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Obbligazioni e contratti – Mutuo- Interessi – Nullità – Mancata chiarezza sugli interessi e nullità del contratto di mutuo

by Dott. Alessio Alfieri
19 Giugno 2025
in Diritto Civile
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Tribunale di Padova, sentenza 14 aprile 2025 n. 605

PRINCIPIO DI DIRITTO

La mancata indicazione nel contratto di mutuo bancario, a tasso fisso, della modalità di ammortamento c.d. “alla francese” e del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi incide negativamente sui requisiti di determinatezza e determinabilità dell’oggetto del contratto causandone la nullità parziale […] le conclusioni tratte si adattano anche al mutuo con tasso di interesse debitorio variabile, giacché, fintantoché il piano di rimborso riporta la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG), della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi”, il mutuatario ha piena cognizione degli elementi contrattuali giuridici ed economici che gli consentono di ricostruire quale sarà l’esborso finale e di condurre eventuali comparazioni con altre soluzioni di finanziamento.

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. In primo luogo, non risulta fondata la censura basata sul dedotto difetto di procura in capo alla società opposta.
  2. Deve darsi atto del fatto che con ordinanza 19/01/2024 è stata sospesa la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo in ragione del difetto di ius postulandi in capo al difensore avv. Silvia Ceroni, che aveva proposto l’iniziativa monitoria in data 3.1.2023 sulla base di un mandato alle liti conferito dalla dott.ssa B., che a sua volta aveva ricevuto la procura sostanziale dal legale rappresentante di A. solo il successivo 18/01/2023.
  3. Sennonché in sede di memorie di trattazione ai sensi dell’art. 171ter c.p.c. A. ha depositato una precedente procura speciale sostanziale resa alla stessa dott.ssa B. in data 21/01/2022 (doc. n. 16 opposta), cosicché la procura alle liti conferita all’avv. Ceroni il 03/01/2023 trova effettivamente giustificazione nei poteri di rappresentanza sostanziale assegnati in quell’occasione.
  4. Non appare infatti fondata la difesa dell’opponente per cui “al momento del deposito del ricorso monitorio, quella procura era stata abrogata espressamente e sostituita dalla procura del 18/01/2023” (pag. 5 comparsa conclusionale): se di revoca implicita possa parlarsi, la stessa non può che operare a far data dal 18/01/2023, ovvero da quando la seconda procura sostanziale è stata conferita, con la conseguenza che alla data del 03/01/2023 la precedente procura del 21/01/2022 svolgeva pienamente i propri effetti.

In sostanza non vi è stata soluzione di continuità nei poteri rappresentativi sostanziali in capo alla dott.ssa B.: l’avv. Ceroni, quindi, ha legittimamente rappresentato A. in giudizio sin dalla fase monitoria.

  1. Non convince la difesa dell’opponente neppure quando contesta l’indeterminatezza dei poteri conferiti alla dott.ssa B. “per non essere indicati i rapporti di credito a cui detta procura si riferisce” (ancora a pag. 5 della comparsa conclusionale).
  2. La procura speciale sostanziale del 21/01/2022 (citato doc. n. 16 opposta) attribuisce ai procuratori, tra cui la citata dott.ssa B., una serie di poteri di gestione dei crediti in via sia stragiudiziale che giudiziale. In particolare nella parte iniziale dell’atto si precisa che gli stessi sono funzionali alla “amministrazione, gestione, incasso, recupero e regolarizzazione delle posizioni creditorie proprie e dei crediti gestiti su mandato e per conto terzi” e, quanto agli specifici poteri conferiti, al punto 21 si attribuisce al rappresentante il potere di promuovere nei confronti debitori ogni azione volta alla riscossione del credito ed al punto 18 il relativo potere di “nominare, sostituire revocare gli avvocati incaricati della rappresentanza e difesa in giudizio della società”.
  3. La procura risulta pertanto adeguatamente specifica sia con riferimento ai poteri attribuiti al rappresentante che con riferimento ai “beni” rispetto ai quali detti poteri possono essere esercitati. B. Sulla prova di titolarità del credito
  4. L’opponente B. ha altresì contestato sia stato dimostrato in giudizio l’avvenuto acquisto da parte di A. della posizione creditoria in discussione, non avendo l’opposta depositato l’atto di cessione che menzioni i due mutui chirografari all’origine dell’ingiunzione.
  5. La Suprema Corte (in modo del tutto condivisibile) in tema di prova della cessione in blocco ha sottolineato che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cessione dei crediti bancari ha la funzione di notiziare i debitori dell’avvenuta cessione dei crediti ma non configura di per sé prova della cessione; sennonché lo stesso Giudice di Legittimità non ha affermato che la prova della cessione va offerta necessariamente con l’atto di cessione dei crediti.
  6. In particolare, Cass. n. 2780/2019 da un lato evidenzia che “la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera sì la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto, ma che se non individua il contenuto del contratto di cessione non prova l’esistenza di quest’ultima”; dall’altro lato, afferma che nel caso concreto “la genericità dell’avviso non consentiva di acclarare che il credito fosse compreso tra quelli ceduti”.

