Corte di Cassazione, Sez. II Civile, ordinanza 13 maggio 2025 n. 12662
PRINCIPIO DI DIRITTO
In caso di comproprietà del bene, l’occupante che abbia goduto del bene in via esclusiva è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili, solo qualora gli altri partecipanti abbiano manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e ciò non sia stato loro consentito poiché tale utilizzo costituisce una manifestazione del diritto di comproprietà.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione ed omessa applicazione dell’art. 1102 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che dal godimento del bene in via esclusiva derivasse automaticamente l’obbligo di corrispondere i frutti mentre si tratterebbe di una manifestazione del diritto di comproprietà, salvo la prova dello ius prohibendi da parte dei coeredi, nella specie non sussistente.
- Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia la violazione, falsa e/o omessa applicazione degli artt. 1148e 535 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento alla decorrenza dei frutti civili.
- Con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.per illogicità e/o contraddittorietà della motivazione in punto di regolamento delle spese di primo grado, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; nonché la violazione, falsa ed omessa applicazione degli artt. 91e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.
- Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza impugnata, relativamente al capo concernente il regolamento delle spese del giudizio di appello, per violazione e falsa applicazione degli artt. 91e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.
- Il secondo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.
6.1. L’art. 1102 c.c. stabilisce che ciascun comproprietario ha il diritto di utilizzare e di godere dell’intera cosa comune, anche in misura particolare e più intensa, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto.
Pertanto, se l’uso individuale del bene in comunione rispetta i limiti dettati dall’art. 1102 c.c., non è dovuto alcun risarcimento ai comproprietari che siano rimasti inerti o vi abbiano acconsentito, né si configura un’indennità per la mera occupazione del bene, poiché tale utilizzo costituisce pur sempre manifestazione del diritto di comproprietà che compete al singolo e che investe l’intera cosa comune (cfr. Cass. 18458/2022; Cass. 7019/2019; Cass. 14213/2012).
Ne consegue che l’occupante del bene, pur godendo dell’intero bene in modo esclusivo, è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili, solo qualora gli altri partecipanti abbiano manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e ciò non gli sia stato consentito, a condizione che risulti provato un suo effettivo vantaggio patrimoniale derivante dall’uso esclusivo (Cass. II 31105/23; Cass. II, 2423/2015; Cass. 24647/2010; Cass. 13036/1991).
Per la corresponsione dei frutti occorre, pertanto, la prova di una sottrazione o di un impedimento assoluto all’esercizio delle facoltà dominicali di godimento e di disposizione del bene comune spettanti agli altri contitolari o una violazione dei criteri stabiliti dall’art. 1102 c.c. (Cass. 18458/2022; Cass. 10264/2023).
In particolare, un coerede, che, dopo la morte del de cuius, trattenga il possesso di un bene ereditario e lo utilizzi ed amministri in via individuale, rimane nell’esercizio legittimo dei poteri spettanti al comproprietario, a meno che non vi sia una palese esclusione degli altri coeredi dal rapporto con il medesimo bene (Cass. Sez. 2, 04/05/2018, n. 10734).
6.2. A tali principi non si è adeguata la sentenza impugnata.
La Corte di appello ha fatto discendere l’obbligo di corrispondere i frutti civili dal semplice godimento del bene da parte della ricorrente, che, invece, costituiva espressione del suo diritto di comproprietaria e si era manifestato attraverso la detenzione delle chiavi e l’utilizzo, anche in via indiretta, tramite la figlia, che lo aveva abitato in modo occasionale.
La Corte è, pertanto, incorsa nella falsa applicazione dell’art.1102 c.c., per non aver accertato se il godimento del bene in via esclusiva da parte della coerede fosse avvenuto nonostante l’opposizione dei comproprietari, ai quali fosse stata espressamente impedita l’utilizzazione dell’abitazione.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione, che applicherà il seguente principio di diritto: “In caso di comproprietà del bene, l’occupante che abbia goduto del bene in via esclusiva è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili, solo qualora gli altri partecipanti abbiano manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e ciò non sia stato loro consentito poiché tale utilizzo costituisce una manifestazione del diritto di comproprietà”.