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Home Diritto Civile

*Professioni – Studi legali in forma associate e diritto di rappresentazione dinanzi ai giudici dell’UE

by Calanna Laura
22 Ottobre 2025
in Diritto Civile
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Corte di Giustizia UE, sentenza 4 settembre 2025 (C-776/22 P)

PRINCIPIO DI DIRITTO

L’articolo 19, terzo comma, il quale prevede l’obbligo per le parti non privilegiate di essere «rappresentate da un avvocato», impone il rispetto di due requisiti.

In primo luogo, tale condizione impone alle parti non privilegiate un divieto di «autorappresentanza» dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, vale a dire che tali parti non possono in alcun caso rappresentarsi in prima persona.

In secondo luogo, detta condizione impone ai rappresentanti delle parti non privilegiate il rispetto di un requisito di indipendenza.

Orbene, qualora gli avvocati possiedano, secondo modalità conformi alle leggi, alle norme professionali e alle norme deontologiche applicabili, la qualità di associati all’interno dello studio che essi rappresentano dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, tale circostanza non può essere di per sé considerata incompatibile con il requisito dell’indipendenza.

 Infatti, da un lato, una siffatta circostanza non può essere assimilata a quella in cui esiste un rapporto di impiego, dall’altro lato, in assenza di elementi concreti che dimostrino l’esistenza di legami tra lo studio legale e il socio che esso ha designato come suo rappresentante, che pregiudichino manifestamente la capacità di quest’ultimo di svolgere il suo incarico di rappresentanza, servendo al meglio gli interessi della parte interessata o che detto socio non rispetti le norme professionali e deontologiche nazionali applicabili, la presunzione di indipendenza dell’avvocato associato non può essere considerata rovesciata.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. Con la sua impugnazione, lo Studio Legale U. e N., un’associazione professionale di diritto italiano (in prosieguo: lo «studio legale»), chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 10 ottobre 2022, Studio Legale U. e N./EUIPO – Nunziante e Ughi (U. E N.) (T-389/22; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata», EU:T:2022:662), con la quale quest’ultimo ha respinto in quanto manifestamente irricevibile il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), dell’8 aprile 2022 (procedimento R 407/2021-5), relativa a un procedimento di decadenza del marchio U. e N. (in prosieguo: la «decisione controversa»), avviato dallo studio legale.
  2. Contesto normativo

2.1. A norma dell’articolo 19, commi dal primo al quarto, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea:

«Tanto gli Stati membri quanto le istituzioni dell’Unione [europea] sono rappresentati davanti alla Corte di giustizia da un agente nominato per ciascuna causa; l’agente può essere assistito da un consulente o da un avvocato. Allo stesso modo sono rappresentati gli Stati parti contraenti dell’[accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (in prosieguo: l’«accordo SEE»)] diversi dagli Stati membri e l’Autorità di vigilanza [dell’Associazione europea di libero scambio AELS (EFTA)] prevista da detto accordo.

Le altre parti devono essere rappresentate da un avvocato.

Solo un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell’accordo [SEE] può rappresentare o assistere una parte dinanzi alla Corte».

2.2. L’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea prevede quanto segue:

«La Corte di giustizia è adita mediante istanza trasmessa al cancelliere. L’istanza deve contenere l’indicazione del nome e del domicilio dell’istante e della qualità del firmatario, l’indicazione della parte o delle parti avverso le quali è proposta, l’oggetto della controversia, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati.

All’istanza deve essere allegato, ove occorra, l’atto di cui è richiesto l’annullamento ovvero, nell’ipotesi contemplata dall’articolo 265 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, un documento che certifichi la data della richiesta prevista da tale articolo. Se questi documenti non sono stati allegati all’istanza, il cancelliere invita l’interessato a produrli entro un termine ragionevole, senza che si possa eccepire decadenza qualora la regolarizzazione intervenga dopo la scadenza del termine per ricorrere».

2.3. Conformemente all’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il titolo III di quest’ultimo, nel quale rientrano le disposizioni citate ai punti 2 e 3 della presente sentenza, è applicabile alla procedura dinanzi al Tribunale.

