Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Ordinanza 21 maggio 2024, n. 14028
PRINCIPIO DI DIRITTO
In tema di imposta di soggiorno, tra il gestore della struttura ricettiva ed il Comune si instaura, ex art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, un rapporto di servizio comportante maneggio di denaro a destinazione pubblica, sul quale sussiste la giurisdizione della Corte dei conti; il comma 1-ter dello stesso art. 4, introdotto dall’art. 180, comma 3, d.l. n. 34 del 2020 – intervenuto ad individuare il gestore quale responsabile del pagamento dell’imposta, con efficacia estesa, ex art. 5-quinquies d.l. n. 146 del 2021, anche ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020 – detta norme di natura sostanziale con ricadute indirette sulla giurisdizione, attratta così al giudice tributario a far tempo dalla loro entrata in vigore. (Fattispecie in cui la S.C., in applicazione dell’art. 5 c.p.c., ha confermato la giurisdizione del giudice contabile sussistente al momento della proposizione della domanda, essendo la disciplina innovativa entrata in vigore quando il giudizio era già pendente).
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
- Queste Sezioni Unite, con ordinanza del 24 luglio 2018, n. 19654, avevano affermato che, ai fini della imposta di soggiorno, secondo l’originaria disciplina di cui all’art. 4 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, il rapporto tributario intercorre esclusivamente tra il Comune che ha istituito l’imposta e colui che alloggia nella struttura ricettiva, sul quale grava la prestazione patrimoniale. Il gestore della struttura ricettiva (o “albergatore”) è, pertanto, del tutto estraneo al rapporto tributario, non potendo questi assumere, nel silenzio della legge, la funzione di «sostituto» o di «responsabile d’imposta», senza che sul punto altrimenti rilevi quanto stabilito dai regolamenti comunali. Il Comune è mero destinatario delle somme incassate dal medesimo gestore a titolo di imposta di soggiorno. Giacché, tuttavia, i regolamenti comunali affidano al gestore della struttura ricettiva attività obbligatorie e funzionali alla realizzazione della potestà impositiva dell’ente locale, alla stregua dell’interpretazione data dall’ordinanza n. 19654 del 2018 all’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, vigente ratione temporis, tra il gestore ed il Comune si instaura un rapporto di servizio pubblico, con compiti eminentemente contabili funzionali alla riscossione dell’imposta ed al suo riversamento nelle casse comunali. Tali attività di riscossione e riversamento interne al rapporto di servizio implicano il «maneggio di denaro pubblico» e quindi l’obbligo della resa del conto, al che consegue la giurisdizione della Corte dei Conti.
- – Alla stregua del comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, introdotto dall’art. 180, comma 3, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, vigente dal 19 maggio 2020, il gestore della struttura ricettiva è stato invece individuato quale responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno di cui al comma 1, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, nonché della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. Il sopravvenuto comma 1-ter dell’art. 4 ha altresì stabilito che il gestore della struttura responsabile sia soggetto a sanzioni amministrative per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione e per l’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno.
Tale configurazione induce a delineare l’imposta di soggiorno come imposta di consumo, gravante su colui che alloggia nella struttura ricettiva situata nel territorio comunale, il quale è il soggetto passivo di imposta, mentre il gestore della struttura ricettiva è divenuto, in base alla qualificazione ex lege del rapporto impressa dal comma 1ter dell’art. 4, responsabile di imposta, con diritto di rivalsa verso il soggetto passivo.
Ciò ha portato sia la dottrina sia parte della stessa giurisprudenza contabile ad interrogarsi sul permanere della soggezione alla giurisdizione tributaria delle controversie in cui sia in discussione l’esistenza o l’entità dell’obbligazione del gestore della struttura quale responsabile per il pagamento del debito d’imposta. Si afferma, cioè, che, in forza della nuova disciplina, non può tuttora ravvisarsi un rapporto di servizio pubblico tra il Comune ed il gestore, ovvero un «maneggio di denaro pubblico» da parte di quest’ultimo, tale da giustificarne la qualità di agente contabile dapprima ravvisata nella ricostruzione avallata anche dall’ordinanza n. 19654 del 2018 di queste Sezioni Unite. Essendosi gravato il gestore della struttura ricettiva di un onere di presentazione della dichiarazione, secondo il modello dell’autotassazione, nonché prevista la soggezione a sanzioni amministrative fiscali, il rapporto fra ente locale impositore e gestore avrebbe assunto una esclusiva natura tributaria.
