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Home Diritto Amministrativo

*Professioni – Diritti fondamentali – Consiglieri del CNF, relativi compensi, accesso civico e riservatezza

by Bruno Tronchin - Avvocato
7 Marzo 2022
in Diritto Amministrativo
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Cons. Stato, III, sent., 20.01.2022, n. 990

MASSIMA

I dati relativi ai compensi di qualsiasi natura percepiti dai componenti del CNF, gli importi di viaggio di servizio e missioni pagati con fondi del CNF o delle Fondazioni ad esso collegate, i dati relativi alla assunzione di altre cariche, all’interno del Cnf, delle Fondazioni ad esso collegate o presso altri enti pubblici o privati sono ostensibili a chiunque senza alcun onere motivazionale mediante semplice istanza di accesso civico generalizzato ex art. 5 d.lgs. n. 33/2013, anche se essi si appalesano come ulteriori rispetto a quelli rispetto a cui vige un onere di pubblicazione in capo al CNF. Tali dati e documenti non rientrano, infatti, né tra quelli per cui vige un’eccezione assoluta al divieto di accesso generalizzato tassativamente previste ex art. 5 bis, co. 3 d.lgs. n. 33 del 2013, né altresì configurano ipotesi di eccezione relativa non essendovi alcuna violazione del principio di riservatezza di terzi.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. Come esposto in narrativa, l’avvocato M.G. ha presentato istanza di accesso civico, ai sensi dell’art. 5, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, chiedendo, con riferimento a nove componenti eletti al Consiglio Nazionale Forense (Cnf), a) i compensi percepiti, di qualsiasi natura, connessi all’assunzione della carica di componente del Consiglio Nazionale Forense; gli importi di viaggio di servizio e missioni pagati con fondi del CNF o delle Fondazioni ad esso collegate dal 1° gennaio 2019 a tutt’oggi (art. 14, n. 1, lett. c, d.lgs. n. 33 del 2013); b) i dati relativi alla assunzione di altre cariche, all’interno del Cnf, delle Fondazioni ad esso collegate o presso altri enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti dal Cnf 1° gennaio 2019 a tutt’oggi (art. 14, n. 1, lett. d, d.lgs. n. 33 del 2013).

L’appello, con il quale si impugna la sentenza del Tar Lazio che ha giudicato legittimo il diniego di ostensione opposto dal Cnf, deve essere accolto. Giova premettere, per fare chiarezza sulla materia controversa, che a prescindere dagli obblighi di pubblicazione che fanno capo al Cnf, nella specie l’accesso civico è stato esercitato ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 5, d.lgs. n. 33 del 2013. Il comma 2 del citato art. 5 prevede che “chiunque”, senza alcun onere motivazionale, abbia il diritto di accedere ai dati ed ai documenti detenuti dalla Pubblica amministrazione, che siano, tuttavia, “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di “obbligo di pubblicazione” ai sensi del d.lgs. n. 33 del 2013. Si tratta, dunque, di dati e documenti in relazione ai quali, pur non sussistendo alcun obbligo di pubblicazione in capo alla Pubblica amministrazione, quest’ultima è comunque tenuta a fornirli al richiedente, ove ne venga fatta apposita istanza, sempre che ciò avvenga nel rispetto dei limiti espressamente sanciti dall’art. 5 bis dello stesso decreto.

Corollario obbligato di tale premessa è che può prescindersi dall’affrontare la questione relativa all’obbligo di pubblicazione dei documenti richiesti da parte del Cnf, e quindi dal richiamo alle argomentazioni contenute nella sentenza del Tar Lazio, sez. I quater, 16 febbraio 2021, n. 1921 (che, a fronte della stessa fattispecie, è giunta a conclusioni opposte a quelle della sentenza appellata) per giustificare tali obblighi nonché dal peso che potrebbe avere la delibera del Cnf n. 440 del 2018 – peraltro non impugnata – adottata in adempimento degli obblighi ex art. 14, d.lgs. n. 33 del 2013 (e pubblicata sul sito del Cnf), con la quale si individuano le iniziative che soddisfano gli obblighi di pubblicazione ex art. 14, commi 1 ed 1 bis, d.lgs. n. 33 del 2013.

E’ assorbente la considerazione che la documentazione di cui è chiesta l’ostensione non rientra nei casi in cui è opponibile il diniego ai sensi dell’art. 5 bis, d.lgs. n. 33 del 2013.

L’art. 5 bis, d.lgs. n. 33 del 2013 individua, infatti, le eccezioni assolute e relative al diritto di accesso.

Le eccezioni assolute al diritto di accesso generalizzato sono quelle di cui all’art. 5 bis, comma 3 (segreto di Stato e altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, l. n. 241 del 1990), mentre quelle relative sono previste ai commi 1 e 2 del medesimo articolo (la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; la sicurezza nazionale; la difesa e le questioni militari; le relazioni internazionali; la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; il regolare svolgimento di attività ispettive; la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; la libertà e la segretezza della corrispondenza; gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali).

Nel caso delle eccezioni relative, nelle linee guida adottate con deliberazione n. 1309 del 28 dicembre 2016, recanti le indicazioni operative e le esclusioni e i limiti all’accesso civico generalizzato, l’Anac ha chiarito che il legislatore non opera, come nel caso delle eccezioni assolute, una generale e preventiva individuazione di esclusioni all’accesso generalizzato, ma rinvia ad una attività valutativa che deve essere effettuata dalle amministrazioni con la tecnica del bilanciamento, caso per caso, tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanti validi interessi presi in considerazione dall’ordinamento.

L’Amministrazione deve pertanto verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se l’ostensione degli atti possa comunque determinare un pericolo di concreto pregiudizio agli interessi indicati dal legislatore.

Nel caso all’esame del Collegio il Cnf non ha opposto alcuna ragione di riservatezza ex art. 5 bis, d.lgs. n. 33.

Legittimamente quindi l’avvocato G. ha esercitato il diritto di accesso civico ai sensi del comma 2 dell’art. 5, d.lgs. n. 33 del 2013, facendosi carico di sostenere, ove necessario, il costo del diritto di copia dei documenti richiesti.

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