Cosicché, se l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale è adeguatamente specifico in ordine ai criteri che consentano di individuare i crediti oggetto di cessione, dallo stesso può trarsi anche la prova dell’inserimento (o meno) del credito in contestazione tra quelli ceduti (in termini anche Cass. n. 22151/2019, in motivazione: “è vero che è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, ma è sempre necessario che gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione (Cass. 31188/2017)”.

  1. Ebbene, tornando al caso concreto, l’avviso in Gazzetta Ufficiale del 24/11/2022 (doc. 11 società opposta) elenca le seguenti caratteristiche per perimetrare l’oggetto della cessione in blocco del 4.8.2022 con efficacia dal 20.11.2022: crediti “(i) denominati in euro (…); (ii) regolati dalla legge italiana; (iii) (…); (iv) vantati nei confronti dei debitori che alla data di sottoscrizione, siano stati contraddistinti dal seguente codice, come comunicato per iscritto ai relativi debitori: 002BETA; (v) vantati nei confronti di debitori che, sia alla data di valutazione che alla data di efficacia, sono stati classificati come “sofferenze” (…); (vi) siano stati inseriti nell’elenco (…) depositato presso il notaio dott. Angelo Busani in Milano”.
  2. Ebbene, l’opposta ha documentato la comunicazione del passaggio a sofferenza della posizione debitoria di M.L. s.n.c. in data 20.12.2019 (doc. n. 13 opposta), ma nulla ha dedotto in ordine all’attribuzione del codice 002BETA riportato al requisito (iv) e tanto meno ha depositato l’elenco dei crediti ceduti.
  3. Sennonché ritiene il Tribunale che, se è indiscutibile che nella lacuna probatoria evidenziata il mero deposito dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale non risulti sufficiente a dimostrare la riconducibilità dei crediti in discussione nel perimetro della cessione, non avendo l’opposta dimostrato la sussistenza di tutti i requisiti che valgono a definire i confini della cessione stessa, ulteriori elementi disponibili in causa valgano ad integrare la prova presuntiva dell’avvenuta cessione dei crediti in contestazione in favore di A., non trattandosi cero di una circostanza che pretenda la prova scritta né ad substantiam né ad probationem.
  4. In primo luogo, va escluso che allo scopo possa giovare alla difesa di A. la dichiarazione con cui B.M. in data 26.1.2023 ha dichiarato l’intervenuta cessione (doc. n. 12 opposta).
  5. Con quella comunicazione, infatti, la cedente dichiara che la cessione comprende uno specifico rapporto: ovvero il contratto di mutuo fondiario per Euro 600.000 concluso con M.L. s.n.c. il 15.10.2015.

Sennonché si tratta con tutta evidenza di un contratto diverso dai due mutui chirografari all’origine dell’ingiunzione: di fronte all’indicazione puntuale di un rapporto specifico non può utilizzarsi detta dichiarazione per trarne la conclusione dell’inclusione nella cessione di tutti i rapporti riconducibili alla società debitrice.

