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Home Diritto Penale

Reato – Il controverso rapporto tra reato di atti persecutori ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni

by Dott. Alessio Alfieri
27 Novembre 2025
in Diritto Penale
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Corte di Cassazione, sez. V penale, ud. dep. 14 novembre 2025 n. 37240

PRINCIPIO DI DIRITTO

Il delitto di atti persecutori concorre con i reati di cui agli artt. 392 e 393 cod. pen. quando nelle modalità della condotta di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si esprimono le molestie reiterate costitutive del reato previsto dall’art.612-bis cod. pen.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. Le censure che evocano la violazione degli artt. 113e 111 Cost.sono proposte fuori dei casi previsti dalla legge.

Va, al riguardo, richiamato il consolidato principio per cui è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di disposizioni costituzionali, poiché l’inosservanza delle stesse non è prevista, dall’art. 606 cod. proc. pen., tra i casi di ricorso e può solo costituire fondamento di questione di legittimità costituzionale (ex multis Sez. 5, n. 4944 del 03/12/2021, dep. 2022, Falbo, Rv. 282778 – 01).

  1. Le asserite violazioni degli artt. 125,comma 1, n. 3 e 292, comma 2-ter cod. proc. pen.sono infondate.

2.1. Il ricorrente orienta le censure verso l’ordinanza resa dal Tribunale per il riesame, senza considerare che siffatto provvedimento non richiede, a pena di nullità, l’autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, in quanto tale requisito è previsto dall’art. 292, comma 2, cod. proc. pen. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura “inaudita altera parte”, essendo funzionale a garantire l’equidistanza tra l’organo requirente che ha formulato la richiesta e l’organo giudicante (Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep.2021, Galletta, Rv. 280603 – 01).

2.2. L’impegno motivazionale dell’ordinanza resa dal Tribunale per il riesame, investito dell’impugnazione della parte, si misura, invece, alla stregua dei motivi proposti e del contraddittorio svolto.

2.2.1. E, sotto tale versante, le censure del ricorrente non sono fondate.

Nell’asserire che il Tribunale avrebbe confermato il provvedimento genetico alla stregua delle sole dichiarazioni della persona offesa e della nipote, entrambi coinvolti in una controversia civile contro l’indagato, il ricorrente trascura di considerare che l’ordinanza impugnata valorizza i plurimi accessi dei Carabinieri, intervenuti a constatare le incursioni nella casa familiare comune, anche con modalità violente, in tal guisa offrendo quel riscontro di cui il ricorrente lamenta il mancato accertamento.

Per altro verso, il ricorso finisce per enfatizzare le legittime aspettative del ricorrente sui beni ereditari, suscettibili di trovare tutela davanti al giudice civile, senza farsi carico della rilevanza penale della pluralità degli atti violenti posti in essere in danno del controinteressato e dell’attitudine dei medesimi atti a determinare nel destinatario uno stato d’ansia e di paura e da indurlo a modificare le proprie abitudini di vita.

2.2.2. La questione di diritto posta è, comunque, infondata.

Il quesito posto con il ricorso involge la possibilità di ravvisare l’elemento materiale del reato di atti persecutori nella commissione di ripetute condotte di ragion fattasi, con violenza alle cose e minaccia alle persone.

Il Collegio ritiene di fornire risposta positiva nei termini e per le ragioni che seguono.

Come già argomentato da questa Sezione (Sez. 5, n. 49288 del 15/11/2023, C., Rv. 285559 – 01), la giurisprudenza di legittimità ha, secondo gli insegnamenti della Corte Costituzionale, chiarito che «la fattispecie di cui all’art. 612-bis cod.pen. si configura come specificazione delle condotte di minaccia o di molestia già contemplate dal codice penale. Molestare significa alterare in modo fastidioso o importuno l’equilibrio psichico di una persona (così Corte Cost. sent n. 172 del 2014). Rientra nella nozione di molestia, quale elemento costitutivo del reato di atti persecutori, qualsiasi condotta che concretizzi una indebita ingerenza o interferenza, immediata o mediata, nella vita privata e di relazione della vittima, attraverso la creazione di un clima intimidatorio e ostile idoneo a comprometterne la serenità e la libertà psichica (Sez. 5 n. 1753 del 16/09/2021, dep. 2022, Q., Rv. 282426). Con lo speciale reato di cui all’art. 612-bis cod. pen. il legislatore ha ulteriormente connotato le condotte di minaccia e molestia, richiedendo che le stesse siano realizzate in modo reiterato e idoneo a cagionare almeno uno degli eventi indicati nel testo normativo (stato di ansia o di paura, timore per l’incolumità e cambiamento delle abitudini di vita). L’evento deve essere il risultato della condotta Illecita valutata nel suo complesso, nell’ambito della quale possono assumere rilievo anche comportamenti solo indirettamente rivolti contro la persona offesa e anche di tipo subdolo (cfr. Sez. 6, n. 8050 del 12/1/2021, G., Rv. 281081)».

2.2.3. Nella delineata prospettiva, nel concetto di molestia possono rientrare anche condotte di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quando, oltre a ledere l’amministrazione della giustizia, si connotino in concreto, per modalità di attuazione e ripetitività, come vere e proprie molestie, realizzando un’indebita ingerenza o interferenza, immediata o mediata, nella vita privata e di relazione della vittima, attraverso la creazione, ai danni di quest’ultima, di un clima intimidatorio e ostile idoneo a comprometterne la serenità e la libertà psichica (V. Sez. 5, n. 15734 del 13/01/2023, M., Rv. 284587). 

Va, pertanto, affermato che il delitto di atti persecutori concorre con i reati di cui agli artt. 392 e 393 cod. pen. quando nelle modalità della condotta di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si esprimono le molestie reiterate costitutive del reato previsto dall’art. 612-bis cod. pen.

Ne consegue che le deduzioni svolte sul punto dal ricorrente sono infondate.

  1. Sotto il versante delle esigenze cautelari, ravvisate nel pericolo di reiterazione del reato fondato sulla pervicacia mostrata dall’indagato e sulla conseguente prognosi sfavorevole nel contenimento della coazione a delinquere, il ricorrente omette di segnalare concreti profili di irragionevolezza dell’ordinanza impugnata, limitandosi a ribadire, del tutto assertivamente, generiche esigenze – rispetto alle quali, peraltro, non è indicato il grado di incidenza della misura in atto – e lo stato di incensuratezza, ponendo la doglianza nell’alveo della genericità.

Il ricorso è, pertanto, complessivamente infondato.

  1. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen.la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
  2. Ai sensi dell’art. 52, comma 2, D.Lgs. 196/2003, si dispone che sia apposta a cura della cancelleria, sull’originale della sentenza, l’annotazione prevista dall’art. 52, comma 3, cit., volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza in qualsiasi forma, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi degli interessati.
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