Corte Costituzionale, 10 luglio 2025, n. 105
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., dell’art. 639 cod. pen., nella parte in cui prevede che il delitto di deturpamento o imbrattamento di cose altrui sia punito con una sanzione penale – anche quando il fatto non sia commesso con violenza alla persona o con minaccia, né in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall’art. 331 cod. pen., né abbia ad oggetto i beni di cui agli art. 635, secondo comma, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies cod. pen. – anziché con la sanzione pecuniaria civile da euro 100 a euro 8.000, prevista per la fattispecie di danneggiamento semplice, di cui al testo previgente dell’art. 635, primo comma, cod. pen., trasformata in illecito civile dall’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 7 del 2016.
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
1.– Il Tribunale di Firenze, prima sezione penale, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 639 cod. pen., nella parte in cui prevede che il delitto di deturpamento o imbrattamento di cose altrui sia punito con una sanzione penale – anche quando il fatto non sia commesso con violenza alla persona o con minaccia, né in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall’art. 331 cod. pen., né abbia ad oggetto i beni di cui agli art. 635, secondo comma, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies cod. pen. – anziché con la sanzione pecuniaria civile da euro 100 a euro 8.000, prevista per la fattispecie di danneggiamento semplice, di cui al testo previgente dell’art. 635, primo comma, cod. pen., trasformata in illecito civile dall’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 7 del 2016.
Il giudice a quo denuncia la irragionevolezza del trattamento sanzionatorio riservato alla fattispecie in esame, avuto riguardo alla disparità di trattamento rispetto a quella del danneggiamento, nonché la violazione «del principio di proporzionalità di cui agli artt. 3 e 27 co. 3 Cost.».
2.– In via subordinata viene censurato, in riferimento all’art. 3 Cost., l’art. 639, quinto comma, cod. pen. per la ritenuta manifesta irrazionalità della previsione della procedibilità di ufficio per il delitto di deturpamento e imbrattamento di cose altrui aggravato ai sensi del secondo comma, anche nelle fattispecie in cui il danneggiamento, ove tuttora penalmente rilevante, è, invece, perseguibile a querela della persona offesa.
3.– L’ordinanza di rimessione deduce l’esistenza di un rapporto di sussidiarietà tra la ipotesi, ritenuta più grave, del danneggiamento e quella, asseritamente meno grave, del deturpamento e imbrattamento di cose altrui.
Le due fattispecie di reato in esame offenderebbero il medesimo bene giuridico, con modalità simili, ma con effetti di grado diverso, consistendo il delitto di danneggiamento in una modificazione della cosa altrui con apprezzabile diminuzione del valore o impedimento anche parziale dell’uso e necessità di un intervento ripristinatorio dell’essenza e funzionalità del bene, e il delitto di deturpamento e imbrattamento in un’alterazione temporanea e superficiale del bene il cui aspetto rimanga facilmente reintegrabile.
Il rimettente lamenta quindi che la disciplina del reato di cui all’art. 639 cod. pen. sia rimasta immutata pur a fronte dell’intervento normativo sul delitto di danneggiamento, di cui all’art. 635 cod. pen.
Il legislatore delegato, dopo aver riformulato quest’ultimo con l’art. 2, comma 1, lettera l), del d.lgs. n. 7 del 2016, espungendo dai fatti penalmente rilevanti quelli che integravano il delitto di danneggiamento semplice, di cui al primo comma dell’art. 635 cod. pen. nel testo previgente, ha trasformato quanto sottratto alla sfera del penalmente rilevante in illecito civile di nuovo conio, introducendo all’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 7 del 2016 una sanzione pecuniaria civile da euro 100 a euro 8.000.
In tal modo, il legislatore, che pure gode di ampia discrezionalità nella definizione della propria politica criminale quanto alla individuazione delle condotte penalmente rilevanti e al relativo trattamento sanzionatorio, avrebbe violato il principio di eguaglianza e proporzionalità tra qualità e quantità della sanzione e dell’offesa e sarebbe incorso in manifesta irrazionalità nella scelta sul regime di procedibilità.
Il giudice a quo, in definitiva, chiede a questa Corte, in via principale, un intervento che, quale esito di una scelta costituzionalmente adeguata, rinvenga nella disciplina dell’illecito punitivo civile, introdotto dal legislatore per la condotta di danneggiamento semplice, la grandezza sulla cui base ridefinire il trattamento sanzionatorio del deturpamento e imbrattamento di cose altrui, non qualificato da indici ulteriori; in linea gradata, un intervento di tipo analogo, volto a subordinare alla querela la procedibilità delle condotte di cui all’art. 639, secondo comma, cod. pen.
4.– Deve, in via preliminare, essere esaminata la eccezione di inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza, formulata dall’Avvocatura generale dello Stato relativamente alle questioni sollevate in via principale.
4.1.– Essa è priva di fondamento.
Per costante giurisprudenza di questa Corte (tra le molte, sentenze n. 52 del 2025 e n. 135 del 2024; a contrario, sentenza n. 43 del 2025) non è necessario, ai fini della rilevanza di una questione, che il suo accoglimento determini un esito decisionale diverso da quello cui si perverrebbe in applicazione della disposizione censurata, essendo sufficiente che esso necessariamente influisca sull’iter motivazionale che dovrà condurre alla decisione.