  1. Piuttosto assume valore indiziario la disponibilità in capo ad A. della documentazione contrattuale ed accessoria intercorsa tra B.M. e la società M.L. s.n.c. ed i soci-garanti: non solo i due contratti di finanziamento in discussione e la fideiussione resa dall’opponente (doc.ti n. 4 , n. 6, n. 8 e n. 9 fascicolo monitorio) con le certificazioni ex art. 50 TUB (doc.ti n. 5 e n. 7 fascicolo monitorio), ma anche il pignoramento con cui altro creditore ha avviato l’esecuzione immobiliare n. 326/2020 nei confronti dei due garanti (doc. n. 10 fascicolo monitorio), gli atti della medesima procedura esecutiva (doc.ti n.ri 11, 12, 13 e 14 fascicolo monitorio), l’atto di intervento senza titolo di M. nella distinta procedura esecutiva n. 284/2020 dalla stessa avviata nei confronti della società debitrice principale proprio per far valere il credito nascente dai due finanziamenti chirografari in discussione oggi (doc. n. 15 fascicolo monitorio), le lettere di passaggio a sofferenza alla società e diffida ad adempiere alla debitrice principale ed ai due soci garanti B.R. e R. (doc.ti n. 13 e n. 14 opposta).
  2. Insomma, A. ha ricevuto una serie di documenti, evidentemente su iniziativa della parte contrattuale e processuale B.M., che non vi era ragione le fossero consegnati se non nell’ambito dell’operazione di cessione in blocco oggetto di avviso in Gazzetta Ufficiale di cui si discute oggi.
  3. Concludendo sul punto, l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24.11.2022 unitamente al fatto della disponibilità da parte di A. della documentazione contrattuale e processuale specificamente relativa ai due crediti in discussione integrano elementi gravi, precisi ed univoci tali da far ritenere raggiunta la prova presuntiva in ordine all’avvenuta cessione dei crediti oggetto di ingiunzione.
  4. L’opponente ha invocato la decadenza del creditore ai sensi dell’art. 1957 c.c. alla luce della nullità della clausola n. 6 della fideiussione che prevede la deroga alla norma, risultando l’iniziativa giudiziale di M. successiva ai sei mesi rispetto al passaggio a sofferenza dei due crediti in discussione.
  5. Ritiene il Tribunale che, a prescindere dalla soluzione che intenda darsi alla questione di nullità sollevata, risulti dirimente ai fini della decisione l’impegno reso dall’opponente nella successiva clausola 7, che stabiliva il fideiussore fosse “tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio”.
  6. Ebbene, il Giudice di Legittimità ha da tempo chiarito che la clausola con cui il garante si impegna a soddisfare il creditore “a semplice richiesta scritta” va interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. deve essere osservato. In altre parole, deve ritenersi che – ogniqualvolta le parti concordino il “pagamento a prima richiesta scritta” dal garante al creditore garantito – l’osservanza dell’onere di cui alla citata disposizione è soddisfatto dalla stessa richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore, prescindendo dalla proposizione di un’azione giudiziaria (così Cass. n. 7345/1995, n. 7345 in motivazione, richiamata da Cass. n. 13078/2008; da ultimo Cass. n. 22346/2017 in motivazione: “in una pattuizione contrattuale in cui la garanzia si stabilisce a prima richiesta e, nel contempo, si prevede l’applicazione del primo comma dell’art. 1957 cod. civ., il criterio di esegesi di cui all’art. 1363 cod. civ. impone di leggere il rinvio a detta norma, tanto più se espresso, come nella specie, con un riferimento al termine di cui ad essa e non ad altro dei suoi contenuti, nel senso che il termine debba osservarsi con una mera richiesta stragiudiziale e non nel senso che si debba osservare con l’inizio dell’azione giurisdizionale”).
