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Famiglia – Filiazione – Separazione – Assegnazione della casa familiare e tutela dell’interesse del minore

by Rosanna Andreozzi - Avvocato
9 Giugno 2025
in Diritto Civile
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La sentenza in parola tratta il caso in cui l’assegnazione della casa familiare non segue la collocazione prevalente del minore o del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente.

Nell’art. 337 sexies c.c., secondo cui: “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”, è pertanto contemplato anche il caso in cui l’ambiente della casa familiare costituisca una soluzione in peius rispetto al collocamento in un differente contesto.

Nella presente pronuncia, la Suprema Corte analizza il caso in cui il giudice di merito ha correttamente tenuto conto, nel prevalente interesse del figlio, del trauma che la recisione delle attuali relazioni, intessute nel nuovo habitat, avrebbe comportato e delle problematiche legate al trasferimento nella casa familiare, e ha ben valutato se questi elementi potessero contrastare con il suo interesse prevalente.

La valutazione del giudice di merito, se effettuata secondo il suo prudente apprezzamento che tenda ad attualizzare la tutela della prole ed espresso con argomenti ragionevoli, coerenti e compiuti, non può essere sindacata in sede di legittimità.


Corte di Cassazione, Sez. I Civile, ordinanza 30 maggio 2025 n. 14460

PRINCIPIO DI DIRITTO

Va assegnata la casa familiare, ai sensi dell’art. 337 sexies c.c., al  genitore presso cui il minore è collocato con prevalenza, sempre che non emerga una diversa soluzione (anche concordata dai genitori) che meglio tuteli il suo interesse.

Ciò al fine di tutelare la permanenza dei figli minori e maggiorenni non autosufficienti nell’habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, purché ciò sia conforme all’interesse della prole.

TESTO RILEVANTE DELLA DICISIONE

  1. – l’unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme sull’assegnazione della casa coniugale, ai sensi dell’art. 337 sexies c.c., in riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. Reputa la ricorrente che secondo l’art. 337 sexies c.c. come interpretato dal consolidato orientamento di legittimità, l’assegnazione della casa familiare deve tutelare l’interesse prioritario dei figli minorenni e di quelli maggiorenni economicamente non autosufficienti a permanere nell’habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare (tre le altre: Cass., Sez. 1, n. 25604 del 12/10/2018).

“Le vicende separative della coppia genitoriale devono, infatti, incidere il meno possibile sulla vita dei figli che prima della fine della convivenza dei genitori vivevano insieme a questi ultimi, sicché, ove il loro trasferimento non sia dettato proprio dall’esigenza di tutelare il loro interesse o non sia il frutto di un accordo tra i genitori, che assicuri la salvaguardia di tale interesse, la prole deve mantenere il centro della sua vita nella casa in cui la famiglia ha vissuto quando era ancora unita.

Pertanto per soddisfare tali esigenze, la casa familiare deve, di regola, essere assegnata al genitore presso cui il minore è collocato con prevalenza, sempre che non emerga una diversa soluzione (anche concordata dai genitori) che meglio tuteli il suo interesse.

Solo in questo modo, infatti, è conseguito il risultato di far continuare a crescere quest’ultimo nello stesso ambiente domestico e familiare in cui ha vissuto quando la famiglia era ancora unita”, ciò “a meno che non emergano ragioni per cui, proprio per tutelare il primario interesse del minore, è preferibile una diversa soluzione”.

Nel caso di specie, il suddetto principio di diritto non sarebbe stato rispettato, dal momento che la casa coniugale risulta attribuita in godimento esclusivo del padre, quando la figlia C.C., tuttora minorenne, risulta stata collocata stabilmente presso la madre, attuale ricorrente.

Né il lasso di tempo trascorso dalla piccola C.C. a Frosinone, insieme con la madre, a sua volta ospite nella casa della nonna materna, potrebbe rilevare, giacché il ricorso per separazione personale dei coniugi era stato depositato nel 2019, quando era passato poco più di un anno dall’allontanamento dalla casa coniugale, e non certo un “lungo lasso di tempo” e le lungaggini processuali non potevano certo essere una giustificazione per legittimare una situazione di fatto, antigiuridica sin dall’inizio.

– Il motivo è infondato.

La stessa ricorrente invoca da ultimo l’arresto di legittimità – ordinanza della Sezione Prima n. 23501 del 02/08/2023, conforme, peraltro al consolidato orientamento di questa Corte – per cui “Nei casi di crisi familiare ai sensi dell’art. 337 bis c.c., nel regolare il godimento della casa familiare il giudice deve tener conto esclusivamente del primario interesse del figlio minore, con fa conseguenza che l’abitazione in cui quest’ultimo ha vissuto, quando fa famiglia era unita, deve essere di regola assegnata al genitore presso cui il minore è collocato con prevalenza, a meno che non venga esplicitata una diversa soluzione (anche concordata dai genitori) che meglio tuteli il menzionato interesse del minore”.

La Corte d’Appello nel confermare la decisione di primo grado ha fatto corretta applicazione dei principi indicati dalla stessa ricorrente, convenendo con il giudice di prime cure circa il fatto che nella specie il trasferimento della minore presso l’ex casa coniugale avrebbe rappresentato soluzione non conforme al suo interesse in ragione tanto del fatto che ciò avrebbe comportato una traumatica recisione di tutte le abitudini di vita domestica, affettiva (stante il forte legame con la nonna materna) e scolastica, consolidatesi a partire dal 2018, dunque per un lungo periodo (maggiore, stante la tenera età della bambina, di quello trascorso presso la casa familiare con il padre), quanto del fatto che il trasferimento nella casa coniugale unitamente alla madre, l’avrebbe esposta nuovamente alla conflittualità tra la stessa della nonna paterna (tuttora residente nella stesa palazzina) che era stata così accesa da determinare – a detta della stessa ricorrente – la crisi coniugale e l’allontanamento della madre e della bambina dalla casa coniugale.

Detta decisione, non presenta vizi di legittimità, né ne sono dedotti sotto il profilo motivazionale, perciò va confermata, poiché, se è vero che il tempo del processo non deve ridondare in danno dell’attore e che, pertanto, la fondatezza della domanda deve essere valutata, in linea di principio, al momento in cui la stessa viene formulata, è altresì vero che l’interesse cui la Corte di merito doveva far riferimento è quello della minore, nel contesto fattuale e temporale in cui tale interesse deve trovare tutela, il quale è soggetto nel tempo ad evoluzioni e mutamenti che vanno tenuti in considerazione dal giudice di merito secondo un prudente apprezzamento che ne attualizzi la tutela, il quale, laddove si esprime con argomenti ragionevoli, coerenti e compiuti non può essere sindacato in questa sede.

– In conclusione il ricorso va dichiarato respinto.

Nessuna statuizione va assunta sulle spese poiché il sig. B.B. è rimasto intimato. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

 

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