CGA, sez. giurisdizionale – sentenza 03 giugno 2025 n. 420
PRINCIPIO DI DIRITTO
La responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale; è pertanto necessario accertare che vi sia stata la lesione di un bene della vita, mentre per la quantificazione delle conseguenze risarcibili si applicano, in virtù dell’art. 2056 cod. civ. –da ritenere espressione di un principio generale dell’ordinamento- i criteri limitativi della consequenzialità immediata e diretta e dell’evitabilità con l’ordinaria diligenza del danneggiato, di cui agli artt. 1223 e 1227 cod. civ.; e non anche il criterio della prevedibilità del danno previsto dall’art. 1225 cod. civ.
TESTO RILEVANTE DELLE DECISIONE
- Con l’appello in esame si ripropone la domanda di risarcimento danni rigettata dal giudice di primo grado per carenza del nesso di causalità e di colpevolezza.
- Sebbene la tesi tradizionale, ancora prevalente, ritenga riconducibile siffatta responsabilità nell’ambito di quella aquiliana ai sensi dell’art. 2043 c.c., da alcuni decenni è stata sostenuta in giurisprudenza la diversa tesi secondo cui quella dell’Amministrazione in questi casi sarebbe una responsabilità da inadempimento di obblighi scaturenti dal contatto sociale che si sarebbe instaurato tra la Pubblica Autorità e l’interessato nell’ambito del procedimento amministrativo, con conseguente applicazione della disciplina di cui all’art.1218 c.c..
- L’Ad. Plen. 7/2021 ha chiarito che la responsabilità della Pubblica Amministrazione da illegittimo esercizio della funzione pubblicistica è di natura extracontrattuale, non potendo, infatti, configurarsi un rapporto obbligatorio nell’ambito di un procedimento amministrativo in quanto: 1) nel procedimento amministrativo, a differenza del rapporto obbligatorio, sussistono due situazioni attive, cioè il potere della P.A. e l’interesse legittimo del privato; 2) il rapporto tra le parti non è paritario, ma di supremazia della P.A. Centrale è quindi l’ingiustizia del danno, da dimostrare in giudizio, diversamente da quanto avviene per la responsabilità da inadempimento contrattuale, in cui la valutazione sull’ingiustizia del danno è assorbita dalla violazione della regola contrattuale.
- Gli elementi costitutivi della responsabilità civile della pubblica amministrazione, pertanto, sono quelli di cui all’art. 2043 c.c., ed ossia, sotto il profilo oggettivo, il nesso di causalità materiale e il danno ingiusto, inteso come lesione alla posizione di interesse legittimo, e, sotto il profilo soggettivo, il dolo o la colpa. Sul piano delle conseguenze, il fatto lesivo deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali lamentati. Occorre allora verificare la sussistenza dei presupposti di carattere oggettivo (ingiustizia del danno, nesso causale, pregiudizio subito), e successivamente quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa della p.a.).
- Peraltro, il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia i presupposti di carattere oggettivo (il danno ed il suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale) sia quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (Consiglio di Stato, Sez. II, 28 aprile 2021 n. 3414; 24 luglio 2019, n. 5219; sez. VI, 5 maggio 2016 n. 1768, Sez. V, 9 marzo 2015 n. 1182 e Sez. IV, 22 maggio 2014 n. 2638.
- Il danneggiato, pertanto, dovrà provare: sul piano oggettivo, la presenza di un provvedimento illegittimo causa di un danno ingiusto, con la necessità, a tale ultimo riguardo, di distinguere l’evento dannoso (c.d. “danno-evento”) derivante dalla condotta, che coincide con la lesione o compromissione di un interesse qualificato e differenziato, meritevole di tutela nella vita di relazione, e il conseguente pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale scaturitone (c.d. “danno-conseguenza”), suscettibile di riparazione in via risarcitoria (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3); sul piano soggettivo l’integrazione del coefficiente di colpevolezza, con la precisazione che la sola riscontrata ingiustificata o illegittima inerzia dell’amministrazione o il ritardato esercizio della funzione amministrativa non integra la colpa dell’Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 gennaio 2019, n. 358.
- La vicenda scaturisce dal rilascio della concessione edilizia del -OMISSIS- per l’esecuzione dei lavori di sostituzione dei solai di copertura e di ristrutturazione interna di due immobili censiti in catasto al foglio di mappa n. -OMISSIS-, di proprietà dell’appellante. Dopo alcune comunicazioni di avvio del procedimento, il Comune di Petrosino, con il successivo provvedimento assunto al prot.-OMISSIS-, annullava la predetta concessione edilizia poiché: a) l’autorizzato intervento interessava un’area ricadente in zona -OMISSIS- e, pertanto, sarebbe stata necessaria una preventiva Valutazione di Incidenza Ambientale mai rilasciata né acquisibile ex post, considerato che l’attività edile assentita sarebbe riconducibile nell’ambito della demolizione e della ristrutturazione con rispetto dell’originaria sagoma e non nelle opere interne o di manutenzione ordinaria e straordinaria o nel restauro e risanamento conservativo per le quali l’art. 3 lett. f) del D.A. 30 marzo 2007 prevede un’espressa esenzione dalla V. Inc. A.; b) i lavori in fatto eseguiti (consistiti, ad avviso del Comune, nella demolizione e ricostruzione) sarebbero difformi da quelli autorizzati (mera ristrutturazione interna e sostituzione solai) e, pertanto, sarebbe stato necessario “uno specifico provvedimento concessorio”, previa dimostrazione della “preesistenza” di un organismo edilizio “ben identificato nella sagoma e nella volumetria, che alla data odierna non risulta sufficientemente documentato”.
- L’appellante ha impugnato siffatto provvedimento.
- Con sentenza n. 1591/2016 il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, sez. I, accoglieva il ricorso integrato dai motivi aggiunti ed annullava i provvedimenti impugnati.
- La decisione del T.A.R. è passata in giudicato e dimostra l’errore di valutazione dell’Amministrazione comunale sia in relazione ai lavori in concreto assentiti con la concessione edilizia precedentemente rilasciata, sia in ordine alla ritenuta necessità di una preventiva valutazione di incidenza ambientale.
- […] sussistono i requisiti per il riconoscimento del chiesto risarcimento del danno.
- […] i criteri che l’Amministrazione dovrà seguire per la determinazione del quantum del risarcimento nel modo che segue: a) identificare il valore locativo degli immobili in questione secondo gli indici OMI per il periodo intercorrente dal 16 settembre 2010 al 30 giugno 2016; b) calcolare il costo dei lavori necessari per il ripristino delle parti ammalorate dell’edificio allo stato esistente a causa del mancato completamento delle opere assentite, adoperando quale parametro di riferimento il prezzo quantificato dall’impresa edile incaricata a suo tempo dall’appellante per la realizzazione dell’intervento; c) determinare il costo per il completamento dell’immobile secondo la stima di € 3.601,59 effettuata dal perito di parte dell’appellante.
- In conclusione, l’appello va accolto nei sensi e termini di cui in motivazione e, per l’effetto, va ordinato all’Amministrazione, ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm., di proporre all’appellante il pagamento di una somma, a titolo di risarcimento del danno, secondo i criteri esposti ai punti precedenti. A questo scopo all’amministrazione soccombente è assegnato il termine di 90 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza per formulare all’odierna appellante una proposta contenente la somma liquidata a titolo di risarcimento.