  7. Ne consegue che, quand’anche la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. fosse invalida, dovrebbe nel caso di specie verificarsi se il creditore abbia comunque rispettato il termine semestrale di cui alla norma citata seppure con una iniziativa stragiudiziale.
  8. Per completezza va chiarito che non convince la difesa dell’opponente, che sostiene l’invalidità della previsione che impone il pagamento “anche in caso di opposizione del debitore” e ne trae la conseguenza dell’invalidità dell’intera clausola n. 7: la nullità della previsione citata rimarrebbe infatti confinata alla pattuizione critica, ma non potrebbe travolgere l’intera clausola nella parte in cui assume contenuto autonomo.
  9. Cosicché, tornando ai dati processuali, nel caso di specie è documentato che, a fronte del passaggio a sofferenza delle posizioni in data 20.12.2019, la diffida ad adempiere ai garanti ed alla debitrice principale è stata inviata il 5.2.2020 (doc.ti n. 13 e n. 14 opposta), quindi entro il semestre di cui all’art. 1957 c.c., che risulta pertanto rispettato: ne discende l’infondatezza dell’eccezione di decadenza dalla garanzia
  10. L’opponente ha mosso molteplici contestazioni alle previsioni contrattuali attinenti ai due finanziamenti in discussione: ritiene il Tribunale che, in rispetto del principio della ragione più liquida, possa affrontarsi la contestazione che trae origine dalla pattuizione di un ammortamento alla francese senza precisare se la capitalizzazione degli interessi fosse composta o semplice né consentire che detta precisazione fosse comunque ricostruibile sulla base del contenuto pattizio.
  11. Per affrontare la questione, preme la disamina della recente sentenza Cass. SSUU n. 15130/2024, che – a seguito di rinvio pregiudiziale – ha preso in esame in seguente quesito: “se, in presenza di un mutuo a tasso fisso con piano di ammortamento c.d. “alla francese” allegato al contratto (…), il contratto debba contenere, a pena di nullità, anche l’esplicitazione del regime di ammortamento, cioè delle modalità di rimborso del prestito (mediante rate fisse costanti comprensive di quote capitali crescenti e di quote interessi decrescenti nel tempo) e della eventuale maggiore onerosità del suddetto piano rispetto ad altri piani di ammortamento” (pag. 11 motivazione); in particolare il regime finanziario utilizzato era quello c.d. composto, ove ” il debito da (cioè una certa quantità di) interessi diventa esigibile prima che diventi esigibile il capitale cui è correlato e per una misura superiore alla quota di capitale nel contempo divenuto esigibile, il che si assume non essere consentito dall’art. 821, comma 3, c.c.” (pag. 19 motivazione).
  12. La Cassazione ha in primo luogo escluso ricorra anche solo astrattamente un problema di determinatezza del contenuto contrattuale, “quando il contratto di mutuo contenga le indicazioni proprie del tipo legale (art. 1813 ss. c.c.), cioè la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, della periodicità del rimborso e del tasso di interesse predeterminato”.
  13. Il problema di determinatezza non ricorre neanche nell’accezione di difetto di trasparenza.

