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*Autorizzazioni e concessioni – Demanio e Patrimonio – Concessioni demaniali marittime, illegittimità costituzionale delle norme regionali che violano la competenza legislativa statale in materia di tutela della concorrenza

by Giuseppe Bisceglia - Avvocato
2 Luglio 2025
in Diritto Amministrativo
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Corte Costituzionale, sentenza  1 luglio 2025, n. 89

PRINCIPIO DI DIRITTO

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2, commi 3 e 4, 3 e 4 della legge della Regione Toscana 29 luglio 2024, n. 30 (Disposizioni in materia di concessioni demaniali marittime. Modifiche alla l.r. 31/2016).

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 37 del 2024), ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, commi 3 e 4, e 3 della legge reg. Toscana n. 30 del 2024, che hanno introdotto modifiche alla legge reg. Toscana n. 31 del 2016.

In particolare, l’art. 1 della legge regionale impugnata ha novellato il preambolo della legge reg. Toscana n. 31 del 2016, aggiungendovi quattro nuovi numeri. In essi, dopo aver richiamato i principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa sulla cui base svolgere le procedure comparative per l’assegnazione delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo, si afferma l’opportunità di intervenire in via legislativa «in attesa del riordino della disciplina della materia da parte dello Stato», al fine di dettare una disciplina uniforme delle procedure di affidamento di siffatte concessioni su tutto il territorio regionale, ritenendo altresì necessaria, sempre «[n]elle more del riordino della disciplina statale», la definizione dei criteri per la determinazione di un indennizzo per il concessionario uscente, le cui modalità di determinazione sono demandate alle linee guida adottate dalla Giunta regionale.

I commi 3 e 4 dell’art. 2 della legge regionale impugnata hanno invece inciso sull’art. 2 della legge reg. Toscana n. 31 del 2016, con l’inserimento, rispettivamente, della lettera b-bis), al comma 1, relativa alla previsione di un criterio di premialità per la valutazione delle domande concorrenti, nonché del comma 1-bis, contenente i criteri per la definizione dell’indennizzo.

Il successivo art. 3 ha infine novellato l’art. 3 della legge reg. Toscana n. 31 del 2016, rubricato «Linee guida», inserendovi la previsione relativa alla determinazione dell’indennizzo suddetto.

Secondo il ricorrente, tutte le disposizioni regionali impugnate esulerebbero dall’ambito della potestà legislativa di intervento regionale, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., spettando unicamente al legislatore statale la definizione dei criteri e delle modalità di affidamento delle concessioni demaniali marittime, nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.

In ogni caso, con riguardo ai contenuti delle previsioni regionali impugnate, il ricorrente ha ravvisato un contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost., per inosservanza dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e in specie dall’art. 12 della “direttiva servizi”, in quanto gli elementi di premialità e i criteri di determinazione dell’indennizzo, introdotti dal legislatore regionale toscano, attribuirebbero un vantaggio al concessionario uscente, vietato invece a livello europeo.

2.– In via preliminare, occorre esaminare la prospettazione della difesa regionale secondo cui l’intervenuta adozione del d.l. n. 131 del 2024, come convertito, – mediante il quale il legislatore statale, dopo l’entrata in vigore della normativa regionale impugnata, ha riordinato la materia delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo (infra, punto 5.1.) – avrebbe determinato il verificarsi della cessazione della materia del contendere.

Più precisamente, secondo la difesa resistente sarebbe venuta meno l’efficacia degli artt. 1, 2, comma 4, e 3 della legge reg. Toscana n. 30 del 2024, emanati «in attesa» e «[n]elle more del riordino della disciplina» da parte del legislatore nazionale.

2.1.– La tesi non può essere condivisa.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «a fronte della modifica della disposizione impugnata in un giudizio in via principale, la cessazione della materia del contendere si determina quando ricorrano, in pari tempo, due condizioni: il carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e la mancata applicazione della disposizione impugnata medio tempore» (sentenza n. 198 del 2024).

Nel caso di specie, non vi sono elementi dai quali desumere che le disposizioni impugnate non hanno ricevuto applicazione medio tempore. Al contrario, come emerso in udienza, risultano avviate, proprio sulla base della normativa impugnata, procedure selettive di nuovi concessionari balneari.

