Corte di Giustizia UE, sentenza 8 maggio 2025 (causa C-130/24), YC / Stadt Wuppertal
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va interpretato l’articolo 20 TFUE nel senso che il diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base di tale disposizione, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, deriva direttamente dal diritto dell’Unione, cosicché il permesso di soggiorno rilasciato su tale base dalle autorità nazionali competenti non ha natura di atto costitutivo di diritti.
Ed ancora, va interpretato l’art. 20 TFUE nel senso che esso osta a una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base di tale disposizione, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, alla condizione secondo la quale a tale cittadino di un paese terzo deve essere rilasciato a posteriori un visto in detto paese terzo.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra YC, cittadina di un paese terzo, e la Stadt Wuppertal (città di Wuppertal, Germania) in merito al rilascio di un permesso di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare.
Contesto normativo
3 L’articolo 5 del Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet – Aufenthaltsgesetz (legge in materia di soggiorno, occupazione e integrazione degli stranieri nel territorio federale), del 30 luglio 2004 (BGBl. 2004 I, pag. 1950), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: l’«AufenthG»), intitolato «Condizioni generali di rilascio», così dispone:
«(1) Il rilascio di un titolo di soggiorno presuppone, di norma, che (…) 2. non vi sia alcun interesse all’espulsione, (…)
Inoltre, il rilascio di un permesso di soggiorno a durata determinata, una Carta blu UE, un permesso per trasferimento intra-societario (ICT), un titolo di residenza permanente o un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo prevede che lo straniero
sia entrato disponendo del necessario visto e
abbia già fornito nella domanda di visto le informazioni rilevanti per il rilascio [di un permesso di soggiorno].
Le condizioni enunciate nella prima frase possono essere derogate qualora i requisiti per il rilascio di un permesso di soggiorno siano soddisfatti o qualora, tenuto conto delle particolari circostanze del caso di specie, sarebbe irragionevole avviare a posteriori la procedura per il rilascio del visto. (…)».
4 L’articolo 28 dell’AufenthG, intitolato «Ricongiungimento familiare con cittadini tedeschi», al paragrafo 1 così dispone:
«Il permesso di soggiorno deve essere rilasciato (…)
al genitore straniero di un cittadino tedesco minorenne non coniugato al fine di esercitare la potestà genitoriale nei suoi confronti, se il cittadino tedesco ha la propria residenza abituale nel territorio federale.
In deroga all’articolo 5, paragrafo 1, punto 1, esso deve essere rilasciato nei casi di cui alla prima frase, punti 2 e 3.
Lo stesso dovrebbe, di norma, essere concesso, in deroga all’articolo 5, paragrafo 1, punto 1, nei casi di cui alla prima frase, punto 1».
5 L’articolo 95 dell’AufenthG, intitolato «Disposizioni penali», al paragrafo 1 prevede quanto segue:
«È punito con pena detentiva fino a un anno o con una pena pecuniaria chiunque (…)
permane sul territorio federale senza il necessario permesso di soggiorno di cui all’articolo 4, paragrafo 1, prima frase, se:
- a) è destinatario di un provvedimento esecutivo di espulsione,
- b) non gli è stato concesso un termine per lasciare il territorio federale o quest’ultimo è scaduto, e, c) il suo allontanamento non è stato sospeso, (…)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
6 Il 25 settembre 2019, la rappresentanza esterna della Repubblica di Polonia in un paese terzo ha rilasciato alla ricorrente nel procedimento principale un visto per soggiorno di lunga durata, per motivi di studio, valido fino al 23 settembre 2020.
7 Il 28 settembre 2019, la ricorrente nel procedimento principale, munita di tale visto, è entrata nello spazio Schengen e ha iniziato gli studi in Polonia.
8 Dopo essere entrata in Germania dalla Polonia, il 1º agosto 2020, la ricorrente nel procedimento principale si è registrata nel territorio di competenza della città di Wuppertal.
9 Il 6 novembre 2020, la città di Wuppertal ha invitato la ricorrente nel procedimento principale a lasciare il territorio nazionale senza indugio.
Non è stato dato seguito a tale invito non risultando peraltro l’interessata più reperibile all’indirizzo indicato in sede di registrazione.