Sulla base principalmente della considerazione per cui “il maggior carico di interessi del prestito non dipende (…) da un fenomeno di produzione di “interessi su interessi”, cioè di calcolo degli interessi sul capitale incrementato di interessi né su interessi “scaduti” (propriamente anatocistici), ma dal fatto che nel piano concordato tra le parti la restituzione del capitale è ritardata per la necessità di assicurare la rata costante (calmierata nei primi anni) in equilibrio finanziario, il che comporta la debenza di più interessi corrispettivi da parte del mutuatario a favore del mutuante per il differimento del termine per la restituzione dell’equivalente del capitale ricevuto”, la Suprema Corte giunge ad escludere che “la mancata indicazione nel contratto di mutuo bancario, a tasso fisso, della modalità di ammortamento c.d. “alla francese” e del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi incida negativamente sui requisiti di determinatezza e determinabilità dell’oggetto del contratto causandone la nullità parziale” (pag. 22 e seguenti motivazione).

  1. Infine, la Cassazione ha escluso ricorra un deficit di trasparenza nelle condizioni contrattuali, atteso che “un piano di rimborso come quello controverso nel giudizio di merito contiene, come s’è detto, in modo dettagliato, la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG), della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi” (pag. 28 motivazione).

“Risulta, in tal modo, soddisfatta la possibilità per il mutuatario di conoscere agevolmente l’importo totale del rimborso mediante una semplice sommatoria, conoscenza che egli difficilmente potrebbe avere sviluppando autonomamente una complessa formula matematica attraverso la quale il piano di ammortamento è sviluppato, una volta scelta la rata sostenibile e determinato il tasso di interesse” (pag. 29 motivazione).

  1. Ritiene il Tribunale che, nonostante la Corte precisi di occuparsi del solo mutuo con tasso debitorio fisso, le conclusioni tratte si adattino anche al mutuo con tasso di interesse debitorio variabile, giacché, fintantoché il piano di rimborso riporta “la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG), della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi”, il mutuatario ha piena cognizione degli elementi contrattuali giuridici ed economici che gli consentono di ricostruire quale sarà l’esborso finale e di condurre eventuali comparazioni con altre soluzioni di finanziamento.

Il fatto che per sua natura il piano di ammortamento di un mutuo a tasso variabile possa contenere solo una ipotesi di ammontare finale delle restituzioni (c.d. piano di ammortamento indicativo), basandosi sul tasso cristallizzato al momento della conclusione del contratto, non esclude infatti che il mutuatario possa farsi una concreta idea della somma finale da restituire per interessi sulla base dell’unico parametro noto al momento della pattuizione e che – soprattutto – possa condurre quella comparazione tra le possibili offerte sul mercato, che è una delle facoltà per il cui presidio è raccomandata la trasparenza di condizioni.

  1. Ebbene, per quanto la Suprema Corte nella sentenza citata affronti la tematica dell’ammortamento alla francese, gli argomenti giuridici spesi, imperniati sul necessario presupposto di determinatezza delle previsioni contrattuali di contenuto economico, risultano direttamente applicabili alla fattispecie concreta.
  2. Partendo dalle tesi di A., va in primo luogo osservato che non convince la difesa dell’opposta quando confina la censura del signor B. al tema “di convenienza economica dell’operazione” (pag. 14 comparsa conclusionale).

Nel momento in cui l’opponente contesta l’indeterminatezza dell’oggetto dei contratti di mutuo in base al ragionamento per cui, non essendo specificato il regime finanziario applicabile, potrebbero “generarsi almeno due piani di ammortamento diversi, uno con capitalizzazione semplice l’altro con capitalizzazione composta” (citazione pag. 21) intende riferirsi proprio al tema della indeterminatezza degli oneri addebitati al mutuatario: il richiamo quindi alla differenza “in termini di costi” dei finanziamenti richiama non il rilievo di mera convenienza dell’operazione ma il difetto di determinatezza degli oneri (i “costi” appunto) addebitati al mutuatario per le due operazioni di finanziamento.

  1. L’opponente quindi si duole del fatto che il contenuto dei contratti non consenta di ricostruire al momento della pattuizione quale sia la somma complessiva da restituire al mutuante ed in particolare quale sia l’ammontare degli interessi debitori, sul presupposto che l’ammontare degli oneri dovuti muta a seconda che, fermo l’ammortamento alla francese, la capitalizzazione applicata sia semplice o composta.
  2. Effettivamente va evidenziato che entrambi i contratti di mutuo all’origine della pretesa (doc.ti n. 4 e n. 6 fascicolo monitorio) risultano privi di quel corredo informativo minimo che avrebbe consentito al mutuatario di ricostruire esattamente la modalità di addebito degli interessi debitori: è vero che il piano di ammortamento non configura un elemento informativo necessario del contratto, ma – in assenza di altre precisazioni nei contratti in ordine alla modalità di maturazione e costruzione del debito per interessi – il documento avrebbe consentito di ricostruire l’ammontare delle rate distinto tra capitale ed interessi, permettendo così la previsione puntuale delle somme complessive che il mutuatario avrebbe dovuto versare per il rimborso dei finanziamenti.
  3. Nel caso concreto, infatti, ai due mutui era allegato un piano di ammortamento che conteneva l’indicazione della sola componente di capitale ma nulla indicava in ordine all’ammontare della rata e quindi non consentiva di desumere il totale degli interessi dovuti: come evidenzia lo stesso opponente, manca anche l’indicazione dell’ammontare della prima rata, che avrebbe consentito di costruire le rate successive.

