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Home Diritto Penale

*Prescrizione – Sospensione – Retroattività – Sospensione della disciplina della prescrizione e mancata produzione degli effetti retroattivi

by Calanna Laura
12 Giugno 2025
in Diritto Penale
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Corte di Cassazione, Sez. Unite Penali, sentenza 05 giugno 2025 n. 20989

PRINCIPIO DI DIRITTO

La disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del 2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per i reati commessi dall’i gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema dalla legge n. 134 del 2021.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alla Sezioni Unite è la seguente:

“Se la disciplina della sospensione della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, sia stata totalmente abrogata dall’art. 2, comma 1, lett. a), legge n. 134 del 2021, oppure se essa sia vigente e continui a operare per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019“.

  1. Per la completa comprensione delle divergenti posizioni emerse in ordine a tale questione, appare utile riepilogare la vicenda normativa che ha interessato l’istituto della prescrizione, con precipuo riferimento al profilo della sospensione dei relativi termini, nel tempo susseguente all’entrata in vigore del vigente codice penale.

2.1. Muovendo dalla disciplina introdotta dall’art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, si ricorda che tale norma ha novellato l’art. 157 cod. pen., stabilendo che il tempo necessario a prescrivere un reato coincide, di regola, con la pena massima prevista per quel reato, salva la fissazione del termine minimo distinto per i delitti e per le contravvenzioni («La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria»). È stata eliminata l’incidenza delle circostanze sul calcolo dei termini, con l’eccezione di quelle ad effetto speciale, e sono state ampliate le ipotesi di sospensione, mediante la previsione (art. 159, primo comma, n. 3, cod. pen.) di quella conseguente alla sospensione del procedimento per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori, ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore.

2.1.1. La medesima fonte normativa ha apportato modifiche anche all’istituto dell’interruzione, stabilendo un nuovo regime della durata del tempo necessario a prescrivere, nel senso che, in ipotesi di interruzione, i termini cominciano nuovamenteente a decorrere, ma non possono essere prolungati di più di un quarto, con termini più lunghi per determinati recidivi e per delinquenti abituali e professionali, oltre che per alcuni specifici reati individuati da fonti susseguenti, e fatta eccezione per i reati richiamati dall’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen. (artt. 161, secondo comma, e 160, terzo comma, cod. pen.).

2.1.2. L’art. 10, commi secondo e terzo, della legge n. 251 del 2005 ha espressamente stabilito che le nuove norme in tema di prescrizione non si applicano ai procedimenti in corso, se i nuovi termini di prescrizione risultano più lunghi di quelli previgenti, mentre, se, per effetto delle nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano più brevi, le stesse si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore, esclusi – però – i processi già pendenti in grado di appello o dinanzi alla Corte di cassazione (si richiama, in tale senso, il testo della norma come risultante all’esito della declaratoria di illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost., ad opera della sentenza n. 393 del 2006, limitatamente alle parole «dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché»).

2.2. In tempo successivo, la legge 23 giugno 2017, n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017, è intervenuta sugli artt. 158, 160 e 161 cod. pen., innovando in modo profondo la disciplina della sospensione dei termini di prescrizione.

2.2.1. Con riferimento all’art. 159 cod. pen., è stato abrogato il secondo comma, con trasfusione del suo contenuto, relativo all’ipotesi di sospensione della prescrizione in pendenza della richiesta di autorizzazione a procedere, nel primo comma della disposizione, e sono stati inseriti, immediatamente dopo il primo, tre nuovi commi, seguiti, in quell’assetto, dagli ultimi due previgenti commi.

2.2.2. Il disposto dei tre nuovi commi, di immediato rilievo per il tema in discussione, è così articolato.

«Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso nei seguenti casi: 1) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; 2) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.

I periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l’imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell’articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale.

Se durante i termini di sospensione di cui al secondo comma si verifica un’ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente».

2.2.3. Si è determinata, per effetto di tali disposizioni (sulle scansioni delineate dalle quali si tornerà nel paragrafo 9.2.), la sospensione dei termini di prescrizione nelle fasi del giudizio d’impugnazione: dalla scadenza del termine previsto per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo o secondo grado, sino alla pronuncia della sentenza del grado successivo o definitiva, per un tempo peraltro circoscritto nella sua entità massima, non potendo esso superare il lasso di un anno e mesi sei per ciascun ulteriore grado di giudizio.

2.2.4. Queste nuove disposizioni, ai sensi dell’art. 1, comma 15, legge n. 103 del 2017, si applicano soltanto ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della stessa legge, vale a dire ai reati perpetrati a partire dal 3 agosto 2017.

2.3. La legge 9 gennaio 2019, n. 3, entrata in vigore, per la parte che qui viene in rilievo, in data 1 gennaio 2020, ha, a sua volta, inciso nuovamente sul disposto degli artt. 158, 159 e 160 cod. pen.

Per quanto qui rileva, l’art. 1 di questa legge ha introdotto alcune importanti novità.

2.3.1. L’art. 1, comma 1, lett. d), ha sostituito il primo comma dell’art. 158 cod. pen. con il seguente: «Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione».

2.3.2. L’art. 1, comma 1, lett. e), ha stabilito quanto segue: «all’articolo 159: 1) il secondo comma è sostituito dal seguente: “Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna”; 2) il terzo e il quarto comma sono abrogati».

2.3.3. L’art. 1, comma 1, lett. f), ha previsto che «all’articolo 160: 1) il primo comma è abrogato; 2) al secondo comma, la parola: “pure” è soppressa», così eliminando dall’ambito degli atti interruttivi la sentenza di condanna e il decreto penale di condanna.

2.3.4. L’operatività di questo nuovo regime è stata differita all’I. gennaio 2020, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1, comma 2, della stessa legge.

2.3.5. Pertanto, per la corrispondente sfera, la legge n. 3 del 2019 ha stabilito la sospensione del corso della prescrizione, sovente dagli interpreti qualificata come cessazione, siccome destinata a protrarsi sino alla conclusione del processo, a partire dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado – sia di condanna che di assoluzione – o di emissione del decreto di condanna.

2.4. La legge 27 settembre 2021, n. 134, entrata in vigore il 19 ottobre 2021, ha ulteriormente inciso sulla materia oggetto di disamina.

2.4.1. In particolare, l’art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 134 del 2021 ha stabilito, in primo luogo, che il secondo e il quarto comma dell’art. 159 cod. pen. sono abrogati.

2.4.2. Poi, lo stesso art. 2, comma 1, lett. b), ha sostituito, all’art. 160, primo comma, cod. pen. le parole: «e il decreto di citazione a giudizio» con le parole: «, il decreto di citazione a giudizio e il decreto di condanna».

2.4.3. Inoltre, lo stesso art. 2, comma 1, lett. c), ha inserito, dopo l’art. 161 cod. pen., l’art. 161-bis cod. pen. contenente il seguente disposto: «Cessazione del corso della prescrizione. – Il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente con la pronunzia della sentenza di primo grado. Nondimeno, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento».

2.4.4. Per effetto di quest’ultimo intervento normativo, si è consolidato il blocco del corso della prescrizione con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna, fatto salvo il caso di annullamento con regressione del giudizio.  Non è stato, invece, confermato l’effetto sospensivo collegato al decreto penale di condanna, provvedimento emesso al di fuori del contraddittorio con le parti, ricollocato fra gli atti interruttivi del corso della prescrizione.

2.4.5. Nello stesso contesto, l’art. 2, al comma 2, ha introdotto l’istituto dell’improcedibilità, disponendo l’inserimento, dopo l’art. 344 cod. proc. pen., dell’art. 344-bis, rubricato con riferimento alla «Improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione», e stabilendo che la mancata definizione di ciascun giudizio di impugnazione entro ciascun termine corrispondentemente fissato (segnatamente, quello di due anni per il giudizio di appello, quello di un anno per il giudizio di cassazione) costituisce causa di improcedibilità dell’azione penale.

2.4.6. Pertanto, a fronte della tendenzialmente definitiva cessazione del decorso del termine prescrizionale (stabilita già con la legge del 2019), la garanzia che il processo non si protragga per una durata irragionevole è stata affidata dalla riforma del 2021 all’istituto dell’improcedibilità.

2.4.7. È da rilevare, dunque, che dall’assetto normativo sortito dalla legge n. 134 del 2021 affiora la rilevanza giuridica di due distinte scansioni diacroniche: una, di carattere sostanziale, che annette rilievo alla distanza di tempo intercorrente fra la commissione del reato e la conclusione del giudizio di primo grado, ai fini della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione; un’altra, di nuova istituzione, avente carattere processuale, che si ricollega alla durata dei giudizi di impugnazione ai fini della declaratoria di improcedibilità dell’azione penale.

Il legislatore ha, quindi, ritenuto adeguato bilanciare la scelta di arrestare il corso della prescrizione al momento della sentenza di primo grado (salva regressione del processo) con la fissazione dell’inderogabile limite della durata della fase impugnatoria.

2.4.8. Si aggiunge che l’art. 2, comma 3, legge n. 134 del 2001, prevede che le disposizioni di cui al precedente comma 2 – dunque, quelle relative all’improcedibilità – si applicano ai soli procedimenti di impugnazione che hanno a oggetto reati commessi a far data dall’I. gennaio 2020.

