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*Famiglia – Impresa familiare – Convivenza di fatto – E’ illegittima l’esclusione del convivente di fatto dalla qualifica di “familiare” ai sensi dell’art 230 bis, comma 3, c.c.

by Giuseppe Bisceglia - Avvocato
8 Maggio 2025
in Diritto Civile
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Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili., ordinanza, 04 maggio 2025, n. 11661

PRINCIPIO DI DIRITTO

Deve accogliersi il ricorso con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla dinanzi alla Corte d’appello di Ancona che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame tenendo conto della pronuncia del Giudice delle leggi interpretativa additiva dell’art. 230-bis terzo comma cod. civ. ed in via conseguenziale demolitoria dell’art. 230-ter cod. civ..

TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE

  1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.

Sostiene che il rapporto di lavoro con la Regione Lombardia (iniziato nel 1989 e proseguito con contratto di lavoro al 100% fino al 31.12.2020, e poi, a partire dal 01.01.2012, con contratto part-time verticale al 50%) non abbia influito sulla sua partecipazione all’azienda, profusa sia nell’intrattenimento di rapporti esterni con i vari enti (Comune, Provincia, Regione, Asur ecc.), clienti, fornitori, professionisti e nell’organizzazione di eventi promozionali e nella creazione e sviluppo dell’azienda sotto il profilo della costituzione della rete commerciale, sia nella diretta attività nei campi (nei periodi di raccolta delle uve e delle olive) insieme con i braccianti che in precedenza aveva assunto e selezionato.

Assume, inoltre, che il rapporto di lavoro subordinato intrapreso per brevi periodi con l’azienda agricola del D. sia stato simulato ai soli fini assicurativi e, pertanto, lo stesso dovrebbe essere letto nella prospettiva delle condizioni familiari in cui si è svolto.

  1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 230-bis cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.

Deduce che la Corte territoriale ha statuito erroneamente laddove non ha considerato le mutate sensibilità sociali in materia di convivenza, oltre che le aperture della giurisprudenza di legittimità e della giurisprudenza costituzionale verso il convivente more uxorio; in tal senso, secondo la ricorrente, la disciplina dell’impresa familiare dovrebbe trovare applicazione anche in mancanza di una norma rivolta espressamente al convivente, in base ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 230-bis cod. civ.

  1. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 230-bise 230-ter cod. civ.e dell’art. 11 delle Preleggi.

Sostiene che, in ambito civile, il principio di irretroattività non è presidiato da una norma costituzionale e, pertanto, può essere derogato purché ciò risponda a criterio di ragionevolezza e di maggior giustizia.

  1. 4. Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 148 del 2024il ricorso, in tutti i motivi in cui è articolato, deve essere accolto.

Le censure ruotano su una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 230-bis cod. civ., anche in relazione all’art. 230-ter cod. civ., e pongono in rilievo la circostanza che la Corte territoriale, sul presupposto della inapplicabilità ratione temporis al caso di specie dell’art. 230-ter cod. civ. e della impossibilità di un’applicazione estensiva dell’art. 230-bis cod. civ. (nel senso di estendere al convivente di fatto la medesima tutela prevista per il familiare), ha del tutto pretermesso (verosimilmente proprio in ragione del condizionamento derivante dalla ratio decidendi costituita dall’impossibilità di qualificare la U.I. come familiare ai sensi dell’art. 230-bis cod. civ.) ogni accertamento in concreto circa l’effettività e la continuatività dell’apporto lavorativo della predetta nell’impresa familiare, apporto che si assume determinativo dell’accrescimento della produttività dell’impresa.

È evidente che l’intera ratio decidendi va rivista alla luce del pronunciamento della Corte costituzionale.

  1. Da tanto consegue che il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla dinanzi alla Corte d’appello di Ancona che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame tenendo conto della pronuncia del Giudice delle leggi interpretativa additiva dell’art. 230-bis terzo comma cod. civ.ed in via conseguenziale demolitoria dell’art. 230-ter cod. civ.
  2. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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