2.4. L’articolo 51 del regolamento di procedura del Tribunale, intitolato «Obbligo di rappresentanza», dispone quantosegue:

«1. Le parti sono rappresentate da un agente o da un avvocato nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 19 dello statuto [della Corte di giustizia dell’Unione europea]».

  1. L’avvocato che assiste o rappresenta una parte deposita in cancelleria il certificato da cui risulti che egli è abilitato a patrocinare dinanzi a un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato aderente all’accordo SEE, a meno che un siffatto documento non sia già stato depositato ai fini dell’apertura di un profilo utente e-Curia.
  2. Gli avvocati, quando la parte che rappresentano è una persona giuridica di diritto privato, sono tenuti a depositare in cancelleria un mandato rilasciato da quest’ultima.
  3. Se il documento previsto al paragrafo 2 o quello previsto al paragrafo 3 non è depositato, il cancelliere assegna alla parte interessata un termine adeguato per produrlo. In difetto di detta produzione alla scadenza del termine impartito, il Tribunale decide se l’inosservanza della formalità in questione comporti l’irricevibilità del ricorso o della memoria per vizio di forma o se la stessa induca a ritenere che l’avvocato non rappresenti o non assista la parte interessata».

2.5. L’articolo 55 di detto regolamento di procedura, intitolato «Esclusione dal procedimento», recita così:

«1. Il Tribunale, se ritiene che il comportamento di un agente, di un consulente o di un avvocato dinanzi al Tribunale, al presidente, a un giudice o al cancelliere sia incompatibile con il decoro del Tribunale o con quanto richiesto da una buona amministrazione della giustizia, o che tale agente, consulente o avvocato faccia uso dei diritti inerenti alle sue funzioni per scopi diversi da quelli per i quali tali diritti gli sono stati riconosciuti, ne informa l’interessato. (…)

  1. Per gli stessi motivi, il Tribunale, in qualsiasi momento, sentito l’interessato, può decidere di escludere, mediante ordinanza motivata, un agente, un consulente o un avvocato dal procedimento. Detta ordinanza è immediatamente esecutiva.
  2. Quando un agente, un consulente o un avvocato è escluso dal procedimento, quest’ultimo è sospeso fino alla scadenza del termine impartito dal presidente alla parte interessata per designare un altro agente, consulente o avvocato. (…)».

2.6. L’articolo 78 di detto regolamento di procedura, relativo agli «Allegati al ricorso», così dispone:

«1. Il ricorso è corredato, ove occorra, dei documenti indicati dall’articolo 21, secondo comma, dello statuto [della Corte di giustizia dell’Unione europea]. (…)

  1. Il ricorso è corredato dei documenti previsti dall’articolo 51, paragrafi 2 e 3.
  2. Se il ricorso non è conforme alle condizioni elencate nei paragrafi da 1 a 5, il cancelliere assegna al ricorrente un termine adeguato per produrre i documenti prima menzionati. In difetto di tale regolarizzazione entro il termine impartito, il Tribunale decide se l’inosservanza di dette condizioni comporti l’irricevibilità del ricorso per vizio di forma».
  3. Fatti all’origine della controversia

3.1. I fatti possono essere sintetizzati come segue.

3.2. Il 26 settembre 2017 lo studio legale ha presentato all’EUIPO una domanda di decadenza del marchio denominativo dell’Unione europea U. E N. per tutti i servizi per i quali tale marchio era stato registrato.

3.3. Con decisione del 23 febbraio 2021, la divisione di annullamento dell’EUIPO ha accolto tale domanda per tutti i servizi ad eccezione dei «servizi legali» rientranti nella classe 45 ai sensi dell’accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato.

3.4. Il 1 marzo 2021, lo studio legale ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso tale decisione solo nei limiti in cui la domanda di decadenza era stata respinta.

3.5. Con la decisione controversa la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. […]

  1. Giudizio della Corte
  2. Occorre ricordare che l’articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’articolo 53 di tale Statuto, prevede due condizioni distinte e cumulative per quanto riguarda la rappresentanza dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione delle parti non contemplate dal primo e dal secondo comma di tale articolo 19, dette parti «non privilegiate».