Ciò, con l’ulteriore specificazione, espressa dal successivo comma 5, che, se il giudizio è sorto a seguito di impugnazione proposta entro il 31 dicembre 2024, i termini di cui all’art. 344-bis cod. proc. pen. sono, rispettivamente, di tre anni per il giudizio di appello e di un anno e sei mesi per il giudizio di cassazione.

Nessuna espressa disposizione transitoria è stata, invece, dedicata alle nuove norme in tema di prescrizione.

2.5. Questo è, all’essenza, il quadro regolatore dell’istituto della sospensione della prescrizione all’atto della decisione in esame, quadro tuttora vigente, pur essendo in corso l’iter parlamentare inerente a un ulteriore disegno di legge volto a dettare una nuova e diversa disciplina della medesima materia.

  1. Nel contesto costituito dalle richiamate coordinate normative si è determinata, nella giurisprudenza della Corte, la divergenza di orientamenti segnalata dall’ordinanza che ha sollecitato la rimessione.

3.1. Quanto alla posizione emersa come maggioritaria, i passaggi logico-giuridici connotanti la tesi della persistente vigenza del regime prescrizionale introdotto dalla legge n. 103 del 2017 sono stati espressi, fra le altre, da Sez. 1, n. 2629 del 29/09/2023, dep. 2024, Falco, Rv. 285724 – 01, massimata nel senso che «la cessazione del corso della prescrizione del reato prevista dall’art. 161-bis cod. pen., introdotto dall’art. 2 legge 27 settembre 2021, n. 134, trova applicazione nei procedimenti relativi ai reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020».

3.1.1. La motivazione di questa sentenza, dopo l’analitica considerazione degli orientamenti in tema di prescrizione e successione delle leggi nel tempo, impernia la giustificazione dell’approdo succitato ponendo anzitutto l’accento sul rilievo che la data dell’i gennaio 2020 individua il dies a quo di applicabilità dell’istituto della cessazione del corso della prescrizione, introdotto all’art. 161- bis, primo periodo, cod. pen., da considerarsi in rapporto di continuità normativa con l’omologa causa di sospensione legata alla sola pronuncia della sentenza di primo grado, prevista dall’art. 159, secondo comma, cod. pen., secondo la disposizione recata dalla legge n. 3 del 2019, a far data dall’I. gennaio 2020.

3.1.2. In particolare, la decisione citata ha evidenziato il punto che entrambi questi istituti hanno contemplato una causa di blocco tendenzialmente definitivo del decorso del tempo rilevante ai fini della prescrizione del reato: attesa, quindi, l’assimilazione strutturale fra i due istituti, si è reputato coerente ritenere che la cessazione del corso della prescrizione, introdotta dall’art. 161-bis cod. pen., debba trovare applicazione, non dalla data di entrata in vigore della legge in commento, bensì – al pari dell’omologa causa di sospensione – in relazione ai reati commessi dall’i gennaio 2020.

3.1.3. L’esito del ragionamento così richiamato è nel senso che la disciplina della sospensione della prescrizione dei reati prevista dalla legge n. 103 del 2017 – entrata in vigore in data 3 agosto 2017, successivamente abrogata dalla legge n. 3 del 2019, in vigore dall’i gennaio 2020, a sua volta incisa dalla legge n. 134 del 2021, il cui dies a quo è da fissarsi egualmente alla data dell’l gennaio 2020 – ha sostanziato il secondo comma dell’art. 159 cod. pen., con vigenza intercorsa dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019: essa costituisce una norma certamente più favorevole di quelle successive che l’hanno abrogata, perché  prevede un allungamento dei termini di prescrizione a fronte, però, di una sua definitiva cessazione alla data della sentenza di primo grado, con conseguente applicazione ai reati commessi nell’indicato periodo.

3.1.4. Questa conclusione viene considerata non contraddetta dal rilievo della sfera di applicazione del sopravvenuto e collegato istituto dell’improcedibilità di cui all’art. 344-bis cod. proc. pen., bensì collocata in logica consecutio con esso.

3.1.5. Non poche sono state le decisioni che, prima e dopo Sez. 1, n. 2629 del 2023, dep. 2024, Falco, cit., si sono orientati nella medesima direzione, aderendo al suo schema argomentativo. […]

3.1.6. Merita, inoltre, segnalare le ulteriori puntualizzazioni argomentative che si rinvengono in altre pronunce, giunte alla medesima conclusione. Sez. 4, n. 39170 del 28/06/2023, Guerzoni, non mass., ha affermato che tra la legge n. 103 del 2017 e la legge n. 3 del 2019 non si profila il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo, disciplinato dall’art. 2 cod. pen., in quanto le due leggi si sono succedute con la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data. Al contrario, la successione di leggi penali nel tempo si è verificata con riferimento all’abrogazione, da parte della legge n. 134 del 2021, dell’art. 159, secondo comma, cod. pen. e alla speculare introduzione dell’art. 161-bis cod. pen., norma finalizzata a far cessare definitivamente il corso della prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo grado.

Tale indirizzo converge, in ogni caso, nel ritenere più favorevole la disciplina della legge n. 103 del 2017 che, comunque, prevede, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e di appello, il decorso del termine di prescrizione, sia pure con periodi di sospensione.

3.1.7. La linea ermeneutica in esame valorizza, al punto da definirla come «speculare introduzione», il nesso esistente tra le diverse innovazioni introdotte dalla legge n. 134 del 2021 nella materia della prescrizione: per un verso, l’abrogazione del disposto di cui all’art. 159, secondo comma, cod. pen., in tema di sospensione dei termini; per altro verso, l’inserimento nel codice sostanziale dell’art. 161-bis, dedicato alla cessazione definitiva del corso del termine di prescrizione.

3.1.8. Sulla base di tali rilievi si giunge a ritenere che coesistano diversi regimi di prescrizione, correlati alla data del commesso reato: per i reati commessi fino al 2 agosto 2017 si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen. così come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251; per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017 e fino al 31 dicembre 2019, Si applica la disciplina della prescrizione prevista dalla legge n. 103 del 2017, con i periodi di sospensione previsti dall’art. 159, secondo comma, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge; per i reati commessi a far data dal 10gennaio 2020 Si applica in primo grado la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen., senza la sospensione della prescrizione di cui all’art. 159 cit., sostituita con l’art. 161-bis cod. pen., ma con la contestuale evenienza nei gradi successivi della disciplina della improcedibilità.

3.1.9. In questo alveo sono emerse successive e, quanto all’approdo, consonanti pronunce rese dalla medesima Sezione.

3.1.10 Oltre a diverse decisioni non massimate (si ricordano, fra le altre ed esemplificativamente: Sez. 4, n. 23570 del 14/05/2024, Urso, non mass.; Sez. 4, n. 16862 del 07/03/2024, Maschera, non mass.; Sez. 4, n. 10483 del 29/02/2024, Bisterzo, non mass.; Sez. 4, n. 48770 del 24/10/2023, D’Ettorres, non mass.; Sez. 4, n. 42864 del 23/06/2023, Manzo, non mass.), si segnala Sez. 4, n. 26294 del 12/06/2024, Rosso, Rv. 286653 – 01.

3.1.11. Questa pronuncia ha affermato il seguente principio: «In tema di prescrizione, trova applicazione la disciplina di cui alla legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando), relativamente ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, ivi compresa quella afferente ai periodi di sospensione ex art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo introdotto dall’art. [1, comma] 11, lett. b), legge cit.». Nella corrispondente motivazione si è precisato che quello indicato costituisce il regime più favorevole, sia rispetto a quello previsto dall’art. 1, comma 1, lett. e), n. 1, della legge n. 3 del 2019, che, vigente dal 1 gennaio 2020, ha riformulato l’art. 159, secondo comma, cod. pen., prevedendo la sospensione del corso della prescrizione dalla pronunzia della sentenza di primo grado o dal decreto penale di condanna fino all’esecutività della sentenza o all’irrevocabilità del decreto, sia rispetto a quello delineato dall’art. 2 della legge n. 134 del 2021, abrogativo dell’art. 159, secondo comma, cod. pen., che ha introdotto l’art. 161-bis, cod. pen. e l’art. 344-bis, cod. proc. pen., con gli effetti, rispettivamente sostanziali e processuali, già esposti.

3.1.12. Ancora, Sez. 4, n. 28474 del 10/7/2024, Artusio, Rv. 286811 – 02, ha affermato che «In tema di prescrizione, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica la disciplina prevista dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando), posto che il criterio della legge più favorevole stabilito all’art. 2, comma 4, cod. pen. assume come termini di raffronto la sospensione del decorso della prescrizione di cui all’art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo previsto dall’art. [1, comma] 11, lett. b), legge cit. e l’art. 161-bis cod. pen., introdotto dalla legge 27 settembre 2021, n. 134».

Al di là del riferito principio, questa decisione ha rimarcato – in modo per vero non superfluo, come si ribadirà – che l’art. 159, secondo comma, cod. pen.,  abrogato dalla legge n. 134 del 2021, non è la corrispondente disposizione introdotta con la legge n. 103 del 2017, la quale era stata già sostituita dalla legge n. 3 del 2019, ma (appunto) la disposizione che l’aveva modificata, introdotta con la legge del 2019 ora citata e in vigore dall’i gennaio 2020.