10 Il 24 settembre 2021, la ricorrente nel procedimento principale ha dato alla luce un figlio, che possiede la cittadinanza tedesca derivata dal padre.
11 La ricorrente nel procedimento principale vive con tale minore, rispetto al quale essa detiene da sola il diritto di affidamento.
Pur versando un assegno alimentare, il padre ha pochi contatti con il figlio, rendendogli visita solo i fine settimana e non essendo in grado, per motivi professionali, di occuparsene per diverse settimane.
12 Il 12 aprile 2022, la ricorrente nel procedimento principale ha chiesto alla città di Wuppertal il rilascio di un permesso di soggiorno ai fini dell’esercizio della potestà genitoriale.
13 Poiché la città di Wuppertal ha omesso di statuire su tale domanda, il 13 dicembre 2022 la ricorrente nel procedimento principale ha adito il Verwaltungsgericht Düsseldorf (Tribunale amministrativo di Düsseldorf, Germania), giudice del rinvio, con un ricorso al fine di ottenere una decisione su detta domanda.
14 Secondo la città di Wuppertal, il rilascio di un permesso di soggiorno alla ricorrente nel procedimento principale è da escludersi, poiché, essendo quest’ultima entrata illegalmente tra il mese di dicembre 2020 e il mese di giugno 2021, si configurerebbe la fattispecie di reato prevista all’articolo 95, paragrafo 1, punto 2, dell’AufenthG.
Ne discenderebbe un interesse alla sua espulsione dal territorio nazionale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, punto 2, dell’AufenthG, il quale osterebbe al rilascio di un permesso di soggiorno e al quale non si potrebbe derogare.
15 La città di Wuppertal ha altresì sostenuto che il rilascio di un permesso di soggiorno presuppone l’ingresso nel territorio con il visto richiesto, condizione che mancherebbe nel caso di specie.
Inoltre, si potrebbe ragionevolmente esigere che la ricorrente nel procedimento principale lasci il territorio tedesco al fine di avviare a posteriori, nel suo paese d’origine, una procedura per il rilascio del visto, poiché un siffatto requisito non comprometterebbe l’interesse superiore del minore tenuto conto della breve durata – inferiore a un mese – della procedura.
Infine, non sarebbero soddisfatte neppure le condizioni per la concessione di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE.
Infatti, in caso di partenza comune per avviare la procedura per il rilascio del visto, il minore, che non è soggetto all’obbligo scolastico, dovrebbe lasciare il territorio dell’Unione europea solo per un breve periodo, cosicché l’essenza del diritto riconosciuto da tale disposizione non ne sarebbe pregiudicata.
Peraltro, l’interruzione dei contatti tra la minore e suo padre per un periodo inferiore a un mese sarebbe accettabile.
16 Con sentenza parziale del 23 novembre 2023, il giudice del rinvio ha ordinato alla città di Wuppertal di rilasciare alla ricorrente nel procedimento principale, in forza dell’articolo 28, paragrafo 1, punto 3, dell’AufenthG, un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, valido a decorrere dalla data di tale sentenza.
17 Per quanto riguarda il periodo anteriore a tale data (in prosieguo: il «periodo di cui trattasi»), tale giudice ritiene che sia dimostrato che il diritto nazionale osta al rilascio di un permesso di soggiorno alla ricorrente nel procedimento principale, poiché nel corso di tale periodo esisteva un interesse alla sua espulsione a causa del soggiorno irregolare nel territorio tedesco della medesima. Sarebbe altresì esclusa la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.
18 Pertanto, detto giudice ritiene che sia essenziale, nel caso di specie, determinare se un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE sia sorto nel corso del periodo di cui trattasi e, in caso affermativo, se tale diritto sia sorto automaticamente in forza del diritto dell’Unione e a partire da quale momento detto diritto sia sorto.
19 In primo luogo, per quanto concerne l’esistenza di un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE, il giudice del rinvio rileva che, secondo una parte della giurisprudenza nazionale, le condizioni richieste per la concessione di un siffatto diritto di soggiorno sono soddisfatte solo qualora una procedura per il rilascio del visto non possa ragionevolmente essere avviata a posteriori entro un breve termine che può essere delimitato in modo affidabile.
