus del 3.04.2006.

Per i crediti in questione la U. S.p.A., a seguito del fallimento della debitrice principale A.C.S. srl (Tribunale di Napoli sentenza n. 109/2009 n. 15.07.2009) aveva ottenuto da questo Tribunale, in danno dei fideiussori, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 10260/2009 dell’11.09.2009 (n. 32938/2009 rgac).

Né rileva in questa sede che avverso il predetto d.i. sia stata proposta opposizione dai debitori ingiunti, atteso che ai fini dell’esperimento dell’azione di simulazione non è necessario un credito liquido ed esigibile, accertato giudizialmente. In ordine, poi, al disconoscimento effettuato in questa sede dai convenuti della conformità all’originale dell’atto di fideiussione e delle firme apposte in calce al predetto documento, osserva il Tribunale come lo stesso si appalesi inammissibile in quanto assolutamente generico.

E’ noto invero che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia (così come della sottoscrizione apposta in calce allo stesso) non può avvenire con clausole di stile e generiche, ma vada operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (cfr. Cass. 7775/14).

Depone inoltre in senso contrario alla fondatezza dell’assunto disconoscimento anche la circostanza – invero non contestata dai convenuti – che nel giudizio di opposizione proposto avverso l’indicato decreto ingiuntivo lo stesso M.C. non aveva effettuato alcun disconoscimento delle sottoscrizioni a lui riconducibili ed apposte in calce al medesimo atto di fideiussione posto a fondamento della pretesa creditoria azionata dalla banca (cfr. atto di opposizione, in produzione parte attrice). Parimenti generiche, poi, sono le contestazioni sollevate dai convenuti in ordine all’esistenza ed all’ammontare del credito vantato dalla banca attrice, essendosi i convenuti limitati ad eccepire genericamente il difetto del calcolo in relazione agli interessi ed alla ricapitalizzazione applicata, omettendo tuttavia di indicare le singole annotazioni in conto di cui deducevano la illegittimità nonché, anche approssimativamente, l’ammontare complessivo degli addebiti ai quali intendevano opporsi.

Del resto, le medesime doglianze sono state oggetto dell’indicato giudizio di opposizione. Inoltre, a prescindere dal tenore generico delle contestazioni mosse dai convenuti con riferimento al quantum del credito azionato, occorre altresì evidenziare, come le doglianze appaiono in ogni caso precluse al fideiussore, stante la natura autonoma della garanzia prestata dal M. con atto del 3.04.2006, quale emerge inequivocamente dalle clausole concernenti l’obbligo di pagamento immediato ed a semplice richiesta scritta e l’obbligo dei fideiussori di garantire il pagamento delle somme dovute anche se l’obbligazione principale sia dichiarata invalida.

Va, altresì, disattesa l’ulteriore eccezione sollevata dai convenuti concernente l’intervenuta estinzione della fideiussione, a norma dell’art. 1955 c.c., per avere il fideiussore perso, a causa della condotta inerte della banca, il diritto di surrogarsi nelle ragioni del debitore principale.

La deduzione è infondata, poiché, oltre a risultare assolutamente generica, intende ravvisare il fatto colposo del creditore, dal quale dovrebbe discendere l’estinzione della garanzia, nell’inerzia dal medesimo serbata nell’agire contro il debitore principale. In senso contrario, deve, peraltro, osservarsi che, secondo la giurisprudenza, se il creditore tace al fideiussore l’involuzione economica subita dal debitore, il “garante” non può ritenersi liberato dall’obbligazione ex art. 1955 c.c., in quanto non è rilevante il comportamento meramente inattivo del creditore, richiedendosi la violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che si sia concretizzato nella perdita del diritto (di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore (cfr. Cass. Civ. 21645/10).

In ogni caso, l’eccezione in esame è in radice infondata, perché come sopra già osservato il negozio fideiussorio, sottoscritto dal M., reca, una clausola in forza della quale si prevede che l’obbligo del fideiussore permane sino alla totale estinzione di ogni credito verso la concedente, che è dispensata, in deroga all’art.1957 c.c., dall’agire verso il debitore principale o qualunque altro coobbligato entro i termini di cui alla citata norma.

Ne consegue che nella specie non è ravvisabile alcuna condotta colposa a carico del creditore ai sensi dell’art. 1955 c.c..

