Corte Costituzionale, sentenza 17 aprile 2025, n. 49
PRINCIPIO DI DIRITTO
Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quinta, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.- La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quinta, con l’ordinanza indicata in epigrafe solleva questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13delD.L. n. 201 del 2011, come convertito, in riferimento agliartt. 3e53Cost., in relazione ai principi di ragionevolezza, uguaglianza tributaria e capacità contributiva, con ricadute sulla tutela della concorrenza anche secondo la disciplina unionale, nella parte in cui non prevede l’esenzione dall’IMU per i beni immobili destinati alla vendita e non utilizzati ad altri fini.
Riferisce il giudice a quo che la controversia su cui è chiamato a decidere è originata dal ricorso, presentato da A.T. srl, avverso un avviso di accertamento, con il quale il Comune di Monterosi aveva richiesto il pagamento dell’IMU per l’annualità 2012, relativamente a immobili di proprietà della suddetta società posseduti al solo scopo di essere ceduti a terzi. Il rimettente ritiene la questione non manifestamente infondata, innanzitutto perché vi sarebbe violazione dei principi di capacità contributiva e di uguaglianza tributaria, in quanto il possesso legittimante il sorgere della soggettività passiva ai fini dell’IMU presupporrebbe – circostanza che invece non avverrebbe nel caso dei “beni-merce” – che l’immobile rientri materialmente nella disponibilità del possessore, cosicché quest’ultimo possa esercitare le prerogative possessorie sul bene, mentre il proprietario dei “beni-merce” non eserciterebbe sugli stessi alcun diritto.
Inoltre, sarebbero equiparati, ai fini dell’IMU, gli immobili strumentali all’esercizio dell’impresa e gli immobili merce, in violazione del principio di uguaglianza sostanziale, con ricadute sulla disciplina a tutela della concorrenza di rilevanza anche unionale. Si duole infine il giudice rimettente che i beni destinati alla vendita sarebbero sottoposti all’IMU per alcune annualità d’imposta, come il 2012, anno relativo allacontroversia oggetto del giudizio a quo, e non per altre, come il 2014, anno a cui si riferisce la modifica del comma 9-bis dell’art. 13 censurato, con lesione del principio di ragionevolezza.
2.- Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità per insufficiente motivazione sulla rilevanza, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo cui il rimettente avrebbe omesso di chiarire se fosse pacifico e incontroverso che gli immobili oggetto di imposizione costituissero “beni-merce”, o se tale circostanza fosse contestata dal Comune impositore.
L’eccezione non è fondata perché, per un verso, il rimettente afferma chiaramente trattarsi di “benimerce” e, per un altro verso, dall’ordinanza di rimessione non emerge alcuna contestazione in questo senso da parte del Comune impositore. Il giudice a quo fornisce, dunque, una ricostruzione dei fatti non implausibile, che supera il vaglio esterno svolto da questa Corte sulla sussistenza della rilevanza (ex plurimis, sentenze n. 211 e n. 70 del 2024, n. 193 del 2022, n. 258 e n. 61 del 2021).
3.- Prima di affrontare il merito della questione, è opportuno ripercorrere brevemente l’evoluzione dell’imposta sugli immobili destinati dalle imprese esclusivamente alla vendita. Con ilD.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504(Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4dellaL. 23 ottobre 1992, n. 421), istitutivo dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), nessuna disposizione al riguardo era prevista; con l’art. 3, comma 55, dellaL. 23 dicembre 1996, n. 662(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), che ha modificato l’art. 8delD.Lgs. n. 504 del 1992, è stata inserita, nell’ultimo periodo del comma 1, una disposizione che prevedeva il pagamento dell’ICI in misura ridotta.
Quest’ultima disposizione è rimasta immutata fino al 2012, anno in cui gliartt. 8e9delD.Lgs. n. 23 del 2011hanno previsto la soppressione dell’ICI, sostituendola con l’IMU, senza alcuna previsione relativa agli immobili costituenti “beni-merce”. Successivamente, l’art. 56, comma 1, delD.L. n. 1 del 2012, come convertito, ha introdotto nell’art. 13delD.L. n. 201 del 2011, come convertito, una prima versione del comma 9-bis, applicabile all’anno d’impostaoggetto del giudizio a quo, ossia al 2012, che prevedeva una riduzione dell’IMU per i “beni-merce”. In seguito, con l’art. 1delD.L. 30 novembre 2013, n. 133(Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la B.I.), convertito, con modificazioni, nellaL. 29 gennaio 2014, n. 5, è stata abolita, per tutti gli immobili, la seconda rata dell’IMU per il 2013. In un secondo momento, il citato comma 9-bis è stato integralmente sostituito dall’art. 2, comma 2, lettera a), delD.L. n. 102 del 2013, come convertito, secondo cui, “a decorrere dal primo gennaio 2014, sono esenti dall’impostamunicipale propria i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano, in ogni caso, locati”. Infine, l’art. 1, comma 751, della L. 27 dicembre 2019, n. 160(Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), tuttora in vigore, ha reintrodotto l’IMU sui “beni-merce” per gli anni 2020 e 2021, sia pure con un regime di favore, ma ha al contempo previsto che “a decorrere dal 1 gennaio 2022, i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, finché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, sono esenti dall’IMU”.
