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Sport – Lex specialis – Esclusione dalla gara e disapplicazione dell’avviso pubblico da parte del G.A.

by Dott. Alessio Alfieri
10 Giugno 2025
in Diritto Amministrativo
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Consiglio di Giustizia Amministrativa, sentenza 03 giugno 2025 n. 423 

PRINCIPIO DI DIRITTO

La lex specialis di una procedura costituisce un vincolo da cui l’Amministrazione non può sottrarsi, costituendo atto amministrativo a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost. […] Le prescrizioni stabilite in una lex specialis, infatti, impegnano non soltanto i privati interessati , ma, ancora prima, la stessa Amministrazione che non conserva margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione, né può disapplicarle, neppure quando alcune di esse risultino inopportune o incongrue o comunque superate, fatta salva naturalmente la possibilità di procedere all’annullamento del bando nell’esercizio del potere di autotutela. […] La ragione della non disapplicazione delle clausole e delle regole contemplate dalla lex specialis tanto per la P.A., quanto per il giudice, anche in contrasto con le previsioni dell’ordinamento giuridico eurounitario, salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela è rinvenibile nell’esigenza di prevenire il rischio di elusione del termine di decadenza, di cui all’art. 29 del c.p.a..

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. Il T.A.R. ha ritenuto infondate le censure dedotte dall’appellante con i motivi aggiunti avverso il secondo provvedimento di esclusione poiché:
  2. a) la chiusura della multisala nel 2020 non sarebbe addebitabile a motivi inerenti alle misure di contenimento della pandemia da COVID-19, sottesi al contributo da erogare, quanto piuttosto al fallimento del precedente titolare ed al non ancora intervenuto trasferimento della proprietà in capo alla società ricorrente;
  3. b) non sarebbe stato dimostrato che anche dopo il trasferimento della proprietà, ottenuto nel mese di giugno 2020, l’appellante fosse nelle condizioni di poter immediatamente aprire al pubblico la medesima sala, tenuto conto che la voltura dell’autorizzazione dei VVFF è avvenuta solo in data 09/09/2020;
  4. c) nel periodo 2018/2019 al quale parametrare il calo delle entrate per il mancato bigliettamento l’appellante non era ancora titolare dei locali in questione;
  5. d) non rileverebbero le spese sostenute dall’appellante successivamente al trasferimento della proprietà che esulerebbero dal contesto e dall’oggetto del contributo in questione unicamente dipendente dalle perdite per mancato/inferiore bigliettamento nel periodo di operatività delle più restrittive misure di contenimento della pandemia da COVID-19.
  6. Secondo l’appellante la decisione del T.A.R. sarebbe errata perché:

1) la peculiarità della vicenda proprietaria che ha riguardato la sala cinematografica in questione rientrerebbe tra le finalità perseguite dall’art. 16 co. 2 L.R. n. 9/2020 di cui l’Avviso in questione costituirebbe proiezione applicativa, essendo rilevante valutare la continuità con riguardo all’operatività della sala in sé considerata e compromessa dall’avvicendamento delle misure emergenziali sanitarie;

2) la predetta sala è stata acquistata dall’appellante in seguito all’aggiudicazione avvenuta il 10 dicembre 2019 ed il relativo decreto di trasferimento è stato emanato soltanto il 19 giugno 2020 in ragione dell’avvenuta sospensione del termine previsto per il pagamento del prezzo offerto a causa della sopravvenuta emergenza sanitaria. Donde, la conclusione secondo cui la sala non è stata immediatamente aperta dall’appellante a causa della pandemia;

3) sussistevano tutti i requisiti richiesti per l’accesso al contributo in questione, considerato che: 3.1) l’appellante aveva subito una perdita di incassi dal primo marzo 2020 al 21 ottobre 2020 superiore al 30% rispetto alla media relativa al medesimo periodo degli anni 2018 e 2019; 3.2) l’appellante avrebbe garantito la continuità occupazionale e dell’attività cinematografica del Cinema multisala; 3.3) la sala, prima della pandemia, era funzionante e qualora non fosse subentrata l’emergenza pandemica sarebbe stata riaperta al pubblico nel periodo considerato dall’Avviso, al punto da doversi considerare causalmente dipendente dalle misure sanitarie restrittive la ragione della mancata riapertura.

  1. Il Collegio osserva che l’Avviso allegato al D.A. n. 2824/S6 del 24 novembre 2020 contempla regole vincolanti per l’Amministrazione nella gestione dell’istruttoria in quanto atto generale disciplinante una procedura selettiva conclusasi con un elenco contemplante le domande giudicate ammissibili degli operatori economici concorrenti alla ripartizione dei fondi disponibili per il contributo da concedere.

