Cassazione penale sez. II, ud. dep. 01 dicembre 2025 n. 38767
PRINCIPIO DI DIRITTO
La configurabilità del concorso di cui all’art. 116 cod. pen. è soggetta a due limiti negativi. Da un lato, per quanto riguarda la distinzione con il concorso “ordinario”, l’evento diverso non deve essere voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale). La responsabilità del compartecipe per il fatto più grave rispetto a quello concordato, materialmente commesso da un altro concorrente, integra il concorso ex art. 110 cod. pen., se il compartecipe ha previsto e voluto o accettato il rischio di commissione del delitto diverso e più grave, mentre configura il concorso ex art. 116 cod. pen., nel caso in cui l’agente, pur non avendo in concreto previsto il fatto più grave, avrebbe potuto rappresentarselo come sviluppo logicamente prevedibile dell’azione convenuta, facendo uso, in relazione a tutte le circostanze del caso concreto, della dovuta diligenza. Dal lato opposto, la responsabilità del compartecipe ex art. 116 cod. pen. può essere esclusa solo quando il reato diverso e più grave si presenti come un evento atipico, dovuto a circostanze eccezionali e del tutto imprevedibili, non collegato in alcun modo al fatto criminoso su cui si è innestato, oppure quando si verifichi un rapporto di mera occasionalità idoneo a escludere il nesso di causalità.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è fondato, per quanto attiene al secondo motivo, attinente alla ribadita responsabilità concorsuale.
Il primo e il secondo motivo, in tema di trattamento sanzionatorio, restano, di conseguenza, assorbiti.
- Per quanto attiene al cosiddetto “concorso anomalo”, l’art. 116 cod. pen. («Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti») prevede testualmente che «Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione. Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave».
2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, per la sussistenza di tale peculiare modalità di responsabilità concorsuale è necessario che ricorrano tre requisiti:
- a) l’adesione psichica dell’agente a un reato concorsuale meno grave;
- b) la commissione da parte di altro concorrente di un reato diverso e più grave;
- c) un nesso psicologico in termini di prevedibilità tra la condotta dell’agente compartecipe e l’evento diverso e più grave in concreto verificatosi.
Quanto a tale ultimo requisito non è sufficiente un rapporto di causalità materiale tra la condotta dell’agente e l’evento più grave, ma è necessario che sussista un rapporto di causalità psichica nel senso che il reato diverso e più grave commesso dal compartecipe possa rappresentarsi alla psiche dell’agente come uno sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto (Sez. 5, n. 14787 del 12/03/2025, N., non mass.; Sez. 6, n. 25390 del 31/01/2019, Gorbunova, non mass.; Sez. 5, n. 10995 del 25/10/2006, dep. 2007, Ciurlia, Rv. 236512-01; Sez. 1, n. 3381 del 23/02/1995, Parolisi, Rv. 200699-01. Si veda anche, Corte cost., sent. n. 42 del 1965, che, in aderenza al principio previsto dall’art. 27 Cost., ha inquadrato la responsabilità penale derivante dal concorso anomalo nell’ambito delle forme previste dagli artt. 42 e 43 cod. pen.; pertanto, essa può essere affermata solo nel caso che il compartecipe, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti nuovi, sia stato in grado di prevedere in concreto l’evento come sviluppo logico della sua condotta, sulla base delle norme di comune esperienza. Di analogo rilievo sono le sentenze n. 364 e n. 1085 del 1988, con cui la Corte costituzionale ha affermato la necessità che gli «elementi più significativi della fattispecie tipica» rientrino nell’alveo del principio di colpevolezza ricavabile dall’art. 27, primo comma, Cost., dovendo con tale locuzione intendersi gli «elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della fattispecie», i quali, dunque, devono essere «soggettivamente collegati all’agente», a titolo di dolo o di colpa, ed essere altresì «allo stesso agente rimproverabili»; questi principi sono stati ribaditi dalle successive pronunce n. 2 del 1991, n. 179 del 1991, n. 61 del 1995, n. 322 del 2007).
La configurabilità del concorso di cui all’art. 116 cod. pen. è soggetta, quindi, a due limiti negativi.
Da un lato, per quanto riguarda la distinzione con il concorso “ordinario”, l’evento diverso non deve essere voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale). La responsabilità del compartecipe per il fatto più grave rispetto a quello concordato, materialmente commesso da un altro concorrente, integra il concorso ex art. 110 cod. pen., se il compartecipe ha previsto e voluto o accettato il rischio di commissione del delitto diverso e più grave, mentre configura il concorso ex art. 116 cod. pen., nel caso in cui l’agente, pur non avendo in concreto previsto il fatto più grave, avrebbe potuto rappresentarselo come sviluppo logicamente prevedibile dell’azione convenuta, facendo uso, in relazione a tutte le circostanze del caso concreto, della dovuta diligenza (Sez. 2, n. 29641 del 30/05/2019, Rhimi, Rv. 276734-01; Sez. 2, n. 48330 del 26/11/2015, Lia, Rv. 265479-01; Sez. 2, n. 49486 del 14/11/2014 Cancelli Rv. 261003-01; Sez. 1, n. 4330 del 15/11/2011, dep. 2012, Camko, Rv. 251849-01).
