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* Condominio – Obbligazioni e contratti – Appalto – Committente – Sicurezza sui luoghi di lavoro – Responsabilità dell’Amministratore di condominio per la caduta del giardiniere durante l’esecuzione del lavoro

by Filippo Barosio - Avvocato
9 Giugno 2025
in Diritto Penale
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Cassazione penale, n. 18169 dep. 14.05.2025

PRINCIPIO DI DIRITTO

         L’amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio può assumere, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di “committente”, come tale tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione

         TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. I ricorsi presentati nell’interesse di M.C.W. e del condominio “(OMISSIS)” (OMISSIS) sono infondati per le ragioni che di seguito si espongono.
  2. Infondato è il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse della M.C.W., con cui si lamenta vizio di motivazione per manifesta illogicità, oltre che per carenza in punto di valutazione della memoria difensiva, sostenendo che, nella decisione impugnata, l’affermazione della sua penale responsabilità risulterebbe illogicamente argomentata, in quanto si sarebbe ritenuto che la predetta, in qualità di amministratrice del condominio teatro dell’incidente, fungesse da datrice di lavoro del prestatore d’opera deceduto, pur in mancanza di una delibera assembleare che le avesse riconosciuto autonomia di azione e concreti poteri decisionali e, quindi, in carenza del presupposto perché sorgesse, nei suoi confronti, l’obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale del soggetto incaricato e di informarsi sui rischi correlati all’attività da svolgersi.

Rileva in proposito il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il tema della sussistenza, in capo all’amministratrice del condominio, di un potere decisionale e, quindi, di scelta dell’impresa cui conferire l’incarico di eseguire l’intervento – consistesse esso nella concreta realizzazione di opere manutentive o, più verosimilmente, nell’effettuazione di un’ispezione locale, funzionale alla loro successiva esecuzione – è stato scrutinato e risolto in senso affermativo dalla Corte territoriale con argomentato congruo e tutt’altro che illogico, pur in assenza di una specifica deduzione difensiva al riguardo nel corpo dell’atto di gravame.

E invero, i giudici del merito, alla stregua del compendio probatorio legittimamente acquisito, hanno affermato, in specie alla pag. 10 della decisione adottata, che, in esito all’assemblea straordinaria tenutasi il 02/12/2015, il condominio, di cui era amministratrice la M.C.W., aveva deliberato di non effettuare la sostituzione della grondaia, il cui cattivo funzionamento era stato segnalato da alcuni proprietari, sul rilievo che fosse sufficiente la verifica dell’eventuale esistenza di un’ostruzione del discendente collocato tra l’interno 2 e l’interno 3, incaricando conseguentemente la predetta di convocare ad horas, per l’indomani, l’addetto al giardinaggio per l’effettuazione di un’ispezione locale; hanno aggiunto, inoltre, che l’indicata professionista, nel dar seguito all’incarico informalmente conferitole mercè la convocazione del prestatore d’opera poi perito, aveva assunto, de facto, la veste di committente dei lavori; hanno, quindi, logicamente concluso che la predetta, in ragione della qualifica rivestita, era tenuta a verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa incaricata e, più nello specifico, del suo titolare, essendo la prima un’impresa individuale.

Si ritiene, pertanto, che, a fronte della riscontrata autonomia di azione e degli indubbi poteri decisionali dell’amministratrice di condominio, sia stata razionalmente argomentata, nei suoi confronti, l’affermazione di penale responsabilità, sicché risulta priva di pregio la dedotta doglianza, nella parte in cui si lamenta la manifesta illogicità dell’impianto argomentativo.

In proposito, giova ricordare che costituisce insegnamento della Suprema Corte quello secondo cui «L’amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio può assumere, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di “committente”, come tale tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione» (così Sez. 4, n. 10136 del 20/10/2020, dep. 16/03/2021, Davolos, Rv. 281133-01, nonché Sez. 3, n. 42347 del 18/09/2013, Gallisay, Rv. 257276-01).

Né, d’altro canto, si ravvisa l’ipotizzato vizio motivazionale per carenza, smentendone, in radice, la sussistenza l’avvenuta disamina della memoria difensiva depositata in seguito alla proposizione dell’appello, di cui si dà atto espressamente alla pag. 8 della decisione impugnata.