Tale giurisprudenza si fonderebbe su un’interpretazione a contrario della sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 58), nella quale la Corte avrebbe dichiarato che è contrario all’obiettivo perseguito dall’articolo 20 TFUE costringere il cittadino di un paese terzo a lasciare, «per un periodo di tempo indeterminato», il territorio dell’Unione.
20 Tale giudice nutre tuttavia dubbi riguardo a una siffatta interpretazione. In particolare, esso rileva che, nella sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti) (C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 48), la Corte sembrava suggerire che, affinché possa essere invocato un diritto di soggiorno derivato in base all’articolo 20 TFUE, è di per sé sufficiente prendere atto della circostanza che, in forza della normativa nazionale o del diritto dell’Unione derivato, non può essere concesso al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, alcun diritto di soggiorno, qualora si constati che tra detto cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione sussiste un rapporto di dipendenza tale da far sì che il medesimo cittadino dell’Unione sia costretto a lasciare il territorio dell’Unione, nell’ipotesi di rinvio, fuori da detto territorio, del suo familiare, cittadino di un paese terzo.
D’altro canto, dalle sentenze del 22 giugno 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Madre thailandese di minore cittadino dei Paesi Bassi) (C‑459/20, EU:C:2023:499, punto 30), e del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria) (C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 59), risulterebbe che il diritto personale fondamentale conferito dall’articolo 20 TFUE, collegato allo status di cittadino dell’Unione, di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato FUE e le misure adottate in applicazione dello stesso, non è effettivo senza il diritto di ingresso nel territorio dell’Unione.
21 In secondo luogo, detto giudice si chiede se gli Stati membri siano competenti a «conferire» il diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE o se tale diritto sia già sorto in forza del diritto dell’Unione. Secondo la giurisprudenza nazionale maggioritaria, il diritto di soggiorno derivante dall’articolo 20 TFUE sorgerebbe direttamente in forza del diritto dell’Unione, dato che le autorità nazionali competenti sono soltanto tenute ad emettere un atto dichiarativo.
22 Il giudice del rinvio, tuttavia, nutre dubbi al riguardo.
Esso è propenso a ritenere che il diritto di cui all’articolo 20 TFUE non sorga direttamente in forza del diritto dell’Unione, ma debba essere prima attribuito, ossia conferito, con efficacia costitutiva dalle autorità nazionali competenti.
A questo proposito esso osserva che, nella sua giurisprudenza, la Corte stabilisce talune differenze quanto al modo in cui sorgono i diritti di soggiorno previsti dal diritto dell’Unione.
23 Pertanto, per quanto riguarda i diritti di soggiorno derivanti dall’articolo 12 del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU 1968, L 257, pag. 2), la Corte avrebbe dichiarato, nella sentenza del 17 settembre 2002, Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493, punto 75), che tale disposizione consente al genitore effettivamente affidatario dei figli, indipendentemente dalla sua nazionalità, di soggiornare con i medesimi.
Lo stesso varrebbe nella sentenza del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 47), che riguardava l’articolo 18 CE, corrispondente all’articolo 21 TFUE, e la direttiva 90/364/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno (GU 1990, L 180, pag. 26), nella quale la Corte avrebbe dichiarato che il diritto dell’Unione consente al genitore, cittadino di un paese terzo, che ha l’effettivo affidamento un figlio, cittadino dell’Unione, di soggiornare con quest’ultimo nello Stato membro ospitante.
Per contro, nella sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), la Corte avrebbe stabilito un criterio negativo, in forza del quale l’articolo 20 TFUE osta a che gli Stati membri rifiutino il soggiorno e un permesso di lavoro.
Ne risulterebbe che il diritto dell’Unione non consente direttamente il soggiorno, in quanto gli Stati membri potrebbero avere il diritto di negarlo.
24 In terzo luogo, se il diritto di soggiorno dovesse sorgere in forza del diritto dell’Unione, il giudice del rinvio si chiede a partire da quale momento esso sorga. In tale contesto, si porrebbe la questione se il sorgere del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE presupponga una previa domanda, come avrebbe suggerito la Corte nella sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio) (C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 57).