5.1. Secondo la prima condizione, stabilita all’articolo 19, terzo comma, tali parti devono essere «rappresentate da un avvocato».

5.2. Secondo la seconda condizione, stabilita al quarto comma del medesimo articolo, solo un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell’accordo sul SEE può rappresentare o assistere una parte dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione.

  1. Sulla prima parte del secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 19, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea

6.1. Per quanto riguarda la seconda condizione cumulativa relativa alla validità della rappresentanza di una parte non privilegiata dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, prevista all’articolo 19, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che riguarda l’abilitazione dell’avvocato al patrocinio dinanzi agli organi giurisdizionali di uno Stato membro, la Corte ha già dichiarato che dalla formulazione di tale disposizione risulta che il senso e la portata della condizione in parola devono essere interpretati mediante rinvio al diritto nazionale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 56, e del 14 luglio 2022, Universität Bremen/REA, C‑110/21 P, EU:C:2022:555, punto 40 e giurisprudenza citata).

6.2. Nel caso di specie, è pacifico che gli avvocati incaricati dal ricorrente possedevano l’abilitazione al patrocinio dinanzi agli organi giurisdizionali italiani, nel rispetto delle norme nazionali che disciplinano la materia.

6.3. Pertanto, dichiarando, al punto 17 dell’ordinanza impugnata, che il ricorso in primo grado non era stato proposto conformemente all’articolo 19, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

6.4. Va pertanto accolta la prima parte del secondo motivo.

  1. Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea

7.1. Per quanto riguarda la prima condizione cumulativa relativa alla validità della rappresentanza delle parti non privilegiate dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, prevista all’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che consiste nell’obbligo per tali parti di essere «rappresentate da un avvocato», secondo una giurisprudenza costante, in assenza di rinvio da parte di tale disposizione al diritto degli Stati membri, occorre interpretare la nozione di «avvocato» in modo autonomo e uniforme in tutta l’Unione, tenendo conto non soltanto del tenore letterale di detta disposizione, ma anche del suo contesto e del suo scopo (v., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 57, e del 14 luglio 2022, Universität Bremen/REA, C‑110/21 P, EU:C:2022:555, punto 43).

7.2. In tale contesto, la Corte ha dichiarato, in primo luogo, che sia dal tenore letterale di tale disposizione, e in particolare dall’uso del termine «rappresentate», sia dal contesto in cui essa si inserisce, risulta che una «parte», ai sensi della medesima, qualunque sia la sua qualità, non è autorizzata ad agire in prima persona dinanzi ad un organo giurisdizionale dell’Unione, ma deve ricorrere ai servizi di un terzo che può solo essere un «avvocato» (v., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punti 58 e 60, e del 14 luglio 2022, Universität Bremen/REA, C‑110/21 P, EU:C:2022:555, punti 44 e 45).

7.3. Tale interpretazione è conforme allo scopo della condizione prevista dall’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che consiste, da un lato, nell’impedire che le parti private agiscano in giudizio in prima persona senza ricorrere a un intermediario e, dall’altro, nel garantire che le persone giuridiche siano difese da un rappresentante sufficientemente distaccato dalla persona giuridica che rappresenta (sentenze del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 61, e del 14 luglio 2022, Universität Bremen/REA, C‑110/21 P, EU:C:2022:555, punto 46).

7.4. In secondo luogo, la Corte ha dichiarato che l’incarico di rappresentanza spettante ad un «avvocato», ai sensi dell’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, consiste prima di tutto nel tutelare e nel difendere al meglio gli interessi del mandante, in piena indipendenza nonché nel rispetto della legge, delle norme professionali e delle norme deontologiche. (v., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 62, e del 14 luglio 2022, Universität Bremen/REA, C‑110/21 P, EU:C:2022:555, punto 47).

7.5. Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi da 46 a 52 delle sue conclusioni, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la prima condizione cumulativa, prevista all’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che consiste nell’obbligo per le parti non privilegiate di essere «rappresentate da un avvocato», impone il rispetto di due requisiti.