  1. Destituito di fondamento è anche il secondo motivo del ricorso in disamina, con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto rispettivamente previsto dagli artt. 26 d.lgs. n. 81 del 2008 e 40 cod. pen., con riguardo agli obblighi imposti dalla normativa antinfortunistica al datore di lavoro e alla necessaria sussistenza del nesso di causalità tra la condotta ed evento, assumendo che, nella decisione della Corte territoriale, si sarebbe erroneamente ritenuto che la condotta della M.C.W. avesse violato il disposto dell’indicata disposizione normativa speciale, che impone al committente dei lavori di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa affidataria, posto che a carico della predetta non sarebbe riscontrabile culpa in eligendo, in quanto l’ispezione di una grondaia rientra nel novero delle attività che l’impresa di cui era titolare il deceduto era idonea ed attrezzata a svolgere e quest’ultimo possedeva una buona conoscenza dei luoghi e, quindi, piena consapevolezza dei rischi sottesi all’intervento da effettuarsi.

Ritiene il Collegio che la doglianza fatta valere con il motivo di ricorso in disamina si caratterizzi per una palese genericità estrinseca o aspecificità.

E invero, la Corte territoriale, alle pagg. 13-20 della decisione impugnata, ha esposto, in dettaglio, gli argomenti a sostegno della ritenuta violazione, da parte dell’imputata, della citata norma antinfortunistica e dell’affermata sussistenza del nesso di causalità tra condotta ed evento.

In particolare, i giudici del merito, nel confermare la decisione di condanna emessa in primo grado, hanno evidenziato, in primis, che il prestatore d’opera deceduto rientrava nella categoria dei lavoratori delineata dal d.lgs. n. 81 del 2008, così conformandosi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui «La definizione di “lavoratore” di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, richiede lo svolgimento dell’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione dei datore di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale ed è più ampia di quella prevista dall’art. 3 d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, che si riferiva, invece, ai “lavoratore subordinato” e alla “persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro” (art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626), sicché, ai fini dell’applicazione delle norme incriminatrici previste nel citato d.lgs. n. 81 del 2008, rileva l’oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell’impresa, anche eventualmente a titolo di favore, nel luogo deputato e su richiesta dell’imprenditore» (così, da ultimo, Sez. 4, n. 38464 del 23/06/2023, Ciullo, Rv. 285004-01 e, in precedenza, Sez. 3, n. 18396 del 15/03/2017, Cojocaru, Rv. 269637-01).

Gli anzidetti giudicanti hanno, poi, correttamente posto in rilievo che il committente dei lavori, per la qualità rivestita, è tenuto a controllare l’idoneità tecnico-professionale del lavoratore autonomo prescelto, in tal modo recependo nuovamente gli insegnamenti della Suprema Corte, che, in relazione a fattispecie pressoché sovrapponibile a quella di cui trattasi, ha affermato che «In materia di infortuni sul lavoro, il committente ha l’obbligo di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche aita pericolosità dei lavori affidati» (così: Sez. 3, n. 35185 del 26/04/2016, Marangio, Rv. 267744-01) e, più di recente, ha altresì precisato che «In materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati, dovendosi, peraltro, escludere che la non idoneità possa essere ritenuta per il solo fatto dell’avvenuto infortunio, in quanto il difetto di diligenza nella scelta dell’impresa esecutrice deve formare oggetto di specifica motivazione da parte del giudice» (così: Sez. 4, n. 37761 del 20/03/2019, Andrei, Rv. 277008-01).

Focalizzata l’attenzione sulla figura dell’amministratore di condominio, la Corte di appello ha, quindi, evidenziato che si rendeva necessario accertare, alla stregua delle notorie capacità tecniche dell’impresa prescelta per effettuare l’intervento, la concreta incidenza della condotta tenuta dall’agente nell’eziologia dell’evento, facendo giustamente richiamo al principio di diritto secondo cui «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, per valutare la responsabilità del committente, in caso di infortunio, occorre verificare in concreto l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, aita sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo» (così: Sez. 4, n. 5946 del 18/12/2019, dep. 17/02/2020, Frusciale, Rv. 278435-01).