Il che esclude in radice la dichiarazione della cessazione della materia del contendere.

3.– Ancora in via preliminare, la Regione Toscana eccepisce l’inammissibilità della censura rivolta nei confronti della lettera b) del comma 1 dell’art. 2 della legge reg. Toscana n. 31 del 2016, relativa al criterio di preferenza basato sulla presentazione di progetti di riqualificazione ambientale e di valorizzazione paesaggistica del territorio costiero, in quanto tale criterio sarebbe già previsto nell’originario impianto dell’art. 2, comma 1, citato, non contestato nell’impugnazione proposta all’epoca dal Governo.

3.1.– L’eccezione è in realtà inconferente, in quanto sollevata nei confronti di una censura non formulata nel ricorso. La citata lettera b) è, infatti, richiamata nella successiva lettera b-bis) solo a fini descrittivi del contesto normativo complessivo nel quale le nuove disposizioni sono state inserite: è, invero, la lettera b-bis) a rappresentare il reale oggetto delle censure del Presidente del Consiglio dei ministri.

4.– Infine, questa Corte ritiene ammissibile l’impugnazione dell’art. 1 della legge reg. Toscana n. 30 del 2024, intervenuto a novellare il preambolo della precedente legge regionale. Il sindacato di legittimità costituzionale qui richiesto verte, infatti, su una specifica disposizione legislativa, che incide sul preambolo di una legge regionale preesistente integrandolo mediante il richiamo ai «principi ed [a]i criteri direttivi in base ai quali effettuare il riordino della disciplina in materia di concessioni demaniali marittime» (principi già contenuti nell’art. 4 della legge delega n. 118 del 2022, rimasta tuttavia non attuata), secondo cui «le procedure comparative debb[o]no svolgersi nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità» e mediante il «riconoscimento di un indennizzo al concessionario uscente posto a carico del concessionario subentrante». La disposizione impugnata, pertanto, rivela un contenuto normativo innovativo e precettivo, piuttosto che meramente descrittivo, come invece nel caso scrutinato dalla sentenza n. 185 del 2024, ove la censura aveva direttamente a oggetto il preambolo di una legge regionale, limitatamente ai punti in cui si forniva «una spiegazione in termini discorsivi» delle ragioni sottese alla adozione della legge, «dando luogo ad un sintetico resoconto esplicativo» delle vicende contabili che l’avevano preceduta.

5.– Può ora passarsi all’esame della prima questione promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

5.1.– La vicenda delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo e del «travagliato susseguirsi» (sentenza n. 109 del 2024) dei numerosi interventi del legislatore statale sulla durata delle concessioni in scadenza è ben nota a questa Corte, già più volte chiamata a valutare la legittimità costituzionale di previsioni regionali che, in attesa del riordino della disciplina da parte del legislatore statale, hanno provveduto a regolare la materia.

La normativa nazionale di riferimento ha «dovuto confrontarsi con i vincoli derivanti dai principi comunitari di tutela della concorrenza e di libertà di stabilimento» (sentenza n. 109 del 2024), che assumono «particolare rilevanza» (sentenza n. 222 del 2020) per quanto attiene ai criteri e alle modalità di affidamento delle concessioni. Essi sono declinati, in special modo, dall’art. 12 della direttiva servizi, attuato dall’art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), il quale impone, per le attività economiche caratterizzate dalla scarsità delle risorse naturali (come nel caso delle concessioni demaniali), che la risorsa pubblica sia affidata previo espletamento di una «procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza» (art. 12, paragrafo 1, della direttiva servizi), come pure che il titolo, da rilasciarsi «per una durata limitata adeguata», non preveda procedure di rinnovo automatico né accordi altri vantaggi al prestatore uscente (art. 12, paragrafo 2).