Dal contratto risulta, quindi, che il garante aveva rinunciato espressamente al regime della decadenza di cui all’art. 1957 c.c..

Né, invero, può dubitarsi della validità della richiamata previsione negoziale – peraltro oggetto di specifica e separata approvazione scritta da parte dei garanti – avendo costante giurisprudenza ritenuto che la decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore (cfr. Cass. Civ. n. 21867/13, 9455/12).

Ciò posto in ordine alla sussistenza del credito, l’atto che si assume simulato comporta indiscutibilmente un pregiudizio alle ragioni creditorie, determinando una modificazione del patrimonio del debitore tale da rendere la soddisfazione del credito più incerta, più difficile e comunque più onerosa, anche tenuto conto dell’ammontare rilevante del credito.

In diritto, deve osservarsi che “sussiste il pregiudizio del terzo creditore del simulato alienante, necessario per l’esperibilità dell’azione di simulazione a norma dell’art. 1416 c.c., qualora, a seguito dell’atto simulato, si verifichi una diminuzione qualitativa e quantitativa nel patrimonio del debitore, tale da rendere, in rapporto all’ammontare del credito, l’adempimento più incerto, più difficile, o comunque, più oneroso” (cfr. Cass. civ. n. 5154/81).

D’altronde, appare ricorrente anche il requisito dell’attualità del pregiudizio.Secondo quanto affermato, infatti, dalla banca il M. a seguito delle alienazioni oggetto di lite risultava essersi reso impossidente.

Detta circostanza non è stata specificamente contestata da parte convenuta; infatti, a fronte delle avverse allegazioni, i convenuti non hanno neppure dedotto di essere proprietari di cespiti ulteriori, rispetto a quelli alienati, idonei a costituire una sufficiente garanzia patrimoniale in favore dei creditori.

Ciò posto, a norma degli artt. 1417 e 2697 c.c., l’onere di provare la simulazione (l’accordo simulatorio) incombe su chi l’allega.

Tuttavia, come previsto dal succitato art. 1417 c.c., se la domanda di simulazione è proposta, come nel caso di specie, da creditori o da terzi – che, in quanto estranei al contratto, non possono fornire la prova scritta – non esistono preclusioni di sorta alla prova per testi. Ne consegue, dunque, l’ammissibilità anche della prova per presunzioni, purchè fondate su elementi gravi, precisi e concordanti (art. 2729 c.c.).

Gli elementi offerti all’attenzione di questo Tribunale depongono inequivocabilmente per l’affermazione della prospettata simulazione con riferimento all’atto di vendita in precedenza indicato. Invero, l’atto di compravendita risulta stipulato in data 25.07.2006 quando i rapporti tra la Banca e la correntista principale si erano ormai compromessi, attesa la revoca dei concessi affidamenti intervenuta solo dopo pochi mesi (racc. del 22.11.2006 inviata a M.C.).

Il convenuto M.C., in quanto socio accomandante della A.C.S. srl era indubbiamente a conoscenza della consistente esposizione della società nei confronti dell’istituto di credito e, conseguentemente, della pretesa creditoria che la banca poteva azionare nei suoi confronti nella qualità di fideiussore.

Con l’atto di compravendita impugnato nel presente giudizio il debitore si è, sostanzialmente, spogliato all’apparenza del proprio patrimonio immobiliare, non avendo fornito prova contraria da parte dei convenuti. Inoltre, non è stata fornita prova alcuna in ordine al pagamento del corrispettivo fissato nell’atto di compravendita.

Invero, nell’impugnato atto pubblico il Notaio all’art. 5 si limita a dare atto che ” i costituiti dichiarano che il prezzo è stato convenuto in Euro 40.000,00 (quarantamila virgola zero zero) ed è stato già pagato prima e fuori di questo atto secondo le modalità di cui al successivo art. 6″, dove le parti indicavano il titolo a mezzo del quale era avvenuto il pagamento (cfr. atto pubblico del 25.07.2006).

