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Processo –Danno – Responsabilità – Ritardato rilascio del permesso di costruire, risarcimento del danno e diligenza ex artt. 30, comma 3, cod. proc. amm. e 1227 cod. civ.

by Federico Minoni
3 Giugno 2025
in Diritto Amministrativo
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Tar Puglia – Lecce, sez. I – sentenza 28 maggio 2025 n. 999  

            PRINCIPIO DI DIRITTO   

La presenza di un provvedimento giudicato dal giudice amministrativo come illegittimo rappresenta la condizione sì necessaria, ma non sufficiente ad integrare la fattispecie dell’illecito civile, che concerne la lesione materiale conseguente all’attività amministrativa, dovendosi dimostrare in merito, tra l’altro, la colpa in concreto dell’apparato, da circoscriversi peraltro alla rilevanza della sola colpa grave; inoltre, la quantificazione del danno risarcibile va effettuata alla stregua dei principi posti dall’art. 2056 c.c., applicandosi dunque le coordinate limitative ivi previste, per cui danni risarcibili sono solo quelli che siano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito e, qualora vi sia concorso del creditore nello stesso fatto illecito, il danno risarcibile va diminuito in proporzione ed è finanche escluso, se il creditore avrebbe potuto evitare ogni conseguenza, adoperandosi anch’egli con la dovuta diligenza ai sensi dell’art. 1227 c.c.      

            TESTO RILEVANTE DELLE DECISIONE

  1. Può prescindersi dall’esame dell’eccezione in rito sollevata dal Comune in quanto la domanda risarcitoria è infondata.
  1. Nella memoria di replica, la parte ricorrente ha precisato che la domanda risarcitoria ha ad oggetto esclusivamente i danni derivanti dai provvedimenti comunali impugnati nel giudizio r.g.n. 576/2018 e annullati con sentenza n. 398 del 2019398 del 5 marzo 2019. In buona sostanza, dunque, chiede il ristoro dei danni derivanti dall’illegittima sospensione dei lavori a fronte di un titolo edilizio (rinnovo del permesso di costruire) ormai perfezionatosi in forza della precedente sentenza n. 86 del 25 gennaio 2018. Nel caso di specie, non vi è dubbio alcuno sulla sussistenza del requisito dell’illegittimità dei provvedimenti comunali dell’aprile e maggio 2018.
  1. Come è noto, per aversi risarcimento, alla stregua dell’art. 2043 c.c., va rilevata la presenza: a) del fatto doloso o colposo; b) del danno ingiusto; c) del nesso di causalità tra fatto, evento e danni (così Cons. St., sez. V, 30 gennaio 2017 n. 370). Ragion per cui la presenza di un provvedimento giudicato dal giudice amministrativo come illegittimo (alla stregua dei particolari motivi dedotti con ricorso) rappresenta la condizione sì necessaria, ma non sufficiente ad integrare la fattispecie dell’illecito civile (Cons. St., sez. II, 4 maggio 2022 n. 3481; Cons. St. sez. II, 20 maggio 2019 n. 3217; Cons. St., sez. IV, 31 gennaio 2012 n. 482), che concerne la lesione materiale conseguente all’attività amministrativa, dovendosi dimostrare in merito, tra l’altro, la colpa in concreto (Cons. St., sez. V, 12 novembre 2019 n. 7751; Cons. St., sez. III, 20 giugno 2022 n. 5076) dell’apparato (Cons. St., sez. V, 25 agosto 2021 n. 6042), da circoscriversi peraltro alla rilevanza della sola colpa grave (Cons. St., sez. VI, 31 marzo 2014 n. 1508; Cons. St., sez. IV, 6 luglio 2004 n. 5012).
  1. A chiare lettere, è stato rilevato in giurisprudenza, specificamente con riguardo ai provvedimenti di prevenzione dal pericolo della c.d. infiltrazione mafiosa, che l’eventuale statuizione di: “illegittimità non comporta l’automatica illiceità dell’operato dell’Autorità di pubblica sicurezza e non si traduce automaticamente nella responsabilità risarcitoria dell’Autorità prefettizia che la ha adottata, dovendo sempre essere dimostrata la colpa in concreto” (Cons. St., sez. V, 12 novembre 2019 n. 7751).
  1. Dunque, tra statuizione sull’illegittimità dell’atto e giudizio sul risarcimento del danno v’è soluzione di continuità. Non v’è alcun automatismo tra l’illegittimità dell’atto e l’illiceità risarcibile (Cons. St., sez. II, 18 gennaio 2022 n. 330).
  1. Rammenta il Cons. St., Ad. Plen. 23 aprile 2021 n. 7, come la quantificazione del danno risarcibile vada effettuata alla stregua dei principi posti dall’art. 2056 c.c., applicandosi dunque le coordinate limitative ivi previste, per cui danni risarcibili sono solo quelli che siano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito (art. 1223 c.c.) e, qualora vi sia concorso del creditore nello stesso fatto illecito, il danno risarcibile va diminuito in proporzione ed è finanche escluso, se il creditore avrebbe potuto evitare ogni conseguenza, adoperandosi anch’egli con la dovuta diligenza (art. 1227 c.c.).
  1. Per quel che qui più rileva, la proposta domanda di tutela per equivalente monetario non si presta ad essere accolta, in applicazione dell’art. 30, comma 3, ultimo periodo, cod. proc. amm., secondo cui “Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”. In particolare, nel giudizio numero di registro generale n. 576 del 2018 che ha portato all’annullamento dei provvedimenti comunali che avrebbero causato i danni per il cui risarcimento è causa, la parte ricorrente, alla camera di consiglio del 27 giugno 2018, ha rinunciato all’istanza cautelare. Ed invero, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di evidenziare che il concetto di ordinaria diligenza – ex artt. 30, comma 3, cod. proc. amm. e 1227 cod. civ. – ricomprende, quanto meno nel processo amministrativo, anche l’onere di attivare tempestivamente la tutela cautelare, la quale è per sua natura diretta alla temporanea salvaguardia della posizione del deducente onde consentirgli, qualora risultasse vincitore nel merito, di trarre l’utilità sostanziale offerta dalla decisione, producendo in via temporalmente anticipata nella sua sfera giuridica benefici omogenei e comunque non superiori rispetto a quelle che la sentenza potrà procurare (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2708; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 9 agosto 2022, n. 1913.
  1. A ciò deve aggiungersi che la stessa parte ricorrente assume che il Comune abbia violato ed eluso il giudicato portato dalla precedente sentenza n. 86 del 25 gennaio 2018. A fronte di tale pronuncia, al fine di ottenere il rilascio materiale del titolo, la parte ricorrente non ha neanche attivato il rimedio dell’ottemperanza.
  1. In definitiva, sul punto, l’omessa attivazione degli “strumenti di tutela”, tra i quali è inclusa la tutela cautelare e l’azione di ottemperanza, rappresenta un dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini della mitigazione e finanche dell’esclusione del danno, in quanto evitabile con l’ordinaria diligenza e l’art. 30 cod. proc. amm. opera una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalità giuridica e di principio di autoresponsabilità e sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, anche processuale, contraria al principio di buona fede e al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati, recide il nesso causale che, ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., deve legare la presunta condotta antigiuridica alle conseguenze risarcibili (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2024, n. 3562).
  1. Ne consegue che, nel caso di specie, deve ritenersi reciso il nesso causale che lega la condotta della P.A. resistente alle asserite conseguenze lesive, perimetrate dalla stessa parte ricorrente al solo periodo successivo alla sentenza n. 398 del 5 marzo 2019.
  1. Il ricorso, in conclusione, è infondato e va respinto.
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