In questo quadro, non sono mancati tentativi di riforma complessiva del settore da parte del legislatore statale, che per due volte è intervenuto con leggi delega (dapprima con l’art. 11, comma 2, della legge 15 dicembre 2011, n. 217, recante «Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2010»; in seguito con l’art. 4 della legge n. 118 del 2022), in entrambi i casi rimaste, tuttavia, non attuate. Nondimeno, in particolare con riferimento all’ultima legge delega, la giurisprudenza amministrativa si è espressa nel senso che i principi e i criteri direttivi in essa contenuti «soccorrono certamente per una disciplina uniforme delle procedure selettive di affidamento delle concessioni, al fine di indirizzare nell’esercizio delle rispettive competenze l’attività amministrativa delle Regioni e dei Comuni» ed entrano «a comporre il quadro dei referenti assiologici che permeano l’ordinamento vigente», contribuendo a disciplinare direttamente la materia fino a quando il legislatore statale «non provveda direttamente ad abrogarli e/o a disciplinare diversamente» (Cons. Stato, n. 4481 del 2024).

Infine, in un momento successivo all’adozione della legge regionale qui impugnata, con l’art. 1, comma 1, lettera b), del d.l. n. 131 del 2024, come convertito, il legislatore statale ha provveduto a disciplinare direttamente la procedura di affidamento delle concessioni, senza fare più ricorso alla legge delega.

A seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge suddetto, il nuovo art. 4 della legge n. 118 del 2022, ora rubricato «[d]isposizioni in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive», stabilisce, in particolare: i termini per l’avvio delle procedure (commi 2 e 3); i contenuti del bando di gara (comma 4); i criteri di aggiudicazione che l’ente concedente deve applicare (comma 6); nonché il diritto del concessionario uscente al riconoscimento di un indennizzo, posto a carico del subentrante, corrispondente al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione, compresi quelli effettuati in occasione di eventi calamitosi, al netto di ogni misura pubblica di sovvenzione eventualmente percepita e non rimborsata, sulla base di criteri previsti da un apposito decreto ministeriale (comma 9).

5.2.– Così brevemente ricostruita la cornice normativa di riferimento inerente all’affidamento delle concessioni demaniali marittime, va rilevato che, come più volte affermato da questa Corte, «la disciplina concernente le concessioni su beni demaniali investe diversi ambiti materiali, alcuni dei quali afferenti alle competenze legislative regionali» (da ultimo, sentenza n. 46 del 2022).

È stato inoltre chiarito che le competenze amministrative afferenti al rilascio di siffatte concessioni sono state conferite alle regioni in virtù di quanto previsto dall’art. 105, comma 2, lettera l), del d.lgs. n. 112 del 1998 e che le relative funzioni sono, di regola, esercitate dai comuni in forza dell’art. 42 del d.lgs. n. 96 del 1999, nei confronti dei quali le regioni mantengono poteri di indirizzo (tra le tante, sentenze n. 161 del 2020 e n. 221 del 2018).

In tale quadro, questa Corte ha poi costantemente sottolineato che «i criteri e le modalità di affidamento di tali concessioni debbono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza recati dalla normativa statale e dell’Unione europea, con conseguente loro attrazione nella competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che rappresenta sotto questo profilo un limite insuperabile alle pur concorrenti competenze regionali (ex multis, sentenze n. 161 del 2020, n. 86 del 2019, n. 221, n. 118 e n. 109 del 2018)» (sentenza n. 10 del 2021).

Nondimeno, è stato altresì riconosciuto che «il riferimento alla tutela della concorrenza non può ritenersi così pervasivo da impedire alle Regioni, in materia, ogni spazio di intervento espressivo di una correlata competenza» (sentenza n. 161 del 2020), purché la normativa regionale non influisca «sulle modalità di scelta del contraente» e non incida «sull’assetto concorrenziale dei mercati in termini tali da restringere il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali» (sentenza n. 109 del 2018), dovendo altrimenti «cedere il passo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di concorrenza» (ancora, sentenza n. 161 del 2020).

Sono state quindi ritenute conformi a Costituzione previsioni regionali non limitative della concorrenza e riconducibili prevalentemente alle competenze regionali (sentenze n. 36 e n. 206 del 2024, n. 109 del 2018, n. 157 e n. 40 del 2017).

5.3.– Tanto premesso, la questione è fondata.