Alla tesi che, invece, immagina che possano concorrere la giurisdizione tributaria sulla lite tra la struttura ricettiva responsabile di imposta e l’ente impositore e la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale conseguente all’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno, sul presupposto che le attività svolte dal gestore e gli obblighi su questo incombenti abbiano mantenuto natura pubblicistica pure dopo l’avvento del comma 1-ter dell’art. 4, si oppongono in dottrina i limiti alla risarcibilità del danno causato dall’evasione fiscale delineati dalla sentenza di queste Sezioni Unite n. 29862 del 2022.
L’opposta interpretazione, ad avviso della quale l’attribuzione legislativa della qualifica di responsabile di imposta al gestore della struttura ricettiva, in forza del comma 1-ter dell’art. 4, non ha inciso sulla sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti, rievoca le conclusioni raggiunte in giurisprudenza in ordine alla veste di agente contabile attribuita, ad esempio, al notaio, che pure è riscossore ex lege delle somme sottoposte a tassazione, ovvero delle imposte dovute in conseguenza degli atti rogati, delle quali è solidalmente responsabile con i privati contraenti (fideiussore ex lege estraneo al rapporto tributario: così Cass. n. 12759 del 2016), ne diviene depositario ed è perciò tenuto al versamento delle medesime, costituenti pecunia pubblica, all’Amministrazione Finanziaria, altrimenti rispondendone altresì per danno erariale (sui profili della responsabilità solidale del notaio per il pagamento dell’imposta di registro, può inoltre vedersi da ultimo Cass. Sez. Unite n. 14432 del 2023).
- – Come già accennato, l’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 215 del 2021, n. 215 (in vigore dal 21 dicembre 2021), rubricato “Interpretazione autentica del comma 1-ter dell’articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23”, ha disposto che il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011 “ai sensi del quale si attribuisce la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva con diritto di rivalsa sui soggetti passivi e si definisce la relativa disciplina sanzionatoria, si intende applicabile anche ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020”.
10.1. – Anche le sezioni penali di questa Corte hanno dovuto occuparsi degli effetti retroattivi stabiliti dall’art. 5-quinquies del d.l.
- 146 del 2021, come convertito, ai fini della verifica della perdurante rilevanza penale come peculato delle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno, poste in essere dal gestore di una struttura ricettiva prima della data del 19 maggio 2020 (indicativamente, Cass. pen. Sez. 6, n. 12516 e n. 9213 del 2022).
10.2. – Il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, introdotto dall’art. 180, comma 3, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, vigente dal 19 maggio 2020, nel prescrivere che il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, con le relative sanzioni amministrative, non recava alcuna espressa indicazione o inequivoca formulazione di deroga al principio di irretroattività di cui all’art. 11 preleggi (da intendersi quale “fondamentale valore di civiltà giuridica”: così, ad esempio, Corte cost. n. 145 del 2022), e non valeva, quindi, ad attribuire ex lege la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva con riguardo ai rapporti antecedenti alla sua entrata in vigore, limitandosi conseguentemente a disporre in tal senso per l’avvenire. Il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, vigente dal 19 maggio 2020, non poteva neppure qualificarsi come norma interpretativa del preesistente comma 1, attribuendo al rapporto fra il gestore della struttura ricettiva e il Comune un significato nuovo, in base al quale il primo riveste la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno, significato non rientrante tra quelli già estraibili dall’originaria formulazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, secondo quanto risultante dal diritto vivente espresso da queste Sezioni Unite con l’ordinanza n. 19654 del 2018, che ravvisava tra il gestore ed il Comune un rapporto di servizio pubblico implicante il «maneggio di denaro pubblico» e quindi l’obbligo della resa del conto.