Nel giudizio a quo il rimettente, nel caso in cui le questioni vengano accolte, potrà prosciogliere in udienza predibattimentale l’imputato con la formula perché il «fatto non è previsto dalla legge come reato» o per difetto di una condizione di procedibilità laddove, nel caso in cui le questioni siano ritenute non fondate, dovrà misurarsi con il diverso tema della «ragionevole previsione di condanna», di cui all’art. 554-ter, comma 1, cod. proc. pen.
D’altro canto, non appare ictu oculi implausibile l’assunto del rimettente secondo cui la declaratoria di irrilevanza penale del fatto integrerebbe la ragione immediata e più liquida di proscioglimento, destinata a imporsi su formule implicanti, invece, apprezzamenti più penetranti e controvertibili.
Secondo la giurisprudenza costituzionale, la verifica di questa Corte «“[…] è meramente esterna e strumentale al riscontro di una adeguata motivazione in punto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale, con la conseguenza che il vaglio del rimettente sull’esistenza delle condizioni dell’azione può essere sindacato solo laddove implausibile” (così la sentenza n. 193 del 2022; nello stesso senso, anche le sentenze n. 150 del 2022, n. 240 del 2021, n. 224 e n. 168 del 2020)» (sentenza n. 4 del 2024, punto 4.1. del Considerato in diritto).
5.– L’esame, nel merito, delle questioni di legittimità costituzionale sollevate richiede una sintetica illustrazione della evoluzione normativa di cui è stato oggetto l’art. 639 cod. pen.
5.1.– Nel testo originario di tale articolo, la fattispecie in esame (deturpamento e imbrattamento di cose altrui) veniva descritta ricomprendendovi la condotta di chiunque, fuori dei casi preveduti dall’art. 635 cod. pen., deturpasse o imbrattasse cose mobili o immobili altrui, e veniva stabilito che tale condotta fosse punita, a querela della persona offesa, con una multa.
Con l’art. 13, comma 2, della legge 8 ottobre 1997, n. 352 (Disposizioni sui beni culturali), era stato inserito nell’art. 639 cod. pen. un secondo comma, che prevedeva una ipotesi aggravata del reato, punita alternativamente con la pena della reclusione o della multa, laddove il fatto fosse commesso su cose di interesse storico o artistico ovunque ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici.
Successivamente, la legge n. 94 del 2009 ha esteso, con l’art. 3, comma 3, lettere b) e c), l’ambito applicativo di tale fattispecie aggravata ai casi in cui il fatto sia commesso su beni immobili in generale (ipotesi espunta dal testo originario del primo comma, il quale è rimasto a disciplinare, unicamente, le condotte aventi a oggetto cose mobili altrui) o su mezzi di trasporto pubblici o privati; per la stessa fattispecie si è altresì prevista, con l’aggiunta all’art. 639 cod. pen. di un quarto comma (poi divenuto quinto), la procedibilità d’ufficio. Si è altresì previsto uno specifico inasprimento delle pene nei casi di recidiva (nuovo terzo comma dell’art. 639 cod. pen.).
Di seguito ancora, l’art. 16 del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città), convertito, con modificazioni, nella legge 18 aprile 2017, n. 48, ha introdotto nello stesso art. 639 un ulteriore comma dopo il quarto, recante la previsione di obblighi ripristinatori a carico del condannato, al cui adempimento può essere subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena.
L’art. 5, comma 2, lettera a), della legge n. 22 del 2022 ha poi abrogato «il secondo periodo del secondo comma dell’articolo 639 del codice penale», che prevedeva l’ipotesi della commissione del fatto su cose di interesse storico o artistico, e l’art. 1, comma 1, lettera b), della stessa legge ha introdotto il Titolo VIII-bis del codice penale, rubricato «Dei delitti contro il patrimonio culturale».
La legge 22 gennaio 2024, n. 6 (Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale) ha ulteriormente arricchito nei contenuti il secondo comma dell’art. 639 cod. pen., con il riferimento ai fatti di deturpamento e imbrattamento relativi a teche, custodie e altre strutture adibite all’esposizione, protezione e conservazione di beni culturali, esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali e ogni altro ente e istituto pubblico. L’art. 4, comma 1, lettera c), della stessa legge ha aggiunto, altresì, un nuovo quarto comma all’art. 639 cod. pen., che prevede il raddoppio delle pene stabilite nei commi precedenti quando il fatto sia commesso «in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico».
Infine, il recente decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario), convertito, con modificazioni, nella legge 9 giugno 2025, n. 80, all’art. 24, rubricato «Modifiche all’articolo 639 del codice penale per la tutela dei beni mobili e immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche», ha inasprito, inserendo un nuovo periodo nel secondo comma dell’art. 639 cod. pen., il trattamento sanzionatorio dei fatti di deturpamento e imbrattamento quando commessi su beni adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche, con la finalità di ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione cui il bene appartiene.