3.1.13. Ulteriori apporti nel senso fatto proprio dalla tesi suindicata si rinvengono in altre decisioni, fra le quali appare utile ricordare: Sez. 4, n. 24579 del 21/05/2024, Randazzo, non mass., confermativa dell’indicazione esplicitata da Sez. 4, n. 39170 del 28/06/2023, Guerzoni, cit., nel senso che, in ordine alla diversa disciplina della prescrizione dettata, prima, dalla legge n. 103 del 2017 e, poi, dalla legge n. 3 del 2019, non si è verificata successione delle leggi penali nel tempo, regolata dall’art. 2 cod. pen., rinvenendosi nella corrispondente disciplina la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data; Sez. 1, n. 36067 del 10/05/2024, Pizzimenti, non mass., che è pervenuta alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, ma facendo applicazione dell’art. 159 cod. pen. nel testo modificato dalla legge n. 103 del 2017; Sez. 1, n. 11918 del 11/01/2024, Gargiulo, non mass., che ha sottolineato la portata in ogni caso deteriore per la posizione dell’imputato del complesso di norme regolatrici della prescrizione entrate in vigore in tempo successivo alla legge n. 103 del 2017.

3.2. Il contrapposto indirizzo esegetico rinviene nella novità ordinamentale costituita dall’introduzione dell’art. 344-bis nel codice di rito un determinante elemento di cesura con la disciplina previgente.

3.2.1. L’indirizzo viene esposto con chiarezza nella sentenza resa da Sez. 3, n. 18873 del 27/02/2024, Campanella, Rv. 286436 – 01, così massimata: «In tema di prescrizione, ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica, per il principio di retroattività della norma penale più favorevole, la disciplina prevista dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione durante il tempo di celebrazione del giudizio di appello e di cassazione, introdotta all’art. 159, comma secondo, cod. pen. dal disposto di cui all’art. 1, comma 11, lett. b), legge 23 giugno 2017, n. 103 e, poi, esplicitamente abrogata dall’art. 2, comma 1, lett. a), legge 27 settembre 2021, n. 134, con conseguente “reviviscenza” del regime prescrizionale antecedente».

3.2.2. Secondo questa impostazione, i periodi di sospensione per i giudizi di appello e cassazione previsti dalla legge n. 103 del 2017 non devono (più) trovare applicazione per i reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, in quanto, in virtù del principio di retroattività della lex mitior, si è determinata la conseguenza normativa dell’applicazione per tali reati del regime introdotto dalla legge n. 251 del 2005, norma più favorevole ai sensi dell’art. 2, quarto comma, cod. pen., con sua conseguente «reviviscenza», a cagione dell’abrogazione della disciplina successiva.

3.2.3. Alla base del tessuto argomentativo che ha condotto la Corte di legittimità all’indicata conclusione si è posta la constatazione che la legge n. 103 del 2017 ha introdotto, per i reati commessi nell’intervallo suindicato, una peculiare causa di sospensione del corso del termine di prescrizione, ancorata alla pronuncia della sentenza di condanna di primo e di secondo grado, prevista per il periodo massimo di un anno e mezzo per il giudizio di appello e per un ulteriore periodo massimo di pari durata per il giudizio di cassazione, e si è collegato alla stessa il rilievo che la predetta sospensione è stata eliminata dalla legge n. 134 del 2021, mediante l’abrogazione dello stesso art. 159, secondo comma, cod. pen.

3.2.4. Poste tali premesse, si è tratto il corollario che la disciplina più favorevole, da applicare ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, una volta ritenuta del tutto abrogata quella disciplinante la sospensione introdotta dalla legge n. 103 del 2017, non può essere che quella instaurata, in precedenza, dalla legge n. 251 del 2005, la quale aveva integralmente riscritto l’art. 159 cod. pen. non prevedendo alcuna sospensione del termine di prescrizione legata alla pronuncia della sentenza e garantendo, pertanto, l’adozione di un termine massimo prescrizionale inferiore a quello contemplato da qualsiasi normativa succedutasi nel corso del tempo, a decorrere dall’agosto 2017.

3.2.5. In questa direzione si è sostenuto che non potrebbe considerarsi applicabile la norma costituita dall’art. 159, secondo comma, cod. pen., come modificata dall’art. 1 comma 11, lett. b), legge n. 103, che ha introdotto la suddetta, ulteriore causa di sospensione del corso della prescrizione, in quanto l’art. 2, comma 1, lett. a), legge n. 134 del 2021 «ha espressamente abrogato i commi 2 e 4 dell’art. 159 cod. pen. che prevedevano una causa di sospensione del corso della prescrizione che era stata introdotta con la legge Orlando per i reati commessi dal 3 agosto 2017. Tali commi sono stati pertanto oggetto di abrogazione esplicita (e non tacita)».

3.2.6. Secondo l’impostazione privilegiata da Sez. 3, n. 18873 del 27/02/2024, Campanella, cit., il predetto art. 2 legge n. 134 del 2021, avendo esplicitamente abrogato la causa di sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, secondo comma, cod. pen., si risolve in «una norma posteriore più favorevole e si applica a tutti i processi in corso per reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019», con l’effetto che, nella comparazione fra le due discipline – quella vigente al momento della commissione del fatto e quella successiva, come conseguente all’abrogazione dell’art. 159, secondo comma, cod. pen. – l’applicazione nei suddetti sensi della norma più favorevole al fatto commesso sotto la vigenza della causa di sospensione di cui all’art. 159, secondo comma, cod. pen., come introdotta dalla legge n. 103 del 2017, disposizione ritenuta espressamente abrogata, determina l’eliminazione del segmento temporale di sospensione del corso della prescrizione inserito dalla legge n. 103 del 2017.

3.2.7. Così argomentando, la Corte di legittimità è pervenuta alla conclusione che, in virtù dell’art. 2, quarto comma, cod. pen., la disciplina della prescrizione oggi applicabile – risultante dall’espressa abrogazione della causa di sospensione della prescrizione della legge n. 103 del 2017 – va individuata in quella antecedente, più favorevole rispetto a quella in vigore al momento del fatto.

3.2.8. Secondo questa linea esegetica, l’enunciata conclusione non rinviene un elemento di contrasto logico-giuridico nel rilievo dell’introduzione della causa di improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del processo, in virtù del comma 2, lett. a), dell’art. 2 legge n. 134 del 2021, che ha inserito nel codice di procedura penale l’art. 344-bis cod. proc. pen. per i reati commessi dopo 11 gennaio 2020, in quanto, se è vero che con l’art. 344-bis cod. proc. pen. è stato introdotto il rimedio processuale dell’improcedibilità per i soli reati commessi dopo 1’1 gennaio 2020 ed è stata disposta la cessazione del corso della prescrizione del reato con la pronuncia della sentenza di primo grado (con l’introduzione dell’art. 161-bis cod. pen.), è del pari vero che la riforma del 2021, allo stesso tempo, ha espressamente abrogato la causa di sospensione della prescrizione introdotta dalla legge n. 103 del 2017, che aveva inciso sul regime della prescrizione di cui alla legge n. 251 del 2005: e la norma abrogante, proprio perché inserita in una disposizione specifica al comma 1 dell’art. 2, è da ritenersi applicabile a tutti i reati, ivi compresi quelli commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019.

3.2.9. In definitiva, l’improcedibilità viene considerata, nella prospettiva accolta dall’orientamento espresso da Sez. 3, n. 18873 del 27/02/2024, Campanella, cit., come dato normativo sintomatico della radicale abrogazione dell’istituto della sospensione della prescrizione riconnessa all’emissione della decisione.

3.2.10 Questo orientamento è stato successivamente seguito da un’altra pronuncia della stessa Sezione – Sez. 3, n. 33156 del 08/05/2024, Stretti, non mass. – che ha addotto i medesimi argomenti a sostegno della soluzione interpretativa propugnata, e poi ancora da Sez. 5, n. 39725 del 10/09/2024, Di Venere, non mass., che ha del pari aderito motivatamente alla corrispondente linea interpretativa.

3.2.11. L’indirizzo che si presenta minoritario fra le pronunce di legittimità concretizza, peraltro, l’esito di uno snodo ermeneutico fatto proprio da tangibili orientamenti, più o meno strutturati, della giurisprudenza di merito (non pochi procedimenti risultando definiti mediante l’applicazione, implicita ma univoca, dei termini prescrizionali dettati dalla disciplina determinata dalla legge n. 251 del 2005) e trova sostegno in posizioni della dottrina che, in sintonia con gli argomenti suindicati, ne hanno corroborato l’approdo.

  1. Il contrasto fra i richiamati orientamenti è chiaro e la rilevanza della sua soluzione persiste nel presente procedimento, anche se il termine di prescrizione del reato contravvenzionale è maturato. […]
  2. Le Sezioni Unite rilevano che entrambe le tesi in contrasto non mettono in discussione la natura sostanziale dell’istituto della prescrizione del reato.