7.6. In primo luogo, come risulta dal punto 55 della presente sentenza, tale condizione impone alle parti non privilegiate un divieto di «autorappresentanza» dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, vale a dire che tali parti non possono in alcun caso rappresentarsi in prima persona.

7.6.1. Poiché nessuna deroga o eccezione a tale divieto è prevista dallo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea o dal regolamento di procedura della Corte, la presentazione di un atto introduttivo firmato dal ricorrente stesso non può in alcun caso essere sufficiente ai fini della proposizione di un ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, e ciò anche se il ricorrente è un avvocato abilitato a patrocinare dinanzi a un organo giurisdizionale nazionale (v., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 59, e del 14 luglio 2022, Universität Bremen/REA, C‑110/21 P, EU:C:2022:555, punto 44).

7.7. In secondo luogo, detta condizione impone ai rappresentanti delle parti non privilegiate il rispetto di un requisito di indipendenza, come risulta dal punto 57 della presente sentenza.

7.7.1. Tale requisito è definito in modo sia negativo che positivo. In senso negativo, esso si definisce come l’assenza di qualsiasi rapporto di impiego, caratterizzato dall’esistenza di un vincolo di subordinazione, tra il rappresentante designato da una parte e quest’ultima. In senso positivo, detto requisito si riferisce alla deontologia e alla disciplina professionale (v., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 63, e del 14 luglio 2022, Universität Bremen/REA, C‑110/21 P, EU:C:2022:555, punto 49).

7.7.2. Inoltre, lo stesso requisito deve intendersi come l’assenza non di qualsiasi legame tra il rappresentante designato da una parte e quest’ultima, bensì unicamente di legami che pregiudichino manifestamente la sua capacità di svolgere l’incarico di rappresentanza conferitogli, come ricordato al punto 57 della presente sentenza. (v., in tal senso, sentenza del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 64).

7.7.3. Si presume che ogni avvocato, indipendentemente dalla forma in cui esercita la sua professione, autorizzato dalle leggi, dalle norme professionali e dalle norme deontologiche applicabili, fatto salvo quanto sarà esposto al punto successivo, soddisfi il requisito dell’indipendenza derivante dalla prima condizione cumulativa prevista all’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

7.8. Tuttavia, come risulta dal punto 62 della presente sentenza, il requisito dell’indipendenza, imposto ai rappresentanti delle parti non privilegiate nel contesto specifico di tale disposizione, presuppone necessariamente l’assenza di qualsiasi rapporto di impiego, caratterizzato dall’esistenza di un vincolo di subordinazione, tra la parte e il rappresentante da essa incaricato. Pertanto, la presunzione di indipendenza di cui al punto precedente non si applica qualora esista un siffatto rapporto di impiego. Ciò si verifica, in particolare, nell’ipotesi in cui avvocati che, conformemente al diritto nazionale applicabile, esercitano la loro professione in qualità di dipendenti dello studio presso il quale lavorano, dovessero rappresentare quest’ultimo dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione. Lo stesso vale nel caso in cui giuristi d’impresa («in-house lawyers»), membri dell’Ordine degli avvocati di uno Stato membro e ammessi, in forza del diritto nazionale di tale Stato membro, a rappresentare dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali la persona giuridica alla quale sono vincolati da un rapporto di impiego, dovessero rappresentare tale persona dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione.

7.9. Al di fuori dei casi in cui esiste un rapporto di impiego, caratterizzato dall’esistenza di un vincolo di subordinazione tra la parte e il rappresentante da essa incaricato, tale presunzione di indipendenza si applica e può essere rovesciata unicamente qualora da elementi concreti risulti che esistono tra loro legami che pregiudicano manifestamente la capacità di tale rappresentante di svolgere il proprio incarico servendo al meglio gli interessi del suo cliente o qualora detto rappresentante non rispetti le norme professionali e deontologiche nazionali applicabili (v., in tal senso, sentenza del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 64).