Come già chiarito (C.G.A.R.S., sez. giur., sentenze 7 agosto 2024 n. 634 e 22 luglio 2024 n. 570), il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, infatti, precisa che la lex specialis di una procedura costituisce un vincolo da cui l’Amministrazione non può sottrarsi, costituendo atto amministrativo a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost. (ex multis, Cons. Stato, V, 29 settembre 2015, n. 4441; III, 20 aprile 2015, n. 1993; VI, 15 dicembre 2014, n. 6154). Le prescrizioni stabilite in una lex specialis, infatti, impegnano non soltanto i privati interessati , ma, ancora prima, la stessa Amministrazione che non conserva margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione, né può disapplicarle, neppure quando alcune di esse risultino inopportune o incongrue o comunque superate, fatta salva naturalmente la possibilità di procedere all’annullamento del bando nell’esercizio del potere di autotutela (Cons. Stato, Sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1196; Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1604; 13 settembre 2016, n. 3859; 28 aprile 2014, n. 2201; 30 settembre 2010, n. 7217; 22 marzo 2010, n. 1652; Ad. plen., 25 aprile 2014, n. 9).

La ragione della non disapplicazione delle clausole e delle regole contemplate dalla lex specialis tanto per la P.A., quanto per il giudice, anche in contrasto con le previsioni dell’ordinamento giuridico eurounitario, salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela (Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 maggio 2019, n. 2991; Consiglio di Stato, Sez. V, 14 dicembre 2018, n. 7057; Consiglio di Stato, Sez. V, 22 novembre 2017, n. 5428; Consiglio di Stato sez. V, 22/03/2016, n.1173; Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 settembre 2015, n. 4302) è rinvenibile nell’esigenza di prevenire il rischio di elusione del termine di decadenza, di cui all’art. 29 del c.p.a..

L’Avviso della procedura de qua, infatti, non ha valenza regolamentare ma integra l’ipotesi di atto generale, e da tale qualificazione va fatta discendere la conseguenza che, a prescindere dal tipo di illegittimità (nazionale o comunitaria), il bando non può essere mai disapplicato, sussistendo nei suoi confronti esclusivamente l’onere di diretta impugnazione quando arrechi un’immediata lesione, per i contenuti concernenti i requisiti di partecipazione, tali da precludere ex ante la proposizione, con esito favorevole, della domanda di ammissione.

Invero, il bando, a differenza dei regolamenti per i quali è possibile la disapplicazione in virtù del principio di gerarchia delle fonti normative, non è un atto a valenza normativa, essendo soltanto un atto amministrativo generale e, pertanto, al Giudice Amministrativo non è riconosciuto il potere di disapplicarlo (Consiglio di Stato, sez. VI, 30 settembre 2008, n. 4699; Consiglio di Stato, sez. IV, 22 settembre 2005, n. 5005).

Costituendo, dunque, esplicazione del principio del c.d. autovincolo, la giurisprudenza insegna che alle regole di gara deve essere data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all’organo amministrativo, cui compete l’attuazione delle medesime, residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto della disciplina del procedimento (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 giugno 2014, n. 3150), posto che le preminenti esigenze di certezza connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di selezione dei partecipanti impongono di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara, sì da esserne preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un’obiettiva incertezza del loro significato letterale (v. Consiglio di Stato, Sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8237).

  1. Nella fattispecie la concorsualità della procedura si evince dall’art. 6 dell’Avviso nella parte in cui chiarisce che “Sulla scorta delle risultanze dell’esame istruttorio da parte del competente Servizio dipartimentale verrà calcolata la percentuale dell’importo erogabile che scaturirà dal rapporto tra il dato complessivo degli importi attribuibili e la dotazione finanziaria del presente Avviso”.

Donde, la relazione inversamente proporzionale tra il numero dei candidati ammessi al finanziamento e l’entità del contributo da erogare a ciascuno di essi.

Di conseguenza, l’Amministrazione era tenuta ad una rigorosa interpretazione ed applicazione dell’Avviso in ordine, soprattutto, ai requisiti di partecipazione previsti dall’art. 5, essendo, infatti, consentita la presentazione dell’istanza soltanto ai soggetti di cui all’art. 2:

“− che abbiano subito una perdita di incassi da botteghino, da coorganizzazione spettacoli e mancati ricavi da vendita spettacoli per il periodo 1° marzo – 31 ottobre 2020 superiore al 30% rispetto alla media relativa al medesimo periodo degli anni 2018 e 2019 (attestati con le modalità di cui all’art. 6);

− che attestino la continuità aziendale anche nel corso dell’anno 2020, dimostrando di avere in itinere oneri di esercizio legati alla medesima attività per la quale si richiede il ristoro economico;

− che abbiano la sede legale ed operativa nel territorio della Regione Siciliana”.

