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*Urbanistica e edilizia – Abusi edilizi – Erronea indicazione dei dati catastali e legittimità dell’ingiunzione di demolizione

by Dott. Alessio Alfieri
24 Giugno 2025
in Diritto Amministrativo
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Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana – Sez. Giurisdizionale – sentenza 20 giugno 2025 n. 492 

PRINCIPIO DI DIRITTO

In materia di ordini di demolizione di opere abusive, l’erronea indicazione dei dati catastali relativi all’immobile oggetto del provvedimento costituisce una mera irregolarità formale che non inficia la validità dell’atto, qualora lo stesso contenga una dettagliata descrizione delle opere per le quali si ingiunge la demolizione tale da consentirne l’esatta individuazione ai fini dell’esecuzione dei lavori di ripristino; infatti, eventuali rettifiche delle indicazioni catastali potranno essere valutate nella successiva fase di acquisizione delle aree in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. L’appello è infondato e non merita accoglimento.

5.1. Preliminarmente il Collegio dichiara la parziale inammissibilità del primo motivo di appello nella parte in cui lamenta il difetto di istruttoria per essere stata ingiunta la demolizione di un bene inesistente dal momento che lo stesso viene indicato con un numero civico e una particella errati.

Questo motivo non è stato sollevato col ricorso in primo grado per cui non è ammissibile in appello.

Il divieto di ius novorum in appello sancito dall’art. 104, comma 1, c.p.a., impone che l’originario ricorrente, una volta delimitato il thema decidendum con i motivi di impugnazione articolati in primo grado, non possa ampliarlo nel giudizio d’appello.

In ogni caso detto motivo è infondato atteso che in materia di ordini di demolizione di opere abusive, l’erronea indicazione dei dati catastali relativi all’immobile oggetto del provvedimento costituisce una mera irregolarità formale che non inficia la validità dell’atto, qualora lo stesso contenga una dettagliata descrizione delle opere per le quali si ingiunge la demolizione tale da consentirne l’esatta individuazione ai fini dell’esecuzione dei lavori di ripristino; infatti, eventuali rettifiche delle indicazioni catastali potranno essere valutate nella successiva fase di acquisizione delle aree in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione.

Nel caso di specie il Comune ha indicato i riferimenti catastali del terreno e non i nuovi dati dell’immobile a seguito dell’accatastamento, ma ha descritto analiticamente le opere abusive ordinandone la demolizione.

5.3 Sempre col primo motivo si sostiene che la demolizione non avrebbe potuto essere ingiunta senza prima aver esaminato l’istanza ex art 13 della -OMISSIS- inoltrata in data 1-OMISSIS- al Comune.

In effetti il T.a.r. ha errato in sentenza nel ritenere l’istanza successiva all’ordine di demolizione, in ogni caso il motivo è ugualmente infondato.

In realtà, nel momento in cui è stato notificato il provvedimento impugnato (-OMISSIS-) non sussisteva alcuna istanza di sanatoria pendente, in quanto su quest’ultima presentata il 1-OMISSIS- si era già formato il silenzio-rigetto, in applicazione del disposto dell’art. art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (che ha sostituito l’art. 13 della -OMISSIS-) che appunto prevede che «…Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata». Né risulta in alcun modo che il silenzio-rigetto sia stato impugnato con la inevitabile conseguenza che lo stesso si è ormai consolidato e legittima il fondamento dell’ordinanza di demolizione emessa dal Comune.

  1. Anche il secondo motivo di appello è infondato.

Si deduce l’erroneità della sentenza che ha respinto il secondo motivo di ricorso con il quale il ricorrente aveva eccepito l’illegittimità dell’atto impugnato perché intervenuto a distanza di tempo dalla realizzazione delle opere contestate in violazione del legittimo affidamento ingenerato sul proprietario circa la legittimità dell’intervento edilizio realizzato; pertanto l’ingiunzione a demolire avrebbe richiesto una motivazione che desse conto dell’interesse pubblico e che non si limitasse al mero ripristino della legalità violata.

Il motivo non ha pregio. Secondo consolidata giurisprudenza, l’abusività delle opere, realizzate in assenza di qualsivoglia titolo, rende l’ordine di demolizione rigidamente vincolato, ragion per cui, persino in rapporto alla tutela dell’affidamento e all’interesse pubblico alla demolizione, esso non richiede alcuna specifica valutazione delle ragioni d’interesse pubblico né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non essendo, peraltro, configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto.

La tutela del legittimo affidamento si riferisce a provvedimenti amministrativi che generano aspettative stabili e rapporti giuridici certi, cosa che non si verifica nel caso in cui le opere abusive non abbiano i titoli prescritti.

  1. Infine, va respinto anche il terzo motivo di appello con il quale si ritiene erronea la sentenza per aver rigettato anche il motivo di ricorso con il quale l’odierno appellante lamentava che l’ordine di ripristino coinvolgerebbe la parte (legittima) del manufatto coincidente con il piano terra, anteriore al 1964.

Questa affermazione è smentita dalla stessa relazione tecnica prodotta in primo grado dal ricorrente e redatta dall’Arch. Giulia Fonti su suo incarico e allegata all’istanza di sanatoria, dalla quale si evince che trattasi di un progetto di ricostruzione di un fabbricato preesistente già demolito.

  1. Sussistono i presupposti per compensare le spese del presente grado di giudizio; possano essere compensate attesa la costituzione formale del Comune.
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