In proposito, giova ricordare che, per costante giurisprudenza, in tema di azione diretta a far valere la simulazione di una compravendita che sia proposta dal creditore di una delle parti del contratto stesso, alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta in un rogito notarile di una compravendita immobiliare, non può attribuirsi valore vincolante nei confronti del creditore, atteso che questi è terzo rispetto ai soggetti che hanno posto in essere il contratto, e che possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l’onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione (così, Cass., 30.5.2005, n. 11372; ma cfr. anche Cass., 11.10.1999, n. 11361 ).

Tale carenza riveste indubbio significato, avendo, in proposito, la giurisprudenza affermato che ” in tema di azione diretta a far valere la simulazione di una compravendita che sia proposta dal creditore di una delle parti del contratto stesso, possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l’onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione” (cfr. Cass. civ. n. 8781/13).

Nella specie, rileva il Tribunale come i convenuti, a fronte delle specifiche deduzioni attoree, non abbiano fornito alcuna prova in merito all’avvenuto pagamento del prezzo.

In senso conforme a quanto sopra evidenziato milita, del resto, il dato per cui il convenuto contumace N.A., compratore della nuda proprietà dell’immobile, al quale veniva ritualmente notificata l’ordinanza ammissiva dell’interrogatorio formale coni relativi capi di interpello, non compariva a rendere l’interrogatorio formale deferitogli dall’attrice.

Tale condotta, consente al Giudice, ai sensi dell’art. 232 c.p.c., valutata unitamente alle altre circostanze, di ritenere come ammessi i fatti oggetto di prova ed in particolare la circostanza relativa all’omesso pagamento del prezzo da parte dell’acquirente (cfr. capi dell’interrogatorio formale articolato dall’attrice nell’atto di citazione).

Va, dunque, accolta la domanda di simulazione dall’attrice con le conseguenti statuizioni di cui al dispositivo della presente sentenza.

La domanda di revocazione dell’atto, esercitata in via alternativa dalla banca risulta assorbita dalla predetta pronuncia.

Le spese processuali vanno poste a carico dei convenuti soccombenti, in solido, e liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto ai fini del valore della causa dell’ammontare del credito”.

  1. Con il primo motivo parte appellante assume che il Tribunale ha erroneamente accertato la simulazione assoluta dell’atto di compravendita per Notar E.M. del (…) esclusivamente sulla base di una prova per presunzioni, non fondata su elementi gravi, precisi e concordanti ex art. 2729 c.c..;

evidenzia che la Banca non ha avanzato alcuna richiesta istruttoria, eccettuato interrogatorio formale, ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., tra l’altro, della copia dell’assegno relativo all’atto di compravendita e CTU al fine di accertare il valore di mercato del bene oggetto della compravendita; dagli esperiti interrogatori formali non è emerso alcun elemento utilizzabile quale prova ai fini della decisione; deduce che in data 25.07.2006, ovvero dopo soli tre mesi da quando la Banca aveva concesso un fido di Euro 250.000,00 al debitore principale A.C. S.r.l. ed in assenza di qualsivoglia inadempimento della medesima società, in un momento in cui la situazione debitoria del debitore principale era stabile e florida, è stato stipulato l’impugnato atto;

che il fallimento della A.C. S.r.l. è avvenuto solo nel 2009, ovvero dopo tre anni dall’atto di compravendita dichiarato simulato;

che al momento della stipula del contratto di compravendita, non vi era alcun inadempimento costante e definitivo da parte del debitore principale, tale da far ritenere che il fideiussore potesse stipulare il detto atto di compravendita al fine di sottrarsi ai propri obblighi di garante; M.C. ha venduto il proprio immobile (in comproprietà con la sig.ra P.A.M.) a favore di N.A., ovvero, di una persona facoltosa, proprietario già di altri svariati immobili nonché proprietario della nota “R.K.K.” e, soprattutto, una persona estranea ai venditori, non vicina né sul piano personale, né su quello professionale;

il prezzo della compravendita è assolutamente congruo ed in linea con gli indici di mercato, in considerazione del fatto che si tratta di un acquisto della nuda proprietà laddove gli usufruttuari avevano una prospettiva di vita di almeno altri 20/25 anni all’epoca dei fatti e l’acquirente N.A. proprietario già di altri diversi immobili, aveva deciso di acquistare l’immobile de quo come ” investimento”;

la Banca neppure ha dimostrato l’eventuale discrasia tra il prezzo di compravendita ed il prezzo di mercato dell’immobile; il Tribunale non ha tenuto in considerazione che, ad ogni modo, l’’immobile venduto sarebbe potuto essere, al massimo, aggredito dalla Banca mediante una azione esecutiva solo nella misura del 50% e solo qualora lo stesso fosse stato divisibile.