Sarebbe altresì possibile che il diritto di soggiorno della ricorrente nel procedimento principale sia sorto con la nascita del figlio o qualora sia stato accertato che un diritto di soggiorno non poteva essere concesso in forza del diritto nazionale o del diritto derivato dell’Unione.
Tali questioni si porrebbero anche qualora il diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE dovesse sorgere in forza di una decisione adottata dalle autorità nazionali competenti.
25 Alla luce dei suesposti rilievi, il Verwaltungsgericht Düsseldorf (Tribunale amministrativo di Düsseldorf) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’esistenza del diritto di soggiorno di cui all’articolo 20 TFUE dipenda dal fatto che una procedura per ottenere il visto, richiesta dalla legge per il rilascio di un titolo di soggiorno nazionale, possa essere ragionevolmente riavviata entro un breve periodo di tempo da determinarsi in modo affidabile.
Se il diritto di soggiorno di cui all’articolo 20 TFUE sorga in forza del diritto dell’Unione, cosicché le autorità nazionali devono soltanto certificarlo, o se lo stesso debba essere conferito con efficacia costitutiva dalle autorità nazionali.
Nel caso in cui il diritto di soggiorno sorga automaticamente in forza del diritto dell’Unione: in quale momento sorga il diritto.
Nel caso in cui il diritto di soggiorno debba essere conferito dalle autorità nazionali: in quale momento esso debba essere conferito con effetto retroattivo».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla seconda questione
26 Con la sua seconda questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che il diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base di tale disposizione, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, deriva direttamente dal diritto dell’Unione, cosicché il titolo di soggiorno rilasciato su tale base dalle autorità nazionali competenti non ha natura di atto costitutivo di diritti.
27 Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, esistono situazioni molto particolari in cui, malgrado il fatto che il diritto derivato relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non si sia avvalso della propria libertà di circolazione, un diritto di soggiorno deve nondimeno essere accordato al cittadino di un paese terzo, familiare di tale cittadino dell’Unione, a pena di pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, qualora, in conseguenza del rifiuto di riconoscimento di un siffatto diritto, detto cittadino dell’Unione si vedesse di fatto obbligato a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti dal suo status di cittadino dell’Unione [sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 45 e giurisprudenza citata].
28 Tuttavia, il rifiuto di concedere un diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo può mettere in discussione l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione solo se tra tale cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, suo familiare, sussista un rapporto di dipendenza tale da far sì che quest’ultimo sia costretto a seguire il cittadino del paese terzo in questione e a lasciare il territorio dell’Unione, considerato nel suo insieme [sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 46 e giurisprudenza citata].
29 Ne consegue che un cittadino di un paese terzo può pretendere la concessione di un diritto di soggiorno derivato, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, solo se, in assenza della concessione di un siffatto diritto di soggiorno, sia quest’ultimo cittadino di un paese terzo sia il cittadino dell’Unione, suo familiare, sarebbero costretti a lasciare il territorio dell’Unione.
Pertanto, la concessione di un siffatto diritto di soggiorno derivato può essere presa in considerazione solo quando il cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, non soddisfa i requisiti richiesti per ottenere, sul fondamento di altre disposizioni e, segnatamente, in forza della normativa nazionale applicabile al ricongiungimento familiare, un diritto di soggiorno nello Stato membro di quest’ultimo cittadino [sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 47 e giurisprudenza citata].
30 Tuttavia, quando si è preso atto della circostanza che non può essere concesso al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, alcun diritto di soggiorno, in forza della normativa nazionale o del diritto dell’Unione derivato, il fatto che sussista, tra detto cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, un rapporto di dipendenza tale da far sì che detto cittadino dell’Unione sia costretto a lasciare il territorio dell’Unione complessivamente considerato, nell’ipotesi di rinvio, fuori da detto territorio, del suo familiare, cittadino di un paese terzo, comporta che l’articolo 20 TFUE obblighi, in linea di principio, lo Stato membro di cui trattasi a riconoscere un diritto di soggiorno derivato a quest’ultimo [sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 48 e giurisprudenza citata].