5.1. Tale connotazione della prescrizione ha assunto concreto fondamento con l’entrata n vigore del codice penale del 1930.
Mentre il precedente codice penale del 1889 annetteva alla prescrizione del reato natura eminentemente processuale, stabilendo (all’art. 91) che la prescrizione, salvo i casi nei quali la legge disponga altrimenti, estingue l’azione penale, il codice penale successivo, agli artt. 157 e ss., ha mutato la prospettiva collocando la prescrizione fra le cause di estinzione del reato: il mancato accertamento giudiziale definitivo entro un arco temporale prestabilito, la cui determinazione è ancorata al reato, con calcolo prefigurato in una misura variabile a seconda della gravità del fatto, con decorrenza dal momento della sua consumazione, ha come effetto l’estinzione – non dell’azione penale, bensì – del reato, al pari della altre cause di estinzione del reato previste nello stesso Titolo VI, Capo I, del primo Libro del codice sostanziale.

5.1.1. L’elaborazione di legittimità ha ancorato le sue valutazioni sul punto all’affermata natura sostanziale della prescrizione. Già Sez. U, n. 3760 del 16/03/1994, Munaro, Rv. 196575 – 01, (seguita da Sez. U, n. 13390 del 28/10/1998, Boschetti, Rv. 211904 – 01), in accordo con autorevole dottrina, ebbe a osservare, nella motivazione, che occorre porre mente, ai fini della decisiva dimostrazione dell’estraneità della prescrizione rispetto alla azione penale, all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., che ha replicato, nella sostanza, il disposto dell’art. 152 del codice di rito, lì dove impone al giudice di pronunciare sentenza di assoluzione nell’ipotesi in cui ricorra una causa di estinzione del reato, ma risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato: esito, invece, non previsto per l’eventualità che il proscioglimento sia stato determinato dall’assenza di una ragione processuale.

5.1.2. Nella medesima direzione si è pronunciata Sez. U, n. 21833 del 22/02/2007, Iordache, Rv. 236372 – 01, la cui motivazione ha ricollegato la prescrizione del reato come istituto di diritto penale sostanziale all’interesse generale di non perseguire più i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venire meno l’allarme sociale e con esso ogni istanza di prevenzione generale e speciale, con la specificazione che anche la corrente ermeneutica che ha sostenuto la natura processuale dell’istituto non ha mancato di riconoscere rilievo sostanziale al suo effetto estintivo, con conseguente applicazione del principio del favor rei e della previsione contenuta nell’art. 2, quarto comma, cod. pen.

5.1.3. Alla natura sostanziale della prescrizione del reato hanno fatto preciso riferimento anche le Sezioni semplici della Corte di legittimità (così Sez. 6, n. 31877 del 16/05/2017, B., Rv. 270629 – 01).

5.2. La Corte costituzionale, a sua volta, pur non escludendo la concorrente valenza processuale della prescrizione anche in rapporto alla realizzazione della garanzia della ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., le ha riconosciuto natura sostanziale, anche per le sue connotazioni specifiche, fra le quali si annovera la regolamentazione dell’istituto della sospensione del corso dei corrispondenti termini.

5.2.1. È stato più volte evidenziato il fondamento di tale approdo in relazione all’interesse generale di non perseguire più i reati rispetto ai quali il lungo tempo trascorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o abbia comunque attenuato in modo determinante, l’allarme della coscienza comune, nonché in connessione con l’interesse (o il diritto) all’oblio del cittadino indicato come autore del reato, quante volte il reato stesso non si connoti per una portata così grave da rendere recessiva la tutela di quella posizione soggettiva e sempre che il titolare di essa non intenda rinunciarvi.

5.2.2. In questa chiave, la prescrizione rientra nell’ambito costituzionale presidiato dal principio di legalità penale sostanziale (fra le molte, si richiama Corte cost., sent. n. 265 del 2017) e compete al legislatore la funzione di modulare la sua disciplina, attraverso il ragionevole bilanciamento tra esigenze contrapposte, tra il diritto all’oblio e l’interesse a perseguire i reati fino a quando l’allarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno.

5.2.3. Ciò, con la rilevante puntualizzazione che l’autorità competente a svolgere il controllo sulla compatibilità delle stesse regole dettate dal diritto dell’Unione europea con il principio di determinatezza in materia penale, quale principio supremo dell’ordine costituzionale italiano e cardine del diritto dell’Unione, è in via esclusiva la Corte costituzionale (Corte cost., sent. n. 115 del 2018, con riferimento alla cd. “regola Taricco”, relativamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 legge 2 agosto 2008, n. 130, nella parte in cui impone di applicare l’art. 325 TFUE, come interpretato dalla Corte di Giustizia UE).

5.2.4. Per quanto dovrà specificarsi in seguito, è utile richiamare, in particolare, la pronuncia del Giudice delle leggi (sent. n. 393 del 2006) che ha giudicato in merito alla conformità a Costituzione della disciplina transitoria dettata dalla legge n. 251 del 2005, la quale aveva escluso l’applicazione dei nuovi, più ridotti, termini ai processi pendenti in primo grado e per i quali vi era stata l’apertura del dibattimento.

5.2.5. Con la sentenza citata, la Corte costituzionale ha riaffermato l’applicabilità alla prescrizione del principio di retroattività della legge penale più favorevole, valutando la denunciata violazione dell’art. 3 Cost. a cagione del fatto che la norma impugnata avrebbe derogato ingiustificatamente al disposto dell’art. 2, quarto comma, cod. pen. (per cui “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”), norma costantemente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la locuzione “disposizioni più favorevoli al reo” si riferisce a tutte quelle norme che apportino modifiche in melius alla disciplina di una fattispecie criminosa, ivi comprese quelle che incidono sulla prescrizione del reato.

Sicché, si è ribadito che le norme sulla prescrizione dei reati, ove più favorevoli al reo, rispetto a quelle vigenti al momento della commissione del fatto, devono conformarsi, in linea generale, al principio previsto dalla citata disposizione del codice penale.

5.2.6. In pari tempo, si è, tuttavia, riaffermata la consolidata specificazione secondo cui, in questo ambito, il regime giuridico riservato alla lex mitior, inerente in primis all’attributo della sua retroattività, esprime un principio che l’ordinamento non munisce della tutela privilegiata di cui all’art. 25, secondo comma, Cost.: invero, la garanzia costituzionale assicurata da quest’ultima disposizione concerne solo il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonché di quella altrimenti più sfavorevole al reo.

Di conseguenza, le eventuali deroghe al principio di retroattività della lex mitior, ai sensi dell’art. 3 Cost., possono essere disposte dalla legge ordinaria sempre che ricorra una sufficiente ragione giustificativa, tale da farle risultare non difformi dal principio di ragionevolezza, la cui specifica declinazione, peraltro, deve essere effettuata tenendo conto delle diverse fonti sovranazionali, orientate verso l’affermazione che l’applicazione retroattiva della lex mitior costituisce la regola, la quale diviene derogabile soltanto in presenza di esigenze di spessore tale da prevalere su un principio, valutato come rilevante dal diritto interno, dal diritto internazionale convenzionale e dal diritto comunitario.

Si è, quindi, ribadito che il valore tutelato dal principio di retroattività della lex mitior può essere sacrificato da una legge ordinaria esclusivamente per l’esigenza di protezione di interessi aventi analogo rilievo, fra i quali si annoverano quelli dell’efficienza del processo, della salvaguardia dei diritti dei soggetti che, nel contesto e in vario modo, siano destinatari della funzione giurisdizionale, e della tutela di esigenze proprie della collettività nazionale, interessi connessi a valori costituzionali di primario rilievo.

5.2.7. È nel binario così delineato che la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 10, comma 3, della citata legge n. 251 del 2005, limitatamente alle parole «dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché», giacché tale norma, disponendo l’inapplicabilità dei nuovi e più brevi termini di prescrizione ai reati per i quali sia intervenuta, in primo grado, la dichiarazione di apertura del dibattimento, ha introdotto una deroga ingiustificata alla regola della retroattività della norma penale più favorevole al reo di cui all’art. 2, quarto comma, cod. pen., poiché la scelta di individuare nel momento della dichiarazione di apertura del dibattimento il discrimine temporale per l’applicazione della nuova disciplina nei processi in corso di svolgimento in primo grado alla data di entrata in vigore della legge n. 251 del 2005 è stata ritenuta non assistita da ragionevolezza: la dichiarazione di apertura del dibattimento non si è apprezzata come idonea a correlarsi significativamente a un istituto di carattere generale qual è la prescrizione e al complesso delle ragioni che ne costituiscono il fondamento, in quanto non connota indefettibilmente tutti i processi di primo grado, in particolare i riti alternativi, né risulta inclusa fra gli incombenti ai quali il legislatore attribuisce rilevanza ai fini dell’interruzione del decorso della prescrizione ex art. 160 cod. pen.

Per converso, la medesima riforma è stata considerata conforme a Costituzione nella parte in cui non prevede che, per determinare il tempo necessario a prescrivere, si tenga conto anche delle aggravanti comuni e delle attenuanti, dal momento che questa opzione è espressione del legittimo esercizio della discrezionalità legislativa ed è tale da non trasmodare in una violazione del principio di ragionevolezza, essendo finalizzata a stabilire tempi certi e predeterminati di prescrizione dei reati (Corte cost., sent. n. 324 del 2008).

5.3. Di sicuro interesse per delineare i contorni essenziali del quadro in cui si inscrive la presente decisione sono, poi, le due sentenze rese dal Giudice delle leggi nello scrutinio di costituzionalità della disciplina emergenziale adottata in conseguenza della pandemia da Covid-19.