Conclusa la disamina delle coordinate giuridiche funzionali al corretto inquadramento della vicenda concreta, i giudici di seconde cure hanno sostenuto che dal compendio probatorio complessivamente acquisito emergeva con chiarezza: a) che la M.C.W., nella propria qualità di amministratrice del condominio, avesse conferito al prestatore d’opera deceduto l’incarico di svolgere un’attività, consistente quantomeno nell’ispezione dei luoghi, da eseguirsi “in quota”; b) che, in tal modo, avesse scelto un soggetto privo dell’idoneità tecnico professionale richiesta per l’espletamento dell’incarico, poco rilevando che lo stesso, in passato, aveva svolto lavori “in quota” nell’interesse del condominio; che fosse, inoltre, pienamente consapevole del fatto che la delegata attività di ispezione sarebbe stata effettuata dal prestatore d’opera deceduto mercè l’utilizzo di una scala.

Alla stregua di tali risultanze probatorie, gli indicati giudicanti, facendo corretta applicazione dei principi di diritto in precedenza evocati, sono pervenuti all’affermazione della penale responsabilità dell’imputata, con decisione tutt’altro che illogica – come, peraltro, rimarcato in sede di scrutinio del primo motivo di ricorso – col cui apparato argomentativo, tuttavia, non si è confrontato in alcun modo il ricorrente nell’articolazione delle doglianze confluite nel motivo oggetto di scrutinio.

E invero, il predetto, con tale motivo di ricorso, ha finito col riproporre le medesime osservazioni critiche già fatte valere dinanzi ai giudici di merito, senza formulare controdeduzioni valevoli a superare agli argomenti da questi spesi per confutare le prospettazioni contenute nell’atto di appello.

Deve, però, rilevarsi che, per consolidata acquisizione della giurisprudenza di legittimità, risultano affetti da un’evidente aspecificità i motivi di doglianza con cui, a fronte di un argomentato esauriente, qual è quello dianzi riportato, si ripropongono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame.

La mancanza di specificità del motivo ricorre, infatti, tanto nel caso della sua genericità, intesa come indeterminatezza della doglianza, quanto in quello del difetto di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità del gravame (così, ex multis, Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01, nonché, in precedenza, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710-01, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425-01, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568-01 e Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849-01).

  1. Privo di pregio è anche il primo motivo del ricorso azionato nell’interesse del condominio “(OMISSIS)”, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 26, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 e 2087 cod. civ., sostenendo, per un verso, che, nella decisione impugnata, si sarebbe fatta applicazione di tali disposizioni in funzione della condanna solidale del condominio al risarcimento del danno, in base agli erronei presupposti che questo avesse concluso con l’impresa individuale, di cui era titolare il lavoratore deceduto, un contratto di appalto “in economia”, implicante una responsabilità in eligendo, che le opere oggetto dell’appalto avessero natura “marcatamente edile” e che l’impresa designata non avesse competenze per effettuare lavori “in quota”, aggiungendo, per altro verso, che precluderebbero, comunque, l’applicabilità del disposto dell’art. 26, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 l’inesistenza di un contratto di appalto per l’effettuazione di lavori manutentivi e la mancanza di disponibilità, in capo al condominio, dei luoghi in cui tali lavori avrebbero dovuto essere eseguiti e rilevando, per altro verso ancora, che andrebbe esclusa l’applicabilità anche del disposto dell’art. 2087 cod. civ., in quanto non sarebbe riscontrabile, nel caso concreto, quel controllo pressante, continuo e capillare, da parte dell’appaltante, sull’organizzazione e sullo svolgimento del lavoro appaltato, in tesi costituente il presupposto per l’operatività della citata previsione codicistica.

Rileva al riguardo il Collegio che, a confutazione delle doglianze prospettate con il motivo di ricorso de quo, valgono, in buona parte, le considerazioni giuridiche svolte nel paragrafo dedicato alla disamina del secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse della M.C.W., ivi essendosi positivamente apprezzata l’applicabilità, al caso di specie, dell’evocata norma antinfortunistica ed avendo la responsabilità civile del condominio natura accessoria rispetto a quella penale della persona fisica.

