Corte Costituzionale, sentenza 25 luglio 2025 n. 132
PRINCIPIO DI DIRITTO
La persona rispetto alla quale sia stata positivamente verificata, nelle dovute forme procedurali, la sussistenza di tutte le condizioni da questa Corte indicate nella sentenza n. 242 del 2019 e precisate nella sentenza n. 135 del 2024 ha una situazione soggettiva tutelata, quale consequenziale proiezione della sua libertà di autodeterminazione, e segnatamente ha diritto di essere accompagnata dal Servizio sanitario nazionale nella procedura di suicidio medicalmente assistito, diritto che, secondo i principi che regolano il servizio, include il reperimento dei dispositivi idonei, laddove esistenti, e l’ausilio nel relativo impiego.
Il mancato approfondimento – che deve essere condotto dal Servizio Sanitario Nazionale – in ordine alla reperibilità di strumenti di autosomministrazione per persone con tetraparesi rischia di ledere il diritto di autodeterminazione in quanto ove tali dispositivi esistessero, e potessero essere reperiti in tempi ragionevolmente correlati al stato di sofferenza, l’individuo avrebbe diritto ad avvalersene.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 2,3,13 e 32 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 579 cod. pen., nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017, attui materialmente la volontà suicidaria, autonomamente e liberamente formatasi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente, quando la stessa persona, per impossibilità fisica e per assenza di strumentazione idonea, non possa materialmente procedervi in autonomia o quando comunque le modalità alternative di autosomministrazione disponibili non siano accettate dalla persona sulla base di una scelta motivata che non possa ritenersi irragionevole.
1.1. Il rimettente espone di essere chiamato a giudicare sul ricorso per provvedimento d’urgenza, ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., presentato da M. S., persona affetta da sclerosi multipla a decorso progressivo primario, la quale chiede sia accertato il proprio «diritto fondamentale ad autodeterminarsi nelle scelte terapeutiche in materia di fine vita, nella sua declinazione del diritto di scegliere, in modo libero, consapevole e informato, di procedere alla somministrazione del farmaco letale in modalità eteronoma e dunque da parte del personale sanitario».
1.2. Il giudice a quo riferisce che la ricorrente versa nelle condizioni individuate da questa Corte, con la sentenza n. 242 del 2019, per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, tanto essendo stato verificato dalla competente azienda sanitaria, su parere favorevole del comitato etico territorialmente competente.
1.3. Il rimettente aggiunge tuttavia che M. S., la cui malattia è progredita fino a completa tetraparesi, non è in grado di attivare manualmente la pompa infusionale del farmaco letale, sicché, non essendo disponibili sul mercato dispositivi di autosomministrazione azionabili con la voce o con movimenti della bocca o degli occhi, ella chiede che le venga riconosciuto il diritto di ricorrere alla somministrazione da parte di un terzo, indicato nella persona del suo medico di fiducia.
1.4. Il Tribunale di Firenze precisa infine che, pur essendo teoricamente possibile l’assunzione del farmaco per via orale, M. S., essendo affetta da disfagia, rifiuta questa modalità alternativa, perché rischiosa, e chiede di poter attuare la propria volontà di congedo dalla vita con una somministrazione per via endovenosa.
1.5. […] la sanzione prevista dall’art. 579 cod. pen. per l’omicidio del consenziente impedirebbe alla ricorrente di ottenere la cooperazione di un terzo nell’attuazione materiale del proposito suicidario.
L’indisponibilità di un dispositivo di autosomministrazione del farmaco azionabile con la voce, tramite la bocca o con gli occhi renderebbe attuali le questioni, insieme al non irragionevole rifiuto della paziente di una modalità alternativa – l’assunzione orale – non immune da rischi e complicanze.
- La motivazione della non manifesta infondatezza delle questioni si basa sulla considerazione che la struttura sanitaria pubblica ha ritenuto che M. S. si trovi nelle condizioni previste dalla sentenza n. 242 del 2019, ipotesi nella quale è tutelato il diritto di autodeterminazione del malato tramite il suicidio medicalmente assistito, e sulla considerazione altresì che l’art. 579 cod. pen., nella parte in cui non esime da punibilità chi attui materialmente l’altrui volontà suicidaria nelle condizioni identificate dal caso di specie, impedisca al paziente di realizzare la sua scelta di fine vita in conseguenza di un dato puramente accidentale, qual è la compromissione dell’uso delle mani determinata dalla progressione della malattia.
2.1. Sarebbe dunque violato l’art. 3 Cost., per l’irragionevole disparità di trattamento che verrebbe a prodursi tra malato e malato, i quali pure versino in situazioni sostanzialmente identiche.
2.2. Sarebbero violati anche gli artt. 2,13 e 32 Cost., perché l’assolutezza del divieto sancito dall’art. 579 cod. pen. impedirebbe a chiunque di soccorrere il paziente nell’attuazione di una legittima scelta di fine vita, che il paziente stesso non è in grado di realizzare da sé. […]
- Quanto all’ulteriore profilo di inammissibilità per contraddittorietà, è vero che il Tribunale di Firenze riferisce dell’astratta possibilità di M. S. di procedere al suicidio assistito senza l’intervento di un terzo, o almeno senza l’intervento di questi con una somministrazione endovenosa, ma ciò non inficia l’ordinanza di rimessione quando postula come inevitabile tale intervento per corrispondere alla volontà della paziente, una volta manifestata.
3.2. Nell’ordinanza medesima è infatti spiegato come, ad avviso del giudice a quo, «non pare che possa sindacarsi la scelta manifestata dalla paziente, non espressione di una mera preferenza immotivata, ma una scelta concordata con il medico di fiducia, sulla base delle possibili complicazioni della somministrazione orale, valutate anche le condizioni fisiche del malato».