5.4. Per un verso, sono state ritenute non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 4, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che – con riferimento ai procedimenti penali in cui opera, dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, il rinvio d’ufficio delle udienze e la sospensione dei termini processuali in ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 – ha disposto la sospensione del termine di prescrizione del reato anche per fatti commessi prima del 9 marzo 2020: ciò, in ragione del rilievo che la norma censurata rientra nella causa generale di sospensione della prescrizione stabilita dall’art. 159 cod. pen.

5.4.1. Tale norma (interpretata quale clausola contenente un rinvio mobile alle ipotesi di sospensione specificamente introdotte), essendo anteriore alle condotte contestate agli imputati, non contrasta con il principio di irretroattività della norma penale sostanziale sfavorevole, in un contesto nel quale si è valutato che la breve durata della sospensione dei processi, e quindi del decorso della prescrizione, è pienamente compatibile con il canone della ragionevole durata del processo e che, sul piano della ragionevolezza e della proporzionalità, la disposizione risulta giustificata dalla tutela del bene della salute collettiva per contenere il rischio di contagio da Covid-19 in un eccezionale momento di emergenza sanitaria (Corte cost., sent. n. 278 del 2020).

5.4.2. Per altro e corrispondente verso, si è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 25, secondo comma, Cost., sotto il profilo della irretroattività della legge penale sfavorevole, l’art. 83, comma 9, dello stesso dl. n. 18 del 2020, cit., nella parte in cui ha previsto la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lett. g), e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020. A differenza della disciplina dettata nel comma 4 (già scrutinato nel senso della non fondatezza, in quanto àncora la sospensione del termine di prescrizione a presupposti compiutamente definiti nei precedenti commi 1 e 2, talché la fattispecie è sufficientemente determinata per legge), la formulazione testuale della norma, correlata al comma 7, lett. g), contiene, infatti, un rinvio alle misure organizzative che i capi degli uffici giudiziari sono facoltizzati ad adottare per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19: queste misure possono consistere in una serie di precetti tra cui il rinvio delle udienze, facoltà, questa, che solo genericamente è delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalità da perseguire. Pertanto, questa normativa speciale e temporanea ha introdotto, sì, una fattispecie di rilievo processuale, ma da essa conseguono significativi effetti di natura sostanziale: all’eventuale provvedimento generale del capo dell’ufficio, che risponde a esigenze organizzative legate all’andamento della pandemia, la norma censurata riconnette l’effetto in malam partem recato dalla previsione della sospensione del decorso del termine di prescrizione nel caso di rinvio del processo (sia pure non oltre il 30 giugno 2020), determinando così un allungamento complessivo del tempo entro il quale la fattispecie estintiva della punibilità si realizza.

Stante la sua valenza sostanziale, sia pure mediata dalla regola processuale, questa disposizione è stata ritenuta collocarsi nell’area di applicazione del principio di legalità, il quale richiede che essa, incidendo sulla punibilità del reato, sia determinata nei suoi elementi costitutivi, così da assicurare un sufficiente grado di conoscenza o di conoscibilità, elementi risultati nella specie mancanti (Corte cost., sent. n. 140 del 2021).

5.4. Nell’alveo tracciato da queste pronunce va inserita anche quella della Sezioni Unite di questa Corte che, sempre in tema di sospensione della prescrizione determinata dall’articolato quadro della normativa emergenziale pandemica da Covid-19, ha, fra l’altro, affermato che la sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dall’art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020 cit., si applica ai procedimenti la cui udienza sia stata fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all’il maggio 2020, nonché a quelli per i quali fosse prevista la decorrenza, nel predetto periodo, di un termine processuale, dovendo invece escludersi che la sospensione della prescrizione possa operare in maniera generalizzata, per tutti i procedimenti pendenti, in quanto la disciplina introdotta all’art. 83, comma 4, cit. presuppone che il procedimento abbia subito una effettiva stasi a causa delle misure adottate per arginare la pandemia (Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432 – 02).

5.5. Il senso convergente di queste recenti pronunce si coglie nella constatazione che l’operatività della disposizione generale del codice penale vigente al tempo del fatto prevede che debba esservi perfetta corrispondenza fra la sospensione del procedimento e la sospensione della prescrizione e che gli eventuali abusi che il potere legislativo dovesse perpetrare anche in tale snodo – giovandosi della possibilità di agire sulla sospensione del procedimento onde determinare la sospensione della prescrizione – sono suscettibili di essere contrastati con il giudizio di costituzionalità della norma cui la previsione generale di cui all’art. 159 cod. pen. abbia operato un rinvio non sufficientemente determinato e collidente con il principio della ragionevole durata del processo, o con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, da porre in bilanciamento con la valenza del bene o dei beni che la specifica causa di sospensione di cui all’art. 159 cit. mira a tutelare.

5.5.1. L’approdo di tali premesse consente, pertanto, di affermare che, per un verso, l’applicazione retroattiva della lex mitior in materia di successione delle leggi regolatrici della prescrizione del reato costituisce la regola, la quale è tuttavia derogabile, ma soltanto in presenza di esigenze di spessore tale da prevalere su quelle sottese al suddetto, corrispondente principio e, quindi, sempre che la relativa disciplina non infranga il principio di uguaglianza e ragionevolezza, ai sensi dell’art. 3 Cost. Per altro verso, la stessa regola e il medesimo limite valgono anche per lo specifico aspetto della prescrizione costituito dai casi di sospensione del corso del suo termine e dal dispiegarsi della loro operatività nell’ipotesi di successione nel tempo di diverse discipline: regola e limite la corretta declinazione dei quali è essenziale per garantire l’adeguata salvaguardia del principio di non retroattività in peius della disciplina sopravveniente.

5.5.2. Di conseguenza, anche sotto quest’ultimo profilo, qui direttamente rilevante, l’istituto della sospensione della prescrizione si conferma, pur nella temperie determinata dai molteplici interventi normativi che hanno influito sul dispiegamento dei suoi effetti, solidamente inserito nella complessiva disciplina sostanziale della corrispondente causa estintiva del reato, anche quando il suo statuto risulti intersecato con regole aventi rilievo ed effetti di natura processuale.

  1. Collocata in questa cornice la questione oggetto di scrutinio, il Collegio ritiene che si debba privilegiare la tesi, sviluppatasi nell’ambito dell’orientamento rilevato come maggioritario, secondo la quale il rapporto tra la disciplina della sospensione della prescrizione dettata dalla legge n. 103 del 2017 e quella di cui alle due susseguenti fonti costituite dalla legge n. 3 del 2019 e dalla legge n. 134 del 2021 non si è risolto nel mero fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo, regolato dall’art. 2 cod. pen.

Invero, le due leggi succedutesi a quella del 2017 si caratterizzano per la previsione della loro applicabilità soltanto ai reati commessi a decorrere da una certa data, ossia dall’i gennaio 2020.

È indubbio che l’espressione adoperata dall’art. 1, comma 2, legge n. 3 del 2019 («Le disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e) e f), entrano in vigore il 1° gennaio 2020») pare riferirsi al solo momento di individuazione della cessazione del regime di vacatio rispetto a quello normativamente previsto in via ordinaria, mentre le locuzioni utilizzate, sempre sullo stesso tema, dall’art. 1, comma 15, legge n. 103 del 2017 («Le disposizioni di cui ai commi da 10 a 14 si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge») e, in tema di improcedibilità, dall’art. 2, comma 3, legge n. 134 del 2021 («Le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo si applicano ai soli procedimenti di impugnazione che hanno a oggetto reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020») fanno preciso riferimento alla sfera dei reati a cui accede la corrispondente disciplina.

Tuttavia, l’impianto della complessiva modificazione dell’istituto della prescrizione introdotta con la legge n. 3 del 2019 orienta nel senso che questa normativa è stata direttamente dettata per disciplinare i reati commessi dall’I. gennaio 2020 in poi.

6.1. Tale legge – è significativo evidenziarlo – ha introdotto norme di natura sostanziale ulteriori rispetto all’ambito della sospensione della prescrizione, incidendo anche sulla stessa individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, come si trae dall’esame dell’art. 158, primo comma, cod. pen. (come riscritto dall’art. 1, comma 1, lett. d), della legge stessa): e ciò ha costituito solida ragione per la quale ampi settori della dottrina hanno dato per assodata l’operatività con riguardo ai soli reati commessi dall’i gennaio 2020 in poi del complesso delle modificazioni dalla stessa apportate.

6.1.1. In questa direzione, pure se la locuzione adottata nel testo della legge è letteralmente riferita alla semplice «entrata in vigore», è da ritenere che il legislatore del 2019 abbia inteso stabilire che tutte le nuove disposizioni in materia di prescrizione (prima tra tutte la sospensione sine die del termine di prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo grado inserita nell’art. 159 cod. pen. da quella riforma) debbano trovare applicazione solo in relazione ai reati commessi dall’i gennaio 2020.