Con il secondo motivo parte appellante deduce che il Tribunale ha erroneamente valutato il dato temporale degli eventi, posto che l’atto di compravendita impugnato è stato posto in essere in epoca anteriore sia alla revoca del fido da parte della Banca alla debitrice principale A.C. S.r.l. (novembre 2006); sia alla dichiarazione di fallimento della medesima A.C. S.r.l. (2009), sia al deposito dei ricorsi per decreto ingiuntivo da parte della Banca nei confronti dei tre fideiussori (2009); pertanto, le vicende accertative dell’inadempimento e dell’insolvenza della società debitrice principale, sono avvenute tutte successivamente al compimento dell’atto impugnato;

ìai fini dell’accertamento della simulazione assoluta, l’art. 1414 c.c. richiede la “dolosa preordinazione” del debitore (in questo caso del fideiussore), nel senso che si deve accertare e provare che il compimento dell’atto di compravendita è stato finalizzato alla precostituzione di una situazione di insolvenza in vista della successiva assunzione dell’obbligazione; carente è la consapevolezza in capo al fideiussore M.C. che, con l’atto di compravendita, sarebbe andato ad inficiare la garanzia della Banca di recuperare il proprio credito, proprio in quanto al momento della stipula del contratto di compravendita il debitore principale era adempiente e non si prefigurava affatto all’orizzonte una sua insolvenza grave e definitiva, tale da innescare la garanzia fideiussoria; la Banca, al momento della stipula della fideiussione, era ben a conoscenza che il fideiussore M.C. era proprietario esclusivamente di un immobile ” in comproprietà” con la moglie P.M.R.;

M.C. non poteva sapere che per contingenze economiche negative nei mesi successivi la A.C. S.r.l. avrebbe cominciato ad avere difficoltà finanziarie che si sono sempre più aggravate; al momento della stipula della compravendita non vi era nessun secondo fine rispetto all’alienazione della sola nuda proprietà dell’immobile.

Con il terzo motivo parte appellante deduce che la sentenza impugnata è viziata anche relativamente alla non corretta applicazione dell’art. 232 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 2729 c.c..;

che la mancata comparizione a rendere il deferito interrogatorio formale deve essere considerata come semplice elemento indiziario, venendo in rilievo l’inciso “valutato ogni altro elemento di prova” di cui all’art. 232 c.p.c. non potendo dunque da solo giustificare e supportare la decisione, rappresentando una presunzione semplice;

che il Tribunale ha ritenuto provata la circostanza della mancata prova del pagamento del prezzo della compravendita considerando esclusivamente la mancata comparizione dell’acquirente a rendere l’interrogatorio formale;

in ogni caso, il pagamento del prezzo della compravendita e le modalità dello stesso (mediante assegno bancario) sono state precisamente indicate dal Notaio nell’atto traslativo, indicando il numero dell’assegno, l’importo e la Banca trattaria (” il prezzo è statopagato a mezzo assegno c/c n. (…) non trasferibile tratto sul c/c n. (…) presso la B.P.D.A. filiale di Napoli”).

  1. I motivi di gravame su trascritti, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.

Va premesso che secondo la Suprema Corte, solo qualora l’azione di simulazione di un contratto di compravendita immobiliare si fondi su elementi presuntivi che, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2697 c.c., indichino il carattere fittizio dell’alienazione, l’acquirente ha l’onere di provare l’effettivo pagamento del prezzo, potendosi, in mancanza, trarre elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto;

in assenza, dunque, di un principio di prova circa il carattere fittizio dell’impugnato atto, la mancata ottemperanza dell’onere di prova a carico di parte acquirente circa il pagamento del prezzo non è sufficiente per ritenere provata l’esistenza di un accordo simulatorio tra l’acquirente ed i venditori, perché altrimenti si verificherebbe un’inversione dell’onere probatorio in violazione dell’art. 2697 c.c. (cfr. Cassazione civile sez. II – 04/07/2024, n. 18347; Cassazione civile sez. II – 02/03/2017, n. 5326).

