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*Processo – Sentenza, giudizio di appello pendente e proponibilità dell’opposizione di terzo

by Francesca Senia - Avvocato del Foro di Ragusa
28 Dicembre 2021
in Diritto Civile
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Corte di Cassazione, II Sezione Civile, ordinanza 12 ottobre 2021, n. 27715

PRINCIPIO DI DIRITTO

Può esser proposta opposizione di terzo, ex art. 404 c.p.c., avverso sentenza di primo grado esecutiva anche pendente il giudizio di impugnazione ordinaria, ma il passaggio in giudicato della sentenza d’appello afferente la medesima decisione di prime cure comporta la sopravvenuta carenza d’interesse alla promossa causa ex art. 404 c.p.c., poiché la sentenza opponibile diviene quella resa dal Giudice d’appello.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)

Il ricorso proposto dalla snc Cage appare privo di fondamento e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione sviluppato, la società ricorrente denunzia violazione delle norme ex artt. 404,405,406 e 354 c.p.c., in quanto il Collegio anconetano, pur in presenza di suo interesse ad agire in opposizione di terzo – nella specie anche revocatoria ex art. 404 c.p.c., comma 2 – poiché un tanto era comunque consentito ai soggetti pregiudicati dalla sentenza opposta ma non parte del procedimento al cui esito fu emessa, tuttavia ha ritenuto la sua carenza d’interesse ad opporre la sentenza del Tribunale di Pesaro n. 600/02.

Inoltre l’unico suo rimedio di piena tutela del suo diritto era la svolta opposizione poiché al momento dell’avvio di detta causa, nel procedimento d’appello promosso contro la sentenza n. 600/02 del Tribunale di Pesaro dalla srl (OMISSIS) , era già stata celebrata l’udienza di comparizione, sicché l’intervento ex art. 344 c.p.c., scontava le conseguenti preclusioni ed, inoltre, non avrebbe potuto evocare in causa l’Ente locale, la cui chiamata in causa, richiesta dalla società edile in prime cure ed autorizzata, però non era stata effettuata dalla stessa.

Inoltre, osservava la società ricorrente, è insegnamento di legittimità che vi può ben esser contemporanea pendenza di impugnazione ordinaria e straordinaria, i cui momenti d’interazione vanno risolti in forza della disciplina sulla sospensione per pregiudizialità o della riunione dei procedimenti, se possibile.

Con la seconda ragione di doglianza la società ricorrente deduce violazione delle regole di diritto portate negli artt. 106 e 331 c.p.c., in quanto la Corte dorica ha ritenuto estraneo alla lite l’Ente locale evocato in causa, benché lo stesso era da qualificare siccome litisconsorte necessario in relazione alla lite sulla questione di merito introdotta con l’opposizione, stante che ebbe a rilasciare concessione edilizia, evidentemente viziata, se non rispettate le distanze legali, tanto che pure ne fu autorizzata la chiamata in causa nel giudizio originario, non effettuata dalla parte istante.

Il dispositivo della sentenza resa dal Collegio dorico, osserva la Corte, appare conforme a diritto, ma la motivazione con la quale vi perviene va corretta, ex art. 384 c.p.c.. Difatti è affermazione corretta – ed anche parte ricorrente lo riconosce – che la sentenza d’appello, confirmativa di quella impugnata, concorre a formare con la sentenza di primo grado il titolo esecutivo in senso sostanziale, ma, nella specie non è corretta l’affermazione che sempre e solo la decisione d’appello può esser oggetto di opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c..

Difatti la lettera del citato articolo consente alla parte l’opposizione avverso la sentenza, che pregiudica i suoi diritti, “passata in giudicato ovvero esecutiva “, sicché anche la sentenza di prime cure, quando esecutiva come nella specie – disponendo l’arretramento dei fabbricati a distanza legale – può essere autonomamente soggetta all’opposizione ex art. 404 c.p.c., pur in pendenza del giudizio di impugnazione.

Difatti anche la possibilità che la prima sentenza possa esser messa, nelle more dell’appello, in esecuzione configura il pericolo per i diritti del terzo estraneo alla lite, ossia la situazione salvaguardata dalla citata norma processuale.

E la pendenza del giudizio di gravame avverso la sentenza oggetto di opposizione, precisa la Corte, non configura ostacolo giuridico – come paiono aver ritenuto i Giudici marchigiani – alla proposizione d’azione ex art. 404 c.p.c., avverso la prima sentenza, bensì gravata, ma esecutiva.