È in tale prospettiva che si individua la ragione della forte divaricazione temporale – non di molto inferiore alla durata di un anno (durata sensibilmente più ampia rispetto alla vacatio ordinaria di cui agli art. 73 Cost. e 10 preleggi) – tra l’epoca di approvazione, promulgazione e pubblicazione della legge e quella di inizio di produzione dei suoi effetti: essa ha segnato una cesura con la pregressa disciplina, del tutto svincolata da reali esigenze di conoscibilità del dettato normativo, così da sfociare in un vero e proprio regime transitorio, preclusivo del raffronto fra la disciplina con essa introdotta e quelle pregresse.

6.1.2. Osservando il dipanarsi di queste modificazioni normative, si può ragionevolmente evincere che l’obiettivo perseguito dal legislatore non è identificabile con quello (proprio della vacatio legis) di assicurare la conoscibilità della legge, bensì con quello di procrastinarne nel tempo gli effetti, al fine, del resto non sottaciuto, di adottare in quell’intervallo le opportune riforme necessarie per velocizzare il processo penale, in guisa da evitare, dopo l’introduzione della sospensione sine die della prescrizione del reato all’esito della sentenza di primo grado (e, si sottolinea, qualunque sia l’esito da tale pronuncia sancito), l’ordinaria evenienza di un giudizio di cognizione suscettibile di durata indefinita nei gradi successivi.

6.2. Il passaggio da un regime che contempla l’operatività della prescrizione del reato in ogni stato e grado del processo a un regime radicalmente diverso, disciplinante il blocco tendenzialmente definitivo della prescrizione con la sentenza di primo grado, con la conseguente impossibilità di dichiarare estinto il reato per decorso del tempo nei giudizi di impugnazione, ha così determinato l’introduzione di una disciplina considerata ab origine inapplicabile retroattivamente, in quanto totalmente innovativa del regime sospensivo del decorso del termine prescrizionale, oltre che deteriore rispetto a qualsiasi altra regolamentazione della materia avvicendatasi in precedenza.

6.2.1. A quest’ultimo proposito si segnala – incidentalmente e al solo fine di prendere le distanze dalla diversa impostazione proposta nelle pronunce dell’orientamento indicato come minoritario – che, ove si operasse la valutazione comparativa finalizzata a stabilire la disciplina più favorevole all’imputato, non potrebbero estrarsi frazioni della pregressa disciplina della prescrizione senza considerare la contemporanea introduzione della sospensione sine die del relativo termine dopo l’emissione della sentenza di primo grado. È, infatti, principio assodato quello secondo il quale, in tema di prescrizione, non è consentita l’applicazione simultanea di disposizioni in parte introdotte da una legge e in altra parte frutto di un intervento normativo successivo, secondo il criterio della maggior convenienza per l’imputato, occorrendo invece applicare integralmente l’una o l’altra disciplina (per tutte, con riferimento al rapporto fra il contenuto della legge n. 251 del 2005 e il disposto delle leggi precedenti, Sez. 5, n. 26801 del 17/04/2014, Cappetti, Rv. 260228 – 01; con riferimento specifico al susseguirsi delle leggi rilevanti in questo procedimento, Sez. 4, n. 33127 del 10/07/2024, Ferro, non mass.).

6.2.2. Tornando al rilievo dell’inapplicabilità della disciplina della sospensione della prescrizione prevista dalla legge n. 3 del 2019 per i reati commessi in tempo antecedente all’i gennaio 2020, il Collegio osserva che essa rinviene il suo coerente sviluppo nella disciplina dall’art. 2, comma 3, legge n. 134 del 2021, chiaramente coordinato con le innovazioni apportate dalla legge del 2019, con particolare riferimento all’introduzione dell’istituto dell’improcedibilità riguardante gli stessi reati per i quali la legge del 2019 aveva previsto la sospensione indeterminata della prescrizione con la sentenza di primo grado. Ebbene, come si è già osservato, la suddetta norma ha fatto espresso riferimento ai reati commessi a far data dall’i gennaio 2020, così manifestando la chiara volontà di limitare gli effetti a ritroso dell’improcedibilità ai soli reati commessi a partire da tale data.

Risulta così esplicitato lo spartiacque, fissato ratione temporis, fra reati commessi fino al 31 dicembre 2019 e reati commessi dall’i gennaio 2020, spartiacque ragionevolmente concepibile soltanto muovendo dal presupposto che la data dell’i gennaio 2020 ha identificato già, in materia di prescrizione, la soluzione netta della continuità rispetto al passato.

6.2.3. A questa data si è, d’altro canto, sincronizzata l’efficacia temporale di operatività degli istituti dell’improcedibilità e della sospensione sine die del termine di prescrizione del reato con la pronuncia della sentenza di primo grado, istituto – quest’ultimo – riposizionato dalla legge n. 134 del 2021 nell’art. 161- bis cod. pen., con formula normativa non dissimile dalla precedente, sia pure con l’inserzione nella rubrica della disposizione del più forte riferimento al fenomeno della cessazione delle prescrizione, da un lato, e con l’elisione dalla norma del richiamo (oltre che della sentenza di primo grado, anche) del decreto di condanna, ricollocato, nell’art. 160 cod. pen., fra gli atti interruttivi del decorso del termine prescrizionale.

6.2.4. Le considerazioni svolte, pertanto, inducono a ritenere che la legge n. 3 del 2019 abbia dettato nuove disposizioni in materia di prescrizione soltanto per i reati commessi a decorrere dall’i gennaio 2020, essendosi estrinsecata la corrispondente voluntas legis nel senso che le nuove norme non producano alcun effetto in relazione ai reati commessi prima della suddetta data. Di conseguenza, il periodo intercorso fra il 3 agosto 2017 (data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017) e il 31 dicembre 2019 il regime della sospensione della prescrizione dei reati continua ad essere regolato dalle norme dettate da quest’ultima fonte, così prefigurandosi il relativo regime transitorio, di per sé preclusivo della giuridica possibilità di dare attuazione al principio di retroattività della legge più favorevole: principio che, come si è visto, in questa materia opera soltanto in mancanza dell’esplicita presa di posizione del legislatore, declinata nel rispetto del canone della ragionevolezza, in ordine al regime intertemporale delle disposizioni introdotte.

6.3. In questa prospettiva non può essere condivisa la tesi, posta a base della tesi coltivata dall’indirizzo minoritario, secondo la quale la legge n. 134 del 2021 ha finito per abrogare in toto l’istituto della sospensione della prescrizione riconnesso alla pronuncia delle sentenze di merito (aventi contenuto condannatorio) introdotto con la legge n. 103 del 2017.

6.3.1. È utile, per vero, ribadire che la legge n. 134 del 2021 non è intervenuta sulle disposizioni codicistiche come modificate dalla legge n. 103 del 2017, applicabili ai reati antecedenti gennaio 2020, bensì sul tessuto normativo già modificato dalla legge n. 3 del 2019, da applicarsi esclusivamente dall’i gennaio 2020, sicché anche sotto tale aspetto non appare calibrato con la reale portata degli interventi normativi così susseguitisi annettere alla legge del 2021 portata abrogatrice della disciplina del 2017.

6.3.2. L’analisi testuale delle modifiche introdotte dalla legge n. 134 del 2021 depone nel senso che tale fonte, in materia di prescrizione, non è intervenuta direttamente sull’articolato della legge n. 3 del 2019, bensì sulle disposizioni del codice penale che erano state in precedenza novellate da questa legge, come per escludere la volontà di eradicare dal sistema la riforma del 2019 e, al contrario, di raccordare alla stessa – evidentemente in relazione ai reati rientranti ratione temporis nel suo ambito di applicazione – le modificazioni introdotte, specie quella riferita all’improcedibilità di cui all’art. 344-bis cod. proc. pen.

6.3.3. L’esame delle modifiche apportate dall’art. 2, comma 1, legge n. 134 del 2021 al tessuto codicistico conferma tale assunto: la lett. a) del citato comma statuisce che «all’articolo 159, il secondo e il quarto comma sono abrogati».

6.3.4. Le disposizioni abrogate dal legislatore del 2021 non sono, quindi, quelle introdotte dalla legge n. 103 del 2017, già sottoposto all’intervento abrogante statuito dalla legge n. 3 del 2019, bensì il secondo e il quarto comma sortiti all’esito dell’intervento normativo del 2019.

Le disposizioni abrogate dalla legge del 2021 sono le seguenti.

6.3.4.1. Il secondo comma: «Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna».

6.3.4.2. Il quarto comma: «Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 420-quater del codice di procedura penale, la durata della sospensione della prescrizione del reato non può superare i termini previsti dal secondo comma dell’articolo 161 del presente codice».

6.3.5. Viceversa, i tre commi dell’art. 159 cod. pen., fra loro strettamente connessi, introdotti dalla legge n. 103 del 2017, erano già stati elisi in precedenza dall’art. 1, comma 1, lett. e), legge n. 3 del 2019, il quale aveva riscritto il secondo comma della norma e abrogato i successivi commi terzo e quarto: era stato questo – quindi – l’intervento normativo che aveva inciso sulla fattispecie della sospensione della prescrizione oggetto del presente esame, definendo, in coincidenza con l’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019, il limite temporale di operatività della disciplina che l’aveva introdotta.

In corrispondenza, la legge n. 134 del 2021 ha perpetuato, specificandola, la disciplina della sospensione – definita poi cessazione – della prescrizione a far data dalla sentenza di primo grado introdotta dalla legge n. 3 del 2019, in tal senso avendo disposto il medesimo art. 2, comma 1, lett. b) e c), legge n. 134 del 2021.