Ciò, peraltro, nonostante l’art. 1 di entrambi i contratti faccia riferimento ad un piano di ammortamento allegato sub A, che riporti l’indicazione per ciascuna rata sia della quota di capitale che della quota di interessi dovuti.

  1. A conferma del fatto che le indicazioni contrattuali non consentissero l’univoca ricostruzione delle somme dovute in restituzione vale richiamare anche quanto esposto dal ctu dott. Fortin, che ha ricostruito i piani di ammortamento in regime sia semplice che composto (pag. 5 perizia).

Se i piani di ammortamento sviluppati in capitalizzazione composta registrano che “il valore attuale del finanziamento erogato dal creditore risulta essere uguale alla somma del valore attuale di tutte le rate di rimborso”, così non è nei piani di ammortamento in capitalizzazione semplice (pag. 6 perizia), a conferma dell’importanza della relativa previsione contrattuale, che direttamente o anche indirettamente deve consentire di individuare la modalità di calcolo degli interessi debitori.

  1. Cosicché deve concludersi sul punto nel senso che i due contratti di mutuo non contenevano il corredo informativo minimo per consentire la ricostruzione degli oneri dovuti dalla debitrice M.L. s.n.c. 51.

L’opposta contesta detta conclusione, richiamando la motivazione della sentenza citata n. 15130/2024.

Non considera però che la situazione di fatto analizzata nella presente causa è ben diversa dal caso concreto esaminato dalla Suprema Corte, ove il contratto di finanziamento (come desumibile dalla parte motiva e dall’argomentare della Cassazione) riportava oltre all’importo erogato e alla durata del prestito, l’indicazione “del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG), della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi”: nel caso di specie si è già detto che non vi è alcuna indicazione in ordine alla composizione delle rate di rimborso e tantomeno alla “ripartizione per quote di capitale e di interessi”.

Così come inconferente risulta il richiamo alla pronuncia della Corte d’Appello di Firenze n. 2069 del 12/12/2024 ove, ancora una volta, nel caso concreto si discuteva di un contratto che precisava ” il tasso di interesse, con le relative modalità di calcolo della quota fissa e di quella variabile, nonché la periodicità di rimborso delle rate e la modalità di composizione delle stesse”: informazioni – si ribadisce – che difettano invece nei due mutui conclusi da M.L. s.n.c., i cui piani di ammortamento riportavano l’indicazione della sola quota di capitale dovuto per ciascuna rata ma non le rispettive quote di interesse, neppure – si ripete – con riferimento alla prima rata per cui, pur in presenza di un tasso di interesse variabile, sarebbe stata matematicamente possibile l’esatta indicazione.

  1. In conclusione sul punto, emerge l’indeterminatezza della clausola contrattuale relativa agli oneri addebitati al soggetto finanziato con conseguente nullità della pattuizione ai sensi dell’art. 1346 c.c. (“l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile”): questione di nullità che, per quanto rilevabile officiosamente, è stata sollevata ritualmente dalla parte in giudizio nel momento in cui lamenta l’indeterminatezza degli oneri.

Ne consegue l’applicazione dell’art. 117/VII tub per violazione del comma quarto della medesima disposizione.