L’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, come convertito (in vigore dal 21 dicembre 2021), qualificato formalmente dallo stesso legislatore come disposizione di interpretazione autentica del comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, e volto ad applicare anche “ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020” il riconoscimento legale della qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva, ha, dunque, a sua volta attribuito alla norma introdotta dal d.l. n. 34 del 2020, come convertito, una portata estranea ai significati ricavabili dal comma 1ter. L’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021 (in vigore dal 21 dicembre 2021) è, pertanto, norma innovativa con efficacia retroattiva, in relazione all’ambito temporale di applicabilità del comma 1-ter (cfr. Corte cost. n. 4 del 2024; n. 104 e n. 61 del 2022;
- 133 del 2020; n. 167 e n. 15 del 2018).
- – Può ora procedersi a verificare come il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011 (in vigore dal 19 maggio 2020) e l’art. 5quinquies del d.l. n. 146 del 2021, come convertito (in vigore dal 21 dicembre 2021), abbiano inciso sulla determinazione della giurisdizione nel presente giudizio, che è il tema posto dal ricorso di Patrizia Meloni e Gloria Angarella.
La causa ha ad oggetto il danno per omesso versamento dell’imposta di soggiorno imputato a Patrizia Meloni e Gloria Angarella quali gestrici della struttura ricettiva denominata “Florence Experience” sita a Firenze, via Maggio 9, per il periodo dal 3 dicembre 2014 al 5 settembre 2016. L’atto di citazione della Procura Regionale della Corte dei Conti presso la sezione giurisdizionale per la Toscana è stato notificato alle convenute nel giugno del 2020.
Al momento della proposizione della domanda era, dunque, vigente il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011 (dal 19 maggio 2020), norma che, tuttavia, mancando di un’espressa previsione di retroattività, non valeva ad attribuire ex lege la qualifica di responsabili del pagamento dell’imposta di soggiorno alle convenute con riguardo alle somme per cui è causa, relative al periodo dal 3 dicembre 2014 al 5 settembre 2016. Al momento della notificazione della citazione della Procura Regionale della Corte dei Conti presso la sezione giurisdizionale per la Toscana, sussisteva, dunque, la giurisdizione della Corte dei Conti, in base al rapporto di servizio pubblico tra il gestore della struttura ricettiva ed il Comune per il pagamento dell’imposta di soggiorno ravvisabile ratione temporis prima della disciplina innovativa introdotta con il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011.
L’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, che ha esteso retroattivamente anche “ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020” il riconoscimento legale della qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva (qualifica che le ricorrenti individuano quale criterio di collegamento della controversia alla giurisdizione tributaria), è entrato in vigore il 21 dicembre 2021, quando il presente giudizio era già pendente. Sia il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, sia l’art. 5quinquies del d.l. n. 146 del 2021, hanno, dunque dettato norme di natura esclusivamente sostanziale (l’una relativa alla qualificazione legale del rapporto, l’altra all’efficacia nel tempo della stessa qualificazione), con ricadute indirette sulla attribuzione della giurisdizione.
Il principio della perpetuatio iurisdictionis, di cui è espressione l’art. 5 c.p.c., rende comunque irrilevanti, ai fini della giurisdizione, i mutamenti legislativi, sostanziali o processuali, e dello stato di fatto successivi alla proposizione della domanda, perseguendo l’obiettivo di conservare la giurisdizione del giudice correttamente adito in base alla legge ed ai presupposti esistenti all’epoca della valida instaurazione del rapporto processuale. Tale principio, interpretato da questa Corte in base ad esigenze di economia processuale, trova, dunque, applicazione proprio e soltanto nei casi di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adito, e non anche quando il mutamento dello stato di fatto e di diritto (quest’ultimo semmai intervenuto in forza di legge espressamente dichiarata retroattiva) comporti l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo, dovendosi in questo caso confermare la giurisdizione di esso (cfr. Cass. Sez. Unite n. 8999 del 2009; n. 1611 del 2007; n. 20315 del
2006; n. 25031, n. 18126, n. 15916 e n. 4820 del 2005; n. 9554 e n. 6774 del 2003).
La denuncia della mancata applicazione da parte del giudice contabile – il quale aveva conservato la giurisdizione ai sensi dell’art. 5 c.p.c. – della sopravvenuta disciplina sostanziale retroattiva del rapporto, introdotta dall’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, vale al più a configurare un eventuale “error in iudicando”, ma non incide sui limiti esterni della giurisdizione speciale, determinata sulla mera base dell’individuazione della legge in vigore al momento dell’introduzione della causa.
- Il ricorso va quindi rigettato.