5.2.– Il complesso delle modifiche così introdotte persegue nuovi equilibri di politica criminale espressivi, comunque, della volontà del legislatore di irrigidire la risposta punitiva alla fenomenologia considerata, con riferimento alle singole categorie dei beni attinti e alle diverse circostanze in cui essa si manifesta.
6.– Quanto sopra premesso, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 639 cod. pen., sollevate in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., sono inammissibili.
6.1.– Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il legislatore gode di ampia discrezionalità nella definizione delle ipotesi astratte di reato e nella determinazione delle relative pene, nel rispetto del principio di proporzionalità (sentenze n. 46 del 2024 e altre, ivi citate) e con il limite della non manifesta irragionevolezza (sentenze n. 83 del 2025, n. 86 del 2024, n. 207 del 2023, n. 260 e n. 95 del 2022 e n. 62 del 2021).
6.2.– La scelta normativa censurata dal giudice a quo risponde all’esigenza di contrastare fenomeni di diffusa illegalità che si caratterizzano per l’offesa al decoro urbano, esigenza, questa, espressamente enunciata nel testo della legge n. 94 del 2009, il quale pone in evidenza la necessità di adottare misure più rigorose.
6.3.– È pur vero che, come riconosciuto da consolidata giurisprudenza di legittimità, il delitto di deturpamento e imbrattamento di cose altrui realizza rispetto a quello di danneggiamento un’offesa al medesimo bene attraverso una condotta che si differenzia soltanto per gli effetti che si fanno, via via, più incidenti sulla consistenza del bene attinto (tra le molte: Cass., sentenze n. 8826 del 2016 e n. 38574 del 2014).
Se il danneggiamento offende struttura e funzionalità del bene che, una volta inciso dalla condotta, potrà risultare definitivamente distrutto o disperso o comunque richiederà un più importante e oneroso intervento di ripristino, il deturpamento e l’imbrattamento toccano invece l’estetica del bene o la sua più superficiale consistenza, cosicché l’opera di ripristino sarà più agevolmente esperibile.
Ed è sostanzialmente proprio facendo leva sull’indicata sussidiarietà che il rimettente solleva il proprio dubbio di illegittimità costituzionale in ragione della dedotta manifesta irragionevolezza del diverso trattamento riservato dal legislatore a un fatto, quello di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, che, pur offendendo un medesimo bene, ma in misura inferiore rispetto al delitto di danneggiamento, ha conservato rilevanza penale nonostante l’espunzione dal codice penale, e la trasformazione in illecito civile, pecuniariamente sanzionato, del “vecchio” danneggiamento semplice.
6.4.– Ciò posto, vanno considerate le ragioni per le quali il legislatore ha inteso mantenere, con riguardo alle fattispecie in questione, una risposta sanzionatoria rigorosa, avuto riguardo, come chiarito, all’interesse collettivo a preservare il territorio urbano dal degrado, particolarmente a fronte dell’intensificarsi di fenomeni criminali volti a determinarlo.
Basti pensare alla nuova figura di reato di deturpamento introdotta dal richiamato d.l. n. 48 del 2025, come convertito, che opera sulla struttura della disposizione dell’art. 639 cod. pen., cui provvede a dare nuovi contenuti, e che esprime la chiara volontà del legislatore di irrigidire il trattamento punitivo di condotte in cui plurimi sono i beni attinti. E si pensi, prima ancora, alla equiparazione del bene immobile altrui ai «mezzi di trasporto pubblici o privati», operata, come si è riferito, dall’art. 3, comma 3, lettera b), della legge n. 94 del 2009.
Tali disposizioni evidenziano una dimensione collettiva del fenomeno penalmente rilevante, nella quale la condotta di deturpamento o imbrattamento non si configura più come una meno grave declinazione del delitto di danneggiamento – in forza della natura comune del bene protetto e del principio di sussidiarietà tra le due fattispecie – ma si pone come lesiva di un nuovo interesse, caratterizzato da una peculiare concezione dell’estetica avente autonoma e distinta rilevanza penale.
6.5.– Nel descritto quadro normativo, un intervento da parte di questa Corte nel senso auspicato dal rimettente – pur nella opinabilità della scelta legislativa concernente la perdurante rilevanza penale delle fattispecie di deturpamento o imbrattamento, a fronte del differente trattamento riconosciuto a talune ipotesi di danneggiamento – comporterebbe la necessità di un complessivo riassetto della disciplina sanzionatoria in materia, come tale precluso a questa Corte.
Un siffatto intervento, infatti, sarebbe volto a isolare profili solo patrimoniali all’interno di quella che è ormai una fattispecie unitaria più ampia, comprensiva di una pluralità di beni, con conseguente superamento dei limiti del controllo di legittimità costituzionale (sentenza n. 259 del 2021).
7.– Argomentazioni del tutto analoghe conducono alla inammissibilità altresì della questione sollevata, in via subordinata, relativamente al regime di procedibilità d’ufficio del reato di deturpamento o imbrattamento di cose altrui previsto dall’art. 639, quinto comma, cod. pen.
8.– Per quanto esposto, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Firenze devono essere dichiarate inammissibili.