Cassazione civile, sez. III, ordinanza 26 giugno 2025, n. 17204
PRINCIPIO DI DIRITTO
La specifica azione dannosa di qualsivoglia cane può costituire una vera e propria causa sopravvenuta, da sé sola in grado di cagionare l’evento, solo in quanto autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla stessa serie causale già in essere.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.1 – Con l’unico motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 2052 c.c., per non aver la Corte d’Appello accertato il nesso di causalità tra l’azione del cane di proprietà dell’intimato (introdottosi nella proprietà dell’odierno ricorrente) e l’evento lesivo: violazione rilevante anche agli effetti degli artt. 40 e 41 c.p., giacché la Corte romana non ha applicato correttamente la regola della causalità del fatto nella ricostruzione dell’illecito.
2.1 – Il ricorso è con ogni evidenza fondato.
Nel verificare il decorso causale che ha condotto al distacco della falange del dito del A.A., il fatto costituito dall’introduzione del cane del B.B. nel suo giardino ove si trovava il cane del ricorrente integra, di regola, un antecedente prossimo, non remoto, dal quale non si può prescindere. Sul punto, infatti, questa Corte ha già condivisibilmente ritenuto come, in consimili evenienze, debba necessariamente prendersi in considerazione il comportamento del cane che ha innescato la zuffa canina (v. amplius Cass. n. 21772/2019).
Ora, adottando la descritta linea motivazionale, la Corte romana ha effettuato una verifica sul nesso di causalità in senso atomistico, senza però evidentemente considerare che, nel momento in cui venne sferrato il morso che cagionò il distacco della falange del dito del A.A., vi era una serie causale già in atto (si veda, sul tema, Cass. n. 19180/2018; Cass. n. 21563/2022; nonché Cass. n. 1404/2025, in motivazione, par. 6.4), avviata dall’aggressione del cane del B.B. In tali condizioni, la specifica azione dannosa di qualsivoglia cane può costituire una vera e propria causa sopravvenuta, da sé sola in grado di cagionare l’evento, solo in quanto autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla stessa serie causale già in essere.
Insomma, se tanto, all’esito del giudizio di rinvio, non dovesse emergere, ne discenderebbe la necessaria conclusione per cui l’azione del cane del B.B. è da considerare causa dell’evento dannoso perché, se il predetto cane non si fosse introdotto nel giardino del A.A., l’evento stesso non si sarebbe verificato. A tal punto, diventerebbe irrilevante accertare quale tra i due cani abbia sferrato il morso, posto che il A.A. si stava prodigando per porre fine alla zuffa, appunto causata dall’introduzione del cane estraneo nel giardino di sua proprietà.
3.1 – In definitiva, il ricorso è accolto.
La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che si atterrà ai superiori principi e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Infine, vista la causa petendi, va disposto l’oscuramento dei dati del ricorrente A.A.