4.- Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13delD.L. n. 201 del 2011, come convertito, sollevate in riferimento agliartt. 3e53Cost., non sono fondate. 4.1.- La prima censura del giudice a quo si concentra sulla circostanza che gli immobili dell’impresa destinati alla vendita e non locati non costituirebbero un valido indice di capacità contributiva in quanto non produttivi di reddito e non utili al funzionamento dell’impresa; ciò nonostante, sono stati considerati suscettibili di imposizione IMU.
Occorre evidenziare che la giurisprudenza costituzionale ha affermato che per “”capacità contributiva” ai sensi dell’art. 53Cost., si deve intendere l’idoneità del soggetto all’obbligazione d’imposta, desumibile dal presupposto economico cui l’imposizione è collegata, presupposto che consiste in qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di legittimità costituzionale sotto il profilo della loro arbitrarietà o irrazionalità” (sentenze n. 34 del 2025 e n. 108 del 2023).
Questa Corte ha inoltre affermato che “ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza” (ex plurimis, sentenze n. 34 del 2025, n. 60 del 2024 e n. 10 del 2023). Con riferimento in particolare all’IMU, è stato osservato che trattasi di un’impostasul patrimonio immobiliare, avente “come presupposto il possesso, la proprietà o la titolarità di altro diritto reale in relazione a beni immobili”, che “riveste la natura di imposta reale e non ricade nell’ambito delle imposte di tipo personale, quali quelle sul reddito” (sentenza n. 209 del 2022). Spetta al legislatore, nell’ambito della sua discrezionalità e nei limiti della non palese irragionevolezza, decidere in merito a eventuali esenzioni o agevolazioni relative a tale imposta.
Ha infatti affermato questa Corte che l’IMU ha sostituito, “per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati” e che “l’introduzione del regime tributario in questione rientra nel potere discrezionale del legislatore di “decidere non solo in ordine all’an, ma anche in ordine al quantum e ad ogni altra modalità e condizione” afferente alla determinazione di agevolazioni e benefici fiscali” (sentenza n. 72 del 2018). In effetti, la deducibilità “va concretata e commisurata dal legislatore ordinario secondo un criterio che concili le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino chiamato a contribuire ai bisogni della vita collettiva, non meno pressanti di quelli della vita individuale” (sentenze n. 108 del 1983 e n. 134 del 1982).
Deve altresì osservarsi che questa Corte, nella sentenza n. 60 del 2024, ha chiaramente espresso il principio che un immobile non costituisce un valido indice di capacità contributiva solo se è inutilizzabile per fatti estranei rispetto alla sfera di controllo diligente del proprietario, mentre nel caso oggetto del giudizio a quo la scelta di non utilizzare l’immobile è dipesa esclusivamente da una libera scelta dell’imprenditore.
Occorre inoltre ricordare che ciò che rileva è la possibilità di avvalersi delle facoltà proprie del diritto reale e non il loro effettivo esercizio. 4.2.- Per un secondo e differente profilo, il giudice a quo sostiene che pretendere il pagamento dell’IMU in relazione a beni dell’impresa destinati alla vendita e non utilizzati ad altri fini, contrasterebbe con il principio di uguaglianza, in quanto beni diversi (i beni strumentali e i “beni-merce”) verrebbero trattati in maniera uguale dal punto di vista fiscale poiché entrambi assoggettati all’IMU.
Tale equiparazione non è invece irragionevole perché in entrambi i casi è l’imprenditore possessore dell’immobile a decidere autonomamente e liberamente la destinazione diquest’ultimo e a mantenerne il possesso entro la sua sfera di controllo, potendo sempre esercitare tutte le prerogative possessorie. Tra l’altro, sotto un profilo più squisitamente aziendalistico, anche per i “beni-merce” può predicarsi la loro funzionalità rispetto alle esigenze economiche dell’impresa nel momento in cui si realizzi la loro vendita. 4.3.- Per un terzo e ultimo profilo, il giudice a quo dubita della ragionevolezza della disposizione censurata in considerazione del fatto che il legislatore ha mutato negli anni la disciplina dell’IMU, prevedendo, in tutto o in parte, per alcune annualità di imposta, l’esenzione per i beni immobili destinati alla vendita. La doglianza si sostanzia in una asserita disparità di trattamento che sarebbe derivata dal mutamento della disciplina legislativa nel corso degli anni. Anche questa doglianza non è fondata.
Questa Corte ha affermato, infatti, che applicare alla stessa categoria di soggetti, per effetto di un sopravvenuto mutamento di disciplina, un trattamento differenziato non contrasta con l’art. 3Cost., poiché il trascorrere del tempo costituisce, già di per sé, un elemento idoneo a giustificare un diverso trattamento (ex plurimis, sentenze n. 108 del 2023, n. 240 del 2019 e n. 104 del 2018). 5.- In definitiva, alla luce di quanto sopra esposto, devono ritenersi non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13delD.L. n. 201 del 2011, come convertito, sollevate in riferimento agliartt. 3e53Cost.