31 Ne risulta che il diritto di soggiorno derivato riconosciuto, nelle situazioni molto particolari descritte ai punti da 27 a 30 della presente sentenza, a un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, deriva direttamente dall’articolo 20 TFUE [v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio), C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 89].
32 Ne consegue che il diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base dell’articolo 20 TFUE, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, è acquisito direttamente in forza del diritto dell’Unione, indipendentemente dal rilascio da parte delle competenti autorità nazionali di un permesso di soggiorno, al pari del diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione riconosciuto in forza di una delle libertà di circolazione previste dal Trattato FUE o del diritto di soggiorno derivato dei cittadini di un paese terzo, familiari di cittadini dell’Unione, fondato sull’esercizio da parte di questi ultimi di una di tali libertà, come quella prevista all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen, C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 46, nonché del 5 giugno 2018, Coman e a., C‑673/16, EU:C:2018:385, punti 23 e 24).
33 Pertanto, quando uno Stato membro rilascia permessi di soggiorno alle persone che beneficiano di un diritto di soggiorno nel territorio di tale Stato membro sulla base dell’articolo 20 TFUE, un siffatto titolo deve essere considerato non come un atto costitutivo di diritti, bensì come un atto destinato a constatare, da parte di detto Stato membro, la situazione individuale di un cittadino di un paese terzo alla luce del diritto dell’Unione.
34 Contrariamente a quanto sostenuto dal governo danese, è irrilevante al riguardo che il diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE sia subordinato alla sussistenza di un certo numero di condizioni risultanti dalla giurisprudenza ricordata ai punti da 27 a 30 della presente sentenza, in particolare quella secondo la quale un diritto di soggiorno non possa essere ottenuto su un altro fondamento.
Infatti, qualora le condizioni richieste per il riconoscimento di un siffatto diritto di soggiorno siano soddisfatte, quest’ultimo è acquisito, indipendentemente dall’eventuale accertamento di tale diritto da parte di una decisione adottata dalle autorità nazionali competenti, mentre, al contrario, qualora le condizioni per il riconoscimento di tale diritto di soggiorno non siano soddisfatte, quest’ultimo non è acquisito, senza che sia necessario, allo stesso modo, che il diniego sia constatato in una siffatta decisione.
35 Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che il diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base di tale disposizione, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, deriva direttamente dal diritto dell’Unione, cosicché il permesso di soggiorno rilasciato su tale base dalle autorità nazionali competenti non ha natura di atto costitutivo di diritti.
Sulla terza questione
36 Con la sua terza questione, che occorre esaminare in secondo luogo, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che il diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base di tale disposizione, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, sorge al momento della presentazione della domanda avente ad oggetto il riconoscimento di un siffatto diritto di soggiorno.
37 A tale riguardo, è sufficiente constatare che dalla giurisprudenza ricordata ai punti da 27 a 30 della presente sentenza risulta che il beneficio di tale diritto di soggiorno deve essere riconosciuto al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, a partire dal sorgere del rapporto di dipendenza tra quest’ultimo e tale cittadino dell’Unione [sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio), C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 89].
38 Ne deriva che, in una controversia come quella di cui al procedimento principale, il momento in cui sorge il rapporto di dipendenza di cui trattasi può corrispondere a quello della nascita di tale figlio.
Tuttavia, spetta in ogni caso ai soli giudici o autorità nazionali competenti valutare, in funzione delle circostanze specifiche di ciascun caso di specie, il momento esatto a partire dal quale si può ritenere che tale rapporto di dipendenza esista tra tale cittadino di un paese terzo e il suddetto cittadino dell’Unione.
39 Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che il diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base di tale disposizione, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, sorge non al momento della presentazione della domanda avente ad oggetto il riconoscimento di un siffatto diritto di soggiorno, bensì dal momento in cui sorge il rapporto di dipendenza tra tale cittadino di un paese terzo e il suddetto cittadino dell’Unione.
Sulla prima questione 40 Con la sua prima questione, che occorre esaminare in terzo luogo, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base di tale disposizione, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, alla condizione secondo la quale a tale cittadino di un paese terzo deve essere rilasciato a posteriori un visto in detto paese terzo.