6.3.6. Il dettato dell’art. 2, comma 1, lett. b), in particolare, è intervenuto sull’art. 160, primo comma, cod. pen., come riscritto dalla legge n. 3 del 2019, reinserendo il decreto di condanna fra le cause di interruzione del termine prescrizionale, corrispondentemente espunto dalle cause di sospensione dei termini di prescrizione di cui all’art. 159, secondo comma, cod. pen.: si è così ripristinata per il decreto di condanna la disciplina vigente prima della legge n. 3 del 2019, che, per i reati commessi dall’i gennaio 2020, aveva depennato sia la sentenza di condanna sia il decreto di condanna dalle cause di interruzione della prescrizione, attraverso l’abrogazione del primo comma dell’art. 160 cod. pen., per annoverarle fra le cause di sospensione.

6.3.7. Poi, il dettato di cui all’art. 2, comma 1, lett. c), ha introdotto nel codice penale l’art. 161-bis, rubricandolo «Cessazione del corso della prescrizione» e stabilendo, con esso, che il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente con la pronunzia della sentenza di primo grado, ma, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento.

6.3.8.In tal modo, la legge del 2021 ha confermato l’individuazione della sentenza di primo grado come causa di sospensione sine die del decorso dei termini di prescrizione, da un lato, definendo l’evento come causa di cessazione definitiva del corso ma, dall’altro, puntualizzando l’evenienza della ripresa del corso stesso nell’indicata ipotesi di regressione del procedimento; ciò, sempre con effetti a decorrere dall’i gennaio 2020.

6.4. Emerge, pertanto, limpido il nesso fra la conferma dell’individuazione della sentenza di primo grado come momento di tendenziale cessazione del corso della prescrizione del reato e la contemporanea introduzione dell’istituto (per vero, non sedimentato nella tradizione giuridica) dell’improcedibilità, espressamente riservato ai reati commessi dall’I. gennaio 2020. La legge del 2021 ha, con l’art. 161-bis cod. pen., confermato, precisandone gli effetti, il blocco del corso del corso della prescrizione del reato in concomitanza con la pronuncia della sentenza di primo grado e ha, in pari tempo, con l’art. 344-bis cod. proc. pen, introdotto l’improcedibilità per i conseguenti giudizi di impugnazione.

6.4.1. La consapevolezza, da parte del legislatore del 2021, di operare su disposizioni già aventi efficacia dall’I. gennaio 2020, secondo quanto risultante a seguito della legge n. 3 del 2019, spiega, dunque, la ragione per la quale ha specificato per la sola disposizione che ha introdotto l’istituto dell’improcedibilità la sua applicazione ai reati commessi a far data dall’i gennaio 2020.

6.4.2. In questa prospettiva, le modificazioni normative attinenti alla sospensione del termine di prescrizione apportate dalla legge del 2021, innestandosi su quelle introdotte con la legge del 2019, si sono saldate con esse, intervenendo sulla medesima sfera di applicazione temporale e, così, ancorando cronologicamente i propri effetti a quell’ambito, in consonanza con gli effetti determinati dall’istituto dell’improcedibilità, per modo che entrambi gli alvei ne sono risultati definiti con riferimento ai reati commessi dalla data dell’i gennaio 2020.

6.4.3. Come conferma anche l’analisi dei corrispondenti lavori preparatori, la scelta della data di operatività della riforma del 2021 in materia di improcedibilità, dunque, non è stata casuale, ma pienamente consentanea ad agganciare l’introduzione del nuovo istituto processuale alla pregressa legge del 2019, facendone coincidere gli effetti determinati dalle novità introdotte in materia di prescrizione con la legge del 2019.

6.4.4. Tenuto conto di ciò, l’obiettivo disallineamento rilevabile fra l’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019 e quella della legge n. 134 del 2021 (che è maturata il 19 ottobre 2021) non si profila determinare tangibili distonie: l’individuato raccordo fra la sfera di reati a cui si applica la complessiva disciplina sortita dalla prima riforma, come emendata dalla seconda, già è dirimente al riguardo.

6.4.5. In ogni caso, pur ove volesse istituirsi una comparazione fra le norme dettate dalle due indicate fonti, dovrebbe considerarsi che, agli effetti penali, le regole inerenti alla sospensione o, per adottare la terminologia espressa nella relativa fonte, alla cessazione della prescrizione, dettate dalla legge n. 134 del 2021, non paiono meno favorevoli per l’imputato rispetto a quelle dettate dalla legge n. 3 del 2019.

6.4.6. In coordinata sintesi, quindi, occorre concludere che: la disciplina della sospensione della prescrizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019 non possiede efficacia retroattiva e si applica ai soli reati commessi dall’i gennaio 2020; la legge n. 134 del 2021 è intervenuta a modificare, nella stessa materia, le sole norme dettate dalla legge n. 3 del 2019, non quelle dettate dalla legge n. 103 del 2017; di conseguenza, la legge n. 134 del 2021, nella medesima materia, a sua volta, non dispiega efficacia retroattiva, applicandosi ai soli reati commessi dall’I. gennaio 2020.

6.4.7. Pertanto, le disposizioni dettate dalla legge n. 3 del 2019 in materia di prescrizione, ivi inclusa la sospensione del decorso del relativo termine, hanno assunto efficacia dall’i gennaio 2020. Esse hanno continuato a dispiegare la medesima efficacia anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 134 del 2021 (l’art. 158, primo comma, cod. pen. perché non interessato dalla nuova legge, e gli artt. 159 e 160 cod. pen. perché, pur modificati nel testo, non hanno visto espressamente mutata dal legislatore la sfera di applicazione, non estesa ai reati commessi prima dell’i gennaio 2020).

  1. Il sistema così delineato non appare prestare il fianco a concrete censure di illegittimità costituzionale.

7.1. Va rilevato che la limitata sfera di applicazione prevista per l’istituto dell’improcedibilità risulta aver ricevuto positivo vaglio in merito alla sua conformità a Costituzione.

7.1.1. Più volte, infatti, è stata affermata la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in ordine alla limitazione temporale di operatività dell’istituto, proprio in ragione dell’inscindibile collegamento esistente tra l’improcedibilità introdotta dalla legge n. 134 del 2021 e il regime prescrizionale delineato dalla legge n. 3 del 2019, in quanto ritenuti entrambi applicabili ai soli reati commessi dall’I. gennaio 2020. In proposito si è osservato che «la limitazione cronologica dell’applicazione di tale causa di improcedibilità, cui consegue la non punibilità delle condotte, è frutto di una scelta discrezionale del legislatore, giustificata dalla diversità delle situazioni, e risulta coerente con la riforma introdotta dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di sospensione del termine di prescrizione nei giudizi di impugnazione, egualmente applicabile ai soli reati commessi a decorrere dalla suddetta data, essendo ragionevole la graduale introduzione dell’istituto per consentire un’adeguata organizzazione degli uffici giudiziari» (Sez. 5, n. 43624 del 06/07/2022, Castorina, non mass.; Sez. 3, n. 1567 del 14/12/2021, dep. 2022, lana, Rv. 282408 – 01; Sez. 7, n. 43883 del 19/11/2021, Cusmà, Rv. 283043 – 02).

7.1.2. Nella medesima direzione, si è, in tempo ancora antecedente, considerata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 344- bis cod. proc. pen., in relazione agli artt. 3 e 117 Cost., nella parte in cui limita l’applicazione della causa di improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione ai soli reati commessi dall’i gennaio 2020, in ragione della natura processuale della disposizione, come tale non suscettibile di applicazione retroattiva, e, anche in tal caso, considerata conforme a ragionevolezza, attesa la sua finalità riequilibratrice rispetto alla disciplina introdotta dalla legge n. 3 del 2019 in tema di sospensione del termine di prescrizione, ritenuta afferente alla medesima limitazione temporale (Sez. 5, n. 334 del 05/11/2021, dep. 2022, Pizzorulli, Rv. 282419 – 01).

7.1.3. Più in generale, muovendo dalla natura essenzialmente processuale dell’improcedibilità, in correlazione con la sua finalità, esplicitamente perseguita, di pervenire alla celere definizione dei processi di impugnazione, in ossequio al principio costituzionale della loro ragionevole durata, nonché con la sua collocazione nel codice di rito e con le modalità operative del meccanismo estintivo previsto dall’art. 344-bis cod. proc. pen. (per il quale il superamento del limite temporale prestabilito incide – non sull’esistenza del reato, bensì – sulla possibilità di proseguire l’azione penale), l’elaborazione recepita in sede di legittimità ha ribadito che, anche a considerare i risvolti sostanziali dell’istituto in termini di punibilità, il principio di retroattività della legge più favorevole non rinviene, in questo caso, copertura costituzionale nel principio di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., ma esclusivamente nell’ambito del principio di uguaglianza e di ragionevolezza dettato dall’art. 3 Cost. (per tutte, Sez. 3, n. 37234 del 05/06/2024, Guglielminetti, non mass.; Sez. 5, n. 34208 del 09/05/2024, Calandro, non mass.; Sez. 6, n. 47127 del 18/10/2023, Azrouri, non mass.; Sez. 2, n. 44819 del 06/10/2023, Padurean, non mass.; Sez. 1, n. 41343 del 25/05/2023, D’Elia, non mass.).