Ciò posto, va evidenziato che l’atto ritenuto simulato è stato stipulato il 25.7.2006, ovvero, in data antecedente alla revoca degli affidamenti concessi al debitore cui favore il de cuius degli odierni appellanti si era costituito fideiussore, ovvero, il 22.11.2006, oltre che precedentemente alla dichiarazione di fallimento del debitore e all’emissione del decreto ingiuntivo anche nei confronti del fideiussore.

L’Istituto di credito istante non ha fornito alcun elemento per affermare che la società debitrice all’epoca della stipula dell’atto della compravendita in questione, ovvero, in prossimità della medesima stipula, versasse in stato di insolvenza o comunque di crisi finanziaria, di cui M.C., in quanto socio accomandante della A.C.S. srl era a conoscenza, come affermato dal Tribunale. La circostanza, poi, che con la vendita del bene M.C. sia rimasto impossidente rileva, piuttosto, sotto il profilo della sussistenza del pregiudizio del creditore e, dunque, dell’interesse ad agire ai sensi dell’art. 1414 c.c.

Peraltro, va precisato che trattasi di compravendita della sola nuda proprietà essendosi il M., comproprietario del bene unitamente alla moglie, riservato il diritto di uso e abitazione. Pertanto, la permanenza della disponibilità del bene in capo al venditore rappresenta elemento connaturale alla natura dell’atto concluso.

Né si ha contezza di particolari rapporti tra i venditori e l’acquisente contumace N..

L’Istituto, per vero, in primo grado, come nel presente, ha esclusivamente dedotto l’irrisorietà del prezzo della compravendita come elemento comprovante la dedotta simulazione, senza allegare circostanze a supporto, che tantomeno si rinvengono tout court negli atti, trattandosi nella specie della vendita, come detto, della nuda proprietà allorquando il venditore comproprietario aveva 69 anni.

Inoltre, il pertinente capitolato di cui all’interrogatorio formale articolato nei confronti del compratore N., cui quest’ultimo non ha dato risposta perché non comparso alla fissata udienza, fa generico riferimento alla circostanza che l’immobile è “di valore commerciale di gran lunga superiore al prezzo di vendita”, sicché di certo non è sufficiente per fornire prova sul punto.

 L’istituto istante, poi, insiste sulla mancata prova della corresponsione del prezzo, che, come già detto, tuttavia, non può rappresentare ex se circostanza atta a dimostrare il carattere fittizio dell’atto impugnato.

Alla luce di tali considerazioni, ritiene la Corte, non sussistenti presunzioni “gravi, precise e concordanti” ai sensi dell’art. 2729 c.c., come, invece, affermato dal Tribunale, per ritenere provata la dedotta natura fittizia della compravendita in questione.

Non va esaminata la domanda di revocatoria del medesimo atto di compravendita ai sensi dell’art. 2901 c.c., dichiarata assorbita dal Tribunale, siccome non riproposta ai sensi dell’art. 346 c.p.c.

Secondo giurisprudenza costante, la riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice e al fine di valutare l’avvenuta riproposizione della domanda, deve aversi riguardo alla volontà della parte quale emergente dall’intero complesso dell’atto che la contiene e non solo sulla base delle conclusioni, tenendo conto non solo delle deduzioni e delle conclusioni inizialmente tratte nell’atto introduttivo, ma anche della condotta processuale delle parti, nonché delle precisazioni e specificazioni intervenute in corso di causa (cfr. Cassazione civile sez. III, 23/08/2023, n.25121 ).

Alla luce della valutazione delle difese complessivamente assunte dall’odierna appellante negli atti difensivi e, dunque, non solo nell’atto di appello, ma anche negli atti successivi, non si rinviene la riproposizione della domanda di revocatoria.

  1. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’appello è fondato e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, va rigettata la domanda di simulazione proposta da M.S. S.R.L.

Stante la riforma della gravata sentenza, occorre procedere, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, a un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (cfr. ex multis, Cass. civ. n. 9064/18).

Ciò posto, osserva la Corte che le spese processuali vanno poste a carico dell’Istituto bancario appellato ai sensi dell’art. 91 c.p.c. […]

Corte d’Appello di Napoli, sentenza 17 settembre 2025, n. 4279

 

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