  1. Nella fattispecie, il Tribunale ha considerato, al punto 16 dell’ordinanza impugnata, che «la qualità di avvocati associati in seno allo studio legale, ricorrente nella fattispecie» non era «compatibile con i requisiti di indipendenza richiesti per rappresentarlo dinanzi al Tribunale». Esso ne ha dedotto, al punto 17 di detta ordinanza, che «poiché l’atto introduttivo del giudizio è stato sottoscritto da avvocati che non hanno la qualità di terzo indipendente rispetto al ricorrente», il ricorso non è stato proposto conformemente all’articolo 19, commi terzo e quarto, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

8.1. Orbene, qualora gli avvocati possiedano, secondo modalità conformi alle leggi, alle norme professionali e alle norme deontologiche applicabili, la qualità di associati all’interno dello studio che essi rappresentano dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, tale circostanza non può essere di per sé considerata incompatibile con il requisito dell’indipendenza.

8.1.1. Infatti, da un lato, una siffatta circostanza non può essere assimilata a quella in cui esiste un rapporto di impiego, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 62 della presente sentenza.

8.1.2. Dall’altro lato, in assenza di elementi concreti che dimostrino l’esistenza di legami tra lo studio legale e il socio che esso ha designato come suo rappresentante, che pregiudichino manifestamente la capacità di quest’ultimo di svolgere il suo incarico di rappresentanza, servendo al meglio gli interessi della parte interessata o che detto socio non rispetti le norme professionali e deontologiche nazionali applicabili, la presunzione di indipendenza dell’avvocato associato non può essere considerata rovesciata.

8.2. Avendo così travisato la portata del requisito dell’indipendenza derivante dalla prima condizione cumulativa prevista all’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

  1. Infine, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, qualsiasi circostanza relativa alla ricevibilità del ricorso di annullamento proposto dinanzi al Tribunale, tra cui quella relativa alla rappresentanza di una persona giuridica da parte di un avvocato ai fini della proposizione di tale ricorso, può costituire un motivo di ordine pubblico che deve essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’8 febbraio 2024, Pilatus Bank/BCE, C‑256/22 P, EU:C:2024:125 punti 34 e 36 nonché giurisprudenza citata). Il fatto che un siffatto ricorso non sia stato proposto conformemente ai requisiti posti dall’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte, costituisce una circostanza del genere.

9.1. Tuttavia, l’obbligo, per il giudice dell’Unione, di rilevare d’ufficio un motivo di ordine pubblico non pregiudica il rispetto dei diritti della difesa. Di conseguenza, il giudice dell’Unione non può, in linea di principio, fondare la propria decisione su un motivo di diritto rilevato d’ufficio, foss’anche di ordine pubblico, senza prima aver invitato le parti a presentare le proprie osservazioni in merito (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2009, Riesame M/EMEA, C‑197/09 RX-II, EU:C:2009:804, punti da 40 a 42 e 57 nonché giurisprudenza citata).

9.2. Nel caso di specie, occorre osservare che il Tribunale si è limitato a constatare, ai punti da 15 a 19 dell’ordinanza impugnata, che il ricorrente era uno studio legale che aveva incaricato, per rappresentarlo, tre avvocati che esercitavano la loro attività al suo interno in qualità di associati, e a trarne la conclusione, errata in diritto, secondo cui tali avvocati non potevano rappresentare tale studio in condizioni compatibili con l’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, poiché una siffatta incompatibilità non poteva peraltro, secondo il Tribunale, essere regolarizzata dopo la scadenza del termine di ricorso.

9.3. Orbene, il Tribunale avrebbe dovuto verificare, facendo eventualmente ricorso alle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del suo regolamento di procedura, anzitutto, se esistesse un rapporto di impiego tra tali tre avvocati e lo studio legale, ai sensi del punto 65 della presente sentenza. In mancanza di un siffatto rapporto di lavoro, solo elementi concreti che dimostrino che i legami tra lo studio legale e gli avvocati associati che lo rappresentavano erano tali da pregiudicare manifestamente la loro capacità di svolgere il loro incarico o che detti avvocati non rispettavano le norme professionali o deontologiche nazionali applicabili, avrebbero consentito di concludere nel senso di una mancanza di indipendenza ai sensi dell’articolo 19, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

9.4. Inoltre, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 71 della presente sentenza, il Tribunale avrebbe dovuto, prima di pronunciarsi al riguardo, invitare il ricorrente a presentare le sue osservazioni, al fine di garantire l’effettività dei suoi diritti della difesa.