3.3. Nella prospettiva del rimettente, pur entrambe teoricamente possibili, le due modalità di somministrazione attuative della volontà suicidaria – per vena o per bocca – non sono equivalenti rispetto all’esistenza dei rischi di complicanze, e allo stesso comprensibile desiderio della paziente di non avventurarsi in una procedura, quella di ingestione, resa incerta dalla disfagia per solidi e liquidi, dalla quale ella è parimenti affetta.
- La natura fattuale della ritenuta indisponibilità di una strumentazione idonea all’autosomministrazione del farmaco nel caso in esame, o in casi analoghi, non è di per sé ostativa all’accesso al merito delle questioni, poiché il fatto che paralizza l’esercizio di un diritto esibisce un’innegabile giuridicità, divenendo parte costitutiva di una fattispecie giuridica.
4.1. In altri termini, proprio per la stretta inerenza alla possibilità di esercizio del diritto all’autodeterminazione, la circostanza della quale trattasi non rappresenta un mero inconveniente di fatto, del quale– in base alla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 35 del 2017 e n. 219 del 2016; ordinanze n. 66 del 2014 e n. 112 del 2013) – possa predicarsi l’irrilevanza ai fini del giudizio di legittimità costituzionale.
- Tuttavia, il giudice a quo non ha motivato in maniera né adeguata, né conclusiva, in merito alla reperibilità di un dispositivo di autosomministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l’uso degli arti e per tale ragione le questioni sono inammissibili.
5.1. L’ordinanza di rimessione si esprime sul punto con esclusivo richiamo all’interlocuzione intercorsa con l’Azienda Usl Toscana Nord Ovest, la quale, tramite l’ente regionale di supporto tecnico-amministrativo, avrebbe constatato che «tali dispositivi non sono presenti sul mercato», riferendo che, di conseguenza, si è «pubblicato un avviso di consultazione di mercato, finalizzata a individuare potenziali fornitori, in modo da poter individuare un percorso di acquisto il più possibile confacente alle necessità espresse».
5.2. Tale esposizione appare carente e inadeguata, proprio su un aspetto che lo stesso rimettente presenta come essenziale alla definizione della fattispecie, ovvero – così nella formulazione del petitum – «l’assenza di strumentazione idonea».
5.3. In particolare, per quanto riferisce nell’ordinanza di rimessione, il Tribunale di Firenze sembra essersi arrestato al piano dell’azione di un ente locale di committenza, non andando oltre la presa d’atto delle semplici ricerche di mercato di una struttura operativa del Servizio sanitario regionale.
5.4. Le verifiche concernenti l’esistenza della strumentazione idonea e, in caso affermativo, la concreta disponibilità della stessa avrebbero richiesto il coinvolgimento di organismi specializzati operanti, col necessario grado di autorevolezza, a livello centrale, come, quanto meno, l’Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale, al quale sono assegnate specifiche funzioni istituzionali di natura consultiva, anche per le aziende sanitarie locali (art. 9 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del servizio sanitario nazionale»). […]
- Il mancato approfondimento, per quanto risulta dall’ordinanza di rimessione, in ordine alla reperibilità di strumenti di autosomministrazione per persone con tetraparesi, oltre a rendere inammissibili le questioni in scrutinio, rischia altresì di ledere l’autodeterminazione di M. S., la quale, ove tali dispositivi esistessero, e potessero essere reperiti in tempi ragionevolmente correlati al suo stato di sofferenza, avrebbe diritto ad avvalersene.
6.1. Deve infatti affermarsi che la persona rispetto alla quale sia stata positivamente verificata, nelle dovute forme procedurali, la sussistenza di tutte le condizioni da questa Corte indicate nella sentenza n. 242 del 2019 e precisate nella sentenza n. 135 del 2024 – ovvero, l’esistenza di una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, avvertite come assolutamente intollerabili da una persona tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, o per la quale simili trattamenti sono stati comunque indicati, anche se rifiutati, e tuttavia capace di prendere decisioni libere e consapevoli – ha una situazione soggettiva tutelata, quale consequenziale proiezione della sua libertà di autodeterminazione, e segnatamente ha diritto di essere accompagnata dal Servizio sanitario nazionale nella procedura di suicidio medicalmente assistito, diritto che, secondo i principi che regolano il servizio, include il reperimento dei dispositivi idonei, laddove esistenti, e l’ausilio nel relativo impiego.
6.2. Alla luce delle menzionate sentenze, è infatti la struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, affiancata dal comitato etico territorialmente competente, a verificare, insieme alle condizioni legittimanti, anche le modalità di esecuzione del suicidio medicalmente assistito, nell’esplicazione di un doveroso ruolo di garanzia che è, innanzitutto, presidio delle persone più fragili.
6.3. Giova in proposito ricordare che, nella citata sentenza n. 242 del 2019 (Considerato in diritto, punto 5), questa Corte ha già avuto modo di affermare che alle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale «spetterà altresì verificare le relative modalità di esecuzione, le quali dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze».
- Per tutto quanto esposto, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Firenze devono essere dichiarate inammissibili.
7.1. Qualora da rinnovata e più estesa istruttoria emergesse la reperibilità, nei tempi ragionevoli sopra indicati, di strumenti di autosomministrazione della sostanza capace di porre fine alla vita attivabili da persone nello stato clinico di M. S., e qualora essi risultassero utilizzabili, nelle condizioni date, il Servizio sanitario nazionale dovrà prontamente acquisirli e metterli a disposizione del paziente che sia stato ammesso alla procedura di suicidio medicalmente assistito.