Sulla ricevibilità
41 La Commissione europea si interroga sulla rilevanza di tale questione ai fini della decisione nel procedimento principale, dal momento che l’obbligo del visto menzionato in quest’ultima fa parte del procedimento di concessione di un diritto di soggiorno in forza del diritto nazionale, mentre un siffatto diritto di soggiorno non è stato concesso alla ricorrente nel procedimento principale per il periodo di cui trattasi.
Non sarebbe quindi chiaro in che modo tale obbligo di visto debba incidere sulla concessione, per quanto riguarda il suddetto periodo, di un diritto di soggiorno ai sensi del diritto dell’Unione.
42 A tale riguardo, risulta da una costante giurisprudenza della Corte che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza.
Pertanto, il rigetto di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria), C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 49 e giurisprudenza citata].
43 Nel caso di specie, se è vero che la condizione relativa al rilascio a posteriori di un visto, menzionata dal giudice del rinvio, fa parte del procedimento di concessione di un diritto di soggiorno in forza del diritto nazionale, dalla decisione di rinvio risulta tuttavia che tale giudice ritiene che detta condizione sia richiesta anche ai fini del riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE.
44 In tali circostanze, non si può ritenere che l’interpretazione richiesta all’articolo 20 TFUE con la prima questione sia priva di qualsiasi nesso con l’oggetto del procedimento principale o che il problema sollevato da tale questione sia di natura ipotetica. 45 Ne consegue che tale questione è ricevibile.
Nel merito
46 Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, spetta agli Stati membri determinare le modalità di attuazione del diritto di soggiorno derivato che deve essere riconosciuto, nelle situazioni molto particolari di cui ai punti da 27 a 30 della presente sentenza, dev’essere riconosciuto al cittadino di un paese terzo in forza dell’articolo 20 TFUE, purché tali modalità procedurali non compromettano l’effetto utile di tale disposizione, comportando che tale cittadino di un paese terzo debba lasciare il territorio dell’Unione, considerato nel suo insieme, e che, a causa della sussistenza di un rapporto di dipendenza tra detto cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, quest’ultimo sia, di fatto, costretto ad accompagnarlo e, pertanto, a lasciare, anch’esso, il territorio dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione), C‑836/18, EU:C:2020:119, punti 50 e 51 nonché giurisprudenza citata].
47 Peraltro, secondo la giurisprudenza, sebbene il diritto di soggiorno derivato risultante dall’articolo 20 TFUE non sia assoluto e sebbene gli Stati membri possano negare la concessione in determinate circostanze particolari, resta il fatto che tale disposizione non consente agli Stati membri di introdurre eccezioni a tale diritto di soggiorno derivato che costituiscano una lesione al godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti che derivano dallo status di cittadino dell’Unione che sarebbe sproporzionata con riguardo all’obiettivo perseguito da tali eccezioni [v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione), C‑836/18, EU:C:2020:119, punti 47 e 48, nonché del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 49].
48 Ciò si verifica nel caso di una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base dell’articolo 20 TFUE, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, alla condizione che a tale cittadino di un paese terzo sia rilasciato a posteriori un visto in detto paese terzo.
49 A tale riguardo, è vero che la Corte ha già dichiarato che l’obbligo imposto da una prassi nazionale al cittadino di un paese terzo di lasciare il territorio dell’Unione prima di qualsiasi esame dell’eventuale esistenza di un rapporto di dipendenza tra tale cittadino di un paese terzo e il suo familiare, cittadino dell’Unione, per chiedere la revoca o la sospensione di un divieto d’ingresso nel territorio di cui era oggetto, era tale da pregiudicare l’effetto utile dell’articolo 20 TFUE se il rispetto di tale obbligo comportava, in ragione dell’esistenza di un rapporto di dipendenza tra il cittadino di un paese terzo e tale cittadino dell’Unione, che quest’ultimo fosse, di fatto, costretto ad accompagnarlo e, quindi, a lasciar parimenti il territorio dell’Unione per un periodo indeterminato [v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio), C‑82/16, EU:C:2018:308, punti 55 e 56].