7.1.4. Di conseguenza, l’ipotizzabilità di un profilo di illegittimità costituzionale dell’istituto potrebbe coltivarsi soltanto se si individuasse la violazione dell’art. 3 Cost. in dipendenza dell’irragionevole disparità di trattamento tra gli autori di reati commessi prima o dopo la data di applicazione dell’art. 344-bis cod. proc. pen. in materia di improcedibilità. Ciò, tuttavia, pare doversi escludere, proprio perché tale disciplina si inserisce in un sistema processuale e sostanziale profondamente mutato, coordinato – sul piano normativo – con il nuovo, circoscritto (ex art. 161-bis cod. pen.) regime della prescrizione, senza il suo innesto nel previgente regime governato dalla sola prescrizione, e – sul piano strutturale – con l’adozione di corrispondenti misure organizzative da parte degli uffici giudiziari.

7.2. L’assunto espresso da questo corposo orientamento con primario riferimento all’istituto dell’improcedibilità ne considera inevitabilmente anche i risvolti sostanziali, in virtù del collegamento con la corrispondente disciplina in materia di prescrizione.

7.2.1. Sull’argomento, quindi, fermo il rilievo della natura primariamente processuale dell’improcedibilità, ma non obliterata l’ineliminabile evenienza di alcuni suoi aspetti aventi riflessi di natura peculiare (si ricorda la sua rinunciabilità da parte dell’imputato e la sua inapplicabilità ai reati puniti con la pena dell’ergastolo), occorre ribadire che l’emerso legame fra l’introduzione dell’improcedibilità e la fissazione del corrispondente regime prescrizionale fa sì che l’insieme della relativa disciplina, caratterizzata anche da sicuri aspetti di natura sostanziale, esige, in ogni caso, che l’assetto che ne è derivato in punto di sospensione del corso della prescrizione sia analizzato alla stregua del principio di retroattività della lex mitior, temperato dalla specificazione che in questa materia tale principio non riceve la tutela privilegiata di cui all’art. 25, secondo comma, Cost.

7.2.2. Si conferma che le eventuali deroghe al principio stesso, in relazione alla verifica del rispetto del principio promanante dall’art. 3 Cost., sono da ritenersi, anche nell’ambito qui rilevante, ammesse, sempre che le medesime, stabilite dalla legge ordinaria, siano sorrette da una sufficiente ragione giustificativa, consistente nella tutela di interessi di analogo rilievo, quali devono considerarsi, nello stesso alveo, quelli dell’efficienza del processo, della salvaguardia dei diritti dei soggetti destinatari della funzione giurisdizionale e quelli coinvolgenti esigenze dell’intera collettività nazionale connesse a valori costituzionali di rango primario.

7.2.3. Ora, pur tenendo conto delle connotazioni proprie di ciascuno degli istituti in esame, il rilevato coordinamento normativo fra la prescrizione e l’improcedibilità contribuisce senz’altro a orientare nel senso che la limitazione imposta alla retroattività delle norme della legge n. 134 del 2021 soddisfa i requisiti di ragionevolezza necessari per giustificarla; ciò, lasciando conseguentemente impregiudicata nel presente contesto la valutazione circa la possibilità di qualificare come lex mitior rispetto a quella previgente la disciplina della prescrizione scaturente dalla stessa legge, peraltro caratterizzata in modo ineludibile anche dalla sospensione sine die del corso del termine prescrizionale a far data dalla sentenza di primo grado.

7.2.4. Convergono verso tale approdo:

  1. a) il netto mutamento di paradigma realizzato con il passaggio dalla sola prescrizione alla combinazione di prescrizione e improcedibilità;
  2. b) la correlativa necessità di garantire agli uffici giudiziari il tempo necessario per organizzare l’utile trattazione dei processi nel regime determinato da tale mutamento, in rapporto all’ovvio pericolo che, in assenza di un regime transitorio, moltissimi reati in corso di accertamento nei gradi successivi al primo si trovassero esposti al concreto rischio di innesco massivo del nuovo meccanismo estintivo;
  3. c) l’esigenza di tutelare l’interesse delle persone offese a non subire l’improvvisa riduzione dei termini di estinzione del reato o dell’azione penale, potenzialmente derivante dall’applicazione totalmente retroattiva delle nuove norme (considerata l’obiettiva impossibilità di esaurire nei tempi scanditi dalla disciplina i processi pendenti, soprattutto in grado di appello).

7.2.5. Nel medesimo senso, l’esigenza dell’applicazione progressiva, oltre che limitata ai reati commessi dalla suddetta data, dell’istituto dell’improcedibilità ha informato la previsione normativa di termini più marcati per la fase di avvio: l’art. 2, comma 5, della legge n. 134 del 2021 ha, infatti, stabilito che, nei procedimenti in cui si applica l’improcedibilità nei quali l’impugnazione sia stata proposta entro la data del 31 dicembre 2024, i termini previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 344-bis cod. proc. pen. sono, rispettivamente, di tre anni per il giudizio di appello e di un anno e sei mesi per il giudizio di cassazione, con disciplina estesa anche ai giudizi conseguenti all’annullamento con rinvio pronunciato prima del 31 dicembre 2024.

7.3. Tali considerazioni rendono ragione del fatto che, oltre alla volontà di prevedere un regime transitorio, anche la specifica individuazione da parte della legge n. 134 del 2021 della data dell’i gennaio 2020 quale data rilevante per il passaggio al nuovo regime risulta ragionevole, in quanto pienamente consentanea all’esigenza di raccordare gli effetti della propria disciplina a quelli della legge n. 3 del 2019, che prevedeva la sua applicabilità proprio a partire da detta data. Pertanto, per tutti i reati per i quali la legge n. 3 del 2019 aveva già introdotto la sospensione sine die della prescrizione con la sentenza di primo grado, la legge n. 134 del 2021, al di là della modifica della denominazione dell’effetto sul corso della prescrizione (da sospensione a cessazione definitiva), ha determinato l’affiancamento al meccanismo sospensivo dell’istituto dell’improcedibilità, con il dichiarato scopo di assicurare per la medesima platea di reati la ragionevole durata del processo anche nei giudizi di impugnazione.

7.3.1. Ai reati commessi nel tempo antecedente all’i gennaio 2020, invece, non è stata apportata modifica alcuna al regime precedente, che già non prevedeva né la sospensione sine die o, secondo il rinnovato lessico, la cessazione definitiva della prescrizione con la sentenza di primo grado, né – in corrispondenza – l’improcedibilità per i gradi di giudizio successivi al primo.
Sotto tali connessi profili, dunque, si considera congrua la conclusione che il legislatore non ha dispiegato il potere discrezionale riconosciutogli in materia con modalità ed esiti normativi irragionevoli.

7.3.2. In definitiva, l’individuata limitazione ai reati commessi dall’I. gennaio 2020 dell’applicazione del coordinato regime di operatività della prescrizione, con suo blocco (tendenzialmente definitivo, salva la regressione del processo) coincidente con qualsiasi esito decisorio del primo grado, e di operatività dell’improcedibilità nei gradi successivi, per un verso, si rivela come la logica conseguenza del fatto che esso costituisce, nel suo unitario insieme, un nuovo sistema – complessivamente non contrastante con il principio costituzionale di ragionevole durata – regolatore degli effetti sul reato del decorso del tempo prima e durante il processo e, per altro verso, risulta giustificato dall’esigenza di assicurare agli uffici giudiziari un congruo lasso per conformare la durata dei processi, specie dei giudizi di impugnazione, alle disposizioni caratterizzanti il sistema stesso.

7.4. Il corollario, che determina la soluzione della questione sottoposta al Collegio, va, quindi, declinato nel seguente modo.

7.4.1. A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019, la riscrittura parziale degli artt. 158, 159 e 160 cod. pen., con effetti dall’I. gennaio 2020, ha determinato – per il tempo di interesse – la coesistenza di due differenti regimi:

7.4.1.1. il primo, riveniente dall’introduzione della legge n. 103 del 2017, destinato a disciplinare tutti e soltanto i reati commessi dall’entrata in vigore di tale legge fino al 31 dicembre 2019;

7.4.1.2. il secondo, scaturente dalle modificazioni introdotte dalla stessa legge n. 3 del 2019, destinato a disciplinare i reati commessi a decorrere dall’i gennaio 2020, senza possibilità di retroagire per espressa volontà del legislatore, regime su cui la legge n. 134 del 2021 è intervenuta, con le modificazioni indicate e soprattutto con l’affiancamento dell’istituto processuale dell’improcedibilità, senza però intaccare il testo degli artt. 158, 159 e 160 cod. pen. esitato dalla legge n. 103 del 2017 e destinato a disciplinare i reati commessi fino al 31 dicembre 2019.

7.4.2. Al quesito posto – se la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continui a essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, lett. a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 – deve darsi, dunque, risposta affermativa.

  1. Pertanto, sulla base di quanto fin qui esposto, può essere enunciato il seguente principio di diritto:

“La disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159 cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del 2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per i reati commessi dall’i gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema dalla legge n. 134 del 2021″.

 

 

 

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Copyright © 2019 Giurista Consapevole - Registrazione n°97 del 9 Luglio 2019 presso il Tribunale di Roma

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