Tralasciando il terzo requisito per le ragioni che hanno giustificato la dichiarazione di improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, la lettura degli altri due requisiti appare inequivocabilmente indicativa della volontà dell’Amministrazione di riconoscere il previsto contributo in favore delle imprese o società che, in quanto già operanti nel territorio siciliano prima della pandemia, abbiamo patito una perdita di incassi “a causa” e non “in occasione” dell’emergenza sanitaria sopravvenuta, essendo state costrette ad interrompere la propria attività in atto in ragione delle misure restrittive disposte per il contenimento del contagio del virus Covid-19.

In tal senso depone il chiaro riferimento nel primo requisito di partecipazione alla “perdita di incassi da botteghino… per il periodo 1° marzo – 31 ottobre 2020 superiore al 30% rispetto alla media relativa al medesimo periodo degli anni 2018 e 2019”, identificandosi, infatti, nei ricavi degli anni precedenti un parametro economico di riferimento particolarmente significativo.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche in ragione del secondo requisito di partecipazione avente ad oggetto la “continuità aziendale anche nel corso del 2020”, postulando, dunque, che l’attività fosse in atto già negli anni precedenti.

E d’altra parte la continuità aziendale è menzionata proprio nell’art. 1 dell’Avviso secondo cui “Il presente Avviso disciplina le modalità di erogazione delle risorse previste dal Fondo di cui all’art. 16, commi 2 e 3, della l.r. n. 9 del 12.5.2020 (Legge finanziaria Regione Siciliana per l’anno 2020) così come modificato dall’art. 4, c. 3, l.r. 11.8.2020, n.18, di seguito riportato:

“Per garantire la continuità delle attività di enti pubblici e privati, associazioni, sale cinematografiche e teatrali, cooperative, fondazioni ed imprese operanti nel settore dello spettacolo dal vivo, dei parchi tematici e acquatici e del settore pirotecnico, ad eccezione dei soggetti beneficiari della quota del FURS di cui al comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3 e successive modifiche ed integrazioni in via straordinaria per l’esercizio finanziario 2020, è istituito un fondo per la perdita di incassi al botteghino o per la riduzione dei ricavi al netto di contributi da enti pubblici (…) da erogare con le modalità individuate con apposito decreto dell’Assessore regionale per il turismo, lo sport e lo spettacolo, previo parere della competente Commissione legislativa”.

Obiettivo della succitata normativa è di intervenire a sostegno di un settore, quale quello delle attività spettacolari, particolarmente colpito dalla pandemia Covid19 in ogni sezione della sua filiera produttiva, offrendo uno strumento di ristoro e sostegno il più possibile agile e proficuo al fine di favorirne la continuità dell’attività che tenga conto, nei limiti imposti dagli strumenti della finanza pubblica, della eterogeneità dei soggetti interessati in termini di attività, posizioni giuridiche e dimensioni della movimentazione economica”.

Lo scopo, dunque, della normativa richiamata, come anche dell’Avviso, era sostenere le attività predette che fossero già operanti e che a causa e non anche in occasione delle misure emergenziali pandemiche fossero state sospese.

Restano, dunque, escluse le attività non operative per ragioni esogene e non avviate o tardivamente avviate a causa delle citate misure, mancando in queste ipotesi il più volte menzionato requisito della continuità aziendale.

Non può, quindi, essere condivisa l’interpretazione della citata disciplina prospettata dall’appellante secondo cui rileverebbe la continuità delle attività esercitate dall’operatore nel suo complesso considerate piuttosto che dell’attività strettamente inerente alla sala cinematografica ricadente nel territorio siciliano, essendo il contributo preordinato a ristorare entro una certa misura il depauperamento patito dagli esercenti operativi nella Regione Siciliana già prima dell’avvento della pandemia.

Al riguardo il Collegio ritiene opportuno precisare che, secondo quanto affermato dal T.A.R. e non espressamente contestato dalle parti in causa, il precedente titolare sarebbe stato dichiarato fallito, espressamente menzionandosi il fallimento nella sentenza impugnata tra le cause della chiusura del cinema in questione.

Tuttavia, non è stata prodotta in giudizio la sentenza di fallimento, rinvenendosi soltanto atti di una procedura esecutiva immobiliare, quali il verbale di aggiudicazione ed il decreto di trasferimento, ma non anche l’ordinanza di vendita contemplante l’assegnazione del termine entro il quale il prezzo offerto doveva essere versato dall’aggiudicataria appellante.

Non risulta, dunque, provato se, nonostante la pendenza di una procedura esecutiva immobiliare (nell’ambito della quale sarebbe stato egualmente possibile la partecipazione del curatore fallimentare dell’ipotetico fallimento del precedente titolare), il cinema ragusano fosse egualmente aperto al pubblico o meno prima del 10 dicembre 2019, data in cui l’appellante si è aggiudicata la vendita all’asta dell’immobile.