Nemmeno può postularsi che il terzo leso abbia esclusivamente il rimedio dell’intervento in appello ex art. 344 c.p.c., poiché un tanto, per la lettera della legge – artt. 344 e 404 c.p.c. – è mera sua facoltà che, solo se esercitata, preclude il rimedio dell’opposizione ex art. 404 c.p.c., in quanto il soggetto in tal modo non è più terzo rispetto alla decisione impugnata – Cass. sez. 1 n. 12070/13.

Nella specie, inoltre, risulta dato pacifico, perché affermato nella sentenza impugnata e riferito dal ricorrente nella descrizione del procedimento in corso, che l’opposizione di terzo, avverso la sentenza n. 600/02 del Tribunale di Pesaro, venne proposta dalla snc Cage quando ancora pendente – s’era svolta l’udienza di comparizione – il giudizio di gravame avanti la Corte dorica in relazione alla medesima sentenza.

E siffatta situazione risulta ben possibile stante l’autonomia del procedimento di opposizione di terzo rispetto a quello d’appello avverso la medesima sentenza, posto che – come visto dianzi – l’opposizione, ex art. 404 c.p.c., è possibile anche contro le sentenze esecutive non passate in giudicato e che il terzo leso nel suo diritto non ha come unico rimedio l’intervento, ex art. 344 c.p.c., nel giudizio d’appello, quando pendente – Cass. SU n. 1238/15.

La questione posta in causa, ossia la contemporanea pendenza del giudizio ex art. 404 c.p.c. e del procedimento d’appello avverso la medesima sentenza di primo grado e le reciproche interferenze – come insegna in linea generale Cass. sez. 2 n. 15353/10, trova componimento, non già mediante intervento sui procedimenti, ossia escludendo la possibilità di scelta tra i modi offerti dall’ordinamento processuale per la difesa del proprio diritto leso, bensì in dipendenza degli effetti dei rispettivi autonomi provvedimenti definitivi con riguardo decisivo al tempo della loro adozione.

Pertanto, osserva la Corte, la trattazione dei due giudizi procederà autonomamente senza reciproche interferenze, ma l’intervento del giudicato sulla decisione d’appello avverso la sentenza opposta prima della decisione definitiva nel giudizio d’opposizione, ex art. 404 c.p.c., comporta la sopravvenuta carenza d’interesse a coltivare l’azione ex art. 404 c.p.c., avviata avverso la medesima sentenza di prime cure – Cass. sez. 2 n. 18130/20 – poiché la stessa oramai è sostituita da quella d’appello passata in giudicato, che sola potrà esser oggetto di opposizione di terzo, siccome stabilito dalla Corte dorica.

Ovviamente il passaggio in giudicato della sentenza, resa nel procedimento ex art. 404 c.p.c., esplicherà i medesimi effetti dianzi illustrati sul procedimento d’impugnazione ordinaria della medesima sentenza di prime cure quando ancora in corso, poiché la sentenza impugnata superata dalla nuova decisione di merito sulla medesima questione.

Di conseguenza, conclude la Corte, va fissata la seguente regola di diritto “può esser proposta opposizione di terzo, ex art. 404 c.p.c., avverso sentenza di primo grado esecutiva anche pendente il giudizio di impugnazione ordinaria, ma il passaggio in giudicato della sentenza d’appello afferente la medesima decisione di prime cure comporta la sopravvenuta carenza d’interesse alla promossa causa ex art. 404 c.p.c., poiché la sentenza opponibile diviene quella resa dal Giudice d’appello”.

La seconda ragione di doglianza afferente la statuizione relativa alla posizione del Comune di Pesaro rimane assorbita indirettamente, poiché collegata all’azione d’opposizione di terzo divenuta inammissibile, come rettamente rilevato dai Giudici del merito.

Nel regolare le spese di questo giudizio di legittimità – causa avviata ante 2006 – reputa la Corte concorrano giusti motivi per compensarle tra la società ricorrente, il S. e la srl […], oggi suo fallimento, parti del giudizio presupposto.

Mentre la società ricorrente – soccombente – va condannata a rifondere al Comune di Pesaro, non parte del giudizio presupposto in cui fu emessa la sentenza opposta, le spese di questo giudizio di legittimità tassate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense.

Concorrono in capo alla società ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato pari a quello versato, ove dovuto, all’atto dell’iscrizione a ruolo della lite.

 

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