CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – sentenza 5 febbraio 2019 n. 3334
Giova rammentare che, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, le funzioni pubbliche affidate a soggetto non legato da rapporto di servizio professionale con l’ente con il quale si instaura un rapporto organico straordinario e temporaneo, sulla base di provvedimento amministrativo autoritativo, comportano la costituzione di un rapporto di servizio onorario, esulante dalla nozione giuridica di rapporto di lavoro, sia subordinato che autonomo- cfr. Cass., S.U., 20 aprile 2007, n. 9363; Cass., S.U., 9 marzo 2007, n. 5398, Cass., S.U., 25 maggio 2005, n. 10961. Va aggiunto che dalla qualificazione in termini di servizio onorario si fa discendere l’esclusione della giurisdizione amministrativa esclusiva prevista per le controversie di pubblico impiego e l’applicazione della regola generale di riparto della giurisdizione fondata sulla dicotomia “diritto soggettivo – interesse legittimo”, ravvisando la prima situazione giuridica soggettiva allorché il funzionario non ponga in discussione l’esercizio di poteri spettanti all’amministrazione, ma invochi fonti, normative e non, che assume a fondamento della pretesa (in particolare, di pagamento di compensi per l’opera prestata) – Cass., S.U., 14 aprile 2010, n.8835 -; detta qualificazione del rapporto influisce sulla individuazione del plesso giurisdizionale chiamato a decidere la controversia in ordine al compenso per l’attività inerente le funzioni onorarie – cfr. Cass., S.U., 14 aprile 2010, n. 8835, cit., Cass., S.U., 29 febbraio 2008, n. 5431, Cass., S.U., 29 dicembre 2016, n. 27461, poiché se la nomina del funzionario onorario non è accompagnata dalla previsione di alcun tipo di compenso, la pretesa patrimoniale, in mancanza di specifiche previsioni di legge, si risolve in una contestazione della decisione dell’Amministrazione di non esercitare il potere di riconoscere emolumenti, affidata alle libere e discrezionali determinazioni dell’autorità che procede, di fronte alle quali il funzionario versa in situazione giuridica soggettiva avente la consistenza di interesse legittimo- Cass., S.U., 14 aprile 2010, n. 8835, Cass., S.U., 13 maggio 2009, n. 11003, Cass., S.U., 8 luglio 2008, n. 18618, Cass., S.U., 9 aprile 2008, n. 9160;Cass., S.U., 20 aprile 2007, n. 9363, Cass., S.U., 29 febbraio 2008, n. 5431,Cass., Jj , S.U., 9 marzo 2007, n. 5398; Cass., S.U., 25 maggio 2005, n. 10961. Occorre, dunque, fare riferimento al c.d. petitum sostanziale che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, va identificato, in forza degli artt. 5 e 386 cod. proc. civ., non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione (cfr., Cass., S.U., 4 settembre 2015 n. 17591, Cass., S.U., 23 settembre 2013, n. 21677; Cass., S.U., 11 ottobre 2011 n. 20902; Cass., S.U., 26 gennaio 2011, n. 1767; Cass., S.U., 25 giugno 2010, n. 15323).