Circostanza rilevante poiché se l’attività fosse stata ferma da anni sarebbe mancato il requisito della continuità aziendale e non sarebbe stato possibile parametrare le perdite oltre la misura del 30% rispetto alla media relativa al periodo 1 marzo – 31 ottobre degli anni 2018 e 2019.

In ogni caso, quand’anche dovesse ritenersi la sala cinematografica in attività in data anteriore al 10 dicembre 2019, titolare ed esercente dell’impresa non sarebbe l’appellante.

Il che escluderebbe, comunque, la sussistenza del citato requisito della continuità aziendale, da intendersi nel senso di medesimo operatore esercente l’attività in Sicilia anche negli anni 2018 e 2019, ossia negli anni precedenti rispetto all’avvento della pandemia.

Siffatta argomentazione costituisce un profilo di per sé dirimente per il rigetto dell’appello poiché esclude la fondatezza della pretesa vantata da un nuovo operatore che, rilevando una precedente attività, lamenti di non averla potuta rimettere in esercizio qualche mese prima della pandemia per ragioni a sé non imputabili.

In tal senso, infatti, la tardiva emissione del decreto di trasferimento da parte del Tribunale di Ragusa lamentata dall’appellante non appare, di per sé, significativa, sia perché nell’appello non vengono adeguatamente scanditi i termini che avrebbero dovuto contraddistinguere il versamento del prezzo (ed ossia 60 giorni secondo quanto previsto dall’art. 576 co. 1 n. 7 c.p.c. od invece 120 giorni secondo quanto indicato nel verbale di aggiudicazione richiamante l’ordinanza di vendita non prodotta però in atti), sia perché, comunque, mancherebbe il requisito della continuità aziendale da intendersi nel senso anzidetto.

Inoltre, devono considerarsi anche i tempi tecnici occorrenti per il rilascio delle autorizzazioni all’uopo necessarie.

Non può, dunque, ritenersi rilevante l’assunta circostanza secondo cui la mancata riapertura del cinema prima del mese di marzo 2020 sarebbe stata impedita dalle restrittive misure imposte per la sopravvenuta emergenza sanitaria.

Infondato è, inoltre, l’ulteriore doglianza con la quale si lamenta l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione Regionale a causa della frammentarietà dell’istruttoria condotta.

L’appellante, infatti, dopo essere stato originariamente escluso soltanto in ragione della sede legale sita in Roma anziché in Sicilia è stato, dapprima ammesso, e poi nuovamente escluso per la riscontrata carenza del requisito della continuità aziendale e per talune violazioni fiscali, quando l’Assessorato aveva nella precedente richiesta di chiarimenti indicato la sussistenza soltanto del profilo critico da ultimo menzionato, ossia quello delle pendenze fiscali.

Il Collegio osserva che la peculiarità del caso dell’appellante ha giustificato un supplemento di istruttoria da parte dell’Amministrazione.

In un primo momento, infatti, appariva sufficiente a giustificare il provvedimento di esclusione la sede legale dell’appellante sita in Roma. Poi, all’esito dell’iniziativa giudiziaria intrapresa da quest’ultima, è stato necessario un riesame che si è concluso con la nuova esclusione per le ragioni anzidette.

Al riguardo, occorre precisare che la lamentata frammentarietà dell’istruttoria può sintetizzarsi nell’omessa comunicazione di tutti gli elementi ostativi all’ammissibilità della domanda dell’appellante prima della decretata sua esclusione.

Il che integrerebbe la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/1990; norma, però, non applicabile alle procedure concorsuali, come quella in questione, per espressa previsione della medesima.

L’appellante, infatti, ritiene il profilo rilevante sul piano della violazione dei principi di leale collaborazione tra la Pubblica Amministrazione ed il cittadino.

Tuttavia, la violazione dei predetti principi postula una condotta procedimentale inutilmente dilatoria che nella circostanza non si coglie in ragione delle citate peculiarità della fattispecie.

Inoltre, trattandosi pur sempre di un profilo di illegittimità di natura procedimentale, il lamentato vizio sarebbe, comunque, sanato ai sensi dell’art. 21 octies co. 2 L. n. 241/1990 in ragione della corretta individuazione della rilevata mancanza del requisito della continuità aziendale.

La doglianza è, dunque, infondata come l’intero appello che, pertanto, deve essere respinto.

La peculiarità delle questioni di diritto esaminate giustifica la compensazione delle spese processuali tra le parti costituite e l’irripetibilità delle stesse tra l’appellante e le altre parti non costituite.

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