50 Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene il governo tedesco, non se ne può dedurre che l’obbligo, per un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, di lasciare il territorio di uno Stato membro al fine di soddisfare la condizione del rilascio a posteriori di un visto in un paese terzo non pregiudichi l’effetto utile dell’articolo 20 TFUE nel caso in cui la procedura di rilascio di tale visto in detto paese terzo abbia una durata limitata, che sarebbe, nel caso di specie, inferiore a un mese, cosicché la ricorrente nel procedimento principale potrebbe lasciare la Germania con suo figlio, cittadino tedesco, che non è ancora soggetto all’obbligo scolastico, al fine di avviare a posteriori la procedura di rilascio del visto nel suo paese d’origine.
51 Infatti, tale condizione può pregiudicare direttamente la sostanza stessa del diritto di soggiorno derivato riconosciuto dal diritto dell’Unione al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, nelle situazioni molto particolari di cui ai punti da 27 a 30 della presente sentenza, in quanto l’esercizio di un siffatto diritto di soggiorno presuppone necessariamente che tale cittadino di un paese terzo possa entrare nel territorio dello Stato membro interessato.
Pertanto, può condurre a privare il cittadino dell’Unione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dal suo status qualora, a causa del rapporto di dipendenza esistente le persone in parola, detta condizione costringa, di fatto, tale cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione, complessivamente inteso, per seguire il proprio familiare, cittadino di un paese terzo soggetto alla medesima condizione [v., in tal senso, sentenze del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria), C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 60 e giurisprudenza citata, nonché del 22 giugno 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Madre thailandese di minore cittadino dei Paesi Bassi), C‑459/20, EU:C:2023:499, punti 27 e 31].
52 Inoltre, nel caso di specie, tale condizione ha come conseguenza che un cittadino di un paese terzo potrebbe essere costretto a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme, quand’anche sia stato accertato dalle autorità nazionali competenti che esiste tra tale cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, suo familiare, un rapporto di dipendenza tale da costringere quest’ultimo ad accompagnare detto cittadino in tale paese terzo, privando così tale cittadino dell’Unione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferitigli dal suo status, anche se, proprio in ragione di tale rapporto di dipendenza, in linea di principio deve essere riconosciuto al medesimo cittadino un diritto di soggiorno derivato in virtù dell’articolo 20 TFUE [v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio), C‑82/16, EU:C:2018:308, punti 57 e 58].
53 Ne consegue che la condizione secondo la quale un cittadino di un paese terzo deve ottenere in tale paese un visto a posteriori affinché gli sia riconosciuto un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE costituisce una condizione formale idonea, in pratica, a privare tale cittadino di un paese terzo di un diritto conferito dal diritto dell’Unione, anche qualora le condizioni sostanziali per il riconoscimento di un siffatto diritto siano soddisfatte.
Tale condizioni può, per tale motivo, privare il cittadino dell’Unione, suo familiare, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dal suo status, tenuto conto del rapporto di dipendenza esistente tra tali persone.
54 In aggiunta, una condizione del genere, che costringe un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, nelle situazioni molto particolari di cui ai punti da 27 a 30 della presente sentenza, e, pertanto, tale cittadino dell’Unione, a lasciare il territorio dell’Unione, anche solo per un periodo limitato e, in ogni caso, senza alcuna garanzia di ritorno, non può essere considerata proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito da tale condizione. 55 Alla luce di quanto rilevato, peraltro, ai punti 35 e 39 della presente sentenza, questa conclusione è corroborata dal fatto, evidenziato dal governo tedesco, che la normativa nazionale prevede la possibilità di rinunciare alla procedura di visto di cui trattasi nel caso particolare in cui esista un diritto legale a un titolo di soggiorno.
Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto di soggiorno derivato di cui beneficia, sulla base di tale disposizione, un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, alla condizione secondo la quale a tale cittadino di un paese terzo deve essere rilasciato a posteriori un visto in detto paese terzo.
Sulla quarta questione
57 Tenuto conto della risposta fornita alla seconda questione, non occorre rispondere alla quarta questione.
Sulle spese
58 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.