9.5. Infine, se avesse ritenuto che il requisito dell’indipendenza non fosse soddisfatto, il Tribunale avrebbe dovuto, prima di constatare l’irricevibilità del ricorso, invitare il ricorrente a designare un nuovo avvocato.

9.6. Infatti, tenuto conto della gravità delle conseguenze derivanti da una violazione dell’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea per quanto riguarda il ricorrente, vale a dire la dichiarazione irrimediabile di irricevibilità del suo ricorso, quest’ultimo, dopo essere stato in grado di conoscere gli elementi che giustificano, secondo il Tribunale, una decisione di irricevibilità e di esprimersi su tali elementi, deve poter essere in grado di designare un nuovo avvocato.

9.7. Risulta peraltro dall’articolo 78, paragrafo 6, del regolamento di procedura del Tribunale, in combinato disposto con l’articolo 51, paragrafi da 2 a 4, di quest’ultimo, che una parte non deve essere sanzionata con l’irricevibilità del suo ricorso, senza essere stata previamente invitata a regolarizzare la situazione, per il motivo che il suo ricorso non soddisfa le condizioni enunciate all’articolo 78, paragrafi da 1 a 5 di tale regolamento di procedura. Risulta altresì dall’articolo 55, paragrafi 1 e 3, di detto regolamento di procedura che lo stesso vale per un comportamento di un avvocato giudicato incompatibile con il decoro del Tribunale o con la buona amministrazione della giustizia nel corso del procedimento. Infatti, in ipotesi del genere, tali disposizioni garantiscono la continuità del procedimento, prevedendo, a seconda dei casi, che la parte interessata possa produrre i documenti richiesti o designare un nuovo rappresentante, entro un termine ragionevole fissato dalla cancelleria.

  1. Occorre altresì rilevare che l’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea non fissa in modo tassativo le ipotesi di regolarizzazione di un ricorso.

10.1. La Corte ha peraltro già avuto occasione di considerare, senza che l’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea vi ostasse, che occorreva invitare il ricorrente a procedere alla regolarizzazione del ricorso, in caso di presentazione di un atto introduttivo firmato dal ricorrente stesso (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 1996, Lopes/Corte di giustizia, C‑174/96 P, EU:C:1996:473, punto 3).

10.2. Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 108 delle sue conclusioni, dalla prassi attuale degli Stati membri risulta che, nell’ipotesi in cui il diritto nazionale prevede che la validità degli atti processuali di una parte sia rimessa in discussione dalla violazione delle norme relative al requisito dell’indipendenza del rappresentante di tale parte, tale inadempimento può quanto meno essere oggetto di regolarizzazione in corso di causa.

  1. Di conseguenza, occorre accogliere la seconda parte del secondo motivo di impugnazione e il secondo motivo nel suo insieme. […]
  2. Sul ricorso dinanzi al Tribunale

12.1. Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

12.2. Nel caso di specie, la Corte dispone degli elementi necessari per statuire definitivamente sulla questione se il ricorso sia stato proposto ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Risulta infatti che il ricorso è stato proposto, a nome del ricorrente, da avvocati di cui si può presumere, conformemente a quanto enunciato al punto 68 della presente sentenza, che essi soddisfacessero il requisito dell’indipendenza, ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Poiché nessun elemento del fascicolo consente di rovesciare detta presunzione e neppure di dubitare che gli avvocati che rappresentano il ricorrente soddisfino tale requisito, si deve ritenere che il ricorso soddisfi detto requisito.

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15 Ottobre 2025

Copyright © 2019 Giurista Consapevole - Registrazione n°97 del 9 Luglio 2019 presso il Tribunale di Roma

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