Dal lato opposto, la responsabilità del compartecipe ex art. 116 cod. pen. può essere esclusa solo quando il reato diverso e più grave si presenti come un evento atipico, dovuto a circostanze eccezionali e del tutto imprevedibili, non collegato in alcun modo al fatto criminoso su cui si è innestato, oppure quando si verifichi un rapporto di mera occasionalità idoneo a escludere il nesso di causalità (Sez. 1, n. 44579 del 11/09/2018, B., Rv. 273977-01; Sez. 2, n. 3167 del 28/10/2013, dep. 2014, Sorrenti, Rv. 258604-01).
2.2. L’esegesi ormai dominante, dunque, àncora il concorso anomalo alla “prevedibilità in concreto”, sulla base degli specifici elementi ricavabili dalla situazione di fatto in cui è avvenuta la deviazione dall’originario programma criminoso e dalle modalità esecutive effettivamente concordate dai compartecipi.
La casistica annovera numerosi precedenti in cui il delitto più grave e non voluto è quello di rapina (cfr., Sez. 2, n. 52811 del 04/11/2016, Bennato, Rv. 268788-01, secondo cui può essere ritenuto prevedibile sviluppo dell’azione inerente ad un furto l’uso eventuale di violenza o minaccia che, se realizzato, fa progredire la sottrazione della cosa mobile altrui in rapina, di cui è responsabile, ai sensi dell’art. 116 cod. pen., anche il concorrente, a meno che il diverso e più grave reato realizzato dai compartecipi costituisca un fatto anormale, eccezionale e, quindi, non prevedibile. Conforme, Sez. 2, n. 49443 del 03/10/2018, Jamarishvili, Rv. 274467-01).
Questo approdo ermeneutico deve essere confermato anche per il caso in cui il furto in concorso originariamente programmato trascenda in una rapina impropria, sia pure rimasta allo stadio del tentativo punibile. Alla luce delle considerazioni che precedono, invero, la locuzione «Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione» non può che intendersi nel senso che deve aversi riguardo all’«evento giuridico» (inteso quale lesione o messa in pericolo del bene tutelato dalla norma incriminatrice) e non a un «evento naturalistico» del reato, di modo che la circostanza attenuante opera anche in ipotesi di reati di pura condotta e, in ogni caso, di reati tentati (cfr., implicitamente, la citata Sez. 2, n. 52811 del 04/11/2016, Bennato, Rv. 268788-01, nonché, expressis verbis, la – risalente, ma mai smentita – Sez. 2, n. 209 del 27/01/1971, Iachetta, Rv. 119429-01). Peraltro, avuto riguardo alla plurioffensività della fattispecie di cui all’art. 628 cod. pen., può ulteriormente notarsi come la refurtiva non sia stata definitivamente avulsa dal patrimonio della persona offesa (OMISSIS) (avuto riguardo alla riqualificazione del fatto ad opera dei giudici di appello), ma l’integrità fisica dell’altra persona offesa, G. D. R., sia stata indubitabilmente incisa.
3.3. La Corte subalpina, dopo avere ricostruito la vicenda storica (azione furtiva da parte di cinque soggetti, all’interno di un supermercato), ha precisato soltanto come appaia «del tutto evidente come l’eventuale uso di violenza o minaccia da parte di uno dei concorrenti nel reato di furto, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l’impunità costituisca logico e prevedibile sviluppo della condotta finalizzata alla commissione del furto».
Il discorso giustificativo dei giudici di appello oblitera completamente l’analisi dei criteri esegetici per fondare una responsabilità concorsuale ai sensi dell’art. 110 cod. pen. (anche sub specie di dolo eventuale, in assenza di conclusioni in punto di effettiva accettazione del rischio di un’evoluzione violenta o minacciosa), citando soltanto – con improprio richiamo alla giurisprudenza di legittimità – i presupposti da porre viceversa alla base di una valutazione di sussistenza del concorso di cui all’art. 116 cod. pen. (evidenziando la mera prevedibilità degli sviluppi criminosi).
- Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere, per la fondatezza del secondo motivo di ricorso, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino (Minorenni) per nuovo giudizio sul punto.
Le ulteriori censure, inerenti al trattamento sanzionatorio, come detto, restano assorbite dalle preliminari valutazioni in ordine all’affermazione di responsabilità, comprensiva di tutti i profili circostanziali.