Nel caso di specie, non può dubitarsi della natura onoraria del servizio prestato dall’Avv. sulla quale, invero, hanno concordato sia il Tribunale di Roma che il Tar Lazio, traendo persuasivi elementi di convincimento: a) dalla temporaneità dell’incarico, dall’assenza di procedure concorsuali di nomina; b) dalla individuazione dei criteri di scelta sulla base dei requisiti indicati nel decreto ministeriale di nomina; c) dall’assenza di un inserimento strutturale del nominato all’interno dell’amministrazione pubblica e di sinallagmaticità fra compiti attribuiti; d) dal compenso previsto sulla base di determinazioni affidate al Mipaaf e al MEF; le valutazioni espresse dai due organi giudiziari divergono, piuttosto, sulla qualificazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo della posizione vantata dall’Avv., poiché mentre il Tribunale di Roma ha attribuito decisivo rilievo, al fine di negare l’esistenza del diritto al pagamento delle somme originariamente richieste in via monitoria, alla mancata firma del decreto di determinazione del compenso da parte del Mef, il Tar Lazio ha, per converso, ritenuto che non potesse disconoscersi la natura di diritto soggettivo della pretesa al compenso determinato in via ministeriale, pur in assenza della formalizzazione dell’intesa fra i due ministeri che avrebbero dovuto individuare, di concerto, il compenso medesimo. Ritengono le Sezioni Unite che la giurisdizione nel caso di specie debba individuarsi nel plesso giurisdizionale del GO, avendo il ricorrente fondato la pretesa sull’esistenza di un diritto soggettivo pieno al compenso e a tal fine richiamando l’esistenza di atti – determinazione ministeriale del compenso da parte del Dicastero nel quale si incardinava la camera arbitrale dopo il parere favorevole del Mef, corresponsione di un acconto – idonei ad escludere l’esistenza di profili di discrezionalità in ordine all’ art ed al quantum della pretesa; direzione verso la quale depone, in modo incontrovertibile, la circostanza che lo stesso decreto ministeriale di nomina del Mipaaf abbia espressamente individuato l’esistenza del diritto al compenso annuale da determinare di concerto fra Mipaaf e Mef, costituendo quindi la base giuridica sulla quale il Direttore della camera arbitrale, all’esito della quantificazione del compenso da parte del Mipaff, ha fondato la richiesta di pagamento, dapprima innanzi al giudice ordinario e, successivamente, impugnando il silenzio rifiuto serbato dall’Amministrazione, innanzi al Tar Lazio; compenso che è stato determinato nella misura annua di Euro 50.000,00 dal Mipaaf, il quale ha ottenuto il parere favorevole finale del Mef ed ha, quindi, individuato gli stanziamenti di bilancio necessari per sostenere la relativa spesa, infine erogando all’Avv. un acconto per l’attività svolta nell’anno 2008, nessun effetto ai fini della giurisdizione potendo derivare dall’assenza di sottoscrizione del decreto reso dal Mipaaf da parte del Mef.
Una volta che il Ministro delle politiche agricole abbia stabilito l’importo del compenso, ottenendo il parere favorevole del Mef ed erogato un acconto all’Avv., non può più dubitarsi della qualificazione in termini di diritto soggettivo della pretesa del predetto; in definitiva, proprio l’esistenza del diritto soggettivo al compenso correlato ad una determinazione ministeriale specificamente adottata e direttamente correlata all’esistenza degli ordinari stanziamenti in bilancio rende ininfluente, ai fini del riparto, l’eventuale mancanza di un atto formale di concerto da parte del MEF, una volta che questi abbia espresso parere favorevole alla determinazione del compenso da parte del Mipaaf che aveva pure accertato la compatibilità finanziaria della relativa determinazione con gli stanziamenti in bilancio, uniformandosi alle indicazioni espresse dal Mef; il che consente di escludere che la controversia investa una posizione di interesse legittimo appartenente alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, per come chiarito da Cass., S.U., n. 18618 del 2008 e Cass., S.U., n. 3129 del 1997, Cass., S.U., 17 febbraio 1994, n. 1555 e Cass., S.U. 28 agosto 1990, n. 8869. In questa direzione, d’altra parte, milita ulteriormente la circostanza che lo stesso ricorrente abbia prospettato in via alternativa, rispetto alla mancata formalizzazione del decreto di terminazione del compenso a firma congiunta dei due Ministri, l’esistenza di una responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione conferente, ancor di più confermando che le ragioni poste a base della domanda erano pur sempre correlate all’esistenza di diritti soggettivi pieni, giustiziabili innanzi al giudice ordinario (Cass., S.U., 27 aprile 2017, n.10413).