  1. È stato quindi incaricato il ctu di ricostruire entrambi i rapporti di finanziamento secondo il regime di ammortamento alla francese, previa sostituzione dell’interesse debitorio contrattualizzato col tasso nominale minimo dei BOT, con un doppio conteggio che valorizzasse sia la capitalizzazione semplice che quella composta: va peraltro chiarito in questa sede che, nel momento in cui il contratto nulla precisi in proposito, la capitalizzazione da applicare è quella semplice, che riduce gli oneri dovuti dal mutuatario.
  2. Il perito ha svolto il proprio incarico in modo chiaro nell’esposizione, coerente rispetto alle questioni oggetto di causa e rispettando il quesito conferito: in particolare va segnalato che il perito dà atto di avere valorizzato nella propria ricostruzione sia i versamenti intervenuti nei conti sia i contributi pervenuti dal G., come documentati in causa (pag. 7 perizia), offrendo quindi risposta alle censure mosse in proposito dall’opponente in ordine alla quantificazione del credito da parte di A.; non sono intervenute osservazioni relative al conteggio effettuato, ma piuttosto attinenti ai presupposti giuridici sottesi all’incarico peritale, cosicché le conclusioni del ctu vanno senz’altro seguite in questa sede.
  3. Il dott. Fortin ha concluso nel senso che con riferimento al contratto n. (…), previa sostituzione dell’interesse debitorio col tasso di cui all’art. 117/VII TUB, in ipotesi di ricostruzione del rapporto con ammortamento alla francese e capitalizzazione semplice il nuovo saldo risulta essere a favore del mutuatario, nel senso che la società avrebbe versato Euro 17.330,60 in più rispetto al dovuto.

Con riferimento invece al contratto n. (…) lo stesso metodo utilizzato nella ricostruzione del rapporto ha consentito di ricostruire un debito residuo della debitrice principale nei confronti del mutuante per Euro 14.713,42. 56.

L’opponente ha tratto da detta ricostruzione la conclusione che nessuna pretesa potrebbe essere avanzata nei suoi confronti dalla società cessionaria, atteso che sottraendo dalla somma di Euro 17.330,60 (ovvero la somma versata dalla mutuataria e non dovuta) l’importo di Euro 14.713,42 (ovvero il residuo debito della mutuataria), residuerebbe un credito restitutorio in favore di M.L. s.n.c. In sostanza – sostiene l’opponente – la debitrice principale e quindi il garante non avrebbero più alcun debito.

  1. Sennonché i due contratti vanno esaminati distintamente: si tratta, cioè, di due rapporti giuridici distinti, all’origine di debiti distinti, che non possono essere trattati congiuntamente come se si trattasse di poste debitorie che traggono origine da un’unica fonte contrattuale.

Né nel caso di specie è stata sollevata eccezione di compensazione tra la pretesa restitutoria ex art. 2033 c.c., che potrebbe avanzare M.L. s.n.c. con riferimento al contratto n. (…), ed il debito residuo registrato con riferimento al contratto n. (…).

  1. Cosicché deve concludersi sul punto che permane un debito del garante per l’importo di Euro 14.713,42 con riferimento al contratto n. (…).
  2. Concludendo, essendo stato ricostruito un debito nettamente inferiore alla somma ingiunta, il decreto ingiuntivo n. 1756/2023 va revocato e R.B. va condannato a pagare ad A. la somma di Euro 14.713,42 con riferimento al contratto n. (…); dal 20.12.2019 (data del passaggio a sofferenza) decorrono sulla somma gli interessi al tasso BOT minimo ai sensi del citato art. 117/VII TUB, con la precisazione che nell’ipotesi di tasso negativo andrà applicato un interesse pari a zero.
  3. Quanto alle spese di lite, poiché la causa registra la soccombenza dell’opponente ma si è conclusa con una netta riduzione del debito sulla base della disamina di una questione che ha visto disattendere le difese di A., ricorrono i gravi motivi che giustificano una compensazione degli oneri per la misura di due terzi e la condanna dell’opponente B. alla rifusione della quota di un terzo delle spese, liquidate come in dispositivo sulla base dello scaglione ancorato all’ammontare della condanna; vanno liquidate le quattro fasi di attività a valori medi. Atteso l’esito della consulenza, che comunque registra un debito del garante, gli oneri di ctu vanno confermati a metà tra le parti. 61. Dall’art. 282 c.p.c. discende la provvisoria esecutività della decisione.
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