Tanto chiarito, si osserva, inoltre, che risulta destituita di fondamento la lamentazione basata sulla supposta mancanza di disponibilità, da parte del condominio, del luogo in cui ebbe a verificarsi l’incidente, essendo di tutta evidenza che lo stesso godesse di tale disponibilità, atteso che l’ispezione da effettuarsi riguardava un bene condominiale (la grondaia ostruita), a cui il lavoratore infortunatosi aveva avuto accesso grazie all’assenso del proprietario dell’unità immobiliare presso la quale fu appoggiata la scala.

Appare, invece, caratterizzata da assoluta genericità intrinseca la deduzione imperniata sull’inapplicabilità, nella vicenda concreta, del disposto dell’art. 2087 cod. civ., non risultando l’asserto in alcun modo argomentato dal ricorrente, che non ha avuto cura di indicare le ragioni per cui, nel caso che ci occupa, non sarebbe ipotizzabile un controllo pressante, continuo e capillare dell’appaltante sull’organizzazione e sullo svolgimento del lavoro appaltato, costituente, in tesi, il presupposto per l’operatività dell’indicata previsione codicistica.

  1. Del tutto infondato è, ancora, il secondo motivo del ricorso presentato nell’interesse della persona giuridica, con cui ci si duole di vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità, sostenendo che, nella decisione della Corte di appello di Roma, in chiara elusione di una deduzione difensiva, non sarebbe stata motivata la ritenuta irrilevanza causale della condotta tenuta, in occasione del sinistro, dal lavoratore deceduto, della quale sarebbe stata, comunque, incidentalmente evidenziata la non conformità alle ordinarie regole di prudenza.

Ritiene in proposito il Collegio che la doglianza fatta valere con il motivo in disamina non colga nel segno, fungendo l’impianto argomentativo a corredo della decisione da complessiva e logica confutazione della prospettazione difensiva, secondo cui il verificarsi del sinistro letale andrebbe ascritto alla sola condotta imprudente del lavoratore deceduto, quale fattore sopravvenuto di per sé solo idoneo a determinare l’evento.

  1. Manifestamente infondato è, da ultimo, il terzo motivo del ricorso de quo, con cui si lamenta l’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 539,540,e 600 cod. proc. pen., sostenendo che, nella decisione della Corte territoriale, sarebbero stati illegittimamente disposte sia la conferma delle provvisionali già assegnate, per essersi erroneamente ritenuto che fosse provata la causazione del danno morale ai familiari beneficiari e che ricorressero gravi motivi, sia l’estensione della condanna del condominio, quale responsabile civile, al risarcimento del danno patito dalla parte civile T.C..

Rileva al riguardo il Collegio che la deduzione fatta valere con tale motivo di ricorso non può trovare accoglimento, costituendo principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità – al quale intende darsi continuità – quello secondo cui «Non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione dall’integrale risarcimento» (così, da ultimo, Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio, Rv. 277773-02, nonché, in precedenza, Sz. 2, n. 43886 del 26/04/2019, Saracino, Rv. 277711-01, Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, D.G., Rv. 263486-01, Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C. e G., Rv. 261536-01, Sez. 2, n. 49016 del 06/11/2014, Patricola e altro, Rv. 261054-01, Sez. 5, n. 32899 del 25/05/2011, Mapelli e altri, Rv. 250934-01, Sez. 5, n. 5001 del 17/01/2007, Mearini e altro, Rv. 236068-01 e Sez.5, n. 40410 del 18/03/2004, Farina e altri, Rv. 230105-01).

D’altro canto, non può non rilevarsi che la lamentazione incentrata sulla disposta estensione della condanna del condominio anche al risarcimento del danno subito dalla parte civile T.C. si caratterizza per una genericità intrinseca di tale evidenza da impedirne, in radice, il positivo apprezzamento.

  1. Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultando insussistenti i vizi denunziati, i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente onere per i ricorrenti di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
  2. I medesimi ricorrenti devono essere, inoltre, condannati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute, nel presente giudizio dì legittimità, dalle parti civili G.R., T.F. e T.F., che liquida in euro tremilacinquecentodieci, oltre accessori come per legge, nonché dalle parti civili T.C., T.M., T.S.T., T.S. e T.Gr., che liquida in euro seimilaseicento, oltre accessori come per legge.
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