Le disposizioni regionali all’esame, infatti, incidono direttamente sull’assetto concorrenziale del mercato delle concessioni balneari.

Più precisamente, l’art. 1 impugnato ha individuato i principi e i criteri direttivi per lo svolgimento delle procedure selettive di affidamento delle suddette concessioni, codificandoli nel preambolo della precedente legge regionale.

Il successivo art. 2, nell’introdurre un criterio di premialità per la valutazione dei concorrenti nonché criteri e modalità per la determinazione dell’indennizzo a favore del concessionario uscente, ha inciso su aspetti fondamentali delle procedure di affidamento.

Così accade per il comma 3 dell’art. 2 della legge reg. Toscana n. 30 del 2024, che attribuisce, nella fase di valutazione delle domande dei concorrenti, un vantaggio – mediante il riconoscimento di un punteggio ulteriore (un premio, appunto) – al micro, piccolo o medio operatore turistico-balneare, rispetto all’operatore che non rientri in tale dimensione imprenditoriale, così che il primo sia «quantomeno, innegabilmente favorit[o]» (sentenza n. 221 del 2018) nei confronti del secondo. Analogamente può dirsi del successivo comma 4, atto a creare un potenziale «disincentivo alla partecipazione al concorso che porta all’affidamento» (sentenza n. 157 del 2017) con riguardo ai soggetti diversi dal gestore uscente, sui quali graverà, in caso di aggiudicazione, l’indennizzo in favore di quest’ultimo.

Analogo vulnus si riscontra per l’art. 3, pure impugnato, che ha poi attribuito alla Giunta regionale il potere di approvare linee guida per la determinazione dell’indennizzo sopra detto.

In tal modo, la disciplina regionale interferisce evidentemente con l’assetto concorrenziale del mercato delle concessioni balneari, «restringe[ndo] il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali» (sentenza n. 109 del 2018, richiamata dalle sentenze n. 161 del 2020 e n. 221 del 2018), in violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza.

5.4.– Non risultano condivisibili le argomentazioni addotte, in senso contrario, dalla Regione Toscana.

Questa Corte ha, invero, già escluso che un intervento regionale nel campo delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative possa essere consentito in ragione della «lamentata situazione di inerzia del legislatore statale» (sentenza n. 222 del 2020) o della «finalità di tutelare […] l’affidamento e la certezza del diritto degli operatori locali» (sentenza n. 1 del 2019; in senso analogo, sentenza n. 118 del 2018), ovvero ancora della “cedevolezza invertita”, «poiché l’intervento che il legislatore regionale può anticipare nell’inerzia del legislatore statale attiene pur sempre (e soltanto) a materie di competenza concorrente della Regione» (sentenza n. 1 del 2019).

5.5.– Né si può ritenere che la mancanza di una disciplina statale, all’epoca dell’entrata in vigore della legge regionale impugnata, precludesse alle amministrazioni comunali di procedere alla selezione di nuovi concessionari.

Come sopra evidenziato, erano infatti già enucleabili dall’ordinamento, sia europeo che nazionale, principi e altri indicatori normativi utili in base ai quali indire le relative gare, valorizzati dalla stessa giurisprudenza amministrativa, pure richiamata dalla Regione Toscana (Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 9 novembre 2021, n. 17; sezione settima, sentenze n. 4481, n. 4480 e n. 4479 del 2024).

5.6.– Deve quindi essere dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2, commi 3 e 4, e 3 della legge reg. Toscana n. 30 del 2024 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

6.– La declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge reg. Toscana n. 30 del 2024 rende, altresì, inoperante anche l’art. 4 della medesima legge regionale, del quale, pertanto, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale; il citato art. 4 prevedendo, con una norma transitoria, che la Giunta regionale, nel termine di 45 giorni, adegui le linee guida di cui alla legge reg. Toscana n. 31 del 2016 alle disposizioni caducate, resta privo di autonoma rilevanza e significatività, in quanto disposizione meramente accessoria e strumentale rispetto a queste ultime (sentenza n. 127 del 2023).

7.– Resta assorbita l’ulteriore censura formulata con riferimento all